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RIASSUNTO: LA DESTRA NELL'ITALIA DEL DOPOGUERRA - LA DC E I PARTITI DI DESTRA

sociologia



RIASSUNTO: LA DESTRA NELL'ITALIA DEL DOPOGUERRA   pag 1



CAPITOLO PRIMO


LA DC E I PARTITI DI DESTRA

I cattolici dopo il fascismo: verso l'egemonia



Gli esponenti di quella che in futuro sarà denominata democrazia cristiana, discussero a lungo sull'opportunità 616g64g di ricostruire un partito dei cattolici. A questo proposito, GIORGIO TUPINI, scrisse che DE GASPERI doveva ricostruire subito un partito politico che partecipasse alla resistenza e alla liberazione; nasce così la Democrazia Cristiana.

Le preoccupazioni di Tupini, relative alla notevole responsabilità della Chiesa nei confronti del lungo successo del fascismo, si dimostrarono in realtà infondate, questo perché nessuna campagna anticlericale turbò le cronache dell'Italia negli anni 1943; anzi il desiderio di collaborazione con il mondo cattolico era alla base della politica d'unità nazionale dei comunisti e dei socialisti.

Il Partito liberale si era ripresentato dopo il fascismo come il candidato più valido per la guida del paese. Infatti, la minaccia anticlericale si levò da parte liberale nel giugno 1945, nel corso delle trattative per la formazione del governo PARRI.

Questa del giugno 1945, sarà l'unica vera battaglia laica condotta dal Partito Liberale.



A questo punto è interessante seguire l'itinerario politico di CROCE che guardando le due maggiori forze in campo, comunisti e cattolici, ne valutò pregi e difetti, ritenendo possibile l'inserimento di entrambe in un sistema liberale, dimostrando in ogni modo maggior fiducia nei comunisti.

Col passare del tempo, però gli avvenimenti della politica internazionale ed interna, fecero cambiare tesi a Croce; infatti, egli individuerà nel comunismo, l'unica vera minaccia per la civiltà universale, pensando invece che i validi alleati nella difesa della civiltà fossero i cattolici.

Negli anni della guerra fredda, l'obiettivo principale era quello di lottare contro il comunismo e sarà proprio il partito di BENEDETTO CROCE nel novembre del 1945 a provocare la caduta del governo PARRI e a permettere per la prima volta nella storia d'Italia, un cattolico, DE GASPERI, salisse alla guida di un governo.

Nessun ostacolo ci fu alla ripresa di un partito dei cattolici, tranne per quanto riguarda altre formazione che si svilupparono alla destra della DC negli anni 1944-46.

I primi furono i monarchici, secondo la quale il cattolicesimo non era altro che un aspetto di "una generale scelta di vita"!

I monarchici accusarono la DC di collaborare al governo con comunisti e socialisti.

Tutto sommato però il peso dell'opposizione monarchica in questa prima fase politica, può apparire guardando i risultati elettorali, estremamente relativa. Però al netto insuccesso dei partiti monarchici, va aggiunto quello dei larghi consensi ottenuti dalla monarchia nel referendum istituzionale. Quindi la maggior parte di coloro che avevano votato la DC nelle elezioni per l'Assemblea costituente, avevano scelto parallelamente, la monarchia nel referendum istituzionale.

Tutto questo perché la monarchia era stata presentata come alternativa, come garanzia di libertà e conservazione della tradizione che certamente invece la repubblica ROSSA avrebbe sovvertito.

Intanto la DC dichiarava di voler portare avanti il suo progetto di rinnovo delle strutture italiane e riteneva l'alleanza con comunisti e socialisti un valido aiuto per questo progetto.

La DC, infatti, guardava alle larghe masse contadine e a quelle dei ceti medi, considerandole come naturale base elettorale.

Oltre ai monarchici, un altro partito di destra che si oppose alla DC, negli anni 1945-48, fu il FRONTE DELL?UOMO QUALUNQUE.

Questa nuova ed originale formazione era sorta negli anni 1944-45 come interprete del malcontento della media e piccola borghesia, soprattutto meridionale.

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Il fondatore dell'UOMO QUALUNQUE fu GIANNINI che fin dai suoi primi esordi politici aveva ripetutamente invitato la DC ad un'alleanza a destra, ma i suoi appelli erano stati sempre rifiutati.

