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Leopardi - La vita

italiano



Leopardi


La vita

Leopardi nacque a Recanati nel 1798 [nel 1796 abbiamo la prima campagna italiana di Napoleone; nel 1797 ci sarà il trattato di Campoformio per la cessione di Venezia all' Austria], era il primogenito del conte Monaldo e di Adelaide Antici. A Recanati c' erano leggi contro l' illuminismo, era un borgo attardato che faceva parte dello Stato Pontificio. La famiglia di Leopardi si trovava in cattive condizioni economiche, tanto che bisognava osservare una rigida economia per mantenere il decoro esteriore del rango della nobiltà. Il padre era un uomo colto che nel suo palazzo aveva messo insieme una notevole biblioteca. I suoi orientamenti politici erano ferocemente reazionari, ostili a tutte le idee nuove che erano state diffuse dalla Rivoluzione francese e dalle campagne napoleoniche.

Giacomo Leopardi fu istruito da precettori ecclesiastici; da loro, intorno ai 10 anni non ebbe più nulla da imparare e così, continuò a studiare da solo chiudendosi nella biblioteca paterna e come li definì lui furono " 7 anni di studio matto e disperatissimo".

Dotato di un' intelligenza molto precoce, si formò presto una notevole cultura: imparò il latino, il greco e l' ebraico; condusse lavori filologici; tradusse il I libro dell' Odissea e il II dell' Eneide e contemporaneamente scrisse una massa ingente di componimenti poetici, odi, sonetti, canzonette e tragedie.



Tra il 1815 e il 1816 abbandona le aride minuzie filologiche e si entusiasma per i grandi poeti come Omero, Virgilio e Dante.

Nel 1819 tenta la fuga dalla casa paterna ma il tentativo viene scoperto e sventato. Lo stato d' animo conseguente al fallimento; accentuato da un' infermità agli occhi tale da impedirgli la lettura, unico suo conforto alla solitudine; lo porta a uno stato di prostrazione. Il nucleo del suo sistema pessimistico sarà la percezione della nullità di tutte le cose. Questa crisi segna il passaggio dal <<bello>> al <<vero>>, cioè dalla poesia d' immaginazione alla filosofia e ad una poesia nutrita di pensiero.

Sempre nel 1819, con l' Infinito, inizia la stagione più originale della sua poesia. Si infittiscono le note dello Zibaldone, una sorta di diario intellettuale iniziato 2 anni prima.

Nel 1820 - 1821 nascono gli Idilli e prosegue la serie di canzoni iniziata con All' Italia.

Nel 1822 ha la possibilità di uscire da Recanati, si reca dallo zio a Roma, ma nulla che vede gli piace. Tornato a Recanati nel 1823 si dedica alla composizione della Operette morali a cui affida l' espressione del suo pensiero pessimistico.

A partire dal 1824 vedrà il mondo in un modo sempre più pessimistico.

Nel 1825 gli viene offerto un lavoro dall' editore Stella, questo gli offre un assegno fisso per una serie di collaborazioni: un' edizione di Cicerone, un commento al Petrarca, un' antologia della poesia e 838e48i una della prosa: in questo periodo soggiorna a Milano e Bologna.  Nel 1827 passa a Firenze e l' inverno tra il 1827 e il 1828 lo passerà a Pisa.

Nella primavera del 1828 nascerà A Silvia, che andrà ad aprire i "grandi idilli".

Nell' autunno del 1828 le sue condizioni di salute si aggravarono e divenne impossibile continuare ogni sorta di lavoro, a causa di questo problema gli venne sospeso l' assegno dell' editore e così fu costretto a tornare nella casa di Recanati. In questo periodo visse isolato nel palazzo paterno, senza alcun tipo di rapporto. Nel 1830 accetta un' offerta fatta dai suoi amici fiorentini, che per orgoglio aveva prima respinto: consisteva in un assegno mensile per un anno. Lascia così Recanati per non farvi mai più ritorno. Strinse rapporti sociali più intensi, viene a contatto con il dibattito culturale e anche politico contro l' ottimismo dei liberali. A Firenze si innamora di Fanny Tozzetti. La delusione subita ispira un ciclo di canti, il cosiddetto "Ciclo di Aspasia", in cui compaiono nuove soluzioni poetiche. A Firenze stringe un' amicizia fraterna con un giovane napoletano, Antonio Ranieri, e con lui visse fino alla morte. Nel frattempo ad alleviare le misere condizioni economiche arrivò l' assegno dalla famiglia.

