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Gli Stati Regionali in Italia nella prima metà del Quattrocento - Lotte tra stati regionali e politica di equilibrio

geografia



Gli Stati Regionali in Italia nella prima metà del Quattrocento

Sin dagli inizi del secolo XV si formano e si rafforzano in Italia stati regionali che, sul modello delle maggiori nazioni occidentali, tendono ad organizzarsi secondo la logica dell'accentramento politico, burocratico e amministrativo*.

Già nel '300 la Signoria si era progressivamente consolidata: il signore aveva affidato le magistrature ai suoi fedelissimi e aveva così finito col controllare direttamente l'amministrazione del suo dominio.

Infine, agli inizi del '400, il signore tende a diventare un vero e proprio principe, a ostentare cerimoniali fastosi e soprattutto ad ottenere dall'imperatore o dal pontefice un titolo che sanzioni in modo definitivo la nobiltà del suo casato e ne faccia magari dimenticare le modeste origini mercantili.

I nuovi stati regionali nascono quindi dall'espansione e dal rafforzamento delle maggiori Signorie della penisola, come nel caso della Signoria dei Visconti a Milano e dei Medici a Firenze, oppure sono il risultato del rafforzamento di organismi tradizionali, come: la repubblica di Venezia, lo Stato pontificio e il regno di Napoli, che nel corso del' 400 passa dal dominio angioino a quello degli Aragonesi di Sicilia.



Questo processo, che semplifica la carta geopolitica della nostra penisola, si realizza sulla base di una lenta ripresa economica e produttiva che appare evidente alla metà del XV secolo e si lega anche a una ripresa demografica, sufficiente a colmare i tragici vuoti creati in Italia e in Europa dalle epidemie del periodo precedente. Se infatti durante il '400 si avverte ancora un rallentamento della produzione agricola dovuto, come si è già accennato, all'abbandono di terreni da poco dissodati e alla rinuncia ad estendere i dissodamenti stessi perché spesso antieconomici, tuttavia nel corso di questo secolo si manifesta anche una decisa ripresa di attività legate alla produzione agricola: si iniziano grandi opere di bonifica e di irrigazione nell'Italia centro-settentrionale, rese possibili dal potere signorile e principesco, più organizzato e perciò capace di un minimo di pianificazione; si diffondono le colture di ulivi, viti, alberi da frutta; si procede alla sistemazione delle zone collinari e alla costruzione in aperta campagna di case coloniche, situate al centro del podere a mezzadria, ben delimitato da precisi confini.

Questa decisa tendenza a valorizzare il terreno agricolo sta a dimostrare che la borghesia cittadina, la quale si va sostituendo già dal '200 ai proprietari feudali, si è impegnata nell'investimento di forti capitali nella sistemazione dei fondi rustici, specialmente nelle zone collinari.

Pertanto si può affermare che la formazione degli stati regionali in Italia è legata alla crescita di una borghesia urbana, che dispone di forti capitali liquidi derivanti dalle attività mercantili, bancarie e imprenditoriali.

In questo periodo si fa sempre più evidente la connessione tra potere politico e potere economico, in quanto le banche maggiori, grazie alla manovra dei loro capitali, si dimostrano capaci di influire sul corso degli eventi politici e militari.


Come è evidente dalla cartina, i maggiori stati regionali della penisola, a partire dalla fine del Trecento, sono:

q   Il ducato di Milano, sotto i Visconti. Si ricorda in particolare Gian Galeazzo, che riuscì a unificare i vasti domini della propria famiglia comprendenti la Lombardia, parte del Piemonte, del Veneto e dell'Emilia. Essi ottennero allora il titolo ducale.

q   La Repubblica di Venezia, retta da un regime oligarchico. Mentre la sua rivale sui mari, Genova, si avvia verso un periodo di decadenza, Venezia a causa dell'avanzata dei Turchi nel Mediterraneo inizia una politica espansionistica sulla terra ferma; si scontrerà così decisamente con una nuova rivale: Milano.

q   Il Comune di Firenze, in contrasto continuo con Pisa e Siena che difendono la propria indipendenza; esso è retto da un'oligarchia di potenti famiglie di banchieri (Strozzi, Albizzi ecc.). Il governo oligarchico riesce a garantire alla città una posizione economica di rilievo; in politica estera Firenze si allea a Venezia, contro i Visconti di Milano. Grazie a questo riuscirà ad occupare Pisa nel 1405, ottenendo così uno sbocco sul mare. Successivamente anche Arezzo e Pistoia saranno conquistate. Ben presto però il Comune è destinato a trasformarsi in Signoria con i Medici (1434)

q   Lo stato Pontificio, come detto, è ormai divenuto uno stato come gli altri. Lo stato pontificio svolgerà un ruolo importantissimo nella cultura del Rinascimento, favorendo le arti e la cultura con un'intensa opera di mecenatismo. Tuttavia si rileva il malcostume diffuso del nepotismo, per il quale i pontefici concedono benefici economici ai propri familiari.

q   Il regno di Napoli, sotto gli Angioni attraversa un periodo di malgoverno. Tra la fine del '300 e il '400 la politica dei sovrani angioini gettò il regno in un periodo di lotte tra diversi pretendenti e con gli Aragonesi (che già nel Trecento avevano ottenuto la Sicilia, vedi lezioni precedenti). Questi ultimi, con Alfonso il Magnanimo, nel 1422, si impadroniranno del Napoletano, unendolo alla Sicilia e ponendo fine al regno angioino.