Secondo Giannini, i partiti democristiani sono partiti borghesi convinti della necessità di andare incontro al popolo, di promuovere il progressivo elevamento nell'ordine e nello spirito della morale cristiana: praticamente gli stessi obiettivi del qualunquismo.

Giannini provò a sottrarre alla DC la rappresentanza dei cattolici italiani, ma alle elezioni del 2 giugno 1946 non vi riuscì, da un lato per l'abile condotta elettorale del partito di De Gasperi e dall'altro per le molte contraddizioni interne del FRONTE.

Nell'autunno del 1946, la situazione appari notevolmente cambiata a favore di Giannini, infatti, i rapporti tra comunisti e socialisti erano fortemente turbati da tutta una serie di disordini interni e proprio in questo clima, Giannini fece scattare la sua operazione politica contro il partito di Benedetto Croce.

Giannini si proclamò, infatti, nella propaganda elettorale per le elezioni amministrative del novembre 1946, come il vero difensore del cattolicesimo e per la prima volta nel secondo dopoguerra, creò un gran partito di massa.

Infatti, i risultati delle elezione amministrative (novembre1946) premiarono la strategia di Giannini, provocando un vero e proprio tracollo della DC a favore del Fronte dell'Uomo Qualunque che divenne a Roma e nell'Italia meridionale il partito più votato.

I risultati delle elezione sono spiegabili perché una parte di quelle persone che avevano votato a giugno per la DC, hanno poi votato per le formazioni di destra, perché vedevano nel Fronte un buon movimento per combattere il partito rosso.



PARAGRAFO SECONDO


DC E PARTITI DI DESTRA NELL'ETA' DEGASPERIANA


Con la svolta anticomunista, del maggio 1947, De Gasperi recuperò l'appoggio di quegli ambienti che avevano finanziato la ribellione antidemocratica portata avanti dal Fronte dell'Uomo Qualunque.

Entrò in scena in quest'occasione, l'armatore napoletano ACHILLE LAURO, allora simpatizzante per il qualunquismo.

Achille Lauro su pressione del segretario della DC, Piccioni, riuscì a convincere la maggioranza dei deputati del fronte a votare contro la decisione di Giannini; infatti, il più importante recupero, la Dc di De Gasperi lo compì nelle elezioni del 18 aprile 1948, condotte sul piano del più acceso anticomunismo, con il massiccio appoggio della Chiesa, degli alleati occidentali e del mondo economico, queste elezioni, infatti, si rivelarono un autentico trionfo!

Dopo il 18 aprile 1948, la scelta di De Gasperi era una scelta centrista, fondata sull'alleanza con i liberali, i socialdemocratici e i repubblicani.

Contro questo nuovo governo, l'opposizione monarchica e missina muoveva subito un'accesa polemica, il cui concetto base era il tradimento che la Dc avrebbe compiuto nei confronti del proprio elettorato del 18 aprile 1948.

Inoltre c'è da dire che l'ossessione di una vittoria a Roma del Fronte Popolare, spinse PIO XII a premere per una svolta a destra della DC e per un'alleanza con monarchici e missini per salvaguardare lo spirito cristiano dell'Urbe: si trattò della NON conclusa OPERAZIONE STURZO dell'aprile 1952.



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Gli anni '50, rappresentarono il grande momento dell'opposizione monarchica e neofascista, infatti, già nelle amministrative del 1951-52, essi avevano conquistato la maggioranza in molte città del sud e le elezioni del giugno 1953, confermarono il loro grande successo.

Queste elezioni rappresentarono il tracollo più marcato che la DC subì e quindi la fine dell'età degasperiana.



PARAGRAFO TERZO


DAL CENTRO-DESTRA, AL CENTRO-SINISTRA

DAL GOVERNO PELLA ALLA SCISSIONE MONARCHICA


Con la fine della politica degasperiana, si apriva in Italia un lungo periodo d'instabilità politica, mentre la ripresa economica si avviava ad assumere le dimensioni di un vero e proprio miracolo economico, così chiamato negli anni '60; inoltre il paese andava subendo una profonda trasformazione socio-culturale, mentre le forze politiche cercavano nuove alleanze in grado di interpretare le esigenze di un Italia che cambiava.

