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Epicuro - La canonica

filosofia



Epicuro

Epicuro visse nel IV sec.. Cominciò ad occuparsi della filosofia a 14 anni e fu subito introdotto alla dottrina di Democrito. A 18 anni si recò ad Atene mentre a 32 anni cominciò la sua attività di maestro che ad Atene portò avanti in un giardino.


Epicuro vede nella filosofia la via per raggiungere la felicità intesa come liberazione dalle passioni. Egli ritiene che la filosofia è come un quadrifarmaco, con 4 funzioni ben precise: liberare gli uomini dal timore degli dei, dimostrando che per la loro natura beata non si occupano degli uomini, liberare gli uomini dal timore della morte, dimostrare la facile raggiungibilità del piacere, dimostrare la provvisorietà e la brevità del dolore.


La canonica:

Epicuro chiamò canonica la logica o teoria della conoscenza. Essa deve dare il criterio della verità e quindi un canone, cioè una regola per orientare l'uomo verso la felicità. Alla base del criterio della verità vi stanno le sensazioni, le anticipazioni e le emozioni.



La senzazione è prodotta nell'uomo dal flusso degli atomi che si staccano dalla superficie delle cose. Questo flusso produce immagini che sono in tutto simili alle cose da cui sono prodotte. Da queste immagini derivano le sensazioni: da queste poi derivano le rappresentazioni fantastiche che risultano dalla combinazione di due immagini diverse.

Dalle sensazioni ripetute e conservate dalla memeoria derivano pure i concetti o anticipazioni che servono ad anticipare le senzazioni future.

Abbiamo poi le emozioni che consistono nel piacere e nel dolore.

Sensazioni, anticipazioni ed emozioni hanno una caratteristica comune che consiste nell'evidenza immediata, essa garantisce il loro valore di verità. Quindi, fino a quando noi ci fermiamo all'evidenza e accogliamo come vero ciò che è evidente, non possiamo sbagliare.

L'errore che non susstiste nelle sensazioni, può sussitere invece nell'opinione: la quale è vera solo se confermata dalla testimonianza dei sensi.

Col ragionamento si può, attenendosi ai fenomeni, estendere la conoscenza a cose che sono nascoste alla sensazione stessa.


La fisica:

Per Epicuro la fisica deve fare da fondamento all'etica. Essa è una ontologia, cioè una visione generale della realtà nella sua totalità e nei suoi principi ultimativi.

Epicuro vuole innanzitutto escludere dalla spiegazione del mondo ogni causa soprannaturale liberando così gli uomini dal timore di essere sottoposti a forze sconosciute.

Tutto ciò che esiste è corpo perché solo il corpo può agire o subire un'azione, d'incorporeo egli ammette solo il vuoto che permette ai corpi di muoversi attraverso se stesso. Per Epicuro, come per Democrito, nulla viene dal nulla, ma ogni corpo è composto di corpuscoli indivisibili che si muovono nel vuoto. Le forme di questi atomi sono diverse ma il loro numero non è infinito ed il loro movimento non ubbidisce ad un disegno provvidenziale. L'ordine del mondo è quindi spiegato dalle  leggi che regolano il movimento degli atomi.

Per mondo Epicuro intendeva un pezzo di cielo che comprende atri, terre e fenomeni. Essi sono infiniti, sono soggetti a nascita e morte. Tutti si fromano in virtù del movimento degli atomi nel vuoto. Epicuro ritiene che gli atomi, per il loro perso, cadano nel vuoto in linea retta e con la stessa velocità, per spiegare l'urto, grazie al quale si aggregano e si dispongono nei vari mondi, ammette deviazione casuale detta clinamen

Epicuro tuttavia ammette l'esistenza delle divinità. Gli uomini hanno l'immagine della divinità e questa immagine non può essere stata in loro prodotta che da flussi di atomi emanati dalle divinità stesse. Esse abitano gli spazi vuoti tra mondo e mondo ma non si curano né del mondo , né degli uomini.

L'anima è composta di particelle corporee che sono diffuse in tutto il corpo come un soffio caldo. Tali particelle sono però più sottili e mobili delle altre e quindi più mobili. Con la morte gli atomi dell'anima si separano ed ogni possibilità di sensazione cessa: la morte è privazione dei sensazioni.


L'etica:

L'etica epicurea deve condurre alla felicità la quale consiste nel piacere. Ma la felicità viene definita anche come atarassia (assenza di turbamento) e aponia (assenza di dolore).

Per garantire il raggiungimento dell'aponia e dell'atarassia Epicuro ha distinto: 1 piaceri naturali e necessari, 2 piaceri naturali ma non necessari, 3 piaceri non naturali e non necessari.

Fra i piceri del primo gruppo egli pone i piaceri che sono strettamente legati alla conservazione della vita dell'individuo, essi sono gli unici che veramente giovano sottraendo il dolore del corpo (mangiare quando si famen, bere quando si ha sete..)

Questi piaceri vanno sempre e comunque soddisfatti perchè hanno un preciso limite dalla natura che permette l'eliminazione del dolore

Nel secondo gruppo abbiamo tutti quei desideri e  piaceri che sono variazioni superflue dei piaceri del primo gruppo: mangiare troppo, bere bevande raffinate.

Questi piaceri non hanno più quel limite perché non sottraggono il dolore corporeo, ma variano solo il piacere e possono provocare un notevole danno.

Abbiamo i piaceri vani nati cioè dalle vani opinioni degli uomini, sono tutti desideri legati al desiderio di ricchezza, potenza e onore.

Questi piaceri non tolgono dolore al corpo ma provocano sempre turbamento all'anima.

Va fatto notare inoltre il carattere sensiobile del piacere, sono tutti piaceri che gli uomini hanno dai sensi. Tutto ciò poiché secondo Epicuro la sensazione è il canone fondamentale della vita dell'uomo.


L'amicizia: Epicuro vive in un periodo nel   quale l'uomo ha cessato di essere uomo-cittadino, ed è diventato uomo-individuo. Fra questi individui l'unico legame è dato dall'amicizia. Nall'amicizia nulla viene imposto dal di fuori e in modo innaturale, dunque nulla viola l'intimità dell'individuo. Nell'amico Epicuro vede quasi un altro se stesso.


La vita politica  viene considerata innaturale, comporta dolori e turbamenti, compromette l'aponia e l'atarassia, quindi la felicità. Infatti i piaceri provenienti dalla vita politica sono pure illusioni. Gli epicurei affermano che essi vivranno lontano dalle folle vivranno in disparte, nascosti perché solo rimanendo in sé e vivendo in tranquillità può essere trovata la pace dell'anima.





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