Dal 1833 si trasferì con Ranieri a Napoli. Qui entra in polemica con l' ambiente culturale, dominato da tendenze idealistiche e spiritualistiche, contrarie al suo materialismo ateo.

La polemica prende corpo in particolar modo nell' ultimo grande canto, La ginestra. Morì a Napoli nel 1837.


Il pensiero

Al centro della meditazione di Leopardi si pone il l' infelicità dell' uomo. Leopardi identifica la felicità con il piacere e pensa che l' uomo aspiri a un piacere che sia infinito, per estensione e durata; poiché nessuno dei piaceri goduti dall' uomo può soddisfare questa esigenza, nasce in lui un senso di profonda insoddisfazione.

L' uomo per Leopardi è necessariamente infelice. Ma la natura, in questa prima fase è concepita come madre benigna e provvidenzialmente attenta ai bisogni al bene delle sue creature che ha voluto offrire all' uomo un rimedio: l' immaginazione e le illusioni. Secondo Leopardi gli uomini primitivi e gli antichi Greci e Romani erano felici perché ignoravano la loro infelicità.

In un secondo momento la natura, da Leopardi, viene concepita come meccanismo cieco e crudele, indifferente alla sorte delle sue creature, in cui la sofferenza degli esseri viventi e la loro distruzione è legge essenziale perché gli individui devono perire per consentire la conservazione del mondo. Questa non è più una concezione finalistica [ la natura che opera per il bene delle sue creature] ma meccanicistica e materialistica. La colpa dell' infelicità non è più dell' uomo stesso, ma solo della natura.

Muta il senso dell' infelicità umana: prima era concepita come assenza di piacere, in una dimensione psicologica ed esistenziale; ora l' infelicità è dovuta ai mali esterni [malattie, elementi atmosferici, vecchiaia e morte]  a cui nessuno può fuggire. Causa dell' infelicità è la natura stessa, tutti gli uomini, in ogni tempo e luogo sono necessariamente infelici e lo sono anche gli antichi che, pur capaci di illudersi era vittime dei mali.

In Leopardi subentra così un atteggiamento contemplativo, ironico, distaccato e rassegnato. Il suo ideale non è più l' eroe antico ma il saggio antico, soprattutto quello stoico la cui caratteristica è l' atarassia: distacco imperturbabile dalla vita.


Pessimismo storico e cosmico

Pessimismo storico: nel senso che la condizione negativa del presente viene vista come effetto di un processo storico, di una decadenza e di un allontanamento da una condizione originaria di felicità e pienezza vitale.

Pessimismo cosmico: l' infelicità non è più legata ad una condizione storica e relativa all'uomo, ma ad una condizione assoluta, diviene un dato eterno e immutabile di natura.


Poetica del vago e dell' indefinito

Se nella realtà il piacere infinito è irraggiungibile, l'uomo può figurarsi piaceri infiniti mediante l' immaginazione. La realtà immaginata costituisce l' alternativa a una realtà vissuta che non è che infelicità e noia. Si viene a costruire una vera teoria della visione: è piacevole per le idee vaghe e indefinite che suscita: la vista impedita da un ostacolo, una siepe, un albero, una torre, un filare di alberi che si perde all' orizzonte, una fuga di stanze, il profilo delle montagne di cui non si vede la fine, il gioco della luce lunare tra gli alberi, sull' acqua, sui tetti delle case. Contemporaneamente si costruisce una teoria del suono. Leopardi elenca una serie di suoni suggestivi perché vaghi: un canto che vada a poco a poco allontanandosi, un canto che giunga all' esterno dal chiuso di una camera, lo stormire del vento tra le fronde.

teoria della visione e del suono formano la teoria dell' indefinito ]

Il bello poetico, per Leopardi, consiste nel vago e nell'indefinito e si manifesta in immagini simili a quelle della teoria del suono e della visione.