In questi anni (1953-1960) i partiti di destra svolgono un ruolo importante per impedire o comunque rimandare lo storici incontro tra socialisti e cattolici; mentre i monarchici e missini appoggiarono il 17 agosto 1953 il governo PELLA, sostenuto anche dai liberali, con la speranza di diventare una specie di mito per l'estrema destra.

Pella si era impegnato con i dirigenti monarchici a trasformare il loro appoggio esterno in un inserimento diretto di alcuni di loro.

Il condizionamento dei monarchici sul governo Pella, ebbe una clamorosa conferma nel gennaio 1954, quando il presidente del Consiglio dichiarò di volersi sostituire con ALDISIO; questo progetto però fu bloccato da un ordine dei gruppi parlamentari democristiani e Pella fu costretto a dimettersi il 5 gennaio 1954.

Anche il suo successore, FANFANI, avviò trattative con i monarchici, insieme con ANDREOTTI, per ottenere il loro appoggio e non mancò Fanfani di indirizzare avances anche in direzione del MSI che però era decisamente orientato a favorire un ritorno al governo di Pella, quindi si oppose al tentativo di Fanfani.

La conferma del fallimento di Fanfani, si ebbe con le elezioni del 30 gennaio 1954, dove tutti i gruppi politici, ad eccezione della DC e del PRI (i liberali si astennero) votarono contro di lui, ma a favore del governo SCELBA.

Proprio durante questo governo, esplose una grave crisi all'interno del PNM (partito monarchico), nello stesso momento Lauro attaccò il segretario del PNM, COVELLI, e costituì il Partito Monarchico Popolare.

La DC trasse notevoli vantaggi dalla scissione monarchica e risultò al vera vincitrice di queste nuove competizioni e continuò a servirsi dell'appoggio dei monarchici che permisero il nuovo governo SEGNI, costituito nel giugno del 1955, da DC, socialdemocratici e liberali.

Però nell'ottobre del 1959, al nuovo congresso democristiano di Firenze, MORO impegnava la DC a rifiutare ogni appoggio dei partiti di destra e liberali compresi.



Infatti, nel febbraio del 1960, i liberali del governo SEGNI, si ritirarono e l'incarico passò a TAMBRONI con una votazione di fiducia, ma l'appoggio del MSI a Tambroni, porterà alla rivolta popolare di Genova ed alla fine dell'esperimento Tambroni.

Finalmente, al congresso di Napoli del gennaio 1962 la Dc con tendenza MORO-FANFANI, vinse, scegliendo la strada del centro-sinistra, e dal dicembre del 1963, inizierà la lunga stagione dei governi MORO.


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CAPITOLO SECONDO


RAGGRUPPAMENTI MONARCHICI

(25 luglio 1943- 2 giugno 1946)

IL PARTITO DEMOCRATICO ITALIANO



Il colpo di Stato del 25 luglio 1943, non fu sufficiente per la monarchia italiana a riconquistare la solidarietà dell'antifascismo.

A porre la difesa della monarchia al centro della propria azione politica, sorsero tra il 1943 e il 1944, svariati gruppi: il centro in cui se ne può contare il maggior numero è Roma, nella capitale, infatti, svolsero una certa attività clandestina, il Centro della Democrazia Italiana, il Partito d'Unione, il partito Socialdemocratico, il Centro Nazionale del Lavoro.

Mentre nell'Italia settentrionale non risultano gruppi politici clandestini monarchici.

Le iniziative di questi gruppi clandestini, erano comunque iniziative locali, prive di coordinamento, d'organizzazione, ma prive soprattutto di CAPI di prestigio.

Nella lotta contro il nazifascismo i gruppi monarchici agirono in accordo con i partiti del CLN, mentre sul piano politico ogni possibilità di collaborazione si rivelò impossibile.

Un primo sforzo organizzativo fu tentato dai monarchici il 6 gennaio 1944, data in cui si riunirono a Roma vari gruppi che diedero vita al COMITATO ESECUTIVO DEMOCRATICO.

Del tutto fantomatica però risultò l'attività del CED che ebbe un breve periodo di vita; questo spiega lo sforzo di riunificate vari gruppi monarchici come il Partito Socialdemocratico, il Partito d'Unione e il Centro della Democrazia Italiana che decisero di fondersi, dando vita il 6 giugno 1944 al PARTITO DEMOCRATICO ITALIANO di cui fu nominato segretario ENZO SELVAGGI.

