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Il mio progetto di un’abitazione privata e’ stato fatto nella zona di Recanati dove e’ nato, appunto il poeta Giacomo Leopardi.
Letteratura:
Giacomo Leopardi
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A esso va anche ricondotta la fermezza stoica con cui il poeta rifiutò sempre ogni facile consolazione , ogni pietoso inganno che potesse distoglierlo , sia pure per un attimo , dalla contemplazione del tragico destino dell’uomo .
In Italia, la conseguenza più appariscente della nuova restaurazione successiva al 1848 fu una notevole accentazione dell’influenza austriaca: soltanto il Regno di Sardegna e il Regno delle Due Sicilie potevano considerarsi immuni.
Mentre lo Stato napoletano era ripiombato in un ciclone di esasperata reazione assolutistica che bloccò ogni possibilità di progresso politico e sociale, creando una situazione di totale stagnazione economica, nel Regno sabaudo lo Statuto del 1848 non fu abolito e la lenta modernizzazione economica e politica di alleanza della monarchia con la borghesia moderata, già iniziata negli ultimi anni di Regno da Carlo Alberto, ripresero alla conclusione della guerra sotto il suo successore Vittorio Emanuele II.
Conclusa la pace con l’Austria, il governo piemontese guidato da Massimo D’Azzeglio, poté riprendere una politica di tante riforme interne, di cui furono un segno sia le leggi proposte dal Ministro Siccardi, nel 1850, che limitavano i privilegi ecclesiastici e restituivano allo Stato molte funzioni e prerogative assegnate alla Chiesa, sia le iniziative tendenti a favorire lo sviluppo economico, specie nel settore dell’agricoltura. Tuttavia la strada delle riforme subì una accelerazione vigorosa si affacciò al governo il Conte Camillo Benso di Cavour .
Attento studioso dei problemi economici e fautore delle teorie liberate, Cavour fu anche osservatore delle necessità di una politica e di una legislazione che garantisse le essenziali libertà civili dei cittadini. Alienato su posizioni moderate e contrario ad ogni tipo di rivoluzione, Cavour riteneva che soltanto attraverso un graduale rinnovamento delle strutture politiche , sociali ed economiche si potesse realizzare un effettivo progresso civile e insieme si potesse portare il Regno di Sardegna ad inserirsi nei circuiti economici internazionali e nell’area dello sviluppo capitalistico.
Chiamato da D’Azzeglio, nel 1850, a partecipare al governo come ministro dell’Agricoltura, Commercio e Marina, nel 1852 riuscì ad arrivare alla presidenza del Consiglio, scavalcando D’Azzeglio. Grazie ad un accordo tra lo schieramento parlamentare di centro-sinistra e quello moderato di centro-destra, che è passato alla storia col nome di Connubio, Cavour riuscì a governare con sicurezza per circa 9 anni, realizzando un ampio programma che si muoveva su tre linee: sviluppo economico dello Stato sabaudo, potenziamento dell’apparato militare, rafforzamento della sua posizione diplomatica e dei suoi rapporti con le potenze europee, in vista dell’obiettivo strategico di un espansione territoriale ai danni dell’Austria.
Anche il clima politico e la vita culturali del Regno si arricchirono grazie alla libertà di stampa, di parola che lo Statuto garantiva, ma anche grazie alla forte presenza nel paese di esuli liberali provenienti da tutt’Italia.Le persecuzioni poliziesche attuate negli stati italiani portarono numerosi patrioti a rifuggiarsi nel Regno di Sardegna, che si mostrò assai aperto e disponibile ad accoglierli.
Queste presenze funsero da stimolo per la classe dirigente piemontese all’impegno per l’indipendenza degli altri Stati della penisola, in una prospettiva di unità nazionale che andava definendosi anche in seno alla correnti liberali moderate.
Sul versante della politica estera, l’intensa azione diplomatica di Cavour si indirizzò ad inserire il Regno di Sardegna nella rete dei rapporti internazionali e a trovare adeguate alleanze per riprendere la guerra con l’Austria. In questa direzione, particolarmente incisiva risultò da parte di Cavour l’azione di denuncia, all’opinione pubblica europea, della grave situazione degli Stati italiani oppressi dalla presenza austriaca, e dal pericolo che ciò favorisse la propaganda rivoluzionaria e un ritorno all’azione dei movimenti democratici.
La guerra di Crimea del 1855, a cui anche il Regno di Sardegna partecipò, fu un’utile occasione che Cavour seppe sfruttare, utilizzando la successiva conferenza di Parigi come pubblica tribuna per ribadire queste denuncie che trovavano ascolto presso i liberali di tutti i paesi e suscitarono l’interesse di Luigi Napoleone, diventato imperatore di Francia nel 1852 col nome di Napoleone III, che cominciava a intravedere un’occasione favorevole per estendere l’influenza francese sulla penisola italiana. Appariva a questo punto realizzabile un’alleanza franco-piemontese in funzione antiaustriaca e una soluzione diplomatica e militare del problema italiano.