Queste immagini sono suggestive perché evocano sensazioni che ci hanno affascinati da bambini. La rimembranza diviene essenziale al sentimento poetico. La poetica della rimembranza e dell' infinito si fondono: la poesia non è che il recupero della visione immaginosa della fanciullezza attraverso la memoria.

Secondo Leopardi i maestri della poesia vaga e indefinita erano gli antichi perché più vicini alla natura, erano perciò immaginosi come i fanciulli. Il poeta cita due passi: una similitudine di Omero che descrive un notturno lunare [La sera del dì di festa], e un episodio dell' Eneide in cui il canto di Circe arriva ai Troiani da lontano[A Silvia]. I poeti moderni, secondo Leopardi, hanno perduto questa capacità immaginosa e fanciullesca. Ai moderni che si sono allontanati dalla natura la poesia d' immaginazione è ormai preclusa; ad essi non resta che la poesia sentimentale, nutrita solo di idee che nasce dalla consapevolezza del vero e dell' infelicità. Leopardi stesso seguirà la poetica del vago e dell' indefinito: gli esempi di suoni e visioni suggestivi che egli propone nello  Zibaldone torneranno puntualmente nelle sue liriche.

Leopardi non si rassegnerà a escludere il carattere immaginoso dai suoi versi, così come non si rinuncerà alle illusioni, pur consapevole della loro vanità.


Gli idilli

Gli idilli sono piccoli quadri di natura. Hanno un carattere diverso sia nelle tematiche, che sono intime e autobiografiche, sia nel linguaggio che è più colloquiale e di grande semplicità. Con il titoli di "Idilli" Leopardi designò alcuni componimenti scritti tra il 1819 e il 1821 come ad esempio L'infinito, La sera del dì di festa, Alla Luna.

Questi idilli non hanno nulla a che fare con la tradizione bucolica classica, che rappresentava una campagna stilizzata. Non hanno neppure a che fare con la nozione moderna di idillio, quell' idillio borghese che si era affermato nel '700 nelle letterature nordiche e che rappresentava scene della vita quotidiana.

Nel 1828, Leopardi definì gli idilli come espressione di sentimenti,avventure storiche del suo animo. Negli idilli, quindi, la rappresentazione della realtà esterna, delle scene di natura serena, è tutta in funzione soggettiva: ciò che a Leopardi preme di rappresentare sono momenti essenziali della sua vita interiore.

Nell' Infinito [ 1819 ] compare una situazione che può ricordare l' idillio classico: la siepe, lo stormire del vento tra le foglie; ma non è lo scenario di una semplice quiete contemplativa e rasserenante, bensì lo spunto per una meditazione lirica sull' idea di infinito creato dall' immaginazione.

Nell' idillio Alla luna [ 1820 ] affronta invece il tema complementare della ricordanza; che come l' immaginazione, trasfigura il reale e l' abbellisce anche se la realtà è triste e angosciosa.

La sera del dì di festa prende l' avvio da un notturno lunare, una di quelle scene suggestive per la loro vaghezza e indeterminatezza che Leopardi predilige ma poi, trapassa ad una confessione disperata dell' infelicità e dell' esclusione della vita patite dal poeta stesso, per allargarsi infine a una più vasta meditazione sul tempo che cancella ogni traccia umana.


Operette morali e l' arido vero

Leopardi lamenta la fine delle illusioni giovanili, lo sprofondare in uno stato d' animo di aridità e di gelo, che gli impedisce ogni moto di immaginazione e del sentimento. Per questo intende dedicarsi soltanto all' investigazione dell' arido vero. Da questa disposizione nascono le Operette morali , composte quasi tutte nel 1824, dopo il ritorno da Roma. Le Operette morali sono prose di argomento filosofico, Leopardi vi espone il sistema da lui elaborato, attingendo dal materiale accumulato nello Zibaldone. Espone attraverso una serie di invenzioni fantastiche, miti, allegorie, paradossi, apologhi: veri e propri canti lirici in prosa. Molte delle Operette sono dialoghi, i cui interlocutori sono creature immaginose, personificazioni, personaggi mitici o favolosi; in altri casi si tratta di personaggi storici oppure di personaggi storici mescolati con esseri bizzarri. In alcune Operette l' interlocutore principale è la proiezione dell' autore stesso; altre hanno forma narrativa come la Storia del genere umano o La scommessa di Prometeo; in altri casi si troviamo le prose liriche, raccolte di aforismi paradossali o discorsi che si rifanno alla trattatistica classica.

