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IL DIRITTO ROMANO CLASSICO - IL DIRITTO ROMANO CLASSICO

giurisprudenza



IL DIRITTO ROMANO CLASSICO

Caratteristica fondamentale fu l'espansione mondiale della civiltà romana. Roma, non soltanto portò a massima estensione il suo impero, ma riuscì anche ad imprimere il suo marchio nei confronti dei popoli assoggettati. La base di tutto fu data dal regime di governo, il principatus. La r.passò, con Augusto, a considerare necessaria l'istituzione extra ordinem di un princeps che garantisse l'ordine interno e la pax romana nelle province. Il prezzo da pagare furono i poteri difficilmente controllabili di costui. L'evoluzione del sistema politico e strutturale è divisa in 3 fasi:

LA FASE AUGUSTEA (27 a.c./117 a.c.)

Fase fu dominata da Augusto, che cercò di riportare la pace e l'ordine nello stato, esausto dalla lunga crisi dei sec.I/II. La figura del princeps romanorum garantì la stabilità della situazione interna. Il 1°atto della politica d'Ottaviano (imperator Caesar Augustus), fu quello di restaurare le istituzioni repubblicane. Egli rinunciò al consolato e ottenne in cambio dal senato e dai concilia plebis, il conferimento della tribunitia potestas, e il titolo d'Augustus. Così ebbe il potere di paralizzare tutta l'attività degli altri magistrati, convocare plebe e senato. Le vicende del suo principato furono alterne. Il 18 e 17 a.c.furono anni tranquilli, di cui egli approfittò per far approvare dalle assemblee importanti leggi, restauratrici dei valori fondamentali del costume romano; quelle in tema di matrimonio, repressione di vecchi e nuovi crimina. Si propose 3 compiti; risanamento sociale e politico di Roma, pacificazione dell'impero e coesione di quest'ultimo con la repubblica. Poiché la sua posizione era fondata sul carisma personale, era difficile ricorrere ad una disciplina legislativa fondata sulla successione. I sistemi per risolvere il problema furono 2: quello della correggenza, grazie al quale il princeps, in vita, chiamava un successore a collabor 848j91i are agli affari di governo (metodo adottato da Augusto); quello dinastico. Morì a Nola nel 14 d.c. Dal 14 al 68 d.c.il principatus fu successivamente attribuito a Tiberio, Caligola, Claudio e Nerone, appartenenti alla gens claudia. Tiberio figlio adottivo d'Augusto, tenne il principato dal 14 al 37 d.c. il suo avvento al potere fu gradito al senatus, al quale favorì il trasferimento della decisione politica in ordine alla designazione dei candidati alle magistrature. Tiberio, dopo la morte del figlio Druso, si allontanò da Roma. Morto Tiberio nel 37 d.c.il senatus scelse come princeps il figlio di Germanico, Gaio alias Caligola, uomo troppo ambizioso. Egli cercò di superare l'urto con il senato ricercando il favore delle categorie infime della popolazione, ma ebbe la peggio e fu ucciso dopo solo 3 anni di principato. Dopo la morte di Caligola fu eletto Claudio Nerone, fratello di Germanico, scelto dai