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DAL BAMBINO ALLA SCRITTURA

pedagogia



DAL BAMBINO ALLA SCRITTURA

Capitolo primo

Un bambino competente ed alfabetizzato

VEDERE I SAPERI DALLA PARTE DELLA RADICE

Il processo di umanizzazione e di autenticazione è possibile grazie alla consegna di competenze, linguaggi e abilità che seguono l'incontro con le espressioni culturali di una precisa società, destinate a trasformare la scuola da luogo di trasmissione delle conoscenze a luogo di costruzione di saperi e  di competenze.

Il diventare cittadini colti in una "società del sapere e del conoscere" non può essere lasciato al caso, ma è compito specifico e intenzionale di una scuola autonoma e, pertanto, capace di creare le condizioni concrete in ogni specifico territorio, affinché ogni bambino possa diventare un cittadino, cioè un protagonista serio e consapevole del contesto nel quale è chiamato ad agire.

L'insegnante deve "esistere professionalmente" cioè predisporre occasioni d'incontro grazie alle quali il bambino inciampi nel mondo delle espressioni simboliche, tutelando le peculiarità di ciascuno.



UN PROGETTO CREDIBILE DI ALFABETIZZAZIONE

Fin dall'inizio del percorso formativo esiste il problema di assicurare alla generalità dei bambini un incontro agevole con il sistema della scrittura. Ai nostri tempi la scuola sta vivendo un passaggio epocale caratterizzato, da un lato, dalla crescente espansione di un linguaggio proprio di un'intelligenza immediata; dall'altro, l'istituzione scolastica fatica enormemente, e di più che in passato, ad assolvere il suo tradizionale compito di alfabetizzazione che esalta il carattere sequenziale dell'intelligenza. Esiste infatti un rischio alfabetico e un numero crescente di "analfabeti di ritorno", ovvero quei soggetti che hanno imparato a leggere e a scrivere durante la frequenza scolastica, ma che nella vita quotidiana si astengono da ogni attività che richiami l'utilizzo del sistema di scrittura; in crescita sembrano alunni dimezzati che leggono nel senso che oralizzano il testo scritto, ma non sanno andare al di là della compitazione del brano.

PER UNA FORMAZIONE PLURICODICE E MULTIMEDIALE

Oggi gran parte dell'informazione viene elaborata, prodotta, archiviata e comunicata in forma digitale grazie all'impiego di nuove tecnologie informatiche e telematiche. Tutto ciò viene definito terza fase, caratterizzata dalla presenza di nuove strutture mentali da parte dei giovani, in cui le notizie non dobbiamo necessariamente averle lette su qualche supporto cartaceo, ma viste e sentite sul monitor di una TV o di un PC. La cultura oggi corre sovente on line ed il bisogno di collegarsi per interagire e condividere diventa essenziale. La necessità di cercare la conoscenza, al di fuori degli schemi, è ormai acquisita nel lessico multimediale con il termine navigazione. Internet ci consente di sperimentare l'estrema facilità  di navigare: basta digitare l'indirizzo del sito prescelto ed il gioco è fatto. Nessuno nega l'importanza di Internet; la Rete sta offrendo la possibilità di conoscere punti di vista, orientamenti, sollecitazioni alla generalità dei cittadini finora impensabili. Esistono indagini e studi che dimostrano che i navigatori della Rete non si limitano a fruire di più informazioni di coloro che, limitandosi ai supporti cartacei, restano off-line. È infatti dimostrato che chi trascorre almeno cinque ore davanti al video trova il tempo per leggere giornali o riviste cartacee al pari della media di coloro che il PC non lo usano proprio. Intanto il libro presto assumerà un formato diverso da quello a cui siamo abituati: debutterà in Rete, sarà scaricato e stampato secondo le richieste del lettore.

APPRENDERE NELLA SOCIETA' COMPLESSA

La diffusione delle tecnologie informatiche e telematiche ridisegna l'apprendimento pluricodice sotto i contrassegni della costruttività, dell'interattività, dell'ipertestualità, dell'ipermedialità e della metacognizione.

Costruttività: viene data un'impostazione costruttivista al modello trasmissorio di cultura.

Interattività: il collegamento a "parole calde" o "sensibili" attraverso il clic del mouse permette di scoprire rotte e di aprire orizzonti che non si riconducono al tipo di lettura sequenziale della tradizione alfabetica, ma sono compatibili con le scelte personali che permettono scorrimenti diversi dalla consuetudine scolastica.

Ipertestualità: l'ipertesto è caratterizzato dal collegamento di "aree sensibili" di tipo testuale che consentono scorrimenti diversi dalla mera successione sequenziale dello sfogliare le pagine;

Ipermedialità: l'ipermedia designa la possibilità di passare ad informazioni non testuali, vale a dire immagini, suoni, animazioni, filmati;

Metacognizione: il pc e i new media non si limitano a rispondere in maniera ampia ai bisogni di flessibilizzazione, di interattività e di rielaborazione continua dei patrimoni conoscitivi personali e collettivi; essi devono diventare strumenti di pensiero proprio a partire dalla duttilità, dalla flessibilità e dalla dinamicità che caratterizzano il linguaggio 858b13i elettronico.

CONTINUARE A LEGGERE E A SCRIVERE.

Oggi la comunicazione esige messaggi più contratti e funzionali, ma il terreno della prima alfabetizzazione appare sempre più fecondo per introdurre cambiamenti: da un lato la scuola dell'infanzia, dove ci si prepara alla lingua scritta ("leggere prima di saper leggere"); dall'altra la scuola elementare, dove continua in modo intenzionale il primo leggere e il primo scrivere.

Capitolo secondo

Sviluppo e apprendimento

LO SVILUPPO DEL BAMBINO NEL CONTESTO DELLA CULTURA

Nel rispetto di una consolidata tradizione piagetiana, il bambino è si costruttore di conoscenze, di abilità e di competenze, ma sempre all'interno di un contesto costituito dai saperi. Lo sviluppo, al di là dei ritmi imposti dalle istanze biologiche della maturazione, risente in larga misura delle influenze del contesto e dei processi culturali.


APPRENDERE <<COSTRUENDO>>

Nell'ambito del filone cognitivista viene sottolineato il ruolo costruttivo dell'individuo rispetto all'apprendere e, di conseguenza, all'organizzazione e alla strutturazione delle conoscenze. Il soggetto apprende grazie alla sua capacità di inserire i dati esterni in strutture mentali preesistenti, in modi di funzionare della mente che processano ed elaborano personalmente le informazioni esterne con gli schemi disponibili.

J. PIAGET E L'EPISTEMOLOGIA GENETICA

Per J. Piaget è fondamentale chiedersi come avvenga la conoscenza. Al cento della ricerca piagetiana si trova il soggetto epistemico o soggetto che non presenta alcun riferimento ai vissuti, che "agisce" e funziona cognitivamente per conseguire l'equilibrazione.

Riveste importanza il concetto di adattamento il quale segue la costruzione di precise strutture o schemi mentali che intervengono a seguito di assimilazione e accomodamento: l'assimilazione è l'incorporazione degli oggetti negli schemi esistenti; l'accomodamento è la riformulazione degli schemi posseduti in seguito ad una modifica indotta dall'ambiente. L'adattamento intellettuale è il costituirsi di un progressivo equilibrio fra un meccanismo assimilatore ed un accomodamento complementare.

L'intelligenza si sviluppa a partire da forme senso motorie di azione ed evolve verso le forme mentali più evolute secondo una nota sequenza:

stadio del pensiero senso-motorio (0-2 anni): alla nascita e durante i primi anni di vita l'attività mentale si sviluppa intorno a tutta una serie di riflessi ed elementari integrazioni senso motorie. Verso i 12-18 mesi il bambino applica alla realtà gli schemi di comportamento in una sorta di sperimentazione che prelude alla coordinazione tra mezzi e fini. Tra i 18 e i 24 mesi compaiono delle condotte che presentano le caratteristiche del comportamento intelligente.

stadio del pensiero preoperatorio (2-7 anni): la costruzione delle prime invarianti come tempo, spazio, oggetto, movimento e causalità, segna la fine dello stadio senso motorio e l'inizio dell'intelligenza rappresentativo- simbolica. L'attività rappresentativo- simbolica e con essa il linguaggio costituisce l'evento principale che contraddistingue l'inizio dello stadio preconcettuale e intuitivo. I preconcetti sono delle nozioni che il bambino collega ai primi segni verbali e il loro carattere consiste nell'essere degli schemi che non sono generali quanto il concetto, né individuali come gli oggetti che lo compongono. Nello stadio preconcettuale- intuitivo il bambino è capace di rappresentarsi mentalmente gli eventi, le azioni, gli oggetti, ma non è ancora giunto alla loro coordinazione;

fase del pensiero operatorio che, secondo Piaget, si divide in due stadi:

stadio del pensiero operatorio concreto (7-11 anni): questa fase coincide con una trasformazione profonda del pensiero infantile che segna l'apparire delle operazioni: emergono verso i 7-8 anni, quando si costituiscono dei sistemi reversibili che permettono un'interpretazione logica della realtà. Il bambino, così, acquisisce una più autonoma e meno egocentrica visione della realtà. Questa molteplicità di prospettive favorisce lo sviluppo della reversibilità del pensiero che in questo stadio viene denominato "operatorio concreto", perché in grado di operare attraverso rappresentazioni mentali, però ancora essenzialmente legate all'esperienza concreta;

stadio del pensiero operatorio astratto (11-15 anni): in questa fase le operazioni hanno per oggetto le operazioni stesse che collegano gli elementi del reale.

