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Il pensiero cristologico di Gregorio Magno

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Il pensiero cristologico di Gregorio Magno


Secondo Gregorio Magno il Nuovo Testamento è legato fortemente al Antico Testamento. Infatti per farci capire questo fa un esempio scritto anche in un Commento a Ezechiele:"Ruota in mezzo a un'altra ruota è il Nuovo Testamento in mezzo all'Antico Testamento, perché il Nuovo Testamento ha fatto vedere ciò che l'Antico Testamento annunziava. Per fare un esempio, che cosa significa che Eva vien fuori da Adamo immerso nel sonno, se non che la Chiesa viene formata dal Cristo morente?".

In questo commento è presente anche l'esempio di Adamo ed Eva che in questo caso rappresentano la Chiesa e Cristo. Più avanti in questo commento Gregorio attribuisce tre aggettivi a Cristo quali: Redentore, Sacerdote e Mediatore. In effetti il commento prosegue: "Che significa che Isacco viene condotto al sacrificio e porta la legna, viene posto sopra all'altare e rimane vivo, se non che il nostro Redentore, condotto alla passione, portò sulle sue spalle il legno della croce? Cosa significa che l'omicida dopo la morte del sommo Sacerdote, cioè del nostro Redentore, viene prosciolto dai vincoli dei suoi peccati e ritorna in possesso del paradiso? [.] Cosa significa questo, se non che i due Testamenti convergono verso il Mediatore tra Dio e gli uomini, in modo tale che uno fa vedere che quanto l'altro nasconde?".



Le Sacre Scritture contengono un significato spirituale che viene rilevato attraverso l'incarnazione di Cristo fonda l'intelligenza spirituale.

Gregorio Magno dimostrava molta libertà nel denominare l'intelligenza spirituale. Infatti la chiamava anche senso o intelligenza mistica testimoniato da questa riflessione: "Ma ecco che ormai in virtù dello Spirito della grazia noi ricerchiamo le parole celesti".

Secondo Gregorio Magno le parole di Dio vanno in più direzioni:

  • dai profeti vanno agli uomini indicando il signore;
  • il Vangelo mostra Colui che il Padre ha scelto per la nostra salvezza (Cristo) e quindi vanno agli uomini;
  • con gli apostoli viene predicato "il salvatore" e poi vanno agli uomini;
  • attraverso gli oracoli vengono fatti conoscere gli insegnamenti facendo vedere le opere.

Questo ci fa capire che Gregorio aveva un'interpretazione cristologica del mistero della salvezza. Infatti egli ricorre frequentemente in termini simbolici come Mediatore e Redentore che sono presenti nell'Antico Testamento come balenio e candelabro.

In particola re quest'ultima parola simbolica la incontriamo nella sesta omelia del primo libro su Ezechiele. Infatti Gregorio commentando un brano dell'Esodo paragona un candelabro d'oro a Cristo, infatti la luce del candelabro è la luce di Cristo che risplende nel mondo. Ma il candelabro viene usato anche da un punto di vista del materiale infatti l'oro puro rappresenta la purezza d'animo di Cristo perchè lui è senza peccato; la duttilità dell'oro rappresenta la gloria che Cristo ha raggiunto tramite i dolori della passione.

Poi Gregorio paragona il corpo di Cristo alla Chiesa (noi) , e lo suddivide in più parti, infatti il capo rappresenta Cristo stesso, il petto, gli apostoli, le braccia, i martiri, la mani, i pastori e i dottori. Analizzando questa figura noteremo che c'è proporzione tra grandezza della parte del corpo e perfezione spirituale.

Ma Gregorio rappresenta ancora una volta il candelabro, però identificando il fusto come Cristo e i bracci come i predicatori.

In Commento al libro di Giobbe Gregorio raffigura Giobbe come Cristo infatti Cristo è paziente che rimane fedele alla prove e lui dice che chi visse prima della nascita di Cristo e aveva annunciato la sua venuta erano buoni e vissero santamente. Gregorio unisce Cristo con la Chiesa rappresentandoli come una sposa ed uno sposo, dove Giobbe  rappresenta la Chiesa. Secondo Gregorio se Cristo era il capo del corpo allora la Chiesa era il corpo di Cristo. Come si può dedurre da queste parole: "Il nostro Redentore forma una sola persona con la santa Chiesa".

Si può quindi dire che l'interpretazione delle Sacre Scritture sono date dall'epoca nelle quali si leggono. Infatti in quel tempo Gregorio applicò la figura di Chiesa a Giobbe.

Possiamo quindi dire che Gregorio non era interessato al reale significato della Scrittura ma al significato dell'epoca nella quale la scrittura è letta per poter rendere significativa la lettura della Scrittura.




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