pretoriani. La sua tempra era debole, dato che la cerchia di liberti di cui si circondò prese il sopravvento su di lui, orientandone la politica in modo favorevole alle province. A ciò si aggiunse l'invadenza della famiglia. La 3°moglie, Messalina, era talmente viziosa che la fece uccidere. La 4°moglie, Agrippina minore, figlia di suo fratello Germanico, che dalle prime nozze aveva avuto Domizio Nerone spinse affinché alla successione ci fosse lui e non Britannico, convincendo Claudio ad adottarlo. Le sue opere maggiori furono: larghe concessioni della cittadinanza romana e aumento del numero delle corti pretorie. Ciò fece pensare ad una monarchia burocratica e universale. Quando questi morì fu eletto nel 54 a 17 anni Nerone, che governò con i consigli della madre Agrippina e del filosofo Seneca. Maturato, fece uccidere nel 59 la madre, poi nel 62 la moglie ripudiata Ottavia (rimpiazzata da Poppea) e così Seneca. Si erse quindi a monarca assoluto. Con lui decadde l'economia, dilagò l'inflazione, fino a quando egli si uccise nel 68. qualche anno prima, aveva distrutto con un incendio metà Roma, per costruirne una nuova, e incolpò i cristiani. Dalla morte di Nerone fino all'anno successivo ci fu un anno di disordini militari tra i vari pretendenti, che va sotto il nome di 1°anarchia militare, che implicò la scelta dei nuovi princeps sulla base di doti personali e sul loro ascendente sugli eserciti.. Si aprì così la fase della dinastia dei Flavi. Tito Flavio Vespasiano (69/79) si dedicò al risanamento delle finanze, dissipate da Nerone, con un sistema rigido nelle spese pubbliche, non si appoggiò all'esercito, né approfittò della sua forza. Tito F.V.II (79/81), successe al padre, continuando la sua opera con elargizioni di denaro al popolo che parve portare a Roma un periodo di pace. Morì nel 81. Gli successe il fratello minore, T.F.Domiziano (81/96). Sul piano militare compì molte imprese; dal completamento della conquista Britannica all'istituzione di 2 importanti province oltre il Reno. Le forti spese militari e la tendenza assolutistica del princeps mobilitarono la nobilitas, che uccise Domiziano. Così finì la dinastia dei Flavi. Per un breve periodo fu princeps Nerva, fino al 98. poi tutto passò a Marco Ulpio Traiano, che concluse la fase augustea della r.u.r.in ottimo modo, tanto da ottenere il titolo d'optimum princeps. Sviluppò una politica interna caratterizzata da un'accorta svalutazione della nobilitas senatoria a vantaggio degli equites. Alla crisi finanziaria fece fronte con un'ulteriore svalutazione della moneta. Fece grandi imprese militari, con la conquista della parte media e inferiore del Danubio a spese dei Daci, riuscendo a sconfiggere l'accanita difesa di Decebalo. Sicuro del Danubio, passò in oriente, per risolvere il problema dei Parti, che però non riuscì mai a distruggere totalmente, meritando però il titolo onorifico di Partico. Morì nel 117 d.c.il Lo scontro definitivo con i Parti fu abbandonato per sempre.