Le fasi o stadi di sviluppo soggiacciono alle tappe di maturazione di ciascun essere umano indipendentemente dai fattori sociali o culturali. È dunque la maturazione delle funzioni mentali che è determinante sullo sviluppo; essa per questo precede l'apprendimento e non viceversa.

J. BRUNER E I SISTEMI DI RAPPRESENTAZIONE

Bruner afferma l'importanza dell'elaborazione d'informazioni in grado di tradurre l'esperienza in sistemi più efficienti di classificazione, ma è convinto che lo sviluppo cognitivo avvenga secondo modalità diverse rispetto alla teoria stadiale piagetiana.

Secondo la prospettiva bruneriana lo sviluppo cognitivo avviene come capacità di ciascun essere umano di utilizzare i seguenti sistemi di rappresentazione:

fase rappresentativa attiva in cui il soggetto traduce l'esperienza in modello mentale attraverso l'azione;

fase iconica in cui il soggetto attraverso rappresentazioni percettive ed iconiche riassume l'esperienza;

fase simbolica in cui l'esperienza è organizzata in rappresentazioni simboliche, mentali ed astratte.

Grande importanza per Bruner assumono l'insegnamento e l'interazione linguistico- culturale con l'ambiente al punto che un insegnamento sapientemente costruito può imprimere una svolta determinante nello stesso sviluppo. Chi insegna ha il compito di trasferire la matrice generativa di ogni disciplina in modo che il soggetto acquisisca quelle attrezzature cognitive e quelle procedure di pensiero che sono alla base di ogni disciplina. Nel corso degli anni '90 il costruttivismo bruneriano viene integrato dall'interessante prospettiva secondo la quale la rappresentazione non è immune dalla dimensione affettiva e dalla motivazione, dal piacere e dal benessere.


L. S. VYGOTSKIJ E LA ZONA PROSSIMALE DELLO SVILUPPO

La zona prossimale dello sviluppo di L. S. Vygotskij ci aiuta a collocare l'apprendimento in una posizione nuova e importante. Secondo lo psicologo russo, morto prematuramente nel 1934 a soli 38 anni, lo sviluppo non è determinato da fasi che impongono precisi limiti, ma esso diventa una delle modalità più incisive per determinare lo sviluppo del bambino.

È sufficiente che esso si collochi sulla "zona prossimale di sviluppo" per diventare un buon insegnamento. Posizionandosi sulle potenzialità e un po' più avanti rispetto al grado a cui il soggetto è pervenuto secondo le tappe di maturazione, l'insegnamento diventa importantissimo nello sviluppo. L'educazione e l'istruzione assumono un'indiscussa centralità nel quadro dell'interazione con le variabili storiche e culturali degli ambienti a cui appartengono i diversi soggetti. Vygotskij è dell'idea che la zona prossimale dello sviluppo, il livello che si impone come impalcatura rispetto a quello posseduto, sia particolarmente esposto all'intervento dell'azione sociale e al conseguente conflitto socio-cognitivo che determina lo sviluppo.

U. BRONFENBRENNER E LA CONCEZIONE ECOLOGICA

Secondo Bronfenbrenner ogni individuo è un sistema che interagisce con gli ambienti di riferimento; non esiste quella cosa che chiamiamo individuo, egli ricorda; in realtà gli altri ci sostengono durante l'intero processo del nostro sviluppo attraverso trame e scambi che si vengono a creare in continuazione. L'ambiente in cui avviene lo sviluppo è costituito da quattro strutture gerarchicamente disposte e ordinate concentricamente fra loro:

microsistema, che racchiude l'idea di contesto immediato costituito dalla sottile trama delle interazioni faccia-a-faccia;

mesosistema, che vede il bambino presente in due strutture quali la famiglia e la scuola dell'infanzia;

esosistemica, simile alla precedente, solo che fa reagire una minor incidenza della voce del bambino rispetto a quelle adulte (madre ed insegnante);

macrosistema, che influenza le idee e lo sviluppo dei bambini.

I NEOPIAGETIANI E LA COSTRUZIONE DELLA LINGUA SCRITTA

Vengono generalmente definiti neopiagetiani autori di diversa nazionalità seguaci di Piaget: Ferreiro, Teberosky ecc.

Proprio queste due autrici hanno introdotto principi costruttivistici di Piaget nell'acquisizione della lettura e della scrittura; hanno infatti rivoluzionato il problema della prima alfabetizzazione in termini di operazioni cognitive e di modelli mentali che i bambini costruiscono quando incontrano il sistema di scrittura.

Anche nella lingua Ferreiro e Teberosky hanno riscontrato numerosi esempi di errori costruttivi; il più diffuso e conosciuto è il fenomeno della regolarizzazione dei verbi irregolari da parte dei bambini che stanno acquisendo il linguaggio (per esempio iper-regolarizzano il linguaggio 858b13i dicendo scoprito al posto di scoperto). Questo tipo di errore dimostra che il bambino sta riflettendo sulla lingua cercando di capire le regole generali del sistema; inoltre esso permette di capire che il bambino non apprende la lingua semplicemente per imitazione, ma in questo apprendimento è un soggetto attivo e creativo, che si avvicina all'oggetto di conoscenza per successive approssimazioni. Queste non si verificano se non attraverso un conflitto cognitivo.

Per Ferreiro e Teberosky il compito della scuola è quello di facilitare un avanzamento nel processo cognitivo individuando i momenti cruciali in cui il bambino è più sensibile alle contraddizioni di un conflitto cognitivo per aiutarlo a procedere nel senso di una nuova strutturazione.

UNA DIVERSITA' DA CONOSCERE E DA VALORIZZARE

La ricerca si sta concentrando sul valore delle differenza individuali e sui modi di manifestarsi della diversità nell'apprendere. Così bisognerebbe sottolineare la grande diversità individuale nei ritmi e nei tempi dello sviluppo. L'osservazione spontanea e sistematica diventa lo strumento per identificare i processi da promuovere, sostenere e rafforzare per consentire a ciascun bambino "reale" di crescere al massimo grado possibile.

APPRENDIMENTO ED INSEGNAMENTO: UN BINOMIO DA RICOMPORRE

Alcuni punti che possono indirizzare l'agire professionale del docente:

l'apprendere non aspetta le tappe della maturazione, ma è significativo perché sottolinea il senso dell'azione che il docente finalizza per far sentire accolto e in condizione di benessere il bambino che desidera accrescere le competenze di cui dispone;

le situazioni apprenditive sono favorevolmente segnate dai climi e dai contesti;

l'insegnamento, a partire dalla scuola dell'infanzia, assume come centrale il valore della mediazione da attuarsi con pari dignità a due livelli curriculari: a livello curriculare esplicito e a livello curriculare implicito, relativo al contesto, cioè alla configurazione dei tempi, degli spazi, dei raggruppamenti e del clima di una scuola che ci piacerebbe pensato in maniera ludica e progressivamente ludiforme.





Capitolo terzo

I sistemi simbolico-culturali e la simbolizzazione

I MOLTEPLICI MODI DI ESSERE INTELLIGENTI

I sistemi sono complessi di significati culturalmente e storicamente determinati, sono mappe semantiche che l'umanità utilizza per descrivere, strutturare, modificare e creare l'esperienza in un dato frangente storico e sociale.

