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CESARE LOMBROSO - OVVERO IL PRINCIPIO DELL'IRRESPONSABILITA'

giurisprudenza



CESARE LOMBROSO

OVVERO IL PRINCIPIO DELL'IRRESPONSABILITA'


Capitolo 1


I primi vent'anni. Ezechia Marco Lombroso, Cesare di soprannome, nasce a Verona 1835, in una agiata famiglia ebraica: precoce osservatore, cambia crescendo plasmato dalla personalità della madre. E' lei che lo porta per qualche tempo a Chieri e qui il piccolo conosce il cugino patriota mazziniano David Levi.

Sulla formazione di Lombroso hanno peso le vicende patrimoniali della famiglia paterna, colpita da dissesto economico: si sviluppa un disaccordo con il padre. Questo vorrebbe dal figlio il più rigoroso rispetto delle regole ebraiche pur sapendo che per lui non hanno alcun valore: Cesare così si isola sempre più e passa il suo tempo scrivendo.



Terminate le elementari, viene iscritto alla scuola di grammatica e poi a quella di umanità mentre il clima politico del Lombardo-Veneto si fa sempre più opprimente. Cesare si rende conto di essere ateo. Cesare dal 1850 viene istruito privatamente: gli è attorno un gruppo di donne e si trova così legato alla loro vita sociale nell'ambito della Società filarmonica veronese.

Nel 1850 scrive a puntate sul giornale un lungo articolo dal titolo Saggio sullo studio della storia della Repubblica Romana. Si mostra brillante antesignano di un fenomeno consueto della cultura moderna, quello della diffusione delle teorie scientifiche attraverso i mass media.

L'idea del Lombroso non è originale, prima di lui Vico e Cuoco hanno sostenuto l'esistenza di un substrato generale, di una comune base di partenza della civilizzazione: tuttavia l'idea di Lombroso è folgorante, c'è da chiedersi se queste affermazioni non siano il primo abbozzo della celebre teoria lombrosiana dell'atavismo che interpreta la spinta a delinquere come sostenuta dal riaffiorare del reo di caratteri ancestrali.

La operosità del giovane Cesare non si arresta, compare un nuovo lavoro dal titolo Schizzo d'un quadro storico dell'Antica Agricoltura in Italia: anche qui emerge il concetto della persistenza dell'antico all'interno del recente. Lo Schizzo prende in considerazione molti temi.

Il nostro giovane con questi rilievi linguistici esce dal tema che si è prefisso ma appare fedele all'idea della persistenza nel moderno di antiche strutture: quello che interessa è scoprire la ragione dello spostamento di interesse. La spiegazione è fornita da un successivo articolo intitolato Filologia in cui recensisce l'opera del medico Paolo Marzolo. Lombroso vede in questo la materializzazione della sua idea della identificazione di antiche strutture nel presente ed espone perciò con forza le idee di Marzolo facendo nascere tra i due una profonda amicizia. Questo sodalizio avrà un peso determinante nella formazione di Lombroso, Marzolo persuade Cesare a dedicarsi alle scienze naturali.

Nel 1852 Lombroso si iscrive a medicina. E' probabile che alla decisione abbiano contribuito anche la suggestione che potevano esercitare l'ateneo pavese ed i suoi insegnanti: vanno ricordati Giuseppe Balsamo-Crivelli, il chirurgo Luigi Porta, l'insegnante più noto è però Bartolomeo Panizza.

A Pavia Lombroso trova un ambiente congeniale: stringe amicizia con il patologo Paolo Mantegazza, con F.A. de Maury.

L'insegnamento di Panizza portano Lombroso ad uno scritto di argomento biologico al termine della frequenza al primo corso: nel 1853 pubblica infatti un articolo dal titolo Di un fenomeno fisiologico comune ad alcuni neurotteri ed imenotteri.

Nell'autunno del 1854 si trasferisce a Padova. Il soggiorno padovano viene guastato da una delusione amorosa: la diciassettenne Eloisa Della Zara. Lombroso non regge e si trasferisce a Vienna ed è qui che incomincia a focalizzare la propria attenzione sui problemi psichiatrici.

In realtà gli interessi per la malattia mentale sono precedenti al soggiorno viennese: pubblica uno scritto Su la pazzia di Cardano. Girolamo Cardano è un medico del sec. XVI la cui incisiva genialità desta ancor oggi interesse, è un precursore del metodo sperimentale. Di lui ci restano scoperte scientifiche di rilievo, vanno ricordati la dimostrazione dell'impossibilità del moto perpetuo, l'accertamento della densità dei corpi, l'intuizione della esistenza dell'ossigeno, la soluzione delle equazioni di qualunque grado e molte altre ancora.

Però Cardano compie importanti passi avanti nella storia della psichiatria e delle scienze sociali: sostiene l'equivalenza biologica di tutti gli uomini, si dichiara contrario alla tortura ed alla pena di morte; intuisce la possibilità di rieducazione di ciechi e muti. Getta il primo abbozzo di Antropologia criminale, criminologia o psicopatologia forense, emerge la distinzione tra la condotta delle personalità abnormi, delle malattie mentali e degli stati emotivi e passionali, tra delinquenti occasionali e delinquenti abituali.

Cardano manifesta i propri vizi e le proprie debolezze, convinto che si tratti di semplici estrinsecazioni della personalità: il giovane Lombroso coglie in lui in primo luogo l'esuberanza intellettuale, il fascino del genio ed è colpito dalla sensibilità di Cardano, dalla sovreccitazione nervosa, dalla nozione del piacere arrecato dal dolore fisico, dalle allucinazioni e dalla imponente fenomenologia del sogno. Lombroso si persuade che questo è la prova di "quella legge che facendo del sogno l'espressione più esagerata del desiderio, serve come valvola di sicurezza per cui passioni troppo eccitanti possono rimettere della loro violenza fatale, e porre in equilibrio la macchina commossa". Il meccanismo immaginato da Lombroso lo porta a sostenere che nel sogno "i fenomeni vengono giocati dall'individuo a sua insaputa" sulla base di confronti e conflitti tra "moti mnemonici". In questi casi è sintomo, in altri la causa della pazzia.

Lombroso scriverà ancora su Cardano, osserverà che Cardano fu più saggio che uomo ma spesso meno intelligente di un bimbo, tuttavia non formulerà più alcuna osservazione originale perché non studierà più il caso limitandosi ad utilizzare i rilievi.

In Su la pazzia di Cardano compare per la prima volta l'idea lombrosiana di un legame tra genialità e pazzia che si palesa soprattutto nella conflittualità del sogno: essa si innesta sul tema di base della presenza nell'uomo di un nucleo primitivo che gli eventi possono fare riaffiorare.