LA FASE ADRIANEA (117 d.c./235 d.c.)

Il successore di Traiano, Adriano (117/138), iniziò l'omonima fase. Estimatore dell'ellenismo, valorizzò al massimo le tradizioni provinciali. Riordinata l'amministrazione statale e le finanze, e sostituì il Senato con un consilium principis, del quale facevano parte i più alti funzionari e i più qualificati giuristi. Gli ultimi anni del suo governo (132/5) furono funestati dalla sanguinosa rivolta degli ebrei in Palestina, provocata dall'incauta costituzione della colonia Aelia Capitolina, che lui eliminò con molta fatica. Tornato a Roma nel 134, iniziò a pensare alla sua successione. La scelta cadde su Lucio Commodo, di rango senatorio, con malcontento degli aspiranti Serviano e Salinatore, che furono uccisi da Adriano. Quest'iniziativa non favorì Commodo, che morì nel 138 in Pannonia. Così Adriano nominò Antonino Pio (138/161) poco prima della morte, che aprì la medesima dinastia. La sua politica cancellò gli istituti repubblicani tradizionali (comizi, senato, mag.) e lo stesso princeps, si circondò di un consilium princips da lui scelto. Cercò di perfezionare la centralizzazione dei pubblici poteri e la fusione tra ambiente laico e provinciale. Morto nel 161, lasciò il trono ad uno dei suoi figli adottivi, Marco Aurelio Antonino (161/181), che non volle essere solo al governo ma fece eleggere come correggente il fratello Lucio Vero (1°correggenza, collegialità uguale). Durò 8 anni, fino al 169 per la morte di Lucio. Vinta non definitivamente la guerra con i Parti per la morte di Lucio, questi fu sostituito da Lucio Aurelio Commodo che fece ammalare le finanze, a causa degli sperperi e fu strangolato. I suoi cospiratori scelsero come successore Pertinace, che chiese ed ottenne la designazione dal senato. Ripristinò alcune libertà repubblicane, ma quando volle ripristinare le finanze attraverso contrazioni di spese fu vittima di una congiura da parte degli stessi pretoriani. Si aprì così il periodo della 2°anarchia militare, conclusa nello stesso anno (193) da Settimo Severo (193/211), con il quale iniziò la dinastia dei Severi, che durò fino al 235. egli svalorizzò la repubblica e condusse Roma verso l'assolutismo imperiale. Si conferì il titolo di dominus ed eresse una monarchia assoluta. La sua opera fu proseguita dal figlio, M.A.Antonino, detto Caracalla (211/217), che assieme al fratello Geta creò la 2°correggenza per volere del padre. Ma i rapporti tra i due non furono mai idilliaci, così Caracalla fece uccidere il fratello. Egli emanò la famosa constitutio Antoniniana con cui concesse ai quasi tutti i sudditi romani la cittadinanza. Fu il colpo di grazia alla repubblica. Fu ucciso nel 217 per istigazione di Macrino, suo successore, che governò per poco tempo (218), poiché aveva contro la famiglia dei Severi, che lo sostituirono con Avito Bassiano, detto Elagabalo. Costui trascurò nel modo più assoluto di adattarsi alle tradizioni romane, cercando anzi di introdurre in Occidente i riti della religione di cui era sacerdote. Ucciso dai pretoriani, fu sostituito da Severo Alessandro, che coprì il principato dal 222 al 235. Egli ripristinò i valori della tradizione romana, e si dimostrò aperto verso quelle dei provinciali. La situazione dell'impero era deteriorata, a causa della crisi finanziaria e dei disordini ai confini. Cercò il possibile per risanarla, ottenendo molte vittorie contro i Parti, i soldati lo uccisero insieme alla madre. Non avendo eredi si spense la dinastia dei Severi.

LA FASE DI CRISI DELLA RESPUBLICA UNIVERSALE (235 d.c./284 d.c.)

Così si aprì il periodo della 3°anarchia militare, nella quale accadde la crisi della r.u. Le cause furono molteplici. I princeps, avendo poteri politici e militari, finirono per sovrapporsi al senatus. Sulla scena politica rimase così il solo princeps con il sostegno dell'esercito; nacque così la figura dell'imperatore soldato. Altre cause furono la decadenza economica, quando cessò l'afflusso di ricchezze a Roma ottenute attraverso le conquiste territoriali; la provincializzazione dell'esercito, dopo la constitutio Antoniniana di Caracalla; i principi, infatti, per sopperire alle deficienze delle milizie italiche, furono costretti a ricorrere ai provinciali; l'opera corrosiva del cristianesimo; religione non conciliabile con un'organizzazione politica non cristiana. Il suo insegnamento consisteva nella dipendenza del cristiano prima da Dio e poi dallo Stato e ciò comportava una separazione delle 2 sfere di potere (date a Cesare..date a Dio..). Di conseguenza, i cristiani furono osteggiati e, tra Nerone e Diocleziano, si contano almeno 10 persecuzioni feroci; la pressione dei barbari, che aspettavano il lento indebolimento interno di Roma; la disgregazione politica ed economica, cioè quando l'Italia, per motivi economici, dovette riconoscere l'autonomia a molte province. Iniziò così l'epoca dei tiranni, per indicare l'illegalità degli imperatori che si succedettero e contrapposero. Il posto di Alessandro Severo fu preso nel 235 dal capo dei rivoltosi, Massimino, il primo imperatore soldato, con il quale ebbe inizio la 3°anarchia militare. Si successero poi, Marco Giordano, Giordano II, Filippo, Decio, a Ostiliano, Valeriano. La svolta arrivò poi con Diocleziano nel 285.