Anche le invenzioni più aeree si concentrano intorno ai temi del pessimismo: l'infelicità dell' uomo, l' impossibilità del piacere, la noia, il dolore, i materiali che affliggono l' umanità. Con tutto questo, però, non si ha un' impressione di cupezza e ciò grazie allo sguardo fermo e lucido, all' assoluto dominio intellettuale e al distacco ironico con cui Leopardi contempla il vero.

Da questo quadro escono le operette più tarde, come il Plotino, dialogo sul problema del suicidio, tutto pervaso da un senso di pietà e di solidarietà fraterna verso gli uomini, che prelude alla svolta della Ginestra, o il Tristano, che già si inserisce nel clima

dell' ultima stagione leopardiana. Al clima delle Operette invece può essere ascritta un' epistola in versi: Al conte Carlo Pepoli raccolta nei Canti, in cui il poeta analizza il suo stato di aridità ed enuncia il suo proposito di dedicarsi unicamente all' investigazione dell' acerbo vero.




Il "risorgimento" e i grandi idilli del '28-'30

Finito il periodo di aridità interiore del poeta, Leopardi assiste ad un risorgimento delle sue facoltà di sentire, commuoversi e immaginare e, nell' aprile del '28, scrive un componimento ottonari agili ed incalzanti che esprimono il ritrovato fervore vitale: Il risorgimento. Poco dopo nascerà A silvia.

Questi componimenti, nati dal risorgimento della sensibilità giovanile, riprendono i temi, atteggiamenti, linguaggio degli idilli del '19-'21: le illusioni e le speranze proprie della giovinezza, le rimembranze, la natura serena e primaverile, immagini e suoni vaghi ed indefiniti, il linguaggio limpido e musicale lontano dall' aulicità delle canzoni ma impreziosito da termini ricercati.

Questi componimenti non sono la semplice ripresa della poesia di dieci anni prima; nel mezzo si collocano esperienze decisive, la fine delle illusioni giovanili e l' acquisita consapevolezza del vero. Se la memoria recupera dal passato la stagione dell' illusione e della speranza e fa rivivere immagini, sensazioni, sentimenti antichi, a questo riaffiorare di ricordi si accompagna sempre la consapevolezza del vero. Per questo motivo i grandi idilli sono sì percorsi da immagini liete, ma queste immagini sono rarefatte e perdono ogni corposità fisica e materiale.

La consapevolezza del vero non esercita un potere distruttivo su quelle immagini di vita; portando in primo piano l' acerbo vero in tutta la sua pienezza, il vero è richiamato con delicatezza e riserbo, pur impregnando di sé ogni immagine evocata.

Caratteristica dei grandi idilli è l' equilibrio che si instaura tra due spinte contrastanti: il "caro immaginar" e il vero.

Tra i grandi e i piccoli idilli abbiamo un' altra differenza: nei grandi idilli non compaiono più gli slanci, i fremiti e gli impeti di disperazione. Leopardi ha assorbito

quell' atteggiamento di ferma contemplazione e di lucido dominio.

Il linguaggio è sostanzialmente diverso da quello dei piccoli idilli: non troviamo più espressioni intense e patetiche ma troviamo un linguaggio più misurato sia nella direzione della tenerezza e dolcezza, quando viene evocata la giovinezza e l'illusione, sia nella desolazione quando viene evocato il vero.

Il poeta non usa più l'endecasillabo sciolto, ma una strofa di endecasillabi e settenari che si succedono liberamente senza avere uno schema fisso; questa metrica asseconda perfettamente la vaghezza delle immagini e del movimento fantastico.