Per questi riferimenti Su la pazzia di Cardano costituisce un importante documento delle conoscenze biologiche del giovano Lombroso: il confronto tra questo e gli altri lavori giovanili mostra il filo conduttore dell'idea della persistenza di antiche strutture nella fenomenologia attuale, ma solo la pubblicazione su Cardano prova che Lombroso aveva acquisito il concetto di eredità biologica e di patrimonio ereditario.

Sono invece estranee al Lombroso le concezioni evoluzionistiche, che gli avrebbero consentito ben diversa soluzione dei problemi della ricomparsa di caratteri ancestrali. Poiché l'era evoluzionistica inizia soltanto nel novembre del 1859, il problema circoscritto alla identificazione di quali concezioni evoluzionistiche pre-darwiniane il giovane avrebbe potuto conoscere nel 1855. Tuttavia i rapporti tra evoluzionismo e concezioni lombrosiane rimarranno fondamentali per l'analisi di tutta la produzione successiva in cui Lombroso svilupperà la teoria dell'atavismo.

E' chiaro che le affinità esistenti tra gruppi di esseri viventi ne consentono la classificazione naturale: questo criterio, alla base di zoologia e botanica, ha nel naturalista Linné il primo rappresentante. La classificazione di Linneo è adottata ancor oggi e parte dal presupposto che lo schema naturale sia rigido, fisso ed immutabile. L'idea è quella di uno schema razionale di una sorta di disegno precostituito che implica l'esistenza di un creatore.

Tuttavia alla base della sistematica sta l'esistenza di rapporti strutturali tra le diverse specie dello stesso genere e tra generi vicini e questo suggerisce l'esistenza di rapporti e parentele.

Il percorso dell'evoluzionismo scientifico inizia con Erasmus Darwin (1731-1802) il quale precorre le tesi del naturalista Monet de Lamarck: per questo le specie non sono fisse nel tempo, ma evolvono in forme più complesse. Per sopravvivere ogni specie deve raggiungere l'equilibrio con l'ambiente che lo circonda e tale equilibrio si dice adattamento. Lamarck ritiene che il risultato sia condizionato dalla "legge dell'uso e del non uso". A questo principio si aggiunge quello dell'eredità dei caratteri acquisiti dai singoli esseri viventi per influenza dell'ambiente. In sostanza Lamarck sostiene che le cause delle modificazioni sono individuabili nell'adattamento all'ambiente.

Inizialmente le teorie di Lamarck passano quasi sotto silenzio anche perché la restaurazione fa prevalere le teorie di Cuvier, che spiega la natura come un succedersi di creazioni, distruzioni e comparse di nuove forme fisse ed inalterabili. Ritiene che vi sia una subordinazione degli organi, alcuni di questi hanno una influenza maggiore sull'organismo rispetto ad altri, che alcuni caratteri ne escludano altri e ne presuppongano altri e che esistano stretti rapporti tra condizioni ambientali e strutture organiche. Il punto di collisione tra teoria evoluzionistica e creazionista è la comparsa dell'uomo a seguito di un lungo processo per la prima e come ultimo atto creativo per la seconda. Cuvier si ostinerà, sbagliando, negando l'ipotesi che forme primitive abbiano preceduto l'uomo nel creato.

In Italia, nei primi decenni dell'Ottocento, isolati naturalisti coltivano principi naturalistici esprimendoli anche in pubblico. In sostanza non è verosimile che, prima del 1855 e della sua frequenza all'Università di Vienna dell'anno successivo, Cesare Lombroso potesse conoscere concetti evoluzionistici: mancheranno al Lombroso altre importanti nozioni, quali le teorie psicoanalitiche, le concezioni della genetica, i principi della naurofisiologia e la conoscenza degli ormoni.

Lombroso compirà una serie di importanti rilievi sull'uomo e sul "delinquente" senza saperli interpretare correttamente: dato fondamentale per la comprensione delle teorie di Lombroso è l'epoca e il clima culturale in cui vengono concepite: considerano l'uomo privo di parte degli attributi riconosciutegli dalla scienza moderna, un essere umano incompleto nelle sue attribuzioni, parziale.

Per contro l'individuazione del tema della persistenza dell'antico e del primordiale nel moderno è tema che ricorre in tutte le opere giovanili, precorre la teoria dell'atavismo, dimostra una coerenza di pensiero da cui Lombroso non saprà staccarsi più.




Capitolo 2


Nel 1857 Lombroso lascia Vienna e rientra a Pavia: i motivi del ritorno vanno identificati nell'ambiente di Vienna poco aperto. Lombroso è animato dal desiderio di esercitare la medicina, deciso ad adoperarsi per i malati.

Approdato a Pavia si occupa di cretinismo: la malattia ha infatti colpito la sensibilità del giovane studente. Lombroso accenna a due diverse situazioni morbose: si tratta del gozzo, gli aumenti di volume della tiroide. I sintomi della malattia consistono nella visibile deformazione del collo, effetti meccanici della compressione sulla trachea e alterazioni cardiocircolatorie.

L'altra situazione morbosa cui Egli fa riferimento è il cretinismo, una condizione complessa, di varia gravità, caratterizzata da arresto dello sviluppo corporeo e delle facoltà intellettuali che provoca idiozia e nanismo.

Ciascuna di queste affezioni si può produrre in casi isolati oppure endemicamente: sta di fatto che le aree di endemia delle tre forme coincidono. Si parla di gozzo endemico quando compare in più di un quinto degli abitanti di un determinato territorio. Nelle stesse aree si manifesta il cretinismo, detto neurologico e mixedematoso.

Si tratta di espressioni patologiche determinate da carenza di iodio che può dar origine a due meccanismi: se la carenza di iodio si manifesta in periodi critici dello sviluppo embrionale si determina cretinismo con o senza gozzo oppure gozzo senza cretinismo. Se la carenza iodica colpisce dopo la nascita si determina cretinismo mixedematoso senza gozzo ma con atrofia tiroidea. Si calcola che nel mondo vivano oggi 800 milioni di persone in aree con iodio insufficiente così da risultare soggetti a rischio.

Nel 1848 ha terminato i suoi lavori la Commissione Sarda, incaricata di studiare il problema: essa giunge a conclusioni che avranno grande diffusione nel mondo scientifico, anche se la scienza medica di quegli anni ha idee vaghe sulle cause del gozzo e del cretinismo.

Viene riconosciuto un legame con la vita su terreni alluvionali stratificati sopra marne e solfiti di calcio e si giunge ad accertare che ciò non avviene nel caso di calcari composti: l'idea prevalente le considera effetti di avvelenamento da parte di miasmi. Esalazioni fetide emanate dalle acque stagnanti e dai terreni paludosi. L'osservazione riceve conferma della Commissione Sarda. Appena due anni prima che Lombroso dia alle stampe i suoi lavori sul cretinismo, Benedict-Augustin Morel pubblica il celebre Trattato delle degenerazioni in cui focalizza le analogie tra l'intossicazione provocata dai miasmi delle paludi ed il cretinismo: le esalazioni agirebbero sul sistema nervoso centrale.