LA RESPUBLICA UNIVERSALE ROMANA

La struttura dello stato romano dal 27 al 284 fu sempre quella di una respublica. La sua nuova caratteristica fu nell'universalità, cioè l'apertura a tutti i popoli inclusi nel perimetro dell'impero (Caracalla), purché viventi secondo un livello minimo di organizzazione civile, determinando un affievolimento della concezione nazionalistica dello stato romano. Scomparve ogni residuo di civitas e cambiarono solo i criteri di ammissione dei non romani alla cittadinanza romana. Il mezzo attraverso cui ci si arrivava era la naturalizzazione (civitas donatio). Esclusi i dediticii (schiavi) e i barbari residenti in Roma Per il godimento delle funzioni di governo, rimase intatta la distinzione tra cittadini a capacità piena e limitata, alla quale si sovrappose quella tra: Honestiores, cittadini optimo iure appartenenti alle all'uterque ordo, diviso in ordo senatorius (requisito:concessione del latus clavus) e ordo equestre(cives optimo iure)che valse il godimento di un certo numero di privilegia (ius suffragi, esclusiva dello ius Honorarium); Humiliores,  membri dell'ordo plebeius. L'estensione territoriale della r.u.r.corrispose a quella del periodo precedente. L'urbs Roma fu divisa da Augusto in 14 regiones e 265 vici. L'amministrazione fu sottratta dai magistrati e deferiti ai funzionari imperiali: Il territorio italico non appartenente all'urbs di Roma fu diviso da Augusto in 11 regiones, con la giurisdizione ordinaria mantenuta dai pretori urbanus e peregrinus. La r.u.r.rimase un governo aperto, formalmente democratico di regime autoritario, perché i poteri furono accentrati nel princeps privo dell'ereditarietà. Continuarono ad esistere le assemblee popolari, tutti comandati dal princeps. Nel sistema finanziario aumentarono le spese ordinarie, come quelle relative alle opera pubblica, al mantenimento delle legiones e la beneficenza alimentare per i fanciulli poveri (alimenta, Nerva e Traiano). Le entrate furono costituite da vari tributum, varie imposte dirette e dazi doganali. L'esigenza di un risanamento del bilancio fu soddisfatta dal sistema dei munera publica, oneri posti a carico di singoli o collettività favore dello Stato Il principatus assunse vari aspetti; nella fase augustea, mancò del tutto la configurazione dell'ereditarietà e della designazione. Il princeps fu ritenuto quindi un cittadino liberamente portato dalle assemblee popolari all'altissima carica. Gli organi repubblicani erano diretti dal princeps, che ne fece strumenti della sua politica normativa Nella fase adrianea mutò la fisionomia del regime, che divenne autoritario. Si diffuse il fatto che i poteri del princeps fossero già insiti in lui, e che il populus e senatus dovessero solo prenderne atto. Si fece largo la designazione fatta in vita dal predecessore, alla quale il senato non potè opporsi se non in casi eccezionali. Nell'ultima fase i princeps basavano la propria supremazia sulla forza dei propri eserciti, pretendendo l'obbedienza dei cives, con una forte svalutazione dei criteri di democrazia

