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I TERREMOTI

geografia



I TERREMOTI

Geofisica Il punto o meglio l'area di perturbazione in cui hanno origine le onde sismiche si chiama ipocentro del t., o fuoco sismico, la cui profondità, variabile da pochi km a un massimo di 700 km, viene ottenuta 555j91f calcolando il ritardo tra l'arrivo al ricevitore sismico dell'onda diretta e quello di un'onda che ha subito una riflessione verso l'alto. Il punto o la corrispondente area posta in superficie sulla verticale dell'ipocentro è detto epicentro. Le onde sismiche, che si propagano nel terreno secondo le leggi del moto vibratorio in un mezzo eterogeneo, si avvertono in superficie come scosse che vengono definite sussultorie od ondulatorie, secondo che prevalga nel moto oscillatorio la componente verticale o quella orizzontale. La durata di ogni scossa è di solito di pochi secondi, eccezionalmente raggiunge 30 secondi; raramente però un t. è dato da una sola scossa, di norma, infatti, le scosse si succedono a intervalli irregolari per diversi giorni e talvolta per mesi. Si chiama periodo sismico il tempo durante il quale si registrano le scosse; la sua durata è in relazione con le cause che hanno prodotto il t. e con l'entità dell'energia in gioco. Nella loro propagazione all'interno della Terra, le onde sismiche seguono le leggi di rifrazione e riflessione, per cui vengono deviate o respinte quando attraversano mezzi con differente densità. L'interno della Terra è disomogeneo, caratterizzato da una serie di involucri di materia con diverse densità e diverso stato fisico. I modelli della struttura interna del pianeta sono dovuti proprio allo studio delle rifrazioni e riflessioni subite dalle onde sismiche, come si può vedere dalla figura. L'intensità dei t. è comunemente valutata in base agli effetti distruttori determinati dalle scosse su elementi naturali e sui manufatti. Sono state così stabilite delle scale dell'intensità sismica, suddivise in vari gradi, di cui la più nota è la scala Mercalli, originariamente in 10 gradi e successivamente divisa in dodici gradi da vari studiosi, per meglio adeguarla alle caratteristiche costruttive degli edifici moderni. Attualmente viene usata la scala Mercalli-Cancani-Sieberg (abbreviata in scala MCS) Tale metodo di valutazione dell'intensità dei sismi non è però molto soddisfacente e probante sia perché gli effetti dei t., a parità di energia liberata, decrescono al crescere della profondità dell'ipocentro, sia perché gli effetti possono essere attenuati o aumentati dalla geomorfologia dell'area epicentrale, dalla natura dei materiali e dalle caratteristiche tecniche degli edifici colpiti. Per questi motivi, accanto alla scala Mercalli s'impiega la scala Richter, basata sul concetto di magnitudo, che permette di valutare l'energia sismica del terremoto. È considerato di magnitudo zero un t. di energia inferiore o pari a 1012 erg; i t. di maggiore intensità finora registrati hanno raggiunto una magnitudo 8,6, pari a un'energia di ca. 1025 erg, paragonabile all'energia sviluppata nelle più grandi esplosioni termonucleari. La magnitudo M, calcolata sull'ampiezza di onde superficiali di un t. di profondità normale, la magnitudo unificata m, l'intensità I secondo la scala Mercalli modificata, l'accelerazione a e l'energia totale E possono essere confrontate in base ai valori ottenuti dalle relazioni m=M-0,37(M-6,76), M=2/3I+1, I=3 Log a+1,5, Log E=12,24+1,44M. Unendo i punti per i quali è stata calcolata uguale intensità sismica si ottengono linee dette isosiste; omosiste sono dette, invece, le linee che uniscono i punti nei quali la scossa è stata registrata nel medesimo istante: isosiste e omosiste sono curve concentriche che delimitano l'epicentro del t. e l'area pleistosismica, cioè l'area in cui si sono avuti gli effetti più distruttivi. I t. sono in genere classificati in base alla loro origine in tre grandi categorie: t. tettonici, t. vulcanici e t. di crollo. I t. tettonici sono i più frequenti (ca. il 90%) e quelli più estesi e di maggiore intensità. Sono dovuti alla brusca liberazione dell'energia meccanica accumulata gradualmente all'interno della crosta terrestre e nella parte superiore del mantello durante fenomeni di piegamento e dislocazione di masse rocciose per superamento del limite di rottura del materiale. I t. vulcanici (ca. il 7%) precedono e accompagnano le eruzioni vulcaniche e solo raramente sono in relazione con i precedenti; hanno carattere locale e in genere minore intensità. I t. di crollo sono i meno frequenti (3%) e quelli più locali e superficiali; sono tipici di terreni carsici e dovuti al crollo delle volte di cavità sotterranee. Una quarta categoria comprende tutti quei t. di debole intensità (microsismi), avvertibili solo con strumenti sensibili, dovuti a cause sia naturali (frane, mareggiate, tempeste, ecc.) sia artificiali (traffico pesante, percussioni, ecc.). Cause artificiali possono produrre anche macrosismi: sono tali i t. prodotti da