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RELAZIONE
FONTAMARA
Questo libro racconta le vicende della
popolazione di Fontamara, un piccolo e povero paese dell'Umbria.
Il narratore rappresenta l'intera popolazione, in quanto i contadini di
Fontamara vivevano più o meno tutti ne 212f56c lle stesse condizioni sia economicamente
sia culturalmente critiche.
Vengono narrati in prima persona tutti i soprusi subiti dalla massa contadina
da parte dei ricchi che li raggiravano spesso e volentieri illudendoli con
improbabili accordi. Gli abitanti di Fontamara però se ne rendevano conto
sempre troppo tardi a causa della loro ignoranza.
A partire dal 1o giugno del 1929 nel paese avvengono strani
cambiamenti che mettono in preoccupazione tutti gli abitanti. Una mattina al
paese non arriva più l'elettricità. Sperando di rimediare a questa "fatalità"
ogni contadino firma una misteriosa "carta bianca" che, con il passare delle
pagine, si scoprirà essere l'autorizzazione a togliere l'acqua per
l'irrigazione portandola ad irrigare i possedimenti dell'Impresario, un
"galantuomo" che divenne sindaco del capoluogo. Egli era un imprenditore
appoggiato dal "regime di Roma". Capito l'inganno i fontamaresi si recano a
casa dell'Impresario, dove tentano di convincerlo a ridare loro l'acqua, perché
essa era un bene indispensabile per la loro sopravvivenza ottenendo solo altri
inganni che li lasciano senz'acqua e portano alla riduzione del loro salario.
Dai soprusi ottenuti con le parole, si passò poi ai soprusi fisici (violente
incursioni). Allora uno di loro, Berardo Viola, l'uomo più forte e robusto,
decide di reagire tentando di trovare maggior fortuna fuori dal paese. Durante
il viaggio verso il capoluogo egli si rende conto che, al di fuori di
Fontamara, sono cambiate molte cose. Quando ormai è evidente il fallimento di
Berardo, egli viene a conoscenza della morte di Elvira, la sua amata che egli
avrebbe dovuto sposare non appena tornato dal suo "viaggio in cerca di lavoro".
Allora Berardo si convince che per lui la vita non ha più senso. Durante uno
dei suoi tanti spostamenti però avviene una svolta: incontra un partigiano che
lo mette al corrente dell'avvento del fascismo e di molti altri cambiamenti
avvenuti in Italia e sconosciuti da tutti i fontamaresi. L'incontro a Roma con
l'Avvezzanese (il partigiano), gli apre gli occhi sulla realtà che tutti stanno
vivendo.
I due vengono arrestati per un equivoco e nel periodo in cui sono costretti
alla convivenza in cella, il contadino sviluppa una notevole maturazione
politica. Questo suo nuovo impegno morale lo porta ad autoaccusarsi di essere
il "Solito Sconosciuto", ossia un sostenitore attivo della resistenza. Dopo
questa falsa testimonianza egli viene torturato perché riveli i nomi dei suoi
complici fino all'atroce e ingiusta morte. Venuti a conoscenza del fatto i
fontamaresi fondano il "Che fare?", un giornale in cui scrivono degli ingiusti
soprusi subiti e della ingiusta morte del loro compaesano. La conclusione è
tragica in quanto il regime decide di punire tutti i fontamaresi mandando una
squadra della Milizia che fece strage di abitanti. Per fortuna però non tutti
morirono, ma qualcuno (tra i quali anche i vari narratori) trovò la salvezza
nella fuga verso la montagna.
Il lessico non troppo complesso è comprensibile a tutti. La morale di questo racconto è forte, e ci insegna che i deboli e gli ingenui vengono spesso sfruttati e annientati, anche se fa onore ai fontamaresi il tentativo di ribellione e di denuncia delle violenze subite.
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