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Cos'è: Nella valle che congiunge Pollina e Castelbuono si continua a produrre questo succo zuccherino secreto dal frassino e usato come lassativo, in quanto ricco di mannite.
Mentre in tutto il resto del Mediterraneo si sono perse le conoscenze e le tecniche necessarie per produrla, al contrario in queste zone sono state conservate, diventando gli ultimi gelosi di tale cultura; ed ecco un prodotto unico e un territorio che si può considerare un gigantesco museo all'aria aperta.
Produzione: Nelle torride giornate di agosto con il "ronchetto" si pratica un taglio a spina vertebrale di pesce nella corteccia del frassino. Fuoriesce una sostanza resinosa che, a contatto con l'aria, si rapprende. La produzione di questa sostanza, chiamata "manna", cessa con l'arrivo 858d37i delle prime piogge perché quest'ultima inibisce la coagulazione dell'essudato del frassino.
Vediamo ora brevemente come si è evoluta la conoscenza sulla manna.
MANNA BIBLICA: la prima pioggia di manna di cui si ha notizia è quella biblica. Il popolo la raccoglieva, la tritava con le macine, la cuoceva e ne faceva focacce.
Piovve per tutto il tempo che gli Ebrei rimasero nel deserto, 40 anni; smise quando giunsero nella terra di Canaan. Appena la videro gli Ebrei chiesero "Man-hu?" che significa "che cos'è?". E' questo il primo tentativo di spiegazione etimologico e contiene il sapore di prodigio che accompagnerà per sempre la parola "manna".
Per alcuni interpreti della Bibbia la manna divina era la secrezione di alcune specie di Tamarix e Artemisia provocata dalle punture di un insetto: questa sostanza chiamata "manna del Sinai" viene ancora oggi usata dai beduini. Altri sostengono che fosse costituita dai talli di Lecanora Esculenta, lichene che vegeta nelle zone subdesertiche dell'Africa e dell'Asia.
I talli di questi licheni sono delle masserelle tondeggianti, che dal vento possono essere portati lontano dando luogo ad un fenomeno chiamato "pioggia di manna".
A queste e a qualsiasi altre ipotesi si possono fare le seguenti obiezioni:
il popolo ebraico contava 600.000 adulti;
gli Ebrei si nutrirono di sola manna per 40 anni;
cadeva tutti i giorni, escluso il sabato ed aveva un tempo di conservazione di un giorno, dopo di che verminava, tranne quella raccolta il sesto giorno che si conservava per due giorni.
E' evidente, da questi dati, che non esiste alcun prodotto oggi conosciuto in grado di soddisfare queste condizioni.
Quindi la manna della Bibbia è il pane del Signore e non ha senso cercare di identificarla con un prodotto naturale oggi esistente.
A conferma di ciò, nella Bibbia il termine "manna" si evolve a "cibo celeste" fino a diventare simbolo dell'Eucarestia.
GRECI E LATINI: i grandi naturalisti greci e latini parlano di piogge di manna quando descrivono il miele aereo o miele di rugiada che cadeva dal cielo e si depositava sulle foglie.
ARABI: Nel IX sec. Mesue, medico siriano, parla di manna: "la manna è rugiada che cade sopra le piante e le pietre la cui materia è il vapore che si eleva e matura nell'aria".
La novità che apporta Mesue è che la manna non è più un alimento ma una medicina: "libera dalla bile, lenisce la gotta, il petto e il ventre: è sedativo della tosse".
A quei tempi doveva essere molto usata e di notevole valore se Mesue mette in guardia contro le sofisticazioni: "i falsificatori la adulterano con zucchero e follicoli di senna, ma quando dopo un po' di tempo matura si svela il falso: rammollisce e si liquefà".
Nell'XI sec. è Avicenna a parlare della manna: "la manna è la rugiada che cade sopra pietre e alberi, è dolce, coagula come miele, si essicca come gomma, come il tereniabim, il siracost e il miele proveniente dalla terra di Corassan".
La manna è sempre una rugiada mielosa, ma si ha ora un luogo di produzione, il Corassai (Persia), e viene identificata coi prodotti chiamati tereniabim e siracost, che si depositano su un tipo di cardo.
MEDIOEVO: Pegolotti nel suo libro sulla mercatura scritto nel 1340 afferma che si vende a Costantinopoli, Alessandria e a Messina.
Nel sec. XV il Da Uzzano riferisce che per la manna si paga una gabella a Firenze e a Pisa e che si commerciava a Damasco.
Verso la fine del secolo veniamo a conoscenza del fatto che ci sono piogge di manna anche in Calabria.
Durante il XVI sec. diversi medici parlano della manna calabrese, contrapponendola a quella orientale.
Nel 1505 Pietro Crinito afferma che: "Ai nostri tempi è molto stimata quella calabrese". Segno evidente che già da diversi anni si produceva manna in Calabria.
Antonio Brasavola a Napoli durante il regno della regina Elisabetta morta tra le sue mani nel 1532, era stato messo un dazio sulla manna. Segno chiaro che la quantità raccolta e il volume di affari che provocava erano notevoli.
Al 1570 risale il più antico documento in cui si parla di manna siciliana.
Nel XVII sec. dalle informazioni di Paolo Boccone (il più grande naturalista siciliano del '600), sappiamo che in Italia si produceva manna in: Sicilia, Calabria, Puglia, Molise, Lazio, Toscana. Inoltre cita altre tre qualità di manna: quella di Briancon tratta dai larici, quella del monte Libano tratta dal cedrus montis libani, e quella della Stiria prodotta da generici alberi resiniferi.
Nel XVIII sec. e precisamente il 25/10/1792 a Vizzini piove manna dal cielo. Gaetano Maria La Pira, professore di chimica del Corpo Regale di Napoli, tornando il 26 a Vizzini, dopo aver fatto un giro mineralogico nel circondario, si ritrova assaltato da un buon numero di amici e di popoli che nel comunicargli la notizia gli chiedono lumi.
Il fenomeno era sconcertante e dal popolo venne recepito come segno premonitore.
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