E' all'acqua o all'aria che si rivolge l'attenzione degli scienziati dell'epoca: si sa che determinate sorgenti provocano gozzo o cretinismo, ma non si riesce a comprendere perché.

Si giunge alla conclusione che siano elementi insieme al clima, al tipo di alimentazione ed al benessere, la qualità della vita a costituire il fattore determinante del gozzo e delle altre malattie della tiroide. La Commissione Sarda non è d'accordo: obietta che per quanto gozzo e cretinismo siano più frequenti laddove le condizioni di vita sono peggiori, il miglioramento di esse non li elimina.

Da sempre il gozzo viene trattato con cenere di spugne e alghe marine: è dalle ceneri di queste che Coindet e Dunel si rendono conto che le proprietà curative sono dovute allo iodio, ma è Adolphe Chatin a far centro, nel 1850. Stabilisce che nelle regioni di cui 7000-8000 litri d'acqua, 1 litro e 10 grammi di terra contengono più di 1/200 e di 1/500 di milligrammo di iodio non si verificano gozzo né cretinismo. Tuttavia le affermazioni di Chatin sollevano riserve da parte di altri studiosi: nasce comunque una polemica che crea diffidenza intorno alla teoria di Chatin.

L'impegno del giovane Lombroso dovette essere intenso e gravoso: anche Lombroso ebbe la consapevolezza di aver compiuto una importante acquisizione. Nel 1908 allievi ed amici pubblicano un volume intitolato L'opera di Cesare Lombroso nella scienza e nelle applicazioni.

Lombroso fornisce la conferma che gozzo e cretinismo sono espressioni diverse di una medesima patologia e che all'origine di entrambe si pone una affezione tiroidea, però Lombroso era tutt'altro che persuaso che fosse la carenza di iodio a determinare le due malattie e gli scritti successivi dimostrano che i dubbi rimarranno sempre.

In conclusione a Lombroso spetta il merito di aver associato il cretinismo alla tiroide e a quella sua alterazione morfologica rappresentata dal gozzo, mentre non riuscirà a determinare che il gozzo e il cretinesimo siano espressione di una carenza di iodio: se anche Lombroso consiglia la terapia iodica attuando quanto proposto da Coindet fin dal 1820, rimane tuttavia ancorato alla teoria plurifattoriale dei suoi tempi. Del resto non avrebbe potuto essere diversamente, oltre mezzo secolo più tardi uno dei più noti trattati dichiarava ancora la massima incertezza sulle cause di questo gruppo di malattie della tiroide.




Capitolo 3


Lombroso si laurea in medicina a Pavia nel 1858: dopo il diploma lascia Pavia e rientra a Verona per concludere le ricerche sul cretinismo. La vita sociale veronese continua ad essere opprimente, il regime poliziesco austro-ungarico intollerabile: Lombroso sente forte l'attrattiva del Piemonte.

Sono tempi di guerra: i disegni di Cavour sono palesi, nella primavera del 1859 Lombroso si reca a Milano ove presenta domanda di arruolamento. Il 14 maggio si laurea in chirurgia a Genova e viene ammesso nel Corpo Sanitario..

All'epoca la sanità militare è ormai istituzionalizzata praticamente in tutti gli eserciti: fino al 1850 sono riconosciuti i ruoli distinti dei medici e dei chirurghi. Viene allora disposto che i medici militari debbano avere la doppia laurea, sia in medicina sia in chirurgia.

Arruolato il 21 maggio 1859, è assegnato all'Ospedale Divisionale di Torino sino a quando viene trasferito all'Ospedale Militare di Milano: Lombroso incontra una realtà più drammatica di quella offertagli dalla vita civile, si trova a combattere epidemie e deve trattare lesioni traumatiche con le relative conseguenze infettive.

L'analgesia e l'anestesia generale hanno ridotto la sofferenza: è a Boston che nel 1846 il dentista Gre 858f56i en Morton esegue la prima anestesia con etere, seguito dal chirurgo Collins Warren. Nel 1847 Simpson impiega l'etere e poi il cloroformio, mentre nel 1847 è lo stesso Riberi ad introdurre l'anestesia con etere a Torino. Tuttavia la situazione è egualmente spaventosa.

Il 20% circa degli interventi chirurgici è costituito dalle amputazioni, con una mortalità elevatissima per le conseguenze infettive: solo il progresso del trattamento, i disinfettanti, i chemioterapici e gli antibiotici hanno cancellato queste patologie, nei cui confronti la medicina si trova all'epoca di Lombroso ancora senza difese.

La causa delle "malattie d'ospedale" va individuata nella ignoranza della esistenza dei batteri e degli altri germi non ancora scoperti, manca qualsiasi concetto di igiene, a nulla valgono le diverse tecniche e accorgimenti ideati dai chirurghi dell'epoca. Tra questi c'è il metodo dell'essicamento delle ferite ed i bagni caldi.

Tutto risulta inutile finché le intuizioni del ginecologo ungherese Semmelweis, che scopre l'etiologia della febbre puerperale, lo portano a introdurre e sviluppare i concetti di antisepsi e di asepsi per combattere le infezioni: le idee di Semmelweis vengono accolte poco favorevolmente.

E' il chirurgo inglese Lister (1827-1912) a rendersi conto che la suppurazione delle ferite è determinata e sostenuta dai batteri: nel 1865 incomincia a trattare asetticamente le ferite giungendo ad ottenere buoni risultati.

La storia della medicina italiana registra alcuni precursori e contemporanei di Lister: durante l'assedio di Ancona del 1864 il medico di reggimento Tosi cura le ferite con soluzioni di sublimato corrosivo ed ottiene ottimi risultati, nel 1866 Bottini pubblica la evoluzione del trattamento delle ferite con acido fenico, mentre negli anni successivi si adopererà per diffondere il metodo di Lister nel nostro paese.

Il quadro delineato è quello che si presenta a Lombroso nella campagna del 1859 in cui si trova, come tutti i medici militari, a trattare lesioni traumatiche, ad amputare, a combattere le "malattie d'ospedale": Lombroso, che per questa sua tecnica può essere considerato un vero e proprio antesignano dell'antisepsi in Italia, elimina le filacce e tratta le ferite con impacchi di alcool, ottenendo grandi successi.

La seconda guerra di indipendenza è breve ma gli scontri cruenti: egli vorrebbe congedarsi, tuttavia i successi ottenuti nella terapia delle ferite spingono i quadri superiori dell'esercito a fare pressione perché non abbandoni la divisa. Viene promosso Medico di Battaglione e cede, anche persuaso che la guerra riprenderà: si aggiunga che la vita dell'esercito è una preziosa miniera di osservazioni e Lombroso acquisisce esperienza in merito alle caratteristiche fisiche regionali e si crea la base di future ricerche di natura psichiatrica e psicologica.