GLI ORGANISMI TRADIZIONALI ROMANI

Le assemblee persero importanza sul piano delle attribuzioni. Le assemblee popolari persero le attribuzioni giurisdizionali, ma no quelle lgsl. Si limitarono a pronunciare leggi di investitura dei princeps (nomina): la lex centuriata de imperio, con cui attribuivano al princeps l'impero preconsolare a vita; la lex tributa de protestate tribunizia, con cui gli riconoscevano la potestà dei tribuni. La loro funzione elettorale fu limitata perché esse potevano solo approvare o no l'elenco di magistrati formati da senatori e equites. A partire da Adriano in poi, i magistrati furono eletti direttamente dal princeps. Il senatus fu quello che decadde in maniera minore, poiché difeso dalla vecchia classe nobiliare, che con ciò difendeva i propri interessi. La composizione fu ridotta a 600 unità e il requisito richiesto fu la civitas optimo iure e la provenienza da una magistratura. Le magistrature decaddero con  l'instaurazione del principatus. Le candidature furono limitate, e i magistrati eletti dal princeps che sceglieva esclusivamente tra i patrizi, i pretori e i consoli. Tra le magistrature ordinarie decaddero gli aedilitas, il tribunatus plebis e la censura. Il consulatus si vide sottratte le att.militari, ma gli furono conferiti incarichi organizzativi e funzioni giurisdizionali extra ordinem (cause civili in Roma in sede d'appello). I pretori mantennero la presidenza delle quaestiones perpetuae. Il quaestor divenne ausiliario del princeps. Il vigintiviratus ridotto di numero, e fra i promagistrati rimase solo la figura del preconsole. Scomparve il dictator.

IL PRINCEPS E I FUNZIONARI DIPENDENTI

Ebbe 2 potestà fondamentali. L'imperium proconsulare maius et infinitum, implicò il potere di alta sorveglianza e direzione sui governatori provinciali. La tribunitia potestas fu decretata da Augusto a titolo vitalizio dal senato a lui e ai suoi successori da un'apposita lex tributa. Consistè nel potere insindacabile di convocare e presiedere il senato e di intercedere contro tutti i magistratus populi romani, Potestà minori furono l'imperium sulle province. Egli fu un magistrato extra ordinem, vitalizio, monocratico, con poteri attribuiti dalle assemblee popolari e dal senato. In caso di mancata fiducia era destituito. Le sue molte funzioni lo indussero a far ricorso ad una moltitudine crescente di fiduciari, i funzionari imperiali, da lui nominati e revocati per mansioni civili e militari. Quelli di maggior rilievo furono: il praefectus urbi funzionario di altissimo rango, le cui attribuzioni consistevano nella tutela dell'ordine cittadini, e funzioni giurisdizionale in materia penale e civile; il praefectus annonae provveva all'approvvigionamento cittadino; il praefectum vigilum si occupò della polizia notturna e del servizio anti incendio. i praefecti pretorio, potevano decidere in merito a sentenze civili e penali dei governatori provinciali. I praefecti esplicavano funzioni in sostituzione del princeps; i legati coadiuvavano il principe nel comando e amministrazione delle legioni; i procuratores svolgevano attività finanziarie e i curatores funzioni anticamente attribuite ai censores.

GLI ENTI PARASTATALI DELLA RESPUBLICA UNIVERSALE ROMANA

Ci fu un largo sviluppo delle autonomie locali, con la struttura unica di municipium, sorvegliati però dai funzionari del princeps. L'organizzazione dei municipia ricalcava da vicino quella della respublica. La popolazione era costituita dai cives (o municipes) ed eventualmente da incolae, cioè coloro di origo diversa ma residenti nel municipium. Erano soggetti ai munera e ammessi allo ius suffragi. Diversi dai municipia erano i cannabae, comunità autonome formatesi intorno ai luoghi fortificati. Il governo dei municipia era ripartito sempre in comitia, senatus e magistratus. I comitia era l'assemblea dei municipes, (10 unità). Il senatus era formato da 100 persone scelti a titolo vitalizio dai duoviri. Era convocato e presieduto dai magistrati e, fra le sue attribuzioni, c'erano la deliberazione vincolante su tutti gli affari di comune interesse. Le magistrature furono elettive