Paradossalmente fu proprio il gesto isolato di un mazziniano, che voleva vendicare l’intervento contro la Repubblica romana, ed affrettare i tempi dell’alleanza franco-piemontese. Nel gennaio del 1858 il repubblicano Felici Orsini attentò alla vita dell’imperatore lanciando tre bombe contro la sua carrozza, ma fallì l’obiettivo provocando molti morti tra la folla che assisteva al passaggio del corteo imperiale.
Il suo gesto gettò discredito sul movimento mazziniano e diede spunto a Cavour per ribadire l’urgenza di una soluzione del problema italiano. L’alleanza fu sancita in un incontro segreto a Plombieres nel luglio 1858, in cui Cavour e Napoleone III si accordarono per un intervento militare contro l’Austria prefiggendo una divisione dell’Italia in tre Stati: un Regno dell’Alta Italia comprendente, oltre al Piemonte, il Lombardo-Veneto e L’Emilia Romagna, sotto la casa sabauda; un Regno dell’Italia centrale, formato dalla Toscana e dalla provincie pontificie; un Regno Meridionale, concidente con quello delle Due Sicilie liberato dalla dinastia borbonica.
Al papa che avrebbe conservato la sovranità su Roma e dintorni, sarebbe stata offerta la presidenza della futura Confederazione italiana. Dietro questo progetto si calcavano due diversi disegni: quello di Napoleone III che mirava a porre l’Italia sotto suo controllo, mettendo un proprio parente sul trono dell’Italia centrale e appoggiando per il Regno Meridionale la candidatura di un figlio di Gioacchino Murat; e quello di Cavour che contava sulle forze d’attrazione del Piemonte nei confronti degli altri Stati italiani.
Tuttavia se il progetto politico di Cavour poteva soddisfare le aspirazioni piemontesi, non rispondeva certo alle speranze dei liberali e dei democratici mazziniani, che rifiutavano l’ipotesi di un nuovo smembramento dell’Italia e soprattutto l’imposizione di una nuova egemonia francese sulla penisola.
Agli occhi di Mazzini si trattava di un vero e proprio tradimento delle aspettative liberali, mentre lo statista piemontese vedeva l’alleanza con la Francia come un primo passo verso soluzioni del problema nazionale.
L’azione di Cavour si rivelò efficace: l’Austria reagì agli accordi di Plombieres e ai movimenti di truppe piemontesi predisposte ai confini con la Lombardia, intimando la cessazione di ogni provocazione militare: al rifiuto del governo piemontese all’Austria non restò dichiarare guerra il 16 aprile 1859. Le operazioni belliche ebbero breve corso ma furono assai cruente: in due successive battaglie, a Magenta e a Solferino e a San Martino, le truppe franco-piemontesi, rinforzate da un contingente di volontari guidati da Garibaldi, i cosiddetti “Cacciatori delle Alpi” , ebbero ragione dell’esercito austriaco. Il disegno di Cavour sembrava quindi realizzarsi ma a quel punto due elementi nuovi convinsero Napoleone III a interrompere le operazioni militari per giungere ad un compromesso con l’Austria: il pericolo di un intervento della Prussia e il radicale mutamento in atto nelle regioni dell’Italia centrale. Infatti in Toscana nei Ducati e in gran parte territori pontifici sino all’Umbria e alle Marche, le popolazioni erano insorte costituendo governi provvisori orientati ad un’unione politica con il Regno sabaudo. Era chiaro che il movimento liberale godeva di larghe adesioni in queste regioni e che difficilmente Napoleone III sarebbe riuscito a realizzare l’originario piano concertato con Cavour. Questi favoriva, d’altra parte, tutto il movimento appoggiando i governi provvisori che si andavano formando.
L’armistizio dell’11 luglio a Villafranca, firmato da Napoleone III senza avvertire Cavour, non fermò questo processo: i governi liberali si rifiutarono di deporre il potere e cominciarono a prepararsi ricadendo le richieste di annessione al Regno di Sardegna. Di fronte a questa decisione di intere popolazioni di proseguire nel processo di unificazione nazionale, Cavour riuscì a convincere Napoleone III a dare il suo assenso a un’operazione che prevedeva l’annessione alla corona sabauda oltre che della Lombardia, anche della Toscana, dell’Emilia Romagna e dei Ducati e la cessione di Nizza e Savoia alla Francia. L’11 e il 12 marzo del 1860 le popolazioni dell’Italia centrale votarono la loro volontà di unione al Regno di Sardegna.
Si costituiva così, intorno corona dei Savoia, un ampio Regno dell’Italia centro-settentrionale, da cui era escluso il Veneto, che rimaneva all’Austria e l’Umbria e le Marche che restavano sotto il governo pontificio.
Si compie così un importante passo in direzione dell’unificazione dell’intera penisola: ma se Vittorio Emanuele poteva ritenersi soddisfatto degli acquisti realizzati, in tutta l’Italia il movimento liberale aspirava al compimento del processo unitario. Le pressioni in questa direzione erano fortissime, in particolare nel Regno delle Due Sicilie, dove andava facendosi sempre più difficile il rapporto tra le popolazioni e il governo.