Alla fine delle ostilità è trasferito a Genova ove condensa nel libro Sulle ferite d'arma da fuoco le proprie esperienze sul campo. L'opera è apprezzata dalle gerarchie militari e Lombroso si vede promosso Medico di Battaglione di prima classe: intanto il lavoro è stato presentato al premio Riberi e Lombroso lo vince.

Il desiderio e i tentativi di abbandonare l'esercito erano principalmente motivati dal fatto che la vita militare teneva il giovane distante dall'Università e dalla carriera scientifica: alcuni colleghi e amici erano intanto diventati professori ordinari.

Negli ultimi mesi del 1860 Lombroso scrive a Massarani proponendo di tenere delle conferenze su uno di questi temi: Il delitto e il genio studiato in un manicomio, Sulle molteplicità delle razze umane e Sulle razze Italiche.

Il primo tema è suggerito dall'esperienza iniziata a Vienna; gli argomenti delle razze sono legati alle nozioni che ha acquisito come medico dell'esercito. Massarani nicchia e Lombroso si vede costretto a rivolgersi a Panizza perché intervenga in maniera da fissare un'epoca precisa. Panizza è rettore dell'Università di Pavia e risponde a Lombroso con una proposta ben diversa, gli offre di tenere un corso libero di psichiatria. Lombroso accetta.

Intanto viene trasferito in Calabria, a partecipare alla repressione contro il banditismo, ed ha l'opportunità di ampliare le proprie conoscenze e gli studi antropologici. Viene colpito dalla spaventosa situazione igienica della regione, esamina molti villaggi, affronta il problema delle cure più opportune. Nel 1863 il battaglione viene fatto rientrare a Genova e Lombroso riprende a coltivare i suoi interessi scientifici. Approfitta della presenza nella città ligure di Gaiter, medico veronese in esilio, esperto omeopata, per interessarsi di questa disciplina.

L'omeopatia è concepita da Christian Hahnemann, che si basa sul principio della cura con rimedi in grado di riprodurre i sintomi del morbo: l'omeopatia ritiene che le medicine agiscano più efficacemente in dosi assai piccole.

Il 20 aprile 1863 Lombroso riesce a farsi trasferire all'Ospedale Militare di Pavia per iniziare il suo corso universitario di psichiatria: l'ingresso nel mondo accademico non è facile, i professori pavesi osservano che non è consentito tenere un corso senza malati, ma la difficoltà viene superata grazie alla concessione di un piccolo reparto da parte del Dott. Zanini. Alla fine dell'anno deve ritornare a Genova al suo battaglione; chiede un anno di aspettativa, al termine, è nuovamente destinato all'Ospedale di Pavia. Alla fine dell'anno accademico 1864-65 è costretto a rientrare al proprio battaglione a Genova.

E' giunto il momento della scelta: il 22 novembre 1865 si congeda. Indossa la divisa nella primavera del 1866 in occasione della nuova guerra con l'Austria: prende parte a tutta la campagna, viene congedato alla fine di luglio e rientra a Verona, dove resta bloccato dall'epidemia di colera che infuria in tutta la penisola. I medici militari sono incaricati di organizzare i soccorsi. Destinato all'Ospedale di Treviso, dove si guadagna una menzione onorevole. L'epidemia finisce e Lombroso, lasciato il servizio, rientra a Pavia.




Capitolo 4


Rientrato nella vita civile, Lombroso pone in atto il proposito di dedicarsi alla scienza medica: ne abbiamo riscontro in alcune pubblicazioni di casi clinici, come quella che descrive un gigantismo corporeo o in due osservazioni di forme maniacali insorte in malati di difterite. Intuisce, anticipando di un quarto di secolo la scoperta poi fatta da Emile Roux e Yersin nel 1888-90, che non si tratta di una malattia locale della laringe ma di una malattia dotata di analogie con il vaiolo e giunge a prevedere un vaccino.

Dal 1868 accentra i suoi studi sulla pellagra, malattia cronica con manifestazioni cutanee scatenate dalla luce, con gravi disturbi gastro-enterici e marcate alterazioni neuropsichiche: il quadro offerto dai pellagrosi è spesso drammatico, come risulta dall'affresco dello stesso Lombroso nel suo trattato sulla pellagra, pubblicato nel 1892.

Le donne risultavano colpite in proporzione doppia rispetto ai maschi: si osservano anche bimbi e vecchi pellagrosi, ma la malattia è soprattutto frequente tra i venti e i quaranta anni.

Fino a pochi anni or sono era diffusa perché la pellagra è appannaggio di condizioni di vita misere: nel 1926 Golberger dimostra che la pellagra è dovuta ad insufficiente apporto di un fattore denominato vitamina PP. Solo nel 1937 Elvehjem e Woolley accertano che la vitamina PP è in realtà una proteina idrosolubile. Successivamente si è potuto stabilire che la carenza di nicotinamide o vitamina PP, oggi meglio nota come vitamina B3, interagisce con tutto il gruppo vitaminico B, al punto che la pellagra è tanto più grave quanto maggiore ne è la carenza.

Si è accertato che l'organismo umano necessita ogni giorno di un quantitativo compreso tre i 13 e i 19 milligrammi di niacina. Si tratta di una vitamina essenziale: la vitamina PP-B3 si assume con vari alimenti tra cui principalmente la carne magra, il fegato, il rognone, le carni bianche, il pesce e le uova. L'uomo sano risulta comunque in grado di sintetizzare il fabbisogno giornaliero di vitamina PP-B3, di vitamina B1, B2 e B6: si comprende così come la povertà, le carenze alimentari che la accompagnano e tutte le altre condizioni che riducono l'apporto di vitamina PP-B3 e delle altre vitamine del gruppo B provochino quel complesso di manifestazioni conosciute come pellagra. E' possibile distinguere tra una pellagra primitiva ed una pellagra secondaria.

Lo sviluppo delle conoscenze sulla malattia è stato lentissimo. L'attuale denominazione sta ad indicarne la manifestazione più evidente, la lesione cutanea. Nel 1771 il milanese Frappolli ne utilizza il nome volgare di pellagra: per un ventennio resta accomunata ad altre manifestazioni cutanee e poi la scienza medica fa un salto di qualità.

Nel 1794 il medico Strambio ne individua le caratteristiche nosografiche, scopre che si tratta di vistose manifestazioni cutanee a seguito della esposizione ai raggi del sole. Si spiega così perché queste siano più frequenti a far tempo dall'inizio della primavera: si constata anche che la malattia si manifesta specialmente nell'ambiente agricolo più povero. In sostanza l'espressione di una gravissima carenza nutrizionale.