L'ORGANIZZAZIONE DELL'IMPERIUM ROMANUM

Nel 270 Augusto divise le province in senatorie e imperiali, secondo il criterio di necessità di difesa, per assicurare le province più ricche e potenti, quindi in supremazia. Le province senatorie si distinguevano in consolari e pretorie, a seconda del rango del governatore. Subordinati ad esso c'erano i legati e i questori. Essi venivano eletti dal principe circondati da altri magistrati imperiali.. Le province imperiali erano affidate ai senatori oppure ai procuratori equestri, denominati legati augusti. Essi avevano il comando delle truppe stanziate sul territorio e funzioni giurisdizionali e amministrative. Il territorio fu l'ager provincialis, ager publicus delle provinciae. Gli occupatori privati di esso pagavano un imposta reale, lo stipendium. Il governo delle provinciae era autocratico, essendo incontrollato dai sudditi. I governatori ricevevano istruzioni dal princeps attraverso gli edicta e avevano il titolo di proconsules. I consilia provinciae erano ass.annuali dei deputati di tutte le civitates della provincia, le cui attribuzione furono deliberazioni circoscritte.

L'ORDINAMENTO DELLA RESPUBLICA UNIVERSALE ROMANA

Caratteristiche furono: la tendenziale universalità della sfera di applicazione dei suoi istituti, causato dall'universalizzazione della respublica; l'unificazione dei sistemi normativi preclassico in uno i.vetus; la formazione di uno ius novum di ispirazione imperiale, come complesso normativo complementare del i.v.; la progressiva identificazione dell'ord.giuridico con quello statale. Nella f.augustea, i princeps cercarono di legare a sé gli influenti giureconsulti per condizionare l'evoluzione dello i.civ. e l'operatività dello i. pub. Nella f.adrianea si esaurirono tutte le fonti e i sistemi del diritto nazionale romano, con il principe svolse apertamente le sue attività norm. extra ordinem. Il diritto iniziò ad aprirsi anche al Cristianesimo. Nella f.di crisi si ebbe l'isterilismo dello i.v.e l'incapacità dello i.novum di darsi una struttura unitaria ed organica. Ciò a causa della decadenza della giur. romana, che non riuscì a tenere un ruolo dirigente onorario.

IL DIRITTO ROMANO CLASSICO

La produzione giuridica di questo periodo giunse al massimo dello splendore. Si pervenne alla distinzione tra i.pub. e i.priv., ad opera di Ulpiano. Furono intesi come ordinamenti giuridici diversi, che avevano come protagonisti il popolo romano nelle sue strutture di governo(assemblee, magistrature); e il pater familias ed i suoi interessi personali. Si operò anche una diversificazione delle norme giuridiche con riguardo ai modi di produzione, individuando un diritto derivante da fonti scritte e da un diritto derivante da fonti orali; si distinsero norme inderogabili e derogabili. Al vertice delle fonti si pose la lex publica. Le altre (senatus consulta, constitutiones princeps, edicta) colmano lacune della legge ma non possono abrogarla.

IL IUS VETUS

Con il termine ius vetus ci si riferì a tutti gli ordinamenti giuridici che avevano caratterizzato la tradizionale repubblica; il i.c.(vetus e novus), pub., h. La sua evoluzione si ebbe attraverso l'istituto del ius publicae respondendi, che attribuiva ai giuristi il diritto di emettere, a richiesta, dei pareri vincolanti per i magistrati, potendo così creare istituzioni giuridiche nuove. Tale ius era attribuito dai princeps ai giuristi di sua fiducia, di cui controllava la loro attività interpretativa. I responsa dei giureconsulti ebbero la stessa efficacia delle lex, per cui erano fonti del diritto. Il sistema del ius publicum respondendi ebbe però alcuni inconvenienti, tra i quali la disparità di trattamento nei giudizi relativi a situazioni simili, contrasti di pareri tra giuristi viventi e defunti. Da qui nacque la limitazione all'attribuzione di tale potere ai giuristi, secondo responsa prudentium che vincolassero sia i magistrati sia i giudici ad una certa fattispecie, perché fossero conformi tra loro. Data però la contraddittorietà tra le sentenze e le opinioni, i privati persero fiducia nei giuristi e preferirono il sistema di esibire, in giudizio, direttamente al principe, i rescripta principium, a sostegno delle loro ragioni. I giuristi si limitarono quindi a funzioni di consiglio al principe.