Al centro della politica di questo nuovo partito, comunque rimaneva la difesa della monarchia, una NUOVA monarchia costituzionale, per una nuova società moderna.

Questo perché proprio la monarchia avrebbe potuto salvare il paese dall'instaurazione di una repubblica con dittatura rossa.

Il PDI, fu il primo partito in Italia dopo la caduta del fascismo e si poneva su chiare posizioni di destra conservatrice e anticomunista.

Il PDI attaccò duramente il governo Bonomi che diede le dimissioni, dopo Bonomi ci fu il governo Parri, intento contro ogni principio democratico a instaurare in Italia una repubblica.

Nel novembre 1945, il partito di Benedetto Croce, con l'accordo di De Gasperi, provocarono la caduta del governo Parri.

Un altro grave insuccesso dei monarchici era rappresentato dall'atteggiamento di Guglielmo Giannini con il suo nuovo partito, il Fronte dell'Uomo Qualunque sorto nell'agosto del 1945, dopo lo strepitoso successo del settimanale " L'UOMO QUALUNQUE", dimostrando di avere notevoli possibilità di successo elettorale.

Nell'aprile del 1946, il PDI, la Concentrazione Democratica Liberale ed il Centro Democratico di Bencivenga, si unirono nel BLOCCO NAZIONALE DELLA LIBERTA', che si impegnò nella campagna elettorale per favorire la monarchia; il tema principale di questa nuova politica era sempre di salvare l'Italia dalla repubblica rossa; ma dietro questi toni apocalittici, i monarchici non riuscirono a fermare la consapevolezza di una battaglia perduta.

Si sfogarono, infatti, in primo luogo con la DC e soprattutto con De Gasperi, ritenuto il principale responsabile del successo imminente di una repubblica rossa.

A seguire si avrà, infatti, lo scioglimento del PDI e alla vittoria della repubblica, mostrarono non rassegnarsi alcuni gruppi monarchici e proprio da questi gruppi che nasceva il PARTITO NAZIONALE MONARCHICO, con segretario ALFREDO COVELLI, dominando le cronache d'Italia degli anni'50.

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CAPITOLO TERZO


QUALUNQUISMO E NEOFASCISMO


Agli appelli di Giannini avevano aderito fin dall'inizio masse considerevoli di ex-fascisti, i quali facevano parte nel secondo dopoguerra del più ampio schieramento dei ceti medi che ricercavano forze politiche in grado di difendere i propri valori, affidando in parte le loro sorti al qualunquismo.

Nei confronti di questi ex-fascisti, Giannini aveva dichiarato subito di non aver nessuna preclusione a patto che si accettasse il principio della conquista della libertà da ogni tirannia passata o presente.

Una ristretta minoranza di ex-fascisti invece si dimostrava in quegli anni per nulla rassegnata a considerare definita la sconfitta del fascismo, anzi era decisa a riorganizzare le file; quello che mancava però era una grossa personalità che potesse attirare in un unico centro le sparse file dei nostalgici; mancavano soprattutto dei programmi, e una chiara coscienza della propria ideologia.

L'impegno di questi gruppi, si riversava quasi tutto in azioni dimostrative, come lettere minatorie o attentati ad esponenti e sedi dell'antifascismo, ma l'azione più grave è stata quella del trafugamento del cadavere di Mussolini dal cimitero milanese. (aprile 1946)

Questi gruppi più volte tentarono di arrivare all'unificazione di un grande partito che richiamasse al fascismo, infatti, sarà costituito un nuovo partito con il nome di MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO nel dicembre 1946.

Il primo neofascismo tentava il suo rilancio su posizioni di sinistra nazionale e sociale, voleva in sostanza andare al di là del capitalismo e del comunismo.

Dal punto di vista ideologico, il qualunquismo era giudicato negativamente dai neofascisti perché movimento essenzialmente conservatore.

Giannini reagirà agli attacchi dei neofascisti con il suo violento stile, accusandoli di essere finanziati dalle sinistre e di voler sabotare il fronte nel quale si erano subdolamente inseriti.

Eppure era stato lui stesso, soprattutto in vista delle elezioni, le prime dopo il ventennio, cioè quelle del 2 giugno 1946, a sollecitare e quindi legittimare l'ingresso nel fronte degli ex-fascisti in buona fede, ma anche di quelli che ben conosceva la volontà di riscossa.