La spedizione dei mille e la costituzione del Regno D’Italia
A Napoli, il trono dei Borbone vacillava sempre più e andava aumentando l’ostilità nei suoi confronti sia tra le file della borghesia liberale, sia tra le popolazioni contadine. Nell’aprile del 1860, un’insurrezione a Palermo diede inizio ad un esteso movimento di guerriglia nelle campagne. La notizia di questi episodi si diffusero in tutt’Italia rilanciando le speranze dei democratici e una possibile rivoluzione popolare nel Mezzogiorno. Garibaldi che si era distinto nelle battaglie con l’Austria, fu esortato a organizzare una spedizione di liberazione della Sicilia. Egli accettò di affrontare l’impresa e con circa 1000 uomini partì da Genova il 6 maggio sbarcando a Marsala qualche giorno dopo. Gruppi sempre più folti di cittadini accorsero a ingrossare le truppe di Garibaldi che, dopo una prima vittoria a Calatafini, riuscì a conquistare Palermo, per poi stancare la resistenza dell’esercito borbonico a Milazzo, costringendolo ad abbandonare la Sicilia. L’obiettivo di Garibaldi era quello di liberare la Sicilia e il Mezzogiorno dai Borbone e per realizzarlo aveva bisogno dell’appoggio di tutte le forze sociali, anche di quella dei possidenti. Per questo si preoccupò di controllare i focolai di rivolta contadina, anche a costo di usare la forza come avvenne a Bronte dove i contadini occuparono con violenza le terre.
L’immediato invio di Garibaldi comandati da Nino Bixio, segnò il ristabilimento dell’ordine attraverso la coalizione di numerosi contadini.
Mentre nell’isola si formava un governo civile provvisorio sotto la guida di Francesco Crispi e si tentava di mettere in moto un processo di riforma sociale, nell’Italia settentrionale un’organizzazione con a capo Agostino Bertoni raccoglieva uomini da inviare in Sicilia. Col loro apporto Garibaldi mosse all’attacco delle truppe borboniche e le sconfisse a Milazzo.
Fino a tutta l’estate del 1860, l’iniziativa restò nelle mani di Garibaldi che riuscì a sbarcare in Calabria e poi a fare il suo ingresso trionfale a Napoli.
Napoli liberata rischiava di trasformarsi in un quartiere generale dei democratici, in quanto vi accorsero patrioti di tutt’Italia, era tra loro Mazzini deciso a proseguire la lotta per liberare Roma e organizzare elezioni per l’assemblea costituente. Non restava per il governo piemontese altra scelta se non quella di prevenire l’iniziativa garibaldina con un intervento militare.
In settembre le truppe regie varcarono i confini dello Stato della Chiesa, invasero l’Umbria e le Marche e sconfissero l’esercito pontificio nella battaglia di Castelfidardo. Ai primi di ottobre, mentre Garibaldi batteva i borbonici nella battaglia di Volturno, l’esercito sabaudo iniziò la marcia verso il Mezzogiorno.
Pochi giorno dopo il Parlamento piemontese approvò una legge proposta da Cavour, che autorizzava il Governo a decretare l’annessione di altre regioni italiane allo Stato sabaudo, purché le popolazioni interessate esprimessero la loro volontà mediante plebisciti. L’iniziativa tornava così nelle mani di Cavour e dei moderati. A questa iniziativa Garibaldi non poteva opporsi, tanto più che la situazione nel Mezzogiorno non poteva dirsi tranquilla, e tutto questo non faceva che rafforzare il partito delle annessione incondizionata, che aveva tra i suoi fautori molti garibaldini.
A Garibaldi non restò che attendere l’arrivo dei piemontesi, a Teano, presso Caserta, il 25 ottobre per cedere loro ogni responsabilità nel governo delle provincie liberate.
Tra ottobre e novembre una serie di plebisciti sancivano l’annessione dell’Italia Meridionale, della Sicilia, delle Marche e dell’Umbria, mentre Roma e il Lazio rimanevano sotto il dominio del papa.
Il 17 marzo 1861 il primo Parlamento nazionale riunito a Torino proclamava la nascita del Regno D’Italia.
La politica moderata cavuriana risultava vincente su tutta la linea. Anche nel Mezzogiorno il processo unitario si era compiuto sotto la direzione delle forze monarchiche e moderate, secondo la strategia espressa nella formula Italia e Vittorio Emanuele. L’ipotesi democratica della formazione di uno Stato unitario costruito dal basso era tramontata, ma tramontate erano anche le speranze del mondo contadino meridionale di veder risolti, con la fuga dei Borbone i grandi squilibri sociali ed economici che l’affliggevano.
Saranno propri questi nodi irrisolti, il malessere che ne deriverà all’interno del mondo contadino e le scelte non sempre felici del nuovo Stato italiano a creare i presupposti per una serie di gravi problemi, su cui si dovranno misurare i governi nei decenni successivi.
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Uniprestit s.r.l. |
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Città: |
Ancona |
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Italia |
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Finanza - Banche - Credito |
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