Il contenuto di un concetto è costituito da collegamenti di informazioni: queste sono disposte in una struttura ordinata e gerarchica che fornisce uno dei molteplici punti di vista possibili da cui osservare il mondo e costruirne la rappresentazione. I concetti non permangono isolati e, a loro volta, si strutturano in "reti concettuali" entro cui ciascun concetto appare collegato ad altri, in articolate mappe di connessioni. Sono queste mappe di connessioni concettuali che costituiscono il punto di vista delle varie scienze: il punto di vista matematico, geometrico, fisico, storico, geografico. Ogni disciplina porta con sé la conoscenza di aspetti specifici e particolari della realtà, organizzata mediante particolari concetti e specifiche mappe di concetti.

La differenzazione esistente tra i diversi sistemi simbolico-culturali legittima la teoria delle molteplicità delle intelligenze ciascuna con una propria caratteristica evolutiva, secondo la felice formulazione di Gardner che precisa anche che è tipico dell'intelligenza gravitare intorno ad un preciso sistema simbolico.

CENTRALITA' DELLA SIMBOLIZZAZIONE

A partire dai quattro anni diventa centrale lo sviluppo della simbolizzazione, che è la capacità di trasformare oggetti ed eventi in simboli e quindi di sviluppare i primi schemi conoscitivi. È possibile non solo simbolizzare al primo grado (nell'uso del linguaggio, del disegno, del canto, del movimento), ma anche prevedere dei modi di utilizzo di sistemi simbolici al secondo grado, che si riferiscono ad altri, come ad esempio la lingua scritta oppure alle notazioni musicali.

DAGLI SCHEMI AI CONCETTI

Gli attuali studi sulla concettualizzazione sono guidati dall'idea che i concetti siano gli organizzatori dell'esperienza fino a prendere le forme della conoscenza adulta che è propria di un sistema simbolico-culturale.

Un numero crescente di psicologi dell'età evolutiva, tenendo distinto dalla posizione piagetiana un quadro teorico definito delle "teorie ingenue", sostiene che i bambini già a partire da 4/5 anni possiedono delle teorie su aspetti specifici del mondo e approdano alle forme della conoscenza astratta e scientifica a partire da forme di conoscenza ingenue e scarsamente formalizzate.

Il bambino procede spontaneamente in modo implicito e si sofferma su organizzazioni conoscitive elaborate sotto forma di schemi, definiti quadri o frames. Gli schemi forniscono gli scheletri interpretativi di oggetti, situazioni, eventi, azioni che il soggetto costruisce in base alla propria esperienza personale e che utilizza per identificare situazioni nuove. Gli schemi sono strutture rappresentative che forniscono un'organizzazione complessiva dei singoli elementi coinvolti in determinate situazioni conoscitive e si fondano su procedure cognitive in larga parte implicite, inconsapevoli e difficilmente controllabili. La differenza tra rappresentazioni di tipo schematico e rappresentazioni di tipo concettuale è evidente. Lo sviluppo della conoscenza concettuale deriva dallo sviluppo di un intero apparato cognitivo deputato all'astrazione delle conoscenze presenti all'interno delle strutture schematiche di cui il bambino è in possesso.

Capitolo quarto

Caratteristiche del sistema di scrittura

IL SISTEMA IDEOGRAFICO E ALFABETICO

Storicamente l'umanità ha avuto a disposizione due modi di scrivere: il primo appartenente al sistema ideografico e il secondo al sistema alfabetico.

Le scritture ideografiche nacquero 4000 anni prima di Cristo e furono impresse su pietra e tavolette d'argilla. Ideogrammi furono quelli degli antichi Egizi o quelli in uso oggi nella Cina: in entrambi i casi i segni scritti non indicano il suono di ciascuna parola, ma l'idea e il significato; ogni parola aveva il suo ideogramma. Leggere e scrivere erano un'arte riservata a pochi: scrivani e copisti, preti e scribi erano i professionisti della lingua scritta. Passarono i secoli e, verso la fine del secondo millennio prima di Cristo, in una terra compresa nella penisola del Sinai, a metà tra l'Egitto e Israele, dalle scritture geroglifiche vennero ricavate le prime lettere o segni dell'alfabeto, capaci d'individuare un suono e di distinguerlo dagli altri.

Nasceva così il sistema alfabetico la cui caratteristica era data dal fatto che i segni non rappresentavano più i significati, ma singoli suoni dalla cui successione e ordinamento si poteva creare un numero pressoché infinito di parole. L'invenzione della scrittura alfabetica fu una vera e grande rivoluzione pacifica. Non più un segno per ogni parola, ma un segno per ogni tipo di suono: dunque pochi segni variamente raggruppati in significanti per riprodurre i significati della parola. La nascita dell'alfabeto era avvenuta: da allora scrivere e leggere sono diventate abilità esercitate non solo dagli scribi e dai sacerdoti, ma da commercianti, artigiani e agricoltori.

FONDAMENTO SIMBOLICO DELLA SCRITTURA

Il possesso del codice alfabetico di scrittura è compatibile con una serie di operazioni che consentono al bambino di andare oltre il livello della sfera semantica per accedere a quello più raffinato della forma e della struttura.

Lo scritto rappresenta il parlato, ma non si identifica con esso. Scrivere è compiere un'operazione di simbolizzazione di secondo grado, poiché la parola scritta rappresenta la parola orale, la quale a sua volta "sta in luogo" dell'oggetto a cui si riferisce. Per imparare a scrivere è necessario spingere la simbolizzazione ad un livello molto raffinato tale per cui le parole siano ridotte a significante che mantiene un collegamento con il significato in maniera convenzionale. Si scrive e si legge alfabeticamente quando si smette di vedere l'oggetto "in presa diretta" con la forma sonora, come accade nei processi di concettualizzazione ingenua, ma quando si percepiscono delle voci che parlano, attraverso un processo di segmentazione e fusione del continuum fonico che conduce a scoprire i fonemi.

Il valore dei fonemi è eminentemente convenzionale e linguistico: i fonemi non si possono infatti distinguere adottando i parametri di esecuzione del linguaggio musicale (timbro, altezza, intensità, ecc.), alcuni si distinguono per essere sordi! La loro convenienza rispetto ai segni ideografici è indiscussa: poche decine di fonemi convertiti in grafemi consentono di creare migliaia di parole!

NON SI SCRIVE COME SI PARLA!

L'oralità costituisce un altro modo di parlare come se fosse un codice alternativo alla scrittura, perché obbliga la nostra mente a lavorare con un'altra modalità. La scrittura dispone infatti di un potenziale formativo aggiunto che si cumula alla natura comunicativa del codice. Il linguaggio scritto dovrebbe sviluppare capacità espressive e formali, svincolate dal contesto e favorire l'acquisizione di schemi cognitivi per l'organizzazione del pensiero più razionali e pianificati di quelli attivati dall'urgenza della comunicazione verbale. Quindi scrivere non è parlare con la penna in mano, perché lo scrivere richiede il massimo di esplicazione e di precisione dei riferimenti.

L'oralità trasmette i suoi significati in una situazione comunicativa che preveda un contatto globale tra i partecipanti, creato dalla vicinanza corporea e da altre qualità fisiche della voce: il timbro, il tono, l'altezza. Per questo riteniamo che l'oralità sia qualcosa di più ricco del semplice parlato, proprio perché dispone di altri medium rispetto a quelli della parola. I tratti prosodici o soprasegmentali (intonazione, accento, pause, silenzi, ecc.) e paralinguistici (mimica, posture, gesti, prossemica, ecc.) giocano un ruolo molto importante per la riuscita della comunicazione orale; lo scrivente, invece, non può controllare attraverso il rapporto diretto con l'interlocutore se quello che scrive è interpretato e compreso secondo le sue intenzioni. Di conseguenza chi scrive è tenuto ad una progettazione tale da eliminare qualsiasi incertezza interpretativa da parte del lettore.

Un ulteriore elemento di differenziazione dello scritto rispetto all'oralità è rappresentato dal fatto che il primo produce segnali permanenti e immutabili nel tempo che possono perdurare oltre il momento della produzione e  il contatto temporale con l'interlocutore.

LEGGERE NON E' (SOLO) DECIFRARE; SCRIVERE NON E' TRA-SCRIVERE

Secondo gli insegnamenti dello psicolinguista F. Smith, la letteratura non può essere ridotta ad una decifrazione di segni, ma ad un processo in cui, al fianco della componente visiva, agisce la somma delle informazioni non visive possedute dal lettore che gli permette di interpretare, avanzare un'ipotesi, insomma di accedere ad un significato.