Importante sarà anche la polemica fra Giannini e la <RIVOLTA IDEALE>.

La "rivolta ideale" era uno dei più rappresentativi tra quei giornali sui quali si stava sviluppando l'ampio dibattito sulla vocazione di sinistra del neofascismo. Attorno a queste nasceva proprio il Movimento Sociale Italiano.

In seguito Giannini insisterà sull'incompatibilità tra qualunquismo e neofascismo, facendo approvare nel dicembre del '46 una nuova denominazione per il suo partito, che diventò: FRONTE DEMOCRATICO LIBERALE DELL'UOMO QUALUNQUE.















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CAPITOLO QUARTO


LA BATTAGLIA CONTRO L'EPURAZIONE


1- MONARCHICI


In questo quadro, la propaganda repubblicana indicava la monarchia dei Savoia come la principale responsabile della dittatura fascista e quindi come la principale epurando.

La polemica dei monarchici contro l'epurazione e contro più in generale un clima politico interno sempre più tendente verso una soluzione repubblicana, si intensificò notevolmente a partire dal giugno 1945, data della costituzione del governo Parri.

Contro Parri e la dittatura rossa, scopo della sua politica, i monarchici si trovarono a fianco una vasta serie di forze politiche interne ed internazionali e benché il fallimento dell'epurazione consistesse proprio nel non riuscire a colpire i veri responsabili del fascismo, i monarchici, continuavano a denunciare la volontà di rivoluzionare lo Stato borghese.

Contro il clima Parri, clima di violenza, di dittatura e di permanente timore per milioni di italiani, il Consiglio nazionale del PDI aveva emanato il 6 settembre un APPELLO ALL'ORDINE con i seguenti punti:



  • Afferma con allarme il perdurare di un profondo turbamento civile e politico del paese.
  • Afferma come primo responsabile di questa situazione il sistema dei CLN
  • Invita i partiti democratici ancora aderenti al CLN a considerare l'estrema gravità della situazione.
  • Afferma che il supremo interesse del paese esige la rivendicazione della piena libertà dei cittadini, la loro sicurezza, tutela del lavoro e la restaurazione della legge.

In questo contesto i monarchici chiedevano proprio di concludere l'esperimento Parri e terminare la disastrosa epurazione.


2- QUALUNQUISTI


La lotta contro l'epurazione era fin dall'inizio il tema centrale della propaganda del Fronte dell'Uomo Qualunque.

Secondo il fondatore, Guglielmo Giannini, il mondo era diviso in due: da una parte gli uomini politici professionali, in perenne lotta fra di loro per la conquista del potere, e dall'altra la folla, cioè i galantuomini, gente di buona fede e buon senso, cioè la maggioranza della popolazione.

Il notevole successo del primo numero dell'Uomo Qualunque, induceva Giannini ad intensificare la sua polemica contro l'epurazione.

Nel quadro che offriva Giannini delle situazione interna, erano proprio gli ex-fascisti ad essere veramente pericolosi, proprio gli antifascisti che "una volta cambiata casacca", persistevano nel voler dominare il paese, servendosi anche dell'epurazione.

Un altro famoso bersaglio degli attacchi qualunquisti fu PIETRO NENNI (vice presidente del consiglio), al quale Giannini, durante la piena fase di organizzazione dell'Uomo Qualunque, mandò una lettera con pesanti accuse.

Il principale bersaglio però degli attacchi di Giannini è la DC, accusata di non voler rinunciare all'alleanza con comunisti e socialisti, definita proprio per questo il "partito del tradimento".


3- LIBERALI


Alla dura battaglia antiepurativa dei monarchici ed a quella violenta e sarcastica dei qualunquisti si affiancò ben presto quella dei liberali.

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I liberali, colsero il pretesto, proprio sul problema dell'epurazione, per allontanarsi dal governo Bonomi e subito dopo si allontanarono anche nei confronti del governo Parri, contribuendo invece ad appoggiare il successivo governo De Gasperi.

A questo proposito è interessante il pensiero di Benedetto Croce, che dopo la caduta del fascismo, s'impegnò nella lotta politica per ricostruire il Partito Liberale e perseguire la sua grande utopia: la restaurazione dell'Italia liberale prefascista.

Secondo Croce in materia di epurazione, da punire non era la borghesia in quanto tale, ma soltanto i singoli borghesi che avevano errato.