L' infinito

Composto a Recanati nel 1819; metro endecasillabi sciolti

Mi furono sempre cari questo colle e questa siepe che impedisce alla vista di scorgere gran parte dell' estremo orizzonte. Ma sedendo e guardando al di là di quella, io mi immagino infiniti spazi, sovrumani silenzi e la profondissima quiete dove per poco il cuore non si spaventa. Non appena sento stormire il vento tra le piante, paragono il silenzio infinito al rumore del vento: e così nasce nella mia mente il pensiero dell' eterno, delle epoche passate e del presente che è in corso e della sua voce. Così in questa meditazione sull' infinito il mio pensiero si smarrisce: e il naufragare in questo mare è dolce.

Analisi

L'infinito venne composto a Recanati nel 1819,

La poesia si articola in due momenti.

Nel primo momento: il pensiero si costruisce l' idea di un infinito spaziale, cioè di spazi senza limiti immersi in sovrumani silenzi in una quieta profondissima.

Nel secondo momento: l'immaginazione prende l' avvio da una sensazione uditiva, lo stormire del vento tra le piante. La voce del vento, viene paragonato ai silenzi prima immaginati, e richiama alla mente l'idea di un infinito temporale.

Metro: endecasillabi sciolti.


Alla luna

Composta nel 1820; metro endecasillabi sciolti.

O graziosa luna, io mi ricordo che, ora che si compie l' anno, io venivo sopra questo colle a guardarti pieno di angoscia: e tu allora sovrastavi sopra quel bosco, come adesso fai, che rischiari. Ma il tuo volto appariva velato e tremolante per il pianto che mi sorgeva dagli occhi, perché, o mia diletta luna,  piena d' affanni era la mia vita: ed è piena d' affanni. E pure mi fa piacere il ricordare, e il calcolare la durata del mio dolore. Oh come si presenta gradito il ricordo delle cose passate nell' età giovanile, quando la speranza ha ancora davanti a sé un lungo percorso e la memoria dietro di sé un percorso breve, anche se il ricordo è triste e l' affanno del passato dura ancora nel presente!


La sera del dì di festa

Composto a Recanati nel 1820; metro endecasillabi sciolti.

La notte senza vento è chiara e dolce, e la calma luna si posa sopra i tetti e in mezzo agli orti, e da lontano la luce lunare rende preciso il profilo delle montagne. O mia donna, già ogni sentiero tace, e dai balconi filtra la cuce della di qualche raro lume: tu dormi, poiché ti accolse un sonno pronto e facile, in quanto nessuna preoccupazione ti tormenta, e non sai e non pensi a quale ferita mi hai fatto nel petto. Tu dormi: io mi affaccio a salutare questo cielo che quando lo si guarda appare tanto sereno, e la natura che nel suo moto eterno e inappellabile mi creò per soffrire. A te nego perfino la speranza ed i tuoi occhi non brillino di altro se non di lacrime. Questo fu un giorno di festa: ora ti riposi dagli svaghi e forse ti ricordi nel sogno dei giovani ai quali oggi piacesti e che ti piacquero: tra coloro ai quali pensi non ci sono io, e neppure lo spero. Intanto io chiedo quanto mi resti ancora da vivere, mi getto qui per terra gridando e fremendo. Oh giorni orrendi in così giovane età! Ahi, per la strada sento, non lontano, il canto solitario dell' artigiano che ritorna alla sua umile casa dopo i divertimenti, e crudelmente mi si stringe il cuore al pensare come al mondo tutto passa senza quasi lasciare traccia. E trascorso il giorno di festa, ad esso succede quello feriale e il tempo trascina con sé ogni vicenda umana. Dov' è ora l' eco delle imprese di quei popoli antichi? Dov' è ora la gloria dei nostri famosi antenati, e il grande impero di quella Roma, il rumore delle battaglie e delle vittorie che percorse tutto il mondo fino all' oceano? Tutto è in pace e in silenzio e il mondo posa tutto, e non si parla più di loro. Nella mia fanciullezza, quando si aspetta impazientemente il giorno di festa, quando poi si è concluso, io angosciato, insonne, stavo a letto; e allo stesso modo provocava in me angoscia e malinconia il canto proveniente dai sentieri a notte tarda che nell' allontanarsi si spegneva.