IUS PUBLICUM

Il i.p. fu integrato da nuove leggi pubbliche e dai senatusconsulta normativi. Le leggi pubbliche erano proposte dallo stesso princeps e votate dalle assemblee popolari che, tuttavia, ben poca autonomia avevano, essendo costrette a votare, sovente, leggi votate dal princeps. I senatusconsulti erano pareri del senato. I principi ritenevano utile rivolgersi al senato per ottenere pareri (non vincolanti) in determinate materie. L'integrazione del ius publicum ebbe ad oggetto la procedura accusatoria, le figura dei crimina e gli istituti civilistici. Una lex Iulia iudiciorium disciplinò il procedimento accusatorio in merito alle quaestiones perpetue. Quanto ai crimina, intervennero varie leggi a modificare la struttura di quelli già previsti nel periodo preclassico. In particolare una lex Iulia distinse vis publica, ossia ogni azione violenta che intralciasse le pubbliche funzioni, e vis privata, cioè violente turbative delle attività private. Inoltre, la lex iulia de adulteris istituì un nuovo crimina: l'adulterio, unione sessuale tra una donna sposata e un estraneo; lo stupro, unione di un uomo e donna di buoni costumi, non sposata. Interventi dello ius publicum sugli istituti imperialistici: sogg.di diritto furono considerati le associazioni private; successioni mortis causa: fu consentito di istituire eredi i figli nati al momento della redazione del testamento, a determinate condizioni: introdotta la successione senza testamento dei figli alla madre.

IL IUS HONORARIUM

Il i.h.subì un processo di isterilismo, perché non fu più consentito al praetor di creare un nuovo diritto, perché fatto dal giurista non potesse essere più modificato se non dal princeps. Si parlò allora di editto perpetuo, eterno, caratterizzato da disorganicità di contenuti e varietà di stili. I princeps non sostennero l'attività dei mag; anzi, limitarono la loro potenzialità di intervento. Il 1°passo fu una l.Iulia che rese obbligatorio per quasi tutte le cause il procedimento per formulas.

IL IUS NOVUM

Il i.n.fu il frutto delle leggi rimesse alla potestà del principe e trovò il suo strumento di tutela nella cognitio extra ordinem, che era un procedimento giurisdizionale che si svolgeva con regole diverse stabilite dalla legge Iulia e riguardava sia il processo privato che pubblico. Le caratteristiche di tale procedura erano: l'unità di procedimento, il magistrato davanti al quale era iniziata l'azione istruiva e decideva la controversia; l'ufficialità del procedimento, al mag.erano riconosciuti poteri di indagine; la procedibilità contumaciale il processo poteva essere condotto a termine anche in mancanza del convenuto purchè questi fosse stato avvertito; l'impugnabilità della sentenza, chi fu vinto in una causa in giudizio poteva impugnare la sentenza davanti al principe, sospendendo così l'esecuzione; l'istruzione probatoria che fu affidata al giudice, tenuto a rispettare nella valutazione delle prove una certa gerarchia che vedeva al primo posto i documenti scritti, poi le testimonianze, le presunzioni iuris ecc.La cognito e.o.poteva svolgersi: in rapporto a materie speciali, ad opera del senato o dei magistrati o del princeps. Gli imperatori graduarono la loro attività extra ordinem a seconda dei loro poteri: sulla base degli imperia magistratuali loro attribuiti, utilizzarono lo strumento del decreto, a carattere normativo, e il mandato, con i quali essi incaricavano i loro funzionari di compiere certe attività; come titolari dell'imperio proconsolare, poterono emanare decreti che sopravanzavano ogni altra fonte normativa tranne la lex. Questi atti furono denominati constitutiones principales. Erano di 3 tipi: decreti; istruzioni generali ai governatori; istruzioni e consigli ai magistrati e funzionari imperiali. La cognitio e.o.intervenne sia in materia criminale sia fra le liti private. In materia criminale si specificarono le diverse figure di crimina perseguibili e.o., e furono previste pene straordinarie. Fu ampliata la gamma delle pene: ai lavori forzati, alla riduzione in schiavitù, all'esilio, alla confisca del patrimonio. La carcerazione fu ammessa solo in pendenza di giudizio. Contro una sentenza di 1°grado, pronunciata in giudizio per formulas, era concessa l'appellatio al princeps. Quanto all'incidenza della c.e.o.sul diritto privato classico, basta ricordare interventi in materia di: soggetti di diritto, nel quale vennero ricompresi gli schiavi liberati, facilitando la procedura di manomissione; la famiglia, introdotto l'obbligo degli alimenti tra stretti congiunti; successioni, dove era prevista la nomina di un tutore da parte di colui che trasferisse, alla sua morte, il patrimonio ad un determinato soggetto (es.un minore).

