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INDIVIDUO E SOCIETÀ
L'uomo si realizza integrandosi nella comunità in cui vive, diventando parte attiva della società.
Tipologia D: tema di ordine generale
Ogni individuo tiene in grandissima considerazione la libertà personale e avverte l'impulso di affermarsi sugli altri. Tutto questo fa parte della natura umana. Ora, non c'è dubbio che l'esercizio della libertà esalti la dignità umana, mentre la sua limitazione ne costituisce una pesante offesa. Tuttavia questo non vuoI dire che la libertà, certamente il bene più prezioso dell'uomo dopo la salute, debba essere fruita dagli individui senza alcun limite. Anche volendo, questo sarebbe impossibile: l'uomo, per dirla con 545c26f Aristotele, è un "animale sociale", per cui ha bisogno di vivere in una comunità, organizzando la sua vita insieme ai suoi simili.
Proprio la necessità dell'uomo d'integrarsi nella società comporta il limite della libertà dell'individuo. Ne deriva che bisogna considerare la libertà sempre come il termine di mediazione tra l'individuo e la società.
La vita di ognuno di noi è infatti determinata, per una parte, dalla comunità in cui si è inseriti, per il resto dall 'iniziativa personale. Certamente quest'ultima è molto maggiore negli uomini di grande impegno, ma non bisogna credere che sia necessariamente più ampia anche negli uomini di potere, proprio perché questi ultimi, avendo la responsabilità del governo della comunità, per lo stesso motivo sono indotti a rinunciare a
perché investiti di responsabilità collettive.
È l'educazione che deve aiutare ognuno di noi a trovare il suo modo originale e personale di valorizzare la propria iniziativa nella piena integrazione con gli altri. Infatti lo scopo dell'educazione autentica non dovrebbe essere di rendere uguali tutti gli uomini, ma di abituarli a sapere scegliere quello che ritengono più opportuno a valorizzare se stessi nell'ambito del rapporto con gli altri.
La spinta al vivere sociale è data anche da fattori psicologici, in quanto un individuo non può non riconoscersi in una comunità di cui condivide ideali, costumi e valori. L'alternativa sarebbe la solitudine spirituale e intellettuale, oltre che l'inedia e l'immobilismo fisico.
La collaborazione con gli altri discende ovviamente anche dalla necessità di organizzare la produzione e la riproduzione della vita materiale con minore sforzo e con maggiore facilità: questo è possibile proprio perché, appartenendo a una comunità che lavora e si organizza, l'uomo supera il senso della precarietà della propria esistenza, della sua limitatissima rilevanza individuale rispetto al mondo e a tutti gli altri esseri della Terra.
Ogni uomo, condividendo un sistema di valori comuni, dà significato e orientamento alla propria vita, evitando quindi di cadere in un'insignificanza che lo condannerebbe a una mortificazione esistenziale.
Proprio perché l'uomo vive in società, si presenta il.problema di come conciliare la libertà individuale con le esigenze del vivere sociale. Infatti, dinanzi all'aspirazione in dividuale ad affenuarsi e a "costringere" gli altri a pensare e ad agire come se stessi, si ha necessità di sublimare le proprie pulsazioni e i propri istinti aggressivi e d'indirizzare il desiderio di affenuazione personale in modo costruttivo per tutta la società e tale da favorire lo sviluppo dell'intera comunità e la crescita, tutti insieme, dei membri della stessa.
In questo, si oscilla spesso fra due estremi: fra chi ha una visione pessimistica della natura umana, ritenendo impossibile conciliare individuo e società, e chi, al contrario, ha una visione eccessivamente ottimistica e considera che quello che più conta sia l'individuo, per cui qualsiasi aspirazione individuale dovrebbe avere la possibilità di esprimersi.
La verità, in realtà, sta nel mezzo: non c'è una separazione netta e radicale fra indIviduo e società, perché la società non è altro che un complesso di individui che interagiscono positivamente tra di loro.
La società, pertanto, non deve subordinare e assoggettare l'individuo, il quale, da parte sua, non deve considerarsi come il centro della società nell'illusione che qualsiasi sua aspirazione, dovunque e comunque, debba realizzarsi.
Gli episodi sanguinosi di criminalità organizzata mantengono al centro dell'interesse dell'opinione pubblica questo deprecabile fenomeno ancora presente nella società italiana. Si scriva un articolo in merito
Tipologia B: articolo
Ambito: socio-economico
Destinazione: pubblicazione su un giornale quotidiano
La grande criminalità organizzata è da tempo una delle principali emergenze di ordine pubblico nel nostro Paese, in particolare in alcune regioni del Mezzogiorno. Le cronache giornalistiche infatti, informandoci su agguati, estorsioni e guerre tra cosche rivali, ci hanno abituato da tempo a considerare purtroppo ben radicate la mafia in Sicilia, la camorra in Campania, la 'ndrangheta in Calabria e la "sacra corona unita" in l'uglia.