Strambi osserva che la pellagra si manifesta anche in persone non disagiate mentre intere popolazioni in condizioni economiche disastrose ne risultano immuni. Ne discende la deduzione che la malattia è in realtà determinata da uno o più fattori sconosciuti e che questi interagiscono con il deficit nutrizionale.

Si pensa alla meliga per un duplice ordine di motivi: in primo luogo la pellagra segue l'introduzione di questa graminacea nei diversi paesi e poi essa costituisce l'alimentazione delle classi agricole più povere. Tali osservazioni sono alla base della teoria maidica o zeista che ricollega la pellagra al mais: nel 1776 la Repubblica di Venezia ne vieta l'importazione ed il commercio. Il solo sospetto dell'acquisto di mais determina l'inizio di un processo di inquisizione.

Agli inizi dell'Ottocento la dottrina zeista si sviluppa e si affina: nel suo ambito si distinguono diversi orientamenti, accanto a chi ritiene che l'alimentazione con puro mais sia di per sé non solo insufficiente ma anche dannosa e determini la pellagra vi sono ricercatori persuasi che nel granoturco alterato si formino potenti veleni. Si tratta della teoria tossico-zeista che comprende opinioni diverse.

Esistono anche opinioni intermedie. Secondo alcuni sono le lesioni intestinali a consentire l'ingresso di albumine tossiche presenti nel granoturco ma che le persone sane digeriscono senza problemi: si suppone anche che l'alimentazione ad esclusiva base maidica determini l'ingresso in circolo di sostanze fotosensibilizzanti ma una serie di primi esperimenti sui topi viene smentita da più accurati controlli.

I nutrizionisti affermano che il mais sia un cibo inadeguato: intorno al 1810 Marzari scrive che "causa generale e certa della pellagra" è l'alimentazione soddisfatta unicamente con esso. La tesi della insufficienza plastico-nutritiva non è tuttavia pienamente sufficiente perché non è in grado di spiegare come mai in molti casi di gravissima insufficienza alimentare non si manifesti pellagra: essa lascia ampio spazio ai cultori della ipotesi madica nelle sue diverse varianti. La teoria tossico-zeista viene concepita da Sette nel 1826, coltivata da Balardini e riproposta da Cesare Lombroso.

L'attenzione si fissa sulle alterazioni della zeina. Il mais e la zeina sani sono innocui, se si alterano diventano velenosi: si afferma che dalla sua scomposizione deriva la temibile fenilanina, assai tossica per l'uomo e gli animali. Ancora non si sa che la felinanina è un aminoacido essenziale per la dieta: si tratta di un neurotrasmettitore. Stimola la memoria, la vivacità ed il comportamento sessuale.

Come può determinarsi l'alterazione del mais? Perché ed in quali condizioni diventa velenoso? Sarebbero i parassiti che lo attaccano a provocare la trasformazione: né il parassita né il granoturco sono di per sé velenosi mentre lo è l'alterazione che il mais subisce ad opera del parassita. Ancora nella metà dell'Ottocento Balardini si dice convinto che si tratti dello sporisorium maidis che gli agricoltori chiamano verderame.

Lombroso afferma che si tratta invece del penicillum glaucum e che gli estratti del mais con il penicillum sono in grado di riprodurre la malattia: all'epoca non ci si è resi conto che sporisorium maidis e penicillum glaucum sono in realtà due diverse fasi del ciclo vitale della medesima muffa.

Lombroso si è già occupato di pellagra: nel 1863 pubblica un articolo mettendo in risalto la relazione geografica tra il consumo di pane di mais e l'estensione della pellagra nella regione, nel 1868 pubblica i primi contributi personali.

Lombroso parte dalle constatazioni di Balardini ed accentra l'attenzione sul penicillum glaucum, perché è la più frequente tra le muffe che parassitano il mais: ne fa delle colture e si accorge che gli estratti di queste non provocano alcun effetto.

Lombroso prosegue le sue ricerche notando invece che l'estratto del mais parassitato, somministrato a uomini e animali da esperimento, suscita in loro i sintomi della pellagra: ne deduce che la malattia è una forma di intossicazione alimentare provocata dai prodotti che si formano nel mais alterato dal penicillum o da altri parassiti.

Lombroso è persuaso di aver fatto centro: si tratta soltanto di trovare la cura giusta. Giunge alla conclusione che i bimbi devono essere trattati con il sale da cucina, mentre agli adulti si deve somministrare l'acido arsenico: il preparato è il liquore arsenicale di Fowler. Fa controllare la sua cura ad alcuni medici condotti che ottengono risultati favorevoli e glielo comunicano entusiasti.

Lombroso inizia allora una ampia campagna promozionale, egli stesso ne fa relazione al primo congresso medico internazionale che si svolge a Firenze nel 1869: tiene conferenze nelle società operaie di mutuo soccorso. Fa opera di persuasione presso i ministeri competenti, si accorge che l'infuso di mais guasto può essere impiegato nella cura della psoriasi e di altre malattie della pelle.

L'Istituto Lombardo alla fine del '69 bandisce un concorso per "una scoperta relativa alla cura della pellagra fatta dopo il 1860" e la Commissione giudicatrice decide che i lavori di Lombroso sono "un gradino superiore a quelli di tutti gli altri" ma non assolvono alla condizione imposta dal bando.

L'esito del concorso è, comunque, positivo: Lombroso viene nominato Cavaliere d'Italia e l'Istituto Lombardo lo invita a far parte della Commissione che giudicherà il successivo concorso del 1872. Su questi presupposti Lombroso decide di presentarsi al concorso Riberi di Torino.

Lombroso partecipa con la seconda edizione degli Studi sulla pellagra, cui aggiunge la relazione di medici che hanno applicato con successo la sua cura: la Commissione giudicatrice però si esprime negativamente sugli studi di Lombroso. Certo non gli è giovata la polemica con il filosofo Lussana: questi nega che la pellagra sia determinata da un avvelenamento di mais guasto, Lombroso risponde con uno scritto piuttosto pepato.

Presto Lombroso è vittima di un nuovo incidente: il 19 dicembre 1872 presenta i risultati delle ultime indagini personali. Insorge Luigi Porta accusando Lombroso di falso nelle sue ricerche e Lombroso lo sfida, invitando l'Istituto Lombardo a nominare una Commissione per la verifica dei risultati.

Il collegio si insedia nel 1873 e conclude che il mais guasto è un cibo eccellente, che sui polli da esperimento l'olio di mais guasto di Lombroso ha lo stesso effetto dell'olio di oliva e che l'estratto acquoso di mais guasto è "l'ideale delle bevande". Lombroso ne esce veramente male: a questo punto viene in aiuto di Lombroso il farmacista Carlo Erba di Milano, che riesce ad ottenere olio ed estratti ad azione costante, ed Erba riesce a farlo. Queste raffinazioni consento di ottenere una nuova sostanza mai identificata. Si tratta certamente di un alcaloide. Lombroso la chiama pellagroseina. E' una sostanza assai simile alla stricnina.