Tra gli stati regionali minori si ricorda lo Stato Sabaudo, ancora piccolo e soggetto all'influenza francese. I Savoia, con Amedeo VIII ottennero il titolo ducale nel primo Quattrocento.




Lotte tra stati regionali e politica di equilibrio




Durante la prima metà del XV secolo i cinque maggiori stati italiani lottarono a lungo fra di loro, perché ciascuno di essi mirava a imporre la propria egemonia sulla penisola.



Già nel 1433 il conflitto tra Milano, con Filippo Maria Visconti, e Venezia, con il doge Francesco Foscari, aveva trovato conclusione nella pace di Ferrara che consentì a Venezia di estendere i propri domini fino a Bergamo e Brescia, mentre nella città sua alleata, Firenze, il regime oligarchico entrava in crisi e Cosimo de'Medici instaurava la Signoria.


Ma la pace si rivelava precaria: due anni dopo l'Italia fu sconvolta da una nuova guerra generale cui parteciparono anche gli Angioni e gli Aragonesi. Nel 1441 la pace di Cremona consentiva a Venezia di annettere Peschiera e Ravenna, mentre gli Aragonesi sotto Alfonso il Magnanimo si impadronivano del regno di Napoli (1442). Il sovrano Aragonese avrebbe poi diviso i regni di Aragona e di Napoli tra i suoi figli: nel Napoletano avremo quindi non una dominazione straniera, ma un regno autonomo (come era già stato con gli Angioini, parenti dei re di Francia), retto dal figlio di Alfonso, Ferdinando


Un ulteriore cambiamento della situazione italiana si riscontra nel 1447, alla morte di Filippo Maria Visconti, che riaccese le lotte per la successione nel ducato di Milano. Fu restaurato un regime oligarchico, e la città fu affidata alla difesa di Francesco Sforza, condottiero e genero di Filippo Maria. Egli approfittò della situazione per farsi riconoscere duca di Milano (1450).


Mentre Venezia riprendeva la propria politica espansionistica e determinava così la reazione di una vasta lega antiveneziana, nell'estate del 1453 giungeva in Occidente la drammatica notizia della definitiva caduta di Costantinopoli nelle mani dei Turchi. Di fronte alla nuova situazione che così si creava e che era particolarmente pericolosa per Venezia, si giunse pertanto alla pace di Lodi (1454): una pace generale fra gli stati italiani, che diede l'avvio alla nuova politica d'equilibrio.


La seconda metà del' 400 fu per la penisola un periodo relativamente tranquillo, anche perché Venezia era assorbita nelle vicende del Mediterraneo orientale, dove lottava contro la dilagante potenza dei Turchi; e questi nel 1479 le imponevano una pace onerosa.

La politica dell'equilibrio - l'unica atta a difendere dell'equilibrio gli stati italiani dalle ambizioni delle grandi monarchie nazionali straniere - fu concertata con geniale assiduità dal nuovo signore di Firenze, Lorenzo il Magnifico, che appunto per questo fu detto l'ago della bilancia italiana

Nella seconda metà del secolo, pertanto, si ebbero bensì tensioni e disordini all'interno dei singoli stati italiani, ma, per quanto riguarda i rapporti fra gli stati, la solidarietà fra Milano, Firenze e Napoli riuscì di volta in volta a neutralizzare sia le risorgenti aspirazioni di Venezia ad espandersi nei territori degli Estensi, sia i tentativi del papa Sisto IV di ingrandire lo stato pontificio per procurare possedimenti territoriali ai suoi familiari.

A questo fine il papa nel 1478 non esitò ad appog giare una congiura nobiliare fiorentina contro i Medici, guidata dalla famiglia dei Pazzi, ma i congiurati riuscirono solo ad uccidere il fratello di Lorenzo, Giuliano, e furono poi massacrati dalla folla, insorta in favore dei Medici. Sisto IV dovette quindi desistere dai suoi propositi

Nella soluzione rapida di queste crisi fu decisivo il contributo di Lorenzo il Magnifico, ben consapevole che una guerra generale fra gli stati italiani avrebbe finito con l'attirare sulla penisola le mire delle monarchie d'Oltralpe. Per stornare questo pericolo il Magnifico intervenne nel 1485 anche nelle vicende del regno di Napoli, dove i baroni, per difendere i loro arcaici privilegi, si ribellarono al sovrano, Ferdinando d'Aragona (figlio di Alfonso il Magnanimo), e provocarono l'insurrezione dell'Aquila, Papa Innocenzo VIII, nella speranza di procurarsi vantaggi territoriali, appoggiò i baroni e fece occupare dalle sue truppe la città, ma fu presto costretto a ritirarle appunto per l'intervento di Lorenzo de' Medici, e Ferdinando poté così schiacciare con estrema durezza la rivolta baronale, appena in tempo per impedire l'intromissione della Francia e della Spagna nelle vicende italiane.

Nel 1492, però, Lorenzo morì improvvisamente, proprio mentre si andava inasprendo il dissidio tra Ferdinando d' Aragona e Ludovico il Moro, reggente del ducato di Milano, che di fatto aveva usurpato il potere ai danni del nipote Gian Galeazzo II, marito di una nipote di Ferdinando. Alle proteste di quest'ultimo Ludovico rispose incoraggiando apertamente il re di Francia, Carlo VIII a rivendicare il regno di Napoli. Egli pertanto scenderà in Italia e conquisterà, seppure per breve tempo, il Napoletano. Dimostrerà così la facilità di conquista della penisola, proprio a causa delle lotte interne tra stati regionali.









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