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GOTTHOLD EFRAIMO LESSING (1729-1781)

filosofia



GOTTHOLD EFRAIMO LESSING (1729-1781)

Figlio di un pastore tedesco studiò teologia e lettere classiche all'università di Lipsia; le sue opere principali sono: gli ebrei(1749), epistole sulla letteratura contemporanea(1759-1765), favole(1559), laocoonte(1566).

Come filosofo, Lessing, criticò la teologia protestante cercando una religione sovraconfessionale, capace di soddisfare le esigenze della ragione. Più tardi questi ripiegò su concezion 848h71i i storicistiche considerando la storia come rivelazione dell'eterno nel tempo volta a condurre il genere umano alla completa moralità. Inoltre secondo il Lessing, la storia e la filosofia non vanno confuse specialmente per quanto riguarda la religione; infatti egli afferma che anche se la sovraumanità di Cristo fosse provata storicamente questo non dimostrerebbe ancora la verità del dogma cristiano. Una religione non può essere giustificata dai miracoli ma dal suo valore morale; infatti, le verità rilevate devono essere tradotte in verità di ragione per poter essere assimilate completamente dagli uomini. Per questo non esiste una religione perfetta in grado di compiere questa traduzione. Lessing inoltre affronta anche il problema della verità, dove egli sostiene che il possesso del vero rende l'uomo pigro e superbo e per questo nello sforzo di cercarlo consiste la maggiore perfezione dell'uomo. Il possesso della verità eterna spetta solo a dio, all'uomo invece, che lavora nel tempo, spettano le conquiste parziali e la continua ricerca. Attribuire all'uomo la capacità di raggiungere il vero equivarrebbe a riconoscergli l'assurda possibilità di uscire fuori dalla storia.



"LAOCONTE O DEI MITI DELLA PITTURA E DELLA POESIA".

Quest' opera pubblicata nel 1566 è dedicata al problema dei rapporti tra arti figurative e poesia. Qui il Lessing entra in polemica con il Winckelmann che oltre ad affermare che i capolavori greci sono ricchi di una nobile semplicità e di una quieta grandezza fa un paragone tra il dolore del Laocoonte e quello del Filotette di Sofocle(tragedia non famosa di quest'autore del 500 che compie un'analisi dell'anima del Filotette, abbandonato dai greci su un'isola, mentre questi andavano a combattere a troia.). Il dolore, infatti, nel Laocoonte si manifesta in tutto il corpo, ma questi non grida orribilmente perché l'apertura della sua bocca non glielo permetterebbe; infatti, Omero come tutti i greci elevano i suoi eroi al di sopra della natura umana per le loro azioni, ma gli rende veri uomini per i loro sentimenti.

Per questo Lessing, sempre in polemica con il Winckelmann, paragona i troiani ai greci sostenendo che quelli erano barbari e rappresentavano i loro eroi con grida selvagge; mentre i greci erano popoli civili dai principi morali, infatti, se osserviamo bene il Laocoonte, notiamo che non lasciandosi coinvolgere dalle passioni sembra di avere a che fare con un filosofo stoico che pazientemente sopporta il suo dolore. Nel II° capitolo Lessing afferma che sia la fiaba o la realtà storica che l'amore è stato il primo tentativo di arti figurative. Inoltre continua dicendo che la pittura è l'arte che imita i corpi su superfici; i greci invece limitavano quest'ultima all'imitazione dei corpi belli giungendo così al fine dell'arte. Infine il Lessino termina che i greci hanno avuto il loro Pausone che dipingeva figure indecenti in quanto egli amava esprimere il deforme e il brutto della struttura umana.

Sempre il Lessino in un altro testo sostiene che i cattivi influssi nella poesia dissono manifestati con la mania descrittiva e nella pittura con il vezzo allegorico; così facendo si riduce la poesia ad un quadro parlante e la pittura alla poesia muta. Questi parallelismi superficiali hanno sedotto il critico e lo hanno indotto a pronunciare questi giudizi infondati. La poesia e la pittura sono arti imitatrici che destano in noi le rappresentazioni più vivaci dei loro soggetti; entrambi hanno in comune il concetto d'imitazione, ma differiscono per 2 cose: la pittura usa figure e colori nello spazio, quindi i suoi strumenti sono naturali; la poesia invece, usa suoni articolati nel tempo e per questo arbitrari. Inoltre il Lessing aggiunge riguardo al Laocoonte che i suoi autori sono incerti e seguono una circostanza che sembra essere ripresa da Virgilio; riferendosi alla storia dell'arte del Winckemann, Lessino afferma che al poeta è concesso di più che allo scultore, in quanto questo ultimo è costretto alla quiete per mantenere la bellezza, mentre al poeta è permessa la bruttezza, la comicità e il disgusto(si riferisce alla scena degli affamati del filotette). Infine Lessing finisce affermando che le cose producono un effetto spiacevole sulla tela producono un effetto splendido nella fantasia.




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