A silvia

Composto a Pisa nel 1828; è il canto che inaugura una nuova stagione della poesia di Leopardi, quella dei grandi idilli [1828 - 1830], metro: strofe libere, senza schema fisso, con vario alternarsi di endecasillabi e settenari.

Silvia ricordi ancora quel tempo della tua giovinezza, quando la bellezza risplendeva nei tuoi occhi gioiosi e fuggitivi, e tu serena e pensosa, eri sul punto di oltrepassare la soglia della tua gioventù? Risuonavano le tranquille stanze, e le vie intorno, al tuo ininterrotto canto, allora sedevi intenta ai lavori femminili, molto contenta di quel futuro indeterminato che avevi nella tua mente. Era il maggio profumato e tu così solevi trascorrere il giorno. Io interrompendo momentaneamente i graditi studi poetici e gli impegnativi lavori filosofici, nei quali si consumavano la mia gioventù e le mie forze migliori, dai balconi della casa paterna, porgevo le mie orecchie al suono della tua voce, e al suono prodotto dalla tua mano che, rapida e con fatica, confezionava al telaio, la tela. Guardavo il cielo sereno, le vie illuminate dal sole e gli orti, e quindi da una parte il mare da lontano, dall' altra i monti. Le parole non possono esprime efficacemente il sentimento che provavo nel cuore. O Silvia mia, che pensieri soavi, che speranze, che sentimenti! Come ci sembrava felici la vita umana e il destino! Quando mi ricordo di una così lieta speranza, mi opprime un sentimento insopportabile e di totale sconforto e di nuovo torno a compiangere la mia sventura. O natura perché nella maturità poi non restituisci quello che prometti in gioventù? Perché inganni così tanto i tuoi figli? Tu, o tenerella, prima che l' inverno inaridisse le erbe, morivi consumata e uccisa da un male all' interno del tuo corpo. E non vedevi il fiore dei tuoi anni, e non ti lusingava il cuore sentir lodare sia i tuoi capelli neri, gli sguardi innamorati e schivi, né con te parlavano

d' amore le compagne nei giorni di festa. Di lì a poco sarebbe perita anche la mia dolce speranza, il destino negò anche alla mia vita la giovinezza. Ahi come sei svanita, cara compagna della gioventù, mia compianta speranza. E' dunque questo il mondo vagheggiato? Queste sono le gioie, i sentimenti, le attività operose, gli avvenimenti di cui parlammo insieme? Questa è la sorte degli uomini? Al rivelarsi della reale natura delle cose tu, misera, tramontasti: e indicavi con la mano la fredda morte e una tomba desolata.


Analisi

Assistiamo ad una costruzione parallela tra Leopardi e Silvia.

La lirica è caratterizzata dalla vaghezza; l'immagine di Silvia vive solo di due particolari: gli occhi "ridenti e fuggitivi" e l'atteggiamento "lieto e pensoso". Questa vaghezza corrisponde a una precisa poetica leopardiana, la tendenza al vago e indefinito, in cui, secondo Leopardi consiste il bello e piacevole delle cose. Troviamo dei filtri:

un filtro fisico il mondo esterno è percepito da Leopardi attraverso la finestra del "paterno ostello", che lo allontana e lo separa dal mondo, impedendo il contatto immediato con la realtà,

il secondo filtro è l' immaginazione; il canto non viene percepito tanto con i sensi, quanto trasfigurato attraverso l'immaginazione,

un terzo filtro è la memoria: il ricordo per Leopardi ha una funzione analoga a quella dell' immaginazione, rende le cose indefinite e poetiche,

un quarto filtro è quello letterario

un quinto filtro è quello filosofico: l'illusione recuperata dalla memoria non può essere vissuta ingenuamente come negli anni giovanili, poiché è stata presa la coscienza filosofica del "vero".

Livello fonico: ricorrente uso del gruppo fonemico "vi".

Livello morfologico: opposizione dei tempi verbali imperfetto vs presente: l' imperfetto è il tempo della memoria e dell' illusione; il presente è il tempo del vero, della consapevolezza e della delusione.

Livello lessicale: il lessico risponde alla poetica dell' indefinito, la sintassi è piana e limpida, fatta di periodi brevi e con poche subordinate, e queste sono prevalentemente temporali.