Quelli di Croce, erano criteri generici ispirati al buon senso, non molto diversi dalle richieste formulate da un po' tutte le forze politiche, il cui principio ispiratore era appunto quello di "colpire in alto e indulgere in basso".





CAPITOLO QUINTO


1946: IL VOTO DI DESTRA


La vittoria limitata, della repubblica nel referendum istituzionale del 2 giugno 1946, è stata da più parti considerata.

Una vittoria che vide il 54,3% dei voti ottenuti dalla repubblica, contro i 45,7% ottenuti dalla monarchia; una vittoria ancor più ridimensionata, nel suo significato politico, dal fatto che fu espressione soltanto della volontà della parte centro-settentrionale dell'Italia, infatti, dal Lazio in giù le popolazioni avevano confermato la propria fedeltà alla monarchia.

Il senso di questa spaccatura tra nord e sud, appare abbastanza evidente, perché Monarchia e Repubblica erano state presentate come due poli tra rinnovamento o conservazione.

Da una parte, la propaganda monarchica aveva insistito sul "salto nel buio" rappresentato dalla repubblica, sul sovvertimento dell'ordine, della libertà e della tradizione che essa avrebbe inevitabilmente effettuato. Le sinistre, d'altro canto avevano presentato la repubblica come condizione indispensabile per l'attuazione di un incisivo programma di rinnovamento, anzi come prima fondamentale riforma dello Stato borghese.

La spaccatura tra nord e sud, era stata quindi tra un'Italia centro-settentrionale, repubblicano-progressista, ed una meridionale-insulare, monarchico-conservatrice.

Il raffronto fra i dati del referendum istituzionale e quelli delle contemporanee elezioni per l'assemblea costituente, ci spiega il passaggio dalla monarchia alla repubblica: della cospicua fetta di elettorato moderato-conservatore che aveva scelto monarchia nel referendum, aveva votato DC nelle elezioni per l'assemblea costituente. Inoltre lo scarso contributo alla repubblica dell'elettorato democristiano è reso ancor più tale, dal fatto che un'aliquota dei voti ottenuti dal Fronte dell'Uomo Qualunque, era di fascisti repubblicani.

L'abile operazione politica di Giannini aveva presentato il suo Fronte come il vero difensore del cattolicesimo in contrapposizione alla DC.

Infatti, i risultati delle amministrative del novembre 1946, premiavano oltre ogni previsione la strategia gianniniana e il fronte dell'Uomo Qualunque riusciva ad ottenere buone affermazioni nei centri settentrionali. Il Fronte si rivelava il partito più forte da Roma in giù, aveva avuto appoggi dai liberali e dai monarchici, ma la maggior parte dei consensi li aveva sottratti alla DC.

L'interpretazione dei risultati delle amministrative dell'ottobre-novembre 1946 come spostamento verso la destra qualunquista, ai danni della DC, è stata contestata da GIORGIO GALLI, secondo il


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quale le grosse perdite della DC avrebbero accresciuto non le destre, ma il menome no dell'astensionismo, manifestatosi in quelle elezioni in misura assai rilevante.

Nel complesso, il Fronte dell'Uomo Qualunque si rivela l'unico partito ad avanzare in ogni zona, sia in termini assoluti sia percentuali: analizziamo le singole situazioni partendo dal caso di Roma; si tratta questa della città dove Giannini aveva lanciato la sfida del Fronte come il vero partito dei cattolici in alternativa alla DC di De Gasperi.

I risultati conseguiti dai due partiti, hanno un significato inequivocabile: infatti, una parte rilevante dell'elettorato democristiano si sposta nella capitale, verso la lista qualunquista e un'analoga tendenza si rileva nella maggior parte degli altri capoluoghi ad eccezione di Ragusa, Bari, Napoli e Palermo dove era presente un fortissimo astensionismo.





CAPITOLO SESTO


FIGURE DI DESTRA


FILIPPO ANFUSO


Nacque a Catania nel 1901; rivelò subito precoci attitudini letterarie e a soli 17 anni pubblicò la sua prima raccolta di racconti e poesie. A Roma svolse la sua attività intellettuale.

Una svolta nella sua carriera fu rappresentata dalla nomina a ministro degli Esteri di Galeazzo Ciano che lo volle nel 1937 suo capo di gabinetto e proprio in questo importante ruolo svolse numerose missioni.