LA GIURISPRUDENZA CLASSICA

Fu caratterizzata da vari principi: l'oculato tradizionalismo, cioè cautela nell'abbandonare istituti di tradizione repubblicana; selezione dei giuristi ad opera dei princeps. In sostanza, l'attività dei giureconsulti si differenziò nelle 3 fasi: in quella augustea essi svolsero una limitata attività autonoma, e si dedicarono alla riorganizzazione sistematica dello ius civile e honorarium; in quella adrianea assunsero le vesti di consiglieri del princeps e posero come oggetto del loro studio il diritto vigente, inteso come un'unità sistematica, compiendo, quindi, un'opera di coordinamento tra ius civile e honorarium; nell'ultima fase, ci fu la crisi della giurisprudenza, e ci si limitò alla pubblicazione di testi vecchi. L'attività dei giuristi continuò a coesistere nell'agere, cavere e rispondere, cui si aggiunse quella di consigliere e didattica; l'agere, decadde in conseguenza del decadimento dello i.h., cui era collegata; quanto al cavere, cioè alla redazione e collaborazione di atti giuridici negoziali, essa fu esercitata in materie di testamento, salvo poi esaurirsi nella predisposizione dei formulari che potevano essere tranquillamente riempiti dalle parti; l'attività del rispondere fu quella più frequente. I giuristi si distinguevano in privilegiati, dotati del i.publicae respondendi, che attribuiva ai loro responsa un'autorità di legge, e i non privilegiati, i cui responsa, pur se non efficaci quanto le leggi, erano tuttavia tenuti in considerazione. La nuova attività dei giuristi nel periodo classico fu quella di consigliere. Essi cioè costituivano il consilium di fiducia del princeps. Divenne organo ufficiale con Adriano. Di notevole rilievo fu l'attività didattica, che era rivolta ad illustrare le istituzioni del diritto romano. Nel periodo augusteo nacquero 2 scuole di pensiero: la corrente Sabiniana (Capitone), conservatrice, effettuava un'interpretazione formale del diritto, diversamente dai Proculiani (Labeone), i quali interpretarono il diritto in maniera più aderente alla vita sociale. L'attività giurisprudenziale si caratterizzò di opere di commento, casistica, monografiche ed elementari. Le opere di commento esposero la materia attraverso il commento di testi lgsl, giurisdizionali e giurisprudenziali. Quelle di casistica furono raccolte di casi e problemi, con le loro soluzioni (libri responsarum). Le opere monografiche erano specifiche trattazioni di svariati argomenti, mentre quelle elementari furono scritte a scopo didattico e d'informazione.




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