La quiete dopo la tempesta

La tempesta è passata:odo gli uccelli fare festa, e la gallina tornata lungo la via,che ripete il suo verso. Ecco che il sereno irrompe da ovest, verso la montagna;la campagna si libera delle nubi,e il fiume nella valle appare chiaro. Ogni cuore si rallegra, da ogni parte riprende il vociare del borgo si riprendono gli abituali lavori. L'artigiano per guardare il cielo umido, si affaccia cantando sull'uscio con l'oggetto del suo lavoro in mano; a gara esce la fanciulla per raccogliere l'acqua della pioggia recente;e il venditore di ortaggi ripete di sentiero in sentiero il richiamo di tutti i giorni. Ecco che ritorna il Sole, ecco che sorride per le colline e i gruppi di case. La famiglia apre i balconi e le terrazze: e, dalla via maestra, odi un lontano tintinnio di sonagli; stride il carro del passeggero che riprende il suo cammino. Ogni cuore si rallegra. Quando come ora la vita è così dolce, così gradita? Quando l'uomo si dedica alle sue occupazioni con tanto amore? O torna all'opera? o intraprende una cosa nuova? Quando si ricorda meno dei suoi mali? Il piacere è generato dall'angoscia; una gioia vana, che è frutto del male cessato, a causa del quale si turbò e temette la morte anche chi prima ripugnava la vita;

a causa del quale in un lungo tormento, agghiacciate, ammutoliti, pallidi gli uomini provarono timore e turbamento, vedendo scatenati contro di noi fulmini, nubi e vento.

O natura generosa, sono questi i tuoi doni, sono queste le gioie che tu porgi ai mortali. Sfuggire ad un dolore è motivo di gioia per noi. Tu spargi abbondantemente le sofferenze; il dolore ne deriva spontaneo: e quel tanto di piacere che per prodigio o per miracolo talvolta nasce dall'angoscia precedente, è un gran vantaggio. Genere umano caro agli dei! assai felice  se ti è concesso di trarre un sospiro di sollievo dopo un dolore: beato se la morte ti guarisce da ogni dolore.


Analisi

La poesia è divisa in due parti: la prima parte è quella descrittiva, la seconda è riflessiva.

La descrizione iniziale offre una serie di aspetti del piccolo mondo borghigiano: è un paesaggio tutto costruito sulla suggestione dei suoni che giungono da lontano e della vastità spaziale indeterminata.

La descrizione è tutta ispirata alla poetica del vago e dell' indefinito. Il che significa che non si tratta di una scena oggettiva, ma di una scena filtrata dall' immaginazione soggettiva e dalla "doppia visione".

La seconda parte è filosofica: il concetto centrale è che il piacere è figlio dell' affanno e nasce dalla cessazione di un dolore o di un timore.

Livello sintattico: la prima parte presenta movimenti sintattici limpidi e scorrevoli, fatti di frasi brevi e piane. La seconda parte è più tesa e drammatica: si alternano frasi brevissime, secche, epigrafiche e momenti più ampi, mossi da interrogazioni ed esclamazioni.


Il sabato del villaggio

La giovinetta torna dalla campagna, al calar del sole, col suo fascio d'erba; e in mano porta un mazzolino di rose e di viole, con cui, come è solita, si prepara ad ornare l'indomani, nel giorno di festa, il seno ed i capelli. La vecchietta siede con le vicine

sulla scala a filare, rivolta la tramonto; e raccontando ricorda la sua giovinezza, quando nei giorni di festa ella si ornava, ed ancora sana e snella soleva danzare la sera tra quelli

che furono i compagni dell'età più bella. Già tutta l'aria si oscura, il cielo torna azzurro, e tornano le ombre giù dai colli e dai tetti, alla luce bianca della luna appena sorta. Ora la campana dà il segnale della festa che arriva; e a quel suono diresti che il cuore si riconforta. I fanciulli gridando nella piazza tutti assieme, e saltando qua e là, fanno un lieto rumore: e intanto ritorna dal suo pasto frugale, fischiando il contadino, e fra sé e sé pensa al giorno del suo riposo. Poi quando ogni luce si è spenta, e tutto tace, odi il picchiare del martello, odi la sega del falegname, che è sveglio alla luce nella bottega chiusa, e si affretta, e si dà da fare ad ultimare il lavoro prima dell'alba. Questo è il più gradito giorno della settimana, pieno di speranza e di gioia: domani le ore arrecheranno la tristezza e la noia, e ciascuno col pensiero farà ritorno al consueto lavoro.