Fu contrario all'entrata in guerra dell'Italia ed apprezzò gli sforzi di Ciano tesi ad impedirla, ma nell'agosto del 1939 apprese l'intenzione di Mussolini di entrare a tutti i costi in campo a fianco della Germania.

Nella primavera del 1941, effettuò importanti missioni a Zagabria e sempre più convinto della necessità della vittoria, non sopportava però l'ambiente politico e mondano di Roma, dominato da crescenti critiche nei confronti degli insuccessi militari del regime.

Nel 1942 inviò una relazione a Ciano nella quale proponeva un'analoga iniziativa dell'Italia: voleva che la Germania fosse lasciata ma non tradita; Ciano gli rispose con un telegramma in nome di Mussolini, dove il dittatore rifiutava ogni progetto di resa.

L'anno successivo il ministro degli esteri lo invitò a raggiungere la sua sede a Budapest dove Anfuso apprese la notizia dell'armistizio e quella della liberazione di Mussolini; subito dopo Anfuso inviò un telegramma dove offriva la sua collaborazione a Mussolini per definire il nuovo governo.



Inoltre Anfuso cercò di migliorare le condizioni degli internati militari italiani, lottando perché fosse consentito loro di tornare a combattere nelle file del nuovo esercito repubblicano, protestò contro i soprusi, la deportazione di cittadini italiani, ma il bilancio delle sue azioni fu assai scarso.

Nel marzo del 1945, a conclusione del processo Roatta, l'Alta Corte di Giustizia per la punizione dei crimini fascisti lo condanna a morte; la sua più imputazione era l'assassinio dei fratelli Rosselli.

Si rifugiò in Francia dove passò tre anni, tornato poi in Italia, aderì al Movimento Sociale Italiano, dove si schierò con la corrente di Augusto De Marsanich.

Dopo le elezioni politiche del 1958, si oppose ai tentativi di coalizione di centro-sinistra avviati da Fanfani; colto da malore durante i lavori parlamentari, morì a Roma nel 1963.



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JUNIO VALERIO BORGHESE


Nacque a Roma nel 1906, frequentò a Londra per cinque anni una scuola d'elite, ma poi scelse la carriera militare frequentando l'Accademia navale di Livorno; si specializzò in armi subacquee e fu destinato al comando dei sommergibili.

Al momento dell'entrata in guerra dell'Italia fu scelto per le sue brillanti doti dallo Stato Maggiore per un corso speciale di guerra e ottenne la medaglia d'oro al valore militare di Savoia.

Nei confronti di Mussolini e del fascismo, aveva sempre ostentato un rispettoso distacco, dichiarandosi un soldato che obbediva agli ordini del suo re e non si occupava di politica.

La struttura psicologica del Borghese era, infatti, quella di un "uomo d'arme", che gli faceva giudicare la guerra come sua naturale vocazione, qualcosa di bello.

Ma l'assoluto spirito d'indipendenza nei confronti dell'autorità del fascismo, provocò continui contrasti, inchieste e denunce. Addirittura fu sospettato di ordinare un colpo di Stato e fu fatto arrestare per un anno da Mussolini.

Pur non accettando mai candidature elettorali, scelse ben presto la lotta politica nelle file del Movimento Sociale Italiano, di cui fu nominato presidente onorario nel 1951. nello stesso anno fondò il Fronte Nazionale con il quale lanciò ambigui messaggi basati sui concetti di ordine, anticomunismo e lotta al sistema dei partiti.

Vent'anni dopo ci fu un mandato di cattura contro di lui, rifugiatosi in Spagna, morì nel 1974.




AUGUSTO DE MARSANICH


E' nato a Roma nel 1893, seguace del sindacalismo di Filippo Corridoni, fu interventista e combattente nella prima guerra mondiale.

Nel corso del ventennio, ricoprì la carica di capo d'ufficio sindacale del partito fascista e di presidente della Confederazione fascista dei lavoratori del commercio.

Fu poi nominato commissario del Banco di Roma e nel 1943, di fronte alla spaccatura in due dell'Italia, il consiglio d'amministrazione del Banco di Roma, decise di istituire nell'Italia del nord un ufficio di rappresentanza della presidenza e l'istituzione di due comitati, uno per l'Italia del sud e uno per il nord.

Il governo fascista però non era d'accordo con questa linea d'azione autonoma.

