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Recensione del libro "La casa in collina" di Cesare Pavese

italiano



Recensione del libro "La casa in collina" di Cesare Pavese.


Questo romanzo breve, pubblicato nel 1949 nella raccolta Prima che il gallo canti dalla Einaudi a Torino, casa editrice nella quale l'autore ha lavorato per buna parte della sua vita, è opera di Cesare Pavese.

La vicenda, che ha la durata di circa un anno, è ambientata nella Torino del 1943 e nella sua periferia, durante la Seconda Guerra Mondiale, periodo in cui la popolazione civile era chiamata a fare una scelta precisa in campo politico: se stare dalla parte dei fascisti e dei nazisti oppure prendere parte alle organizzazioni clandestine di gruppi di partigiani.



Corrado, un insegnante quarantenne di origini contadine, trova rifugio in una villa sulle colline piemontesi ai pericoli della guerra. Affittata una stanza, dove torna solo per mangiare e dormire, è accudito due attempate signore di estrazione borghese: Elvira, una calma materna zitella di mezza età segretamente innamorata del professore, ma che lui tratta con indifferenza, quasi con fastidio, e la vecchia madre di lei. In una delle sue quotidiane passeggiate in collina, luogo che nel corso del romanzo offrirà sempre un ottimo rifugio al protagonista, Corrado fa meta all'osteria le Fontane, seguendo voci e canti da lì provenienti, dove incontra un vecchio amore di gioventù, Cate, che qui vive con la nonna e il figlioletto Dino. L'osteria, gestita dall'anziano Gregorio, è frequentata da Fonso, un operaio giovane e focoso e dai suoi legittimi amici. Corrado è come conquistato dal clima vitale che si respira alle Fontane, dove si ascoltano le stazioni inglesi sulla guerra e si cantano le canzoni partigiane e decide di recarvisi ogni sera per parlare di politica con altre persone Riprende anche il dialogo con Cate, molto maturata nel frattempo dalle esperienze di vita e per nulla intimidita dalla istruzione del professore. Inoltre, Corrado si affeziona a Dino, vispo, allegro e molto intelligente, nel quale trova somiglianze con se stesso bambino e del quale spesso sospetta e vagheggia di essere il padre. In seguito alla resa fascista a le Fontane si comincia a organizzare la resistenza, da cui Corrado si astiene, e ha inizio un periodo più doloroso. Fonso e l'amico Nando partecipano alla lotta partigiana ma sono catturati e deportati insieme a Cate. Del loro destino non si saprà più nulla. Scoperto il covo dai tedeschi tutti vengono arrestati, eccetto Dino per la sua età e Corrado che è nei boschi per una delle sue passeggiate e che osserva la scena incredulo da distanza. Grazie all'aiuto dell'intraprendente Elvira, il protagonista trova un rifugio in un collegio di Chieri dove passa molte notti insonni nell' attesa di un rastrellamento tedesco, con la paura di venir scoperto e di fare la fine de suoi compagni e Le Fontane. Lo raggiungerà in seguito anche Dino che però, indomito e coraggioso, fuggirà dal convento per andare alla ricerca di Fonso e della madre. Avvisato da un prete di essere in pericolo, Corrado decide di ritornare, momentaneamente, a Torino, nella villa in collina. Lì la coraggiosa e razionale Elvira gli consegna la lettera della sorella che lo invita ad andarla a trovare. Egli compie così un periglioso ritorno a casa fra gli orrori e le devastazioni della guerra civile. Un viaggio nel mezzo delle Langhe piemontesi che sarà per lui motivo di dolorosa riflessione e maturazione interiore. Una volta arrivato si stabilisce e conduce una regolare vita aspettando la fine della guerra e pensando ai suoi amici torinesi.



Possiamo notare come questo romanzo assuma un tono autobiografico: sia Pavese che Corrado hanno quarant'anni è sono insegnanti e, quindi, intellettuali. Tra le molte analogie possiamo inoltre notare come, il ritorno serale nella casa in collina, rappresenta il desiderio di solitudine, di triste quiete che rispecchia la vita dell'autore. Essa è la stessa solitudine vista come qualcosa da cui è necessario evadere ma che entrambi accettano come segno del destino. Da non dimenticare le numerose perdite di affetti, la difficoltà nei rapporti sentimentali e la sofferenza nei confronti della sentita guerra interminabile, nei confronti della quale sono tuttavia indifferenti, anche se con rimorso. Il paesaggio, descritto in modo asciutto, è caratterizzato da una forte contrapposizione tra collina e città, due ambienti che hanno caratterizzato in modi differenti sia Corrado sia l'autore, assumendo un valore simbolico. La prima è il luogo dove si concentrano tutti  i miti infantili, mentre la seconda rappresenta la solitudine, il luogo dove avvengono brutali eventi causati dalla volontà umana.

Il narratore del romanzo è interno, e si identifica nel protagonista che racconta in prima persona, fruttando come tecnica del punto di vista quella della focalizzazione interna. Fabula e intreccio coincidono quasi completamente, tranne nei punti in cui Corrado racconta della sua precedente storia con Cate. Il lessico non è molto ricercato, anche se sono presenti alcuni termini dialettali, e risente della lezione americana, che risulta aspra, ruvida, virile e precisa, e che contribuisce a creare un'atmosfera a tratti avvilente, caratterizzata da un ritmo piuttosto lento, poiché vi sono molte sequenze riflessive da parte del narratore, che riflette sulla guerra e sulla sua esistenza.

In questo libro l'autore vuole presentare in modo realistico e completo tutto ciò che comporta la guerra. Tale argomento fondamentale del racconto fa si che nessuno ne possa sfuggire poiché tutti sono messi a contatto con la sua dura realtà sia in modo affettivo, con la perdita dei propri cari, sia in modo fisico, con la vista del sangue e di corpi senza vita di sconosciuti, descritti nel libro con freddo e distaccato realismo. Solo alla fine il protagonista fa i conti con l'ideale da lui tanto represso e respinto e si rende conto del'effettiva situazione che lo circonda, rimpiangendo le sicure colline dell'infanzia, ormai luogo di morte.









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