La scuola dell'infanzia trova una sua precisa collocazione in quanto scuola capace di sollecitare e aiutare il processo di concettualizzazione ingenua che si evolve verso la convenzionalità.

Occorre, infine, precisare che la scrittura è caratterizzata dall'essere evento di conoscenza nei cui confronti il bambino comincia a manifestare interesse molto presto e prima dell'ingresso alla scuola elementare, essendo il contesto della società dell'informazione saturo di parole, sovente abbinate con immagini animate o con suoni. Il bambino è così indotto a capire che cosa significhino quegli strani segni da cui è circondato.

Capitolo quinto

Concettualizzare la lingua scritta

Ferreiro e Teberosky delineano la successione delle idee che i bambini esprimono quando "costruiscono" lingua scritta, prima che si attui l'insegnamento sistematico in prima elementare rendendo così tangibile e manifesto il progetto delle tappe evolutive che essi percorrono. Il primo leggere e il primo scrivere cessano di essere un passaggio ignoto e misterioso da un non sapere a un sapere, per diventare un accesso ad un sistema, di cui sono note le regole e le ipotesi cognitive, che il bambino costruisce a seguito della progressiva ristrutturazione del campo cognitivo. Grazie alle geniali scoperte delle due ricercatrici, l'ingresso della letto-scrittura nella scuola materna si iscrive in un disegno strategico che vede nell'acquisizione della lingua scritta soprattutto un'azione significativa dal punto di vista simbolico-concettuale che metta la bando ogni funesto anticipazionismo.

IL PUNTO DI VISTA DEGLI ORIENTAMENTI

In questo convengono anche gli Orientamenti della scuola materna nei quali c'è scritto che il primo accostamento alla lingua scritta è ormai avvertito come un nucleo qualificante per l'attività educativa della scuola dell'infanzia.

SCRIVERE SPONTANEAMENTE

Ma qual è il modo di scrivere che consente di agevolare la concettualizzazione del bambino? La risposta a questa domanda è la scrittura spontanea. Questa singolare modalità scrittoria entra e trova pieno diritto di cittadinanza nella scuola dell'infanzia perché permette di attivare un rapporto costruttivo del proprio apprendimento. Attraverso la scrittura spontanea, si comunica al bambino che la lingua scritta consente delle investigazioni solo se si abbandona l'atteggiamento reverenziale che accompagna la scrittura-copia.

LA COSTRUZIONE SOCIALE DELL'APPRENDIMENTO

Ci sono due importanti implicazioni didattiche: l'assunzione da parte del docente di un ruolo tutoriale e la realizzazione del confronto di scritture spontanee. Il primo aspetto significa che il docente rinuncia al comodo ruolo di essere unico depositario del sapere tradizionale in cui è dominante lo scopo trasmissivo, per sottolineare quei tratti che puntano sul valore dell'interazione e della co-costruzione attraverso la messa in opera di interventi organizzativi e di ri-significazione del sapere ingenuo.

Un altro importante elemento che rafforza l'interazione sociale e il conflitto socio-cognitivo, sia dato dall'interazione e dalla diffusione del dialogo e della discussione durante la produzione di scritture spontanee. Pertanto il produrre scritture spontanee sarà un'azione da svolgere in piccolo gruppo perché si ricava un singolare valore aggiunto.

SAPERE LA LINGUA

L'avvalersi della scrittura spontanea consente al bambino di accrescere il livello di consapevolezza ovvero di incrementare la competenza metalinguistica. L'esistenza di questo sapere linguistico, disponibile a tutti i bambini che incontrano la lingua scritta, ripropone la distinzione di matrice chomskyana tra "competenza" ed "esecuzione". L'esecuzione della lingua cela una realtà che prende corpo e si esprime nella forma del sistema ordinato delle idee, espressione della concettualizzazione compiuta fino a quel momento, ma che può continuare ulteriormente. E qui torna l'importanza della funzione dell'insegnante al quale spetta di ridurre la distanza dal possesso del codice alfabetico accrescendo la qualità delle esplorazioni attraverso percorsi ludomatetici di conquista che esaltano la familiarizzazione con la lingua scritta per esempio l'utilizzo frequente di una biblioteca.

FASI DI CONCETTUALIZZAZIONE

I livelli di concettualizzazione della sequenza psicogenetica possono essere ricondotti nell'ambito di due fasi: la fase preconvenzionale e la fase convenzionale.

Fase preconvenzionale

Differenzazione del disegno rispetto alla scrittura

Il primo grande livello di distinzione, attuata dal bambino è quello tra "disegno" e "scrittura", riscontrabile in bambini di ¾ anni.

I criteri di differenzazione, a questo livello, tra "disegno" e "non disegno" sono: la linearità della scrittura e la molteplicità e varietà delle sue forme. Dapprima i tratti grafici mantengono la scrittura di lettere poco differenziate e confondibili col disegno. A questo livello disegno e testo scritto formano un tutto unico di significato ed esprimono un messaggio grafico unitario. Disegno e scrittura sono perciò il contenuto di un messaggio e non la rappresentazione dei suoi elementi linguistici.



Livello presillabico globale e regolato

Conquistata la differenzazione e la specificità della scrittura, si passa ad un livello più avanzato detto presillabico globale. Un'idea importante che il bambino sviluppa in questo livello è l'ipotesi del nome: egli è convinto che non si possano scrivere tutte le parole, ma solo i nomi degli oggetti e delle persone a cui si riferiscono. Nei primi atti di scrittura e di lettura, egli è persuaso che i testi siano costituiti solo da nomi e che l'intero messaggio stia nell'immagine. Si aspetta di trovare nel testo tanti nomi quanti siano gli oggetti raffiguranti. Non solo: tramite i nomi scritti egli può leggere un'intera proposizione o un enunciato linguistico. Le prime letture avvengono con una modalità che definisce il livello di concettualizzazione presillabico, perché non si registra alcuna corrispondenza tra elementi della parola scritta e aspetti sonori. I tentativi iniziali di monetizzazione saranno sillabici; ora però il bambino legge le parole seguendole con il dito, pronunciandole in un sol fiato senza alcuna corrispondenza sonora.

Il livello presillabico è globale quando il bambino si serve di una sola "lettera"; presillabico regolato quando il piccolo scrivente si accorge che una sola "lettera" non basta più. Il bambino si pone il problema di come differenziare le sue scritture e adotta due nuove regole: la quantità minima e la varietà figurale.

Il rispetto della quantità minima consente al bambino di considerare "leggibili" solo insiemi di almeno tre segni grafici, e contemporaneamente di dar origine ad uno dei suoi primi criteri di scrittura e di lettura creati sena l'intervento dell'adulto.

In questo livello, inoltre, esiste anche la convinzione secondo la quale esiste una relazione di corrispondenza tra gli aspetti quantificabili della scrittura e dell'oggetto rappresentato (es: oggetto lungo allora parola lunga). Indi il bambino considera, oltre alle caratteristiche quantitative di un testo, che sono le più evidenti, la varietà figurale, ovvero gli aspetti qualitativi di uno scritto (tipo e forme delle lettere).

Fase preconvenzionale in evoluzione

Un livello problematico

A questo livello segue una "fase di transazione" che spinge ogni bambino a ricercare dei criteri che non siano più esterni, ma delle norme più generali e valide per tutti. Questa fase di transazione è ampia e articolata: dapprima infatti l'ipotesi sillabica funziona come giustificazione di ciò che il bambino ha scritto; la sua scansione sillabica "copre" l'area tracciata dai suoi segni, è una legittimazione di ciò che ha scritto; la sua scansione sillabica "copre" l'area tracciata dai suoi segni, è una legittimazione di ciò che ha scritto.



Fase convenzionale

Livello sillabico e sillabico-alfabetico

Dapprima il bambino trasforma le sue "lettere", che spesso sono scritte in modo convenzionale, adottandole ad un grafema vocalico (UO= MURO), ma in seguito ricerca un costante abbinamento tra un segno ed un suono sillabico.

Livello alfabetico

Il passaggio alla fase alfabetica non è dunque immediato, ma graduale, ed in genere preceduto da un periodo di oscillazione tra i due tipi di concettualizzazione, che dà origine ad atti di scrittura e lettura che iniziano sillabicamente e terminano alfabeticamente. Il raggiungimento del livello alfabetico implica che il bambino abbia compreso che ad ogni segno grafico deve corrispondere un valore sonoro minore della sillaba: il fonema. Egli impara così ad effettuare un'analisi di fonemi che compongono le parole, che però non si traducono sempre in scritture ortograficamente corrette.