Questa scoperta è l'inizio della riabilitazione scientifica di Lombroso. Intanto interviene dalla Francia Alfred de Maury, che trova nel mais guasto una sostanza sconosciuta. Anche il chimico Pellogio di Milano identifica nel granoturco alterato una sostanza di natura alcaloidea con i caratteri della pellagroseina di Lombroso.

Nel 1902 viene emanata una legge che dimostra il prevalere delle teorie di Lombroso: essa vieta la detenzione, la vendita e la somministrazione del granoturco immaturo, non completamente essiccato, ammuffito o guasto. Vieta inoltre tutti i prodotti ottenuti con tali farine o alterati in seguito, prevede inoltre misure per impedire il commercio del mais guasto, per essiccarlo e cuocerlo correttamente, per l'organizzazione dei pellagrosari e di Commissioni provinciali, come richiesto dallo studioso torinese.

Con ciò Lombroso appare il vincitore della battaglia della pellagra e tale rimarrà per decenni, fino a quando ricerche effettuate dagli allievi per confermare le sue teorie, ne metteranno in realtà in crisi le scoperte.

Ad un secolo di distanza si deve ammettere che se le ricerche di Lombroso non riuscirono ad identificare l'esatta natura della pellagra ebbero invece una grandissima importanza sociale: Lombroso infatti riuscì, sia pure su basi scientificamente non corrette, a dimostrare che era possibile un intervento terapeutico e profilattico. In altre parole ebbe il grande merito di provare che la malattia era dominabile e cioè che non costituiva più un problema per la ancor giovane nazione italiana.




Capitolo 5

La carriera universitaria del Lombroso inizia prima del suo congedo nel 1865 ed è legata alla neuropsichiatria: limpegno scientifico di Lombroso avrebbe mostrato connotazioni diverse se egli non avesse assorbito le idee della scuola di lingua tedesca.

Essa ha infatti un'impronta organicistica, dominata dalla convinzione che la malattia mentale sia provocata da una lesione anatomica cerebrale. Questa posizione si ricollega all'alienista tedesco Wigand e dal medico viennese von Feuchtersleben: gli intimi legami tra alterazioni psichiche e organiche apre la prospettiva delle alterazioni psicosomatiche. Certamente Lombroso ascolta l'insegnamento organicista, in antitesi con la posizione dei "mentalisti".

Nel 1863 l'anatomico Panizza gli affida il corso libero delle malattie mentali: pare un inizio promettente, ma quando si accinge a tenere le prime lezioni, come abbiamo visto, la facoltà insorge. Lombroso si rivolge al Dottor Zanini che gli affida un piccolo reparto psichiatrico, così da poter tenere le prime lezioni. Alla fine dell'anno deve rientrare al reggimento a Genova, interrompe il corso e chiede un anno di aspettativa.

Muore Panizza e gli succede Cantoni, che ottiene da ministero il riconoscimento del corso di cui Lombroso viene incaricato: intanto gli viene affidato il corso libero di antropologia. Nel 1866 Lombroso è nominato da Zanini primario del reparto di malattie nervose e vince un premio di 600 lire per il lavoro Azione degli Astri e delle Meteore sulla mente umana. Il rettore Cantoni riesce a farlo nominare professore straordinario: Lombroso a soli 30 anni, entra in ruolo in una delle università più prestigiose d'Italia.

E' il momento di accasarsi: lo zio David Levi indica a Cesare Nina De Benedetti, in breve tempo viene dato il consenso alle nozze. Lombroso non tarda a coinvolgere Nina nella sua attività, le affida il disbrigo della corrispondenza, la incarica di trascrivere i suoi manoscritti e la delega al controllo dei malati di Alessandria.

Il matrimonio avviene con rito ebraico e civile in Alessandria. La sposa, nei primi tempi, svolge anche il ruolo di segretaria: non tardano i figli.

Negli anni successivi Lombroso continua a dedicarsi allo studio dei malati di mente: inventa uno strumento speciale, il sitoforo, premiato all'esposizione di Vienna del 1870. La necessità di controllare il peso degli alienati gli frutta il soprannome di "medico della stadera" che lo accompagnerà sempre. Inventa pure un bagno per trattare gli alienati con un numero minimo di infermieri, cura con passione la preparazione di collaboratori ed assistenti, tra i quali Camillo Golgi, premio Nobel nel 1906.

Nel 1871 il Consiglio Provinciale di Pesaro propone a Lombroso di assumere la direzione del locale manicomio: egli accetta. Le condizioni sono ideali, Lombroso trova l'appoggio dell'amministrazione, la collaborazione degli assistenti, del personale e dei colleghi. Il clima è favorevole per progetti ad ampio respiro.

Nel novembre del 1872 comunica la sua proposta di creare una struttura semplice, consistente nella applicazione della custodia cautelare in apposito istituto, fino a guarigione completa, di alcune categorie di persone.

Si tratta di una proposta pratica: Lombroso riorganizza il Manicomio secondo i criteri più moderni, apre le porte, lo rende piacevole, allegro, stimola la lettura. Giunge a pubblicare un giornale manicomiale: l'esperienza gli mette a disposizione un materiale che costituirà l'ossatura di Genio Follia pubblicato nel 1873.

Il successo è completo. Scade il mandato, l'amministrazione fa pressione per rinnovare l'incarico, questi è soddisfatto ma avverte la mancanza del fermento universitario, il contatto con gli studenti. Ai primi di novembre del 1873 rientra a Pavia, dove trova un clima sfavorevole che lo accompagnerà nei tre anni successivi fino al trasferimento a Torino.

Sarà un periodo di amarezze e di duro lavoro, teso alla preparazione de L'Uomo Delinquente: intanto l'amico Bizzozzero si è trasferito a Torino e Lombroso amerebbe seguirlo sulla cattedra di psichiatria.

Gli giunge invece la proposta di trasferirsi nella capitale piemontese come ordinario di medicina legale. Lombroso si è occupato di questa disciplina, ha scritto lavori in argomento in collaborazione con il Prof. Platner e con Camillo Golgi. Lombroso accetta, ma subordina il suo trasferimento alla condizione di venire dotato di un laboratorio; egli non viene chiamato e si apre il concorso. Lombroso vi parteciperà e ne sarà dichiarato vincitore e nominato medico legale a Torino.

La motivazione della scelta di affrontare il trasferimento non sono a prima vista comprensibili: Lombroso sa bene che nel 1786 la riforma degli studi ha collocato a Pavia la prima cattedra di medicina legale d'Italia. Ma al desiderio di spostarsi nell'antica capitale contribuiscono le caratteristiche della sanità pubblica, delle sue strutture, l'assetto della medicina-legale universitaria dell'ateneo torinese dell'epoca.