Si tratta di organizzazioni malavitose che affondano le loro radici nel tessuto sociale del nostro Meridione fin dal tempo dei Borboni, quando la mafia, senz'altro la più pericolosa di queste organizzazioni, veniva accettata dal potere politico proprio come garanzia del persistere delle strutture semifeudali. E questa funzione di garanzia dell'assetto sociale la mafia ha continuato a svolgerla anche dopo l'Unità, colpevolmente tollerata dal nuovo potere politico.
Proprio il persistere di tale connivenza
tra mafia e pubblici poteri ha consentito alla grande criminalità di perpetuarsi in tante re gioni del Sud dell 'Italia. Tuttavia le organizzazioni malavitose sono state in grado di evolversi, adattandosi alle nuove forme della società e allargando rapidamente le proprie attività: ad esempio, tra i settori di rilievo in cui oggi le organizzazioni malavitose svolgono funzioni di controllo, ci sono illucroso mercato della droga e la gestione degli appalti pubblici resa possibile dalla corruzione politica.
La mafia purtroppo è ancora in grado di esercitare pressioni nel campo politico, di condizion1!fe il funzionamento delle istituzioni pubbliche, di alterare i meccanismi del libero mercato ricorrendo all'uso della violenza contro concorrenti e avversari.
Il salto decisivo di qualità della mafia e delle altre organizzazioni criminali forse si è avuto negli anni Settanta, quando lo sviluppo di un mercato mondiale della droga ha consentito ai maggiori gruppi criminali non solo di diffondersi sul territorio in modo sia estensivo sia capillare, ma anche di raggiungere un volume d'affari e di ricavi talmente alto da consentire l'esercizio di un potere economico davvero esteso e d'influenzare in maniera sempre più incisi"O"a i pubblici poteri. L'aumento dei profitti derivanti dai traffici illeciti ha reso poi quanto mai impellenti le esigenze di ricic1aggio e di pulizia del denaro sporco. Ecco quindi che sempre più ampi settori dell'economia sono stati "inquinati" dalla presenza delle organizzazioni malavitose, con la conseguente distorsione dei meccanismi concorrenziali di mercato, con l'emarginazione degli operatori economici onesti e, quel che è più grave, insidiando la stessa democrazia.
Le cosche malavitose infatti hanno acquisito col tempo una forza autonoma e sono diventate capaci d'intimidire e di corrompere forze politiche, sociali ed economiche. Purtroppo non sono mancate le forze politiche che non hanno esitato a servirsi della mafia e delle altre organizzazioni malavitose come strumenti elettorali. Sono questi elementi evidenti di degenerazione sociale e politica a rendere purtroppo il fenomeno mafioso parte integrante della complessa questione meridionale la quale, a detta di opinionisti e studiosi vari, non può realmente e definitivamente risolversi se non si distrugge questa piovra che con i suoi tentacoli penetra nel tessuto sociale ed economico del Mezzogiorno.
La moderna mafia è profondamente diversa dalla mafia di un tempo. Oggi "Cosa nostra", cioè la nuova organizzazione che unisce "famiglie" siciliane, ma anche di New York e di Chicago, ha saputo sviluppare una rete di legami strettissimi tra le cosche italiane, quelle americane e quelle di vari Paesi europei, soprattutto dell'Est (Albania, Russia, Montenegro), moltiplicando i suoi affari in modo esponenziale.
Ma a dare alimento, in genere, alla mafia e alle altre organizzazioni criminali sono soprattutto i meccanismi distorti dello sviluppo economico nelle regioni meridionali, con il persistere di forti squilibri, di sacche di miseria, mentre, dall'altro lato, i consistenti flussi di denaro pubblico con gli appalti e le opere pubbliche consentono rapidi arricchimenti. In particolare, il persistere di una disoccupazione giovanile diffusa offre l'opportunità al crimine di reclutare una manovalanza armata a basso costo che costituisce ovviamente un terribile strumento d'intimidazione e di violenza.
L'opinione pubblica negli ultimi anni ha saputo reagire, squarciando il velo dell'omertà che tante volte aveva impedito alla magistratura e alle forze di polizia di operare efficacemente contro la criminalità organizzata. Alcuni tragici eventi, come l'assassinio dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ammazzati a qualche mese di distanza l'uno dall'altro nel 1992, scossero profondamente il nostro Paese, determinando un'ondata di sdegno e un moto di reazione popolare che ebbe proprio nella gente del Mezzogiorno il suo perno fondamentale.
Si sono così moltiplicate le iniziative pubbliche di lotta alla mafia, che hanno visto e vedono tuttora lavoratori, giovani, studenti, operatori economici mobilitarsi con cortei, sU-in, appelli affinché la polizia e la magistratura non restino sole nella lotta alla mafia e alle altre organizzazioni criminali, così decisiva per la tenuta della nostra democrazia.
Si è, insomma, diventati consapevoli che una società veramente civile e moderna non può convivere con quel tumore che è rappresentato dalla mafia e dalle altre organizzazioni criminali.
Soprattutto si è capito che la forza della società civile è determinante e costituisce un appoggio assolutamente prezioso per coloro che sono in prima linea nella lotta alla mafia, come giudici e operatori di polizia, ma è necessario altresì che alla criminalità organizzata venga tolto il terreno sotto i piedi, rappresentato dall'eventuale connivenza politica
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