LA MAPPA DELLE COMPETENZE INFANTILI

Le competenze che il bambino sviluppa in modo sequenziale sono:

differenzia la scrittura dal disegno;

utilizza un solo segno per scrivere;

conquista la differenzazione della scrittura nel rispetto di regole;

fa riferimento all'aspetto sonoro;

supera la conflittualità dell'idea sillabica approdando alla convenzionalità della scrittura fino ad accedere all'idea alfabetica.


Capitolo sesto

Noi scriviamo così!

SI SEGNA NON SOLO PER DISEGNARE

Si chiede ai bambini di tre anni di scrivere spontaneamente[1] alcune parole. La richiesta ci consente di identificare i primi livelli di concettualizzazione, soprattutto la differenziazione della scrittura dal disegno, che segna la nascita della scrittura. Domandiamo ai nostri alunni in una forma ludica: Disegna e scrivi come sei capace la parola.

Scegliamo delle parole semanticamente vive (papà, mamma, bambino, le parole di una storia e così via). Incoraggiamo gli incerti, prendiamo nota di coloro che si rifiutano soprattutto di coloro che perseverano nel rifiuto. Per produrre le prime scritture utilizziamo fogli bianchi A4 e serviamoci di strumenti come pennarelli, pastelli, matite colorate, biro, ecc.). annotiamo infine l'età del bambino in anni e mesi.

a)    Inizialmente i bambini manifestano una certa difficoltà a differenziare il disegno dalla scrittura e producono lo stesso tipo di scarabocchio: è come se il bambino sentisse la necessità di garantire il significato della scrittura, pur essendo graficamente separata.

b)    Successivamente la differenzazione si completa e l'atto dello scrivere non è più confuso con quello del disegnare. Le soluzioni adottate sono essenzialmente due: la vicinanza della scrittura con il disegno corrispondente e l'uso dei caratteri grafici che richiamino quelli usati per le raffigurazioni.[2]

c)    Il bambino prende coscienza che può scrivere e che la scrittura sostituisce la realtà e rappresenta l'unica caratteristica dell'oggetto che il disegno non è in grado di rappresentare: il nome. Le prime scritte per il bambino sono infatti i nomi degli oggetti. Compaiono così due tipologie di segni, che ripropongono le diverse modalità di scrittura adottate convenzionalmente:

la scrittura corsiva, a modello continuo con produzioni ondulate di ghirigori senza fine;

la scrittura stampata, a modello discontinuo che si esprime con caratteri discreti: tondini, linee spezzate ecc.

AVANTI. SI CAMBIA IDEA!

Adesso chiediamo ad alunni in età superiore ai tre anni di scrivere spontaneamente e di leggere parole, costantemente presenti e disponibili, nella loro esperienza linguistica.

Chiediamo di scrivere:

il nome proprio, utile per produrre grafemi;

il nome di un compagno; una parola lunga (campanello, pozzanghera) e una corta (muro, topo) dal punto di vista del significante;

parole lunghe che evocano oggetti corti (coccinella) o viceversa (bue);

diminutivi, accrescitivi e plurali;

monosillabi e bisillabi; frase e/o enunciato.

Possiamo così rilevare l'idea con cui il bambino costruisce lingua scritta attraverso un parola chiave: non differenzia, differenzia, è in evoluzione ecc.

Dal punto di vista esecutivo il docente prenderà nota della direzionalità (destra o sinistra), dell'occupazione dello spazio del supporto (al centro, in un angolo), dell'orientamento dei grafemi (regolare, speculare), della dominanza laterale e del tipo di carattere utilizzato (convenzionale, pseudolettere).

L'IDEA PRESILLABICA

Le interazioni con il contesto e le proposte di scrittura spontanea, accompagnate dalla richiesta di leggere aiutano il piccolo ad estendere la differenziazione al di là dell'idea che la scrittura sia altro rispetto al disegno. E' uno dei primi problemi che la lingua scritta pone ai bambini per cui la soluzione essi costruiscono una serie di regole di scrittura trasmesse loro dagli adulti, ma che sono frutto dell'elaborazione originale di chi sta viaggiando lungo la strada della concettualizzazione.

Successivamente il bambino scopre la prima delle regole fondamentali che disciplinano il presillabico normato: la quantità minima.

La gestione della quantità minima avviene istituendo una corrispondenza tra la scritta e gli aspetti quantificabili tra la scritta e gli aspetti quantificabili dell'oggetto o della persona a cui la parola si riferisce elaborando dai 3 ai 7/8 grafemi. Per questo il piccolo ritiene leggibili solo le sequenze di almeno 3 grafemi. Una scritta di un oggetto di piccole dimensioni avverrà con meno caratteri rispetto alla scritta che riproduca una situazione o una persona considerata grande.

Serena, ad esempio, disegna un sole, una mela ed un tavolo e scrive queste tre parole utilizzando sempre più di tre grafemi. Si nota inoltre, nella scrittura di tavolo, che la bambina scrive da destra verso sinistra, mentre per sole e mela fa il contrario. Per convenzione, i bambini utilizzano il modo di scrivere da sinistra a destra come gli adulti. Poiché i bambini sono particolarmente sensibili ai significati delle parole e alle somiglianze semantiche, essi usano grafemi simili nella scrittura di una parola e del suo diminutivo.

VARIAZIONE DEI SEGNI GRAFICI

Note le caratteristiche quantitative, i bambini compiono un ulteriore passo in avanti nel loro cammino cognitivo: essi infatti imparano a disporre di un'altra regola del livello presillabico normato: la varietà figurale, ovvero l'analisi delle caratteristiche qualitative (tipo e forma delle lettere) delle scritte. A questo livello risulta evidente come i piccoli cerchino di variare la forma dei grafemi sia all'interno di una stessa parola che, soprattutto, fra un vocabolo e l'altro, nella convinzione che non sia possibile scrivere parole diverse con lettere uguali.

LA COMPLESSITA' DEL LVELLO SILLABICO

I bambini che passano gradualmente al livello sillabico considerano la veste sonora della parola. La nuova scoperta si esprime con una nuova regola: l'associazione di un grafema con un suono sillabico. L'idea sillabica non viene usata nelle prime letture come schema anticipatore dell'atto di scrittura, ma solo come criterio di giustificazione nella rilettura di quanto scritto. E' quello che accade a Marco che trovandosi in una fase sillabica solo iniziale scrive senza mettere in corrispondenza esatta ogni sillaba con un grafema, ma poi rilegge le sue produzioni con un criterio di giustificazione di tipo sillabico.

L'ACCESSO ALLA FASE CONVENZIONALE

Il perfezionamento dell'idea sillabica conduce i bambini a scrivere con i caratteri della convenzionalità (i grafemi della scrittura "bambina"sono gli stessi dell'alfabeto "adulto"). Quindi "il piccolo scrivente" scrive operando una conversione dapprima sillaba/grafema e poi fonema e grafema. Nella scuola dell'infanzia la nostra rilevazione ha distribuito gli scriventi nei vari livelli di concettualizzazione che ci aiutano a capire la diffusione della scrittura "bambina" intorno al livello presillabico.

CONFRONTO DI SCRITTURE

E' facile che un adulto consideri scarabocchi le prime produzioni scrittorie dei bambini. Risulta quindi indispensabile provocare delle situazioni di confronto delle scritture spontanee che induce riflessione e ripensamento circa i modi di scrivere. Il confronto di scritture spontanee, prodotte dai bambini, viene considerato una delle strategie più efficaci per stimolare il passaggio dal livello di concettualizzazione raggiunto a quello successivo.

L'esperienza può essere svolta all'interno di un piccolo gruppo composto da bambini eterogenei per età e competenze. In queste situazioni di confronto cognitivo il bambino esercita a sostenere le proprie idee e a criticare quelle dei pari, sviluppando le proprie mentalità mentali e le relazioni sociali attraverso momenti di opposizione e collaborazione. L'insegnante gioca una parte fondamentale nell'attuazione del confronto: è essenziale che sappia adottare in prevalenza funzioni di facilitazione (chiarendo, controllando l'efficacia del suo dire), funzioni affettive positive (lodando, incoraggiando, mostrando interesse).