La medicina dello Stato sabaudo assume i suoi lineamenti tra il secolo XIV ed il XVI: i primi statuti sabaudi emanati dal Duca Amedeo VIII si preoccupano della legittimazione dell'esercizio della medicina e della farmacia. Viene così ufficializzata la figura dei medici di corte che si occupano della salute del duca. I chirurghi vengono chiamati soltanto in caso di conflitto: fin dall'inizio del sec. XIV la salute della popolazione è garantita dal medico comunale.

Risale già a queste epoche la creazione di organi centrali di controllo come il Magistrato sopra la Sanità e quello del protomedicato, cui vengono affidati incarichi di vigilanza e controllo sull'attività dei medici e dei chirurghi: nel 1568 Emanuele Filiberto emana gli Ordini e Decreti intorno alla osservanza che devono i medici nello Stato, una legislazione che vieta l'esercizio della medicina a chi non sia laureato in qualche università di fama o non abbia superato un certo periodo di prova sotto controllo da parte del Protomedicato. Gli Ordini danno anche disposizioni di polizia medica e di medicina legale. Le disposizioni a vigore locale sono lasciate ai comuni.

Le innovazioni, quelle del settore medico-legale, vengono soltanto nel sec. XVIII quando si incomincia a prendere coscienza della esistenza di un particolare settore della medicina atto a fornire un contributo alla formulazione delle disposizioni in ambito sanitario quanto alla loro applicazione: su questo versante le Leggi e Costituzioni di Vittorio Amedeo II e di Carlo Emanuele III dispongono una serie di norme di impronta medicolegale. I due "codici" ordinano che i sanitari segnalino le prestazioni e gli interventi effettuati su persone ferite o percosse: in caso di morte sarà disposta la visita necroscopica, il cadavere non potrà essere rimosso senza il consenso del giudice che svolgerà una istruttoria in loco e si farà assistere da un chirurgo.

Le Costituzioni piemontesi focalizzano la loro attenzione sulle garanzie per una corretta raccolta delle prove, anticipando di un paio di secoli l'obbligo del referto per gli esercenti l'attività sanitaria, le norme sul sopralluogo giudiziario e l'obbligatorietà della consulenza-perizia in ambito di lesioni personali volontarie, colpose ed accidentali.

L'occupazione francese travolge le Costituzioni, ma non incide sulla mentalità legalista che si è formata: seguono le riforme legislative. Il 1° settembre 1807 viene promulgato un apposito codice di procedura penale, il 1° gennaio 1811 entrano in vigore i nuovi codici penali e di procedura penale napoleonici ed il primo viene esteso all'Italia.

Dopo la restaurazione vengono ripristinate le Costituzioni: solo in un secondo tempo Carlo Alberto rinnova la codificazione. Per il diritto penale il nuovo codice entra in vigore nel 1840, il codice di rito nel 1848. In vista dell'unità si provvede ad elaborare una codificazione che possa essere estesa agli altri territori: i nuovi codici entrano in vigore nel 1860 e la loro applicazione è estesa con l'eccezione della Toscana.

All'epoca dell'arrivo di Lombroso, agli inizi dell'ultimo quarto del secolo, l'antica struttura sanitaria sabauda e le Costituzioni piemontesi sono un ricordo: la loro applicazione ha tuttavia condizionato la formazione di una cultura e di un ambiente sanitario severi e rigorosi, di un ambiente favorevole per la ricerca e lo sviluppo della medicina legale.

La città di Torino è anche dotata di una solida struttura ospedaliera: l'Ospedale Maggiore è il nosocomio più importante dell'area metropolitana e con il trascorrere del tempo ha subìto una serie di trasferimenti. L'ospedale è anche dotato di due efficienti sale autoptiche per le dimostrazioni di anatomia: nel 1858 si aggiungono ancora un laboratorio patologico, un museo anatomico ed una sala autoptica ad uso del solo personale sanitario. In città esistono anche altri nosocomi.

In sostanza a Torino si trova una struttura ospedaliera in grado di garantire gli studi e i progressi delle scienze medico-legali: ciò che interessa a Lombroso è l'Ospedale dei Pazzarelli, successivamente trasformato in Regio Manicomio e poi ancora in Ospedale Psichiatrico che ha il compito di raccogliere i malati di mente e costituisce il luogo ideale per la prosecuzione delle indagini del nostro alienista. All'epoca Torino è una città meno provinciale di altre, viva con qualche apertura europea: questo clima favorisce lo sviluppo di istituzioni culturali. Tutto questo dà l'idea di una notevole vivacità culturale, di occasioni di manifestazioni, incontri e confronti che non poteva non esercitare grande attrattiva su Lombroso.

Torino è sede dell'unica università piemontese, molto apprezzata per la fama. La prima collocazione di uno studio universitario subalpino è nel 1220 la vicina Chieri, la futura patria di Lombroso.

All'epoca di Lombroso l'Università torinese ha chiamato numerosi professori stranieri che hanno contribuito a farne un centro internazionale della scienza positiva: dal 1861 la cattedra di fisiologia della facoltà di medicina viene occupata dal materialista Moleschott. Lombroso lo conosce e appena saputo del suo arrivo, gli ha scritto per chiedergli di poter tradurre l'opera Kreislauf des Lebens: si tratta di uno dei testi fondamentali del positivismo scientifico che avrà importanza determinante nella formazione del pensiero lombrosiano. Dopo qualche riluttanza sull'opportunità di pubblicare in italiano l'opera, l'autorizzazione è concessa.

A Torino l'insegnamento universitario della medicina legale viene istituito nel 1799 sotto l'occupazione francese ed è affidato a Buniva: l'insegnamento è soppresso con la restaurazione del 1814 ma viene ripristinato a metà secolo ed affidato a Martini e a Demaria.

Intorno alla metà del secolo scorso si realizzano alcune tappe fondamentali nel progresso delle scienze biologiche: tra queste vi è l'antropologia criminale, la scienza che studia il delinquente ed i reati che esso compie, creata e divulgata da Lombroso.

L'opera di Lombroso non avrebbe potuto essere la stessa se nel patrimonio culturale dell'epoca non fosse maturata tutta una serie di acquisizioni sulla evoluzione, sulla struttura del sistema nervoso centrale e sulle malattie mentali. Il problema è stato più volte valutato, dallo stesso Lombroso che nega qualsiasi rapporto specifico della usa teoria con il pensiero di autori che l'hanno preceduto: in realtà le analogie sono il casuale risultato di deduzioni autonome e le affinità sono pertanto del tutto casuali. Non è azzardato sostenere che in queste affermazioni Lombroso sia troppo reciso. Infatti egli stesso riconosce i precedenti dei fisionomisti Della Porta e Lavater.