Fanciullo spensierato, questa età fiorita è come un giorno pieno di allegria, un giorno chiaro, sereno, che precede la maturità della tua vita. Sii felice, fanciullo mio,; questa condizione soave, questa è una stagione lieta.

Non voglio dirti altro; ma non ti sia motivo di afflizione che la tua maturità tardi ancora a venire.


Analisi

Abbiamo prima una parte descrittiva, dedicata ad aspetti della vita borghigiana, poi una parte riflessiva che prende spunto dalla descrizione precedente.

Il quadro paesano si apre con due figure femminili contrapposte, la donzelletta che immagina la gioia del giorno festivo a venire e la vecchiarella che ricorda la gioia delle feste della sua giovinezza. Le due figure rappresentano la speranza giovanile e la memoria; la speranza e la giovinezza si collegano con il tema della festa e della primavera.

Il filtro letterario ha la funzione di trasfigurare immaginosamente la realtà. Il filtro letterario agisce su molti elementi, li allontana, li smaterializza; trasformandoli in realtà dell' immaginazione e del ricordo.

Il quadro di vita paesana è costellato di immagini vaghe ed indefinite; alle sensazioni visive succede una serie di suoni provenienti da lontano.

La parte riflessiva che segue il quadro idillico non è amara. La conclusione non è raziocinante ma è affidata ad un colloquio affettuoso con il "garzoncello".


Il passero solitario

O passero solitario, canti verso la campagna sulla vetta del campanile fino a quando arriva il tramonto e l'armonia del tuo canto si diffonde nella valle. Intorno la primavera splende nell'aria, si diffonde nei campi e a guardarla si intenerisce il cuore. Si sentono le greggi belare e le mandrie muggire: gli altri uccelli contenti, fanno mille giri nel cielo libero per festeggiare la primavera. Tu pensoso guardi tutto ciò che succede lontano dagli altri e non partecipi agli spassi ed ai canti in compagnia e così passi la più bella parte dell'anno e della tua giovinezza.

Quanto assomiglia la tua vita alla mia. Io non curo il divertimento e le risate che sono le compagne della giovinezza e neanche tu amore, che sei il fratello della gioventù e sarai anche il mio rimpianto nella mia vecchiaia. Non so nemmeno perché fuggo da loro. Io trascorro la mia giovinezza quasi solitario ed estraneo al paese in cui sono nato e vivo. Nel nostro villaggio è abitudine festeggiare questo giorno che ormai sta per finire. Si sente nel cielo sereno il suono delle campane e gli spari dei fucili da villaggi in villaggi. Tutti i giovani dei villaggi vestiti a festa lasciano le case contenti e si riversano sulle strade. Io solitario vado nella parte lontana della campagna e rimando questi divertimenti. E intanto, il mio sguardo steso nell'aria luminosa è ferito dal sole che tramonta, pare che mi afferma che la gioventù se ne andrà presto.

Tu solitario uccellino, arrivato alla fine della vita che ti concede il destino non avrai rimpianto delle tue abitudini perché ogni vostro comportamento è frutto del destino. Che sembrerà a me di questo atteggiamento se non otterrò di evitare la vecchiaia quando i miei occhi non parleranno più al cuore degli altri e quando il giorno futuro è più scuro di oggi? Come giudicherò questi miei anni miei? Ahi, mi pentirò, e spesso, e mi volgerò indietro.


Analisi

Troviamo una fitta presenza di immagini vaghe e indefinite.

Si può notare come il filtro letterario crea l' effetto della doppia visione sui dati della percezione e li trasforma in oggetti dell' immaginazione. Sul canto del passero solitario dalla torre antica di Recanati si sovrappone il ricordo dell' Erminia [Gerusalemme Liberata] del Tasso, da una torre solitaria osserva lo spazio intorno fino a sera.







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