<<QUI C'E' PROPRIO SCRITTO BALENA!>>(esempio da leggere)




Capitolo settimo

Dal segno al testo

"Dal segno al testo" è un percorso traducibile nelle situazioni didattiche, secondo le scelte congruenti con il rispetto della progettazione di ciascuna unità scolastica, che conduce, anche chi non è padrone dell'idea alfabetica e chi convenzionalmente non è capace di scrivere. È un percorso d'alfabetizzazione allargata che si impegna a superare lo stereotipo in forza del quale lo scrivere sia mero tracciamento grafico di segni per sottolineare la duplice natura delle esperienze di scrittura:

avere cose da dire, cioè significati (idee, notizie, storie, invenzioni) da far circolare ad un destinatario reale;

convertire i significati concettuali in lingua scritta.

CENTRALITA' DELLA COMPETENZA COMUNICATIVA

Fin dall'inizio <<I discorsi e le parole>>, recuperando i più recenti assunti in materia di scienze linguistiche (psicolinguistica, socio- linguistica, pragmatica) collocano la lingua nell'ambito dei codici, cioè dei mezzi di comunicazione, come era il vecchio codex o tavoletta su cui i latini incidevano i loro messaggi.

La funzionalità non fa però venire a meno il carattere oggettuale, di entità costituita in parti ciascuna delle quali "normate" da regole il cui possesso è indispensabile per produrre frasi e discorsi con competenza linguistica.

L'approccio comunicativo privilegia come corpus linguistico sia nella fruizione che nella produzione fino a comprendere sia le varietà del codice esplorato dalla sociolinguistica, sia le diversità meglio note come "sottocodici"o "linguaggi settoriali" (medico, sportivo, politico, burocratico) e registri (colloquiale, familiare) che conferiscono uno stile alla lingua. Ciò che occorre promuovere nel bambino è la capacità d'uso della lingua nelle sue varietà, nella consapevolezza che di essa può servirsi prima ancora di conoscere le regole di funzionamento.

APPRENDIAMO LO SCHEMA DELLA COMUNICAZIONE

All'interno di un contesto comunicativo ci sono sempre un emittente ed un destinatario/ricevente che parlano di qualche cosa, che si riferiscono ad un referente oggettuale o concettuale, cioè indagano, riflettono mediante un codice sulla realtà, ma anche su qualcosa di simbolico, su un'idea, su un progetto avvalendosi di un canale (telefono, microfono). Perché comunichiamo? Per scambiarsi un messaggio. Ciò che rende problematica la comunicazione è la presenza di disturbi fisici o rumori (caduta dell'emissione del segnale, disattenzione).


SCOPRIAMO IL TESTO

Per corrispondere, per comunicare è necessario attivare la funzione testuale, costruire testi che siano pertinenti alla situazione. La linguistica testuale è uno dei campi d'investigazione più praticati dalle scienze linguistiche, abbastanza recentemente diffuse, a partire dagli anni '70, che hanno conferito al testo una rilevante centralità per lo sviluppo delle abilità linguistiche dell'ascolto, del parlato, della lettura e della scrittura (N.B.: listening speaking reading and writing). Questi riferimenti culturali hanno informato anche la stesura dei documenti programmatici della scuola media, della scuola elementare e materna. A parere di alcuni autori, il testo viene visto come un oggetto linguistico, quanto uno spazio scenico entro il quale si svolge una partita nella quale il lettore non è mero spettatore, ma gioca una parte precisa da protagonista, in quanto conferisce un senso particolare al testo, interpretando e utilizzando le informazioni della sua enciclopedia. Secondo questa teoria il testo mantiene un significato aggiunto che è parte integrante e non piccola dell'informazione, appellandosi alle presupposizioni e alle inferenze che il lettore può attivare. La definizione di testo è pertanto molto ampia e ancora dibattuta nel campo delle scienze linguistiche. Il testo non si identifica come una qualsiasi sequenza di enunciati, anche se corretti linguisticamente. Esso non ha un riferimento di estensione stabilito aprioristicamente: testo sono I Promessi Sposi, testo è l'insegna o la parola ciao di una cartolina. Le caratteristiche fondamentali di un testo sono coesione, coerenza e strutturalità.

Coerenza e coesione costituiscono il funzionamento di base di un testo: la coerenza è data dalla relazione che si instaura tra concetti (il filo del discorso è ben teso).

La coerenza esige diverse componenti del testo siano connesse in maniera unitaria in modo da riferirsi ad un argomento generale comune. La coesione ha invece a che fare con i collegamenti di superficie, con i legami linguistici che si richiamano tra di loro in modo esplicito. La strutturalità invece conferisce un carattere peculiare del testo, in quanto esso per essere tale deve assumere una precisa struttura che lo distingue al proprio interno. Sul piano dell'espressione il testo è un'unità indivisibile di informazioni, ma presenta una suddivisione gerarchica precisa (sezioni, capitoli, paragrafi) che lasciano intravedere l'idea della sequenzialità che è alla base della scrittura.

La competenza di scrivere testi dipende dal possesso degli schemi testuali relativi alla struttura dei principali generi o tipi di testo (narrativi, descrittivi, argomentativi).

PROCESSUALITA' DELLA SCRITTURA TESTUALE

Prima di cominciare a scrivere bisogna avere una motivazione per farlo. Lo scopo conferisce intenzionalità allo scritto; si scrive per raccontare, informare, convincere. In tal modo lo scrivere diventa simile ad una situazione di problem solving, cioè ad una attività orientata al raggiungimento di uno scopo nella quale sono significativi gli aspetti processuali.

Interessa qui riprendere alcune considerazioni dei modelli psicopedagogici degli anni '80 che, riuniti sotto la corrente di pensiero Human Information Processing (H.I.P.), hanno indagato intorno al funzionamento cognitivo, occupandosi dell'attività rappresentativa che discende dai processi di elaborazione, codifica e archiviazione delle informazioni. Secondo alcune conclusioni, il processo di scrittura risulta ricorsivamente formato da fasi: progettazione o pianificazione, stesura o trascrizione e revisione.

I. Nella fase di progettazione o pianificazione il soggetto ricava delle informazioni dalla memoria, stabilisce obiettivi adatti alla produzione scritta e formula dei piani atti a raggiungerli. In questa fase si possono identificare tre momenti, che sono assunti come criteri di valutazione della revisione:

a)    generazione di idee che avviene attraverso il recupero in memoria di informazioni pertinenti al compito o al tema;

b)    organizzazione delle idee generate;

c)    porre obiettivi.

II. Nella seconda fase il materiale ricercato dalla memoria viene trasformato nelle frasi che costituiranno il prodotto. In questo processo lo scrivente pone la propria attenzione all'ortografia, alle convenzioni sintattico- grammaticali della lingua, al codice più adeguato rispetto alla situazione comunicativa e al destinatario;

III. La terza fase, la revisione, è la fase focale del processo di scrittura. La revisione, secondo il quadro cognitivista, si attua con due processi: il leggere ciò che si è scritto e il correggere. La revisione capace d'agire sia sulla pianificazione che sulla trascrizione, trasforma lo scritto in un evento non più lineare e sequenziale di fasi che si succedono, ma come processo dinamico e ricorsivo che rifiuta la sequenzialità della linea retta che va dal concepimento al completamento.

MANUFATTO COGNITIVO

Il testo scritto come un prodotto, un elaborato, è il risultato di un lavoro mentale, di una scelta linguistica di coerenza e coesione. Per rivedere un testo è necessario rivolgere lo sguardo non tanto sugli aspetti meccanici, quanto sul modo di organizzare i contenuti. Lo scrivente è tale perché non butta giù quello che pensa, ma si preoccupa di organizzare il proprio scritto.

CO-ELABORARE TESTI

La complessità richiesta dall'elaborazione testuale esige una riduzione dei vincoli e la conseguente produzione del testo in maniera monitorata "passo passo". Si riconosce in questo disegno strategico al docente la funzione di scaffolding con il compito di separare le operazioni del processo scrittorio in modo che il bambino si concentri in particolare su quelle fasi del lavoro di natura top down, che proprio comportano un maggior carico cognitivo, lasciando ad uno scriba il compito di gestire il momento della trascrizione. Liberato dal carico della scrittura il bambino più piccolo impara a dettare un testo, ovvero a cambiare modo di parlare: per poter farsi comprendere egli escogita l'esperimento di rinunciare ai tratti soprasegmentali[3] e paralinguistici . Dettare così diventa come leggere, cioè un eseguire lingua scritta a tutti gli effetti. L'interazione tra compagni poi permette a ciascuno di ampliare il proprio campo primitivo grazie agli stimoli reciproci che gli stessi si scambiano nell'alternarsi di varie situazioni; durante la dettatura del testo ogni bambino funziona da supporto cognitivo: ciascuno ha la possibilità di ampliare le proprie capacità cognitive delegando all'altro quello che non riesce a fare da solo. I pari diventano così fonti di apprendimento a condizione che l'insegnante non si limiti a raggruppare gli alunni, ma solleciti l'intervento di ciascuno, astenendosi da giudizi di merito cioè lascerà intervenire anche chi sbaglia e verificherà che nel gruppo ci sia chi farà carico di correggere l'affermazione del compagno.