esplosioni effettuate con esplosivi sia convenzionali sia nucleari. In base alla profondità dell'ipocentro i t. sono poi distinti in poco profondi, con profondità dell'ipocentro <60 km, intermedi, tra 60 e 300 km, e profondi, tra 300 e 700 km. Oltre tale profondità, non sono mai stati localizzati ipocentri e ciò sembra dovuto alle caratteristiche del materiale terrestre che al di sotto dei 700 km dalla crosta terrestre non è sufficientemente rigido per accumulare energia senza scorrere (v. mantello). I t. più frequenti sono quelli poco profondi; sotto i 60 km sono nettamente più rari. I t. non avvengono in misura uniforme sulla superficie terrestre, ma appaiono localizzati in aree geografiche (aree sismiche) abbastanza strette e ben definite. L'esame statistico della maggior parte degli ipocentri di t. del passato e recenti ha permesso di identificare tre aree principali di sismicità, corrispondenti, a grandi linee, con le zone di recenti dislocazioni e di maggiore instabilità e coincidenti con i bordi delle grandi zolle litosferiche in movimento (v. tettonica delle placche). Esse sono: la cintura circumpacifica, con numerose diramazioni; l'area mediterranea e transasiatica, corrispondente al sistema delle Alpidi; le fasce lungo il percorso della dorsale atlantica e indiana. Altre zone sismicamente attive sono le regioni fagliate e fratturate dell'Africa orientale e alcune zone marginali alle masse continentali; a scala più ridotta devono essere considerate pericolose tutte le aree con faglie ancora in movimento. Annualmente la superficie terrestre è interessata in media da un numero di t. dell'ordine di un milione, ma solo pochi hanno effetti disastrosi. Le gravi distruzioni e l'ingente numero di vittime causati dai più disastrosi t. hanno posto in primo piano il problema se tali eventi naturali possono essere previsti con margine di tempo almeno sufficiente a porre in salvo le popolazioni e a limitare i danni materiali. Le conoscenze attuali sulle cause e la dinamica dei t. non sono però sufficienti per dare a tale quesito una risposta positiva. Se, infatti, è possibile con considerazioni di ordine statistico e con indagini geotettoniche riconoscere e delimitare le zone in cui il rischio sismico è più alto, non sembra ancora possibile prevedere né il momento in cui il t. si scatena né la sua localizzazione esatta, né la sua intensità. Tuttavia, anche in questo settore la sismologia ha compiuto qualche progresso. È stato osservato che i grandi t. sono quasi sempre preceduti per qualche tempo da numerosissimi microsismi avvertibili con strumenti molto sensibili. Lo studio delle caratteristiche di questi microsismi, possibile solo con una fitta rete di osservatori e di stazioni, sembra molto promettente per fornire elementi utili a una previsione attendibile dei terremoti. Non trascurabile sembra l'osservazione accurata e sistematica di alcuni semplici segni naturali premonitori che spesso precedono i sismi (rumori sotterranei, scomparsa di sorgenti, intorbidamento delle acque di pozzi, ecc.). Sono stati fatti anche tentativi di impedire l'insorgere del fenomeno sismico nelle aree più instabili intervenendo nel sottosuolo per scaricare gradualmente le tensioni ivi accumulate, mediante iniezione di sostanze fluide lubrificanti o con esplosioni nucleari di piccola potenza. I risultati ottenuti sono difficilmente valutabili. Maggiori progressi sono stati invece realizzati dall'ingegneria antisismica, in grado ora di progettare edifici capaci di resistere alle scosse sismiche di maggiore intensità. L'indagine sismica condotta dalle navicelle spaziali che sono atterrate sulla superficie della Luna e di Marte ha evidenziato, anche in quei pianeti, il manifestarsi di terremoti. Sulla Luna sono stati rilevati da 600 a 3000 sismi all'anno, di magnitudo molto bassa. Su Marte la rilevazione dei t. non è stata altrettanto agevole a causa delle forti sollecitazioni a cui è sottoposto durante le fasi del viaggio e dell'atterraggio il modulo spaziale, fattore che ha limitato molto la possibilità di inviare su Marte un sismografo sensibile. Le informazioni, piuttosto ridotte, indicano che anche su Marte hanno luogo dei microsismi, meno frequenti che sulla Luna e che le velocità di propagazione sono sensibilmente diverse.DirittoLa legge stabilisce in caso di t. norme di tipo preventivo per ridurne le conseguenze negative, o successivo, dirette alla riparazione dei danni. Tra le norme preventive importanti sono quelle che regolano la costruzione di edifici nelle zone sismiche, più soggette delle altre ai t., vietando, p. es., le costruzioni oltre un certo numero di piani e aumentando gli spazi minimi normali obbligatori tra costruzione e costruzione. Norme successive in vigore dal 1970 regolano le competenze tra i vari Ministeri in caso di calamità naturali. In caso di t. l'assicuratore non è obbligato a risarcire i danni da esso provocati, salvo esplicito patto contrario.










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