De Marsanich assunse un rilievo considerevole nelle vicende politiche del secondo dopoguerra e aderì al Movimento Sociale Italiano.

L'ingresso nel Movimento era escluso ai cosiddetti "venticinqueluglisti", cioè degli ex gerarchi che non avevano aderito alla Repubblica.

La crisi interna però toccò l'apice nel gennaio del 1950, quando il comitato centrale mise in minoranza ALMIRANTE e la direzione nazionale, eleggendone una nuova nella quale De Marsanich era segretario e la sua ascesa rappresentò una vera svolta.

Per motivi di salute però De Marsanich, chiese di essere sostituito alla guida del partito e mori a Roma nel 1973.



ALFREDO DE MARSICO


E' nato a Salerno nel 1888, avido di letteratura e grande oratore, pronunciò il suo primo discorso a 17 anni e intraprese la professione di avvocato penalista.


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Nella crisi del dopoguerra, turbato dalla prospettiva di una rivoluzione socialista, accettò volentieri il sorgere del fascismo.

Libero docente in diritto e procedura penale nell'università di Roma dal 1915, vinse la cattedra nella stessa disciplina a Camerino, Cagliari, Bari, Bologna e Napoli.

Nel 1943 fu nominato ministro di Grazia e Giustizia; clamorosa fu la sua decisa e solitaria opposizione alla introduzione della pena di morte. Da tempo, infatti, era mutata la sua posizione nei confronti del fascismo, era confitto, infatti, che con la conquista dell'Impero, il regime avesse raggiunto il suo scopo supremo.

Dieci anni dopo fu eletto senatore come indipendente nella lista monarchica di Achille Lauro e continuò a testimoniare la propria fede in una tradizione nazionalistica ormai spenta. Morì a Napoli nell'agosto del 1985.




ACHILLE LAURO


E' nato a Piano di Sorrento nel 1887 e a causa dei suoi negativi risultati scolastici, fu imbarcato dal padre su un veliero in partenza da Genova con rotta New Orleans.

L'estrema durezza di questa sua prima esperienza, lo indusse a scongiurare il padre di fargli riprendere gli studi, che portò avanti da allievo esemplare presso la scuola navale "Nino Bixio".

Alla morte del padre, si trovò ventenne in una difficile situazione finanziaria. Per sopravvivere a questa situazione vendette due dei tre velieri, il terzo era a Buenos Aires, e dopo averlo recuperato si diresse a Venezia.

Perduta però nel corso della prima guerra mondiale, l'unica nave, affrontò Lauro, il periodo post-bellico, la cui crisi generale si ripercuoteva anche nel settore della flotta mercantile, con straordinaria determinazione.

Il motivo principale del suo successo armatoriale, si basava sulla sua originale formula di comproprietà, ma anche la sua rapidità nelle decisioni e le sue intenzioni.

I rapporti di lauro con il fascismo furono ottimi, non turbati neanche dall'entrata in guerra dell'Italia a fianco della Germania.

Nel 1943 fu arrestato con l'accusa di profitti di regime ed illecito arricchimento e trascorse due anni di reclusione, quando uscì dovette di nuovo ricominciare, ormai sessantenne tutto da capo, ma si reinserì agevolmente nel traffico commerciale e internazionale.

Parallelamente l'armatore napoletano mirò all'inserimento in un partito, spinto dalla crescente volontà di protagonismo.

Egli avrebbe ricercato un inserimento diretto nella DC, respinto, però, per reazione, contattò addirittura il Partito Comunista.

Successivamente Lauro fece il suo ingresso nel Partito Nazionale Monarchico che con la sua presenza iniziò una forte ascesa sia per la sua personalità carismatica, sia per la sua potenza finanziaria.

Nel '52 fu eletto sindaco di Napoli e al sua politica soddisfaceva sia gli interessi di un'attiva classe di imprenditori, sia la piccola e media borghesia.

Vent'anni dopo si presentò come capolista della nuova formazione nella circoscrizione di Napoli e subì nell'ambito della netta sconfitta di Democrazia Nazionale, una bruciante umiliazione; i suoi ultimi anni di vita furono amari anche sul piano privato, assistendo, infatti, al penoso crollo finanziario della sua flotta, un tempora più grande compagnia di navigazione privata del Mediterraneo.

Morì a Napoli nel 1982.












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