SEGNI DI UNA SCRITTURA DI QUALITA': I TESTI E LE PAROLE DI GIOCO

Le soluzioni operative che si connettono con il laboratorio di scrittura testuale prevedono due interventi che si possono intrecciare a seconda della progettazione didattica, con le parole di gioco che sostengono lo sviluppo del metalinguaggio.

I testi

Per quel che riguarda gli interventi inerenti la testualità, si prevede l'attivazione di due fasi: una preliminare, l'altra più completa ed evoluta.

La fase preliminare consiste nell'attuare il setting della dettatura nell'ambito di semplicissimi testi: messaggi brevi, titoli e didascalie da applicare ad una produzione grafico- pittorica; la fase evoluta prevede che l'elaborazione testuale possa spingersi fino ad elaborare il testo di una storia. Dopo aver aiutato i bambini a interiorizzare la struttura narrativa con alcuni giochi, essi detteranno una storia imparando a collocare le idee dentro ai nuclei narrativi previsti dai narratologi.

Giochiamo con le parole!

Si propone di incuriosire i bambini sulle parole del gioco, sul significante del segno linguistico e non sul significato, sulla forma e sul ritmo che sono i tratti di una lingua di qualità, particolarmente amata da letterati e poeti. Anche i musicisti, i pittori e gli artisti lavorano sulla forma e sulla ricerca del valore estetico delle espressioni che essi producono. Applicarsi alla forma dal punto di vista delle scienze linguistiche coincide con lo sviluppo della competenza fonologica. Questa competenza si classifica come secondaria perché non collegata con il parlare.


Un sasso in acqua!

Per far capire che in questi testi le parole sono usate in modo ludico utilizziamo una conta, un proverbio o una filastrocca. Si potrà iniziare a scandire i nomi di alcuni alunni: dapprima si lavora molto con le sillabe per identificare chi ha un nome lungo o un nome corto, poi la scansione dei nomi potrà essere estesa ad altri nomi di cose, oggetti particolarmente noti. Potremo poi fare rime dal nome e cognome di un alunno. I bambini amano le rime e scoprire che con esse si possono fare filastrocche li affascina.

Una rete di parole

In ordine al lessico, gli Orientamenti raccomandano di pescare sempre dal proprio bagaglio lessicale, per indicare in maniera precisa, oggetti, persone e azioni, avendo cura di ridurre progressivamente la deissi[5]. Giochiamo pertanto con i bambini per far scoprire la prima relazione che lega le parole: contiguità . La semantica ci ricorda altri modi per costituire "parentela" tra le parole: sinonimi, iperonimi e iponimi (come frutta e mela), contrari. I bambini della scuola dell'infanzia poi hanno una certa simpatia per gli omonimi (per esempio la parola ala che si riferisce sia all'ala del pollo che a quella dell'aereo o a quello di un uccellino).

Riflettere le frasi

Le frasi sono essenziali strutture sintattiche di un testo costituite da elementi fondamentali (soggetto e predicato). Il far frasi costituisce un'abilità che, secondo Chomskj, noto linguista, sarebbe innata e accessibile pertanto agli alunni. Il nostro compito si esercita nel sostituirli durante le conversazioni e le interazioni verbali, affinché i loro costrutti frasali non siano solo corretti, ma anche efficaci[7].





Capitolo ottavo

Due questioni didattiche

PREREQUISITI ED ABILITA' DI BASE

Affinché il bambino impari, o sia pronto per apprendimenti specifici come la lettura e la scrittura, è necessario che sviluppi tutta una serie di abilità che risultano prerequisite nell'apprendimento di cui si parla. La fedeltà alla scuola behaviorista, a cui possiamo ricondurre il termine prerequisito, sottolinea che gli stimoli vengono organizzati in modo sequenziale e algoritmico. Ne consegue che, sotto il segno dell'attività preparatoria, si legittimano una congrua esercitazione e un serrato lavoro sistematico di schede e di attività motoria come ingresso alla lingua scritta. Nell'ambito di questo approccio fedele ai prerequisiti, si specifica un altro orientamento di studi, sostenuto da ricerche innatistico- stadiali di Piaget che ridefiniscono il concetto di prerequisito come idoneità all'apprendimento intendendo con questo termine l'insieme di fattori che concorrono alla maturazione generale del soggetto. Definite anche abilità di base, le funzioni prerequisiti che riguardano essenzialmente il campo percettivo, cognitivo, linguistico e psico-sociale. Secondo questi contribuiti, per imparare a leggere e scrivere occorrerebbe puntare ad un livello di capacità di percezione visiva, di rappresentazione mentale, di memorizzazione tale da consentire di distinguere, memorizzare le varie forme delle lettere dell'alfabeto e di collegare l'attività motoria a quella della percezione visiva. Occorre pertanto, all'inizio dell'anno scolastico, conoscere quali siano le capacità dei bambini di riferirsi alla veste sonora della parola e di analizzarla.

LA SCELTA DEL METODO

Tra sono sostanzialmente i metodi che concernono l'apprendimento della lingua scritta:

fase sincretica globale: è dominata dal riconoscimento complessivo di un insieme senza distinguere i singoli elementi;

fase analitica: è caratterizzata dalla capacità del soggetto di distinguere le singole lettere e le relazioni tra le medesime;

fase sintetica: è caratterizzata dalla capacità del soggetto di ricomporre il tutto (comporre e leggere parole nuove usando lettere conosciute).

Oggi sappiamo che i bambini, al momento del loro ingresso nella scuola elementare, dispongono di conoscenze precise che essi hanno sviluppato senza che alcun docente provveda ad insegnarle esplicitamente. Di conseguenza la presupposizione che fondava l'adozione di un metodo, e cioè che un soggetto fosse ignorante e da istruire interamente, oggi non corrisponde più al vero: il nostro bambino è nelle condizioni di avvertire la presenza di elementi linguistici che lo aiutano a costruirsi una precisa teoria di riferimento.


IL SISTEMA DEI METODI DI ALFABETIZZAZIONE

I METODI SINTETICI raggruppano il metodo alfabetico, i metodi fonici e i metodi di lettura delle sillabe. Essi si propongono di avviare l'apprendimento dell'alunno a partire dagli elementi più semplici della lingua; I METODI ANALITICI muovono dalla frase e dalla parola per ricavarne elementi strutturalmente più semplici; I METODI ANALITICO- SINTETICI, che si fondono su parole e frasi, fanno seguire subito i processi di analisi e sintesi.

METODI SINTETICI

Alla categoria dei sintetici appartengono i metodi fonici e i metodi alfabetici. I primi furono diffusi presso i Greci e presso i Romani. I metodi sintetici iniziano dall'apprendimento delle strutture più semplici della lingua scritta, ossia dai grafemi e successivamente, attraverso i collegamenti o sintesi, avviano il bambino a costituire le sillabe, le frasi, le parole. I limiti del metodo sintetico-alfabetico emergono nel momento di sintetizzare le lettere per leggere la parola; il soggetto finisce per iper-sillabare o decifrare anziché realmente leggere. Nel XVI secolo si registrerà un cambiamento significativo con il passaggio dal metodo alfabetico al metodo di tipo fonico.

OSSERVAZIONI CIRCA I METODI SINTETICI

Il metodologo francese Mialaret ribadisce che tutti i metodi pedagogici creano un insieme di situazioni che producono nel soggetto delle reazioni psicologiche. Perciò metodologie diverse comportano problemi psicologici differenti.

Per quel che attiene ai metodi sintetici, alcuni psicologi, tra i quali Piaget, riferendosi allo stadio delle sillabe, affermano che la reversibilità non è una caratteristica presente del livello psicologico del bambino verso i 6 anni. Di conseguenza la minima difficoltà nella strutturazione dello spazio può creare confusione ed insuccesso e, allo stesso tempo, determinare nel soggetto uno stato di insicurezza. L'insegnante, insistendo sull'ordine delle lettere, induce il bambino a scoprirle una alla volta per consentirgli di apprendere la progressione con esattezza.