Tre anni più tardi il problema dei precursori di Lombroso viene esaminato da Antonini. La posta è alta e lo scopo preciso: si tratta di dimostrare che le tendenze della Nuova Scuola non sono soltanto "l'effetto del fascino personale di un uomo, ma siano in sintonia con il progresso delle scienze".

Antonini indica tra i precursori di Lombroso i fisionomisti, i frenologi e lo psichiatra francese Morel al quale viene riferita la teoria della degenerazione. I primi sono i cultori della fisiognomica, dottrina che si ricollega ad Aristotile: essa desume i caratteri interiori delle persone dal loro aspetto fisico ed in particolare dai tratti del volto.

La frenologia ha la presunzione della scienza, fissa la localizzazione delle funzioni nervose e mentali in punti precisi della corteccia cerebrale ed in corrispondenti rilievi della superficie esterna del cranio. Quanto alla degenerazione, l'idea che l'ereditarietà possa essere causa di pazzia è affermata dall'alienista francese Esquirol: il problema della localizzazione nella corteccia cerebrale verrà studiato anche in Italia da Luciani e Tamburini.

Antonini non accenna né all'evoluzionismo né al darwinismo, eppure a Pavia, ma soprattutto a Torino, Lombroso viene a contatto con le teorie evoluzionistiche di Charles Darwin che nel 1859 mette in crisi le concezioni tradizionali proponendo la propria teoria dell'evoluzione sull'origine della specie. Darwin afferma che l'uomo attuale appartiene alla medesima famiglia zoologica che comprende anche scimpanzé ed altre scimmie: il darwinismo comprende tre nuclei essenziali accentrati sull'idea dell'evoluzione, sul fatto che questa avviene per selezione naturale e sull'origine della nostra specie. La teoria sconvolge l'idea tradizionale della fissità della specie e della creazione personale del primo uomo e per questo mostra enormi implicazioni anche dal punto di vista religioso, filosofico e politico.

Da allora non è possibile la formulazione di alcuna teoria biologica che non tenga presente la prospettiva evoluzionistica. Lombroso nega che le sue teorie abbiano qualsiasi rapporto di discendenza da quelle di Darwin, eppure Lombroso si trova nelle migliori condizioni per conoscere il darwinismo anche nei dettagli. E' infatti a Torino che le teorie evoluzionistiche sono state illustrate per la prima volta nel 1874 in una conferenza dello zoologo De Filippi, ancora a Torino si concentrano molti evoluzionisti. Sempre a Torino nel 1865 i librai Pomba pubblicano la prima traduzione dell'opera di Darwin e nel 1879 l'Accademia delle Scienze di Torino assegna a Darwin il prestigioso premio Bressa di ben 12.000 lire.

In sostanza, non è possibile per un professore di una materia medica di Torino non essersi confrontato con il darwinismo. Del resto che Lombroso lo conosca è dimostrato: la ferma e risoluta negazione di ogni rapporto con il darwinismo può essere intesa come espressione di sorprendente miopia scientifica.




Capitolo 6

Per quanto sofferta, la vicenda del professor Laura non è certo l'esempio più significativo di lotta tra due aspiranti alla medesima cattedra e non farebbe storia se non avesse inciso sulle aspettative del vincitore Lombroso ed in maniera radicale sulla carriera del perdente Laura, avviato da questo insuccesso ad altra meta. Egli diverrà uno dei più benemeriti medici filantropi della capitale piemontese.

L'esposizione del conflitto richiede la conoscenza dei meccanismi di accesso alle cattedre italiane nell'ultimo quarto di secolo scorso. L'insegnamento universitario è disciplinato dalla legge Casati del 1859 in vigore sino alla riforma del 1923: l'università che manca dell'insegnante può coprire il posto affidandone l'incarico ovvero stabilmente. In questo caso è possibile ricorrere al trasferimento di un professore già in ruolo oppure richiedere al ministero di bandire il relativo concorso: questa è la scelta fatta a Torino per ricoprire la cattedra di medicina legale resasi libera per il decesso del prof. Demaria.

Il ministero nomina una commissione di professori della disciplina che sceglie tre idonei tra i candidati che abbiano presentato la domanda: questi costiuiscono la terna. Il primo può essere chiamato a ricoprire il posto messo a concorso mentre gli altri due vincitori possono essere chiamati a ricoprire cattedre libere della materia in altre università.

All'epoca le cattedre italiane sono, a seconda della importanza "ordinarie" oppure "straordinarie". Solo dopo la riforma universitaria del 1923 e quella del 1935 il professore di recente nomina è "straordinario" e successivamente "ordinario". Nel 1874 il ministero approva la richiesta di concorso e lo bandisce: si presentano Lombroso e Secondo Laura.

Secondo Laura nasce da famiglia benestante a Ventimiglia: a vent'anni vince una borsa di studio e si trasferisce nell'area torinese. Si laurea in medicina a Torino, partecipa al soccorso dei feriti sul campo di Magenta e nel febbraio del 1860 è incaricato del servizio medico nel cantiere del traforo delle Alpi del Fréjus. Seguono tre lavori Sull'epilessia, Sull'eclampsia e Sulla cianosi. Inizia a frequentare la cattedra di medicina legale, pubblica una monografia sul suicidio e nel 1867 accompagna il suo Maestro Demaria al Congresso Medico Internazionale a Parigi. E' il discepolo destinato a succedergli sulla cattedra, lo sostituisce nelle lezioni dal 1870 fino al 1873. Nel 1874, in vista del concorso, pubblica il Trattato di medicina legale.

E' un manuale completo. Apre con un preambolo, seguono le norme concernenti l'attività del medico-legale, il segreto e gli onorari: la seconda parte tratta della sessuologia medico-legale indicata con il suo termine tecnico di afrodisiologia, suddivisa nei temi che interessano il diritto civile e penale. La terza parte è dedicata ai traumi distinti in lesioni contusive, ferite da arma bianca e da fuoco. Seguono quattro sezioni dedicate alle asfissie, agli avvelenamenti, alla psicopatologia forense ed alla simulazione di malattia: nel complesso è un'opera chiara, utile per l'insegnamento.

Intanto continua nell'attività clinica: nel 1872 viene eletto socio ordinario dell'Accademia di Medicina, segue l'onorificenza di Commendatore della Corona d'Italia nel 1874. Queste cariche sono la misura della autorevolezza meritatamente raggiunte: il Sindaco di Torino lo incarica di stabilire se l'acqua dei Laghi di Avigliana è potabile.

Si tiene il concorso e Laura partecipa: viene dichiarato vincitore Lombroso, ma con contrasti e resistenze tali che il concorso deve essere ripetuto due anni più tardi. La delusione è cocente e rappresenta una brusca svolta nella vita di Laura che non vorrà più occuparsi della materia coltivata con passione e successo per 15 anni.

Ristampa Madre, igiene della giovine