L'acquisizione della lettura e della scrittura si realizzano attraverso esercizi ripetuti di associazione di singoli suoni che finiscono con l'essere aridi, insignificanti e tediosi. Quanto alla lettura emerge, sempre per Mialaret, la difficoltà per il soggetto di riconoscere e comprendere la parola decifrata. Per quanto riguarda la scrittura, un'obiezione mossa ai sostenitori di questo metodo dalla "scuola attiva", è la mancanza di esercitazione preliminare della motricità del braccio e della mano, ritenuta indispensabile per consentire plasticità e coordinazione nel segmento avambraccio- polso- mano- dita ai fini della scrittura.

Si comprende come i metodi fonici siano profondamente scettici circa la possibilità di apprendere spontaneamente la letto-scrittura da parte del bambino.


METODI ANALITICI

I metodi analitici considerano quale momento iniziale dell'apprendimento le parole e le frasi, ossia gli elementi strutturalmente significanti. Il processo della lettura e della scrittura si realizza procedendo dalla complessità della lingua scritta per giungere attraverso processi di comparazione, classificazione, analisi della conoscenza degli elementi minimi di essa, ovvero alle lettere. Questi metodi, definiti "globali" ebbero origine intorno alla seconda metà del 18°secolo. Fu un abate francese a ipotizzare l'insegnamento della lettura tramite la PAROLA, tesi che poi venne delineata da N. Adam in un saggio che getta le basi del metodo globale.

OSSERVAZIONI CIRCA I METODI ANALITICI

In ordine alla nozione di globalizzazione e di sincretismo[8] della percezione, esiste una controversia sulla questione che riguarda la capacità percettiva del bambino di cogliere prima l'insieme o il particolare. Wallon afferma che spesso il bambino stupisce per la sua abilità di osservare un elemento minuscolo e non rilevante. Il bambino inizia dall'incapacità di ordinare, raggruppare e differenziare. Agli insieme dell'esperienza reale non sa opporre dei sistemi di relazione. In tali insiemi gli elementi soggettivi e gli elementi esterni si confondono. Il metodo globale, che mostra all'alunno la lettura di idee, la cura dl pensiero, del significato, del lavoro dell'intelligenza, appare molto critico verso i giochi di piacere fonico o metalinguistico che sottolineano la centralità del significante e di ciò che è forma e pura struttura. Un'ulteriore analisi critica, elaborata in tempi più recenti al metodo di Mialaret, giunge da un docente italiano, G. Germano, che evidenzia in tale strategia didattica una contraddittorietà a livello ideologico ed operativo. Mialaret e i globalismi definiscono la sintesi un processo non conforme alla psicologia del bambino ed introducono come procedimento alternativo quello della sostituzione di gruppi di lettere tra parole diverse. Essa avvierà solo a riconoscere in una parola nuova sequenze di pezzi già conosciute (S-TER-NU-TO): S di sole, TER di terra,NU di nuvola ecc.). L'unificazione delle parti avviene però in modo sintetico.

METODI ANALITICI- SINTETICI

I metodi analitico- sintetici sono il risultato di studi più recenti. Anch'essi prevedono come inizio la parola ma vi è un'attenzione particolare nell'affrontare il momento dell'analisi e della sintesi, da ciò derivano la loro denominazione. Tali metodi prevedono, dopo un approccio globale con la parola scritta, un passaggio rapido ed immediato all'analisi e alla sintesi della stessa parola per aiutare il bambino a superare le complessità logiche e percettive. L'origine di questi metodi può essere ricondotta verso il XIX secolo; infatti la terminologia analitico- sintetica fu impiegata da Guillarme nel 1882 per descrivere il metodo per mezzo delle parole. Tra i diversi modelli rientrati nel filone analitico- sintetico si possono ricordare quello di Jacotot del 1823.


I metodi misti

Dall'inizio del '900 i metodi scolastici applicati per l'insegnamento della lettura e della scrittura sono stati diversi e differenziati fra loro. Infatti si sono privilegiate correnti pedagogiche o psicologiche che ribadivano ipotesi varie e contrastanti circa il processo d'apprendimento del leggere e dello scrivere. Tuttavia, possiamo affermare che permangono i metodi sintetici- fonici (associazione grafema- fonema) ai quali vengono apportati integrazioni grazie alle tecniche sensorio/motorie. Un esempio è quello derivato da M. Montessori che si avvale di un approccio sensorio- motorio al segno grafico perché la lettera viene fatta percepire non con la vista ma con il tatto. Il metodo globale classico ha trovato il suo ancoraggio nei principi generali della scuola attiva per i quali si ritiene che ogni processo educativo si basi sull'attività spontanea e sugli interessi del bambino. In epoca più vicina, in Francia, si sono sviluppati metodi misti. In Italia si registrò una grande diffusione di questi metodi dopo il 1955, a seguito dell'emanazione dei programmi didattici della scuola elementare.

OSSERVAZIONI CIRCA I METODI ANALITICI- SINTETICI

Il metodo analitico- sintetico, pur partendo da una struttura sufficientemente complessa, la parola, si premura di avviare lo scolaro ad analizzare gli elementi che la compongono. Secondo i globalismi il richiamare l'attenzione dell'alunno in maniera costante alla lettera inibisce il suo naturale atteggiamento attivo ed operativo e al tempo stesso l'attività di globalizzazione perde validità ed utilizzazione. Inoltre essi giudicano che le parole scelte, principalmente dal docente, siano in funzione dell'alfabeto e non dei centri d'interesse del bambino e ciò finisca per disperdere l'impegno e la motivazione a leggere.

IL METODO FONEMATICO

Sostenitore dell'attività con i singoli fonemi[9] e grafemi da parte dello scolaro è Germano per il quale il significato appartiene solo alla parola e non alle sue parti (lettere- sillabe).La metodologia analitico- sintetica tende a privilegiare, come sostiene quella globale, il canale visivo nell'apprendimento della lettura e della scrittura, perciò essa considera la parola ed i suoi elementi prima nella loro forma grafica e successivamente fonematica. Questa impostazione è criticata dal metodo fonematico, perché si misconosce che il linguaggio è appreso dal bambino attraverso l'oralità e non già con la scrittura. Una successiva obiezione riguarda la sintesi. Per i fonematici la sintesi è operazione autonomamente fonematica che permette di disgiungerla dalle attività di fissazione, la cui complessità deriva per essi dalla sua organizzazione con altre operazioni. I fonematici considerano il passaggio dalla sillabazione non una naturale tendenza del bambino bensì una conseguenza metodologica, che non lo avvia ad una lettura più rapida e sicura.







Tecnicamente si ha scrittura spontanea quando s'invita il bambino a scrivere parole e frasi in situazioni naturali e di auto dettatura anche se la scrittura non è convenzionale, ma è generata in un contesto in cui si imitano i grandi. Ovviamente l'insegnante si limiterà a chiedere di scrivere come i bambini sono capaci astenendosi da ogni pronuncia scandita in sillabe delle parole dettate.

Entrambe le procedure si possono riscontrare in Alessandra che scrive bambina e mela con tanti piccoli cerchietti posti in estrema vicinanza alle due grandi figure circolari che rappresentano un bambino e una mela; l'alunna sullo stesso foglio scrive sole con un tratto grafico fatto di punte che richiamano il disegno di un sole con un gran numero di raggi.

Tratti soprasegmentali: intonazione, pause.

Tratti paralinguistici: mimica, gesti, posture.

Deissi: dal greco, mostrare, indicare. È un procedimento linguistico mediante il quale il discorso fa riferimento ad una realtà esterna con parole semplici come questo, codesto, quello, io, tu, lei che possono essere compresi solo se si è compresi in quel contesto. Per esempio se io sento nella segreteria telefonica un messaggio che mi dice che domani non c'è lezione e io lo ascolto in un giorno diverso da quando lo devo ascoltare, non capisco quando è "questo domani".

Contiguità: costituisce un ambito all'interno del quale possiamo collegare le parole.

I discorsi e le parole sottolineano l'importanza di saper costruire frasi con gli elementi fondamentali usando i verbi almeno nei loro tempi principali (presente, passato e futuro).

Assunzione in un'unica forma di funzioni espresse in origine da forme diverse.

I fonemi sono suoni particolari, perché sono delle astrazioni dalle esecuzioni foniche pronunciate dai diversi parlanti e diversi uno dall'altro sul piano fisico e acustico. Il metodo fonematico è basato sulla sintesi dei fonemi, non dei suoni, i fonemi del nostro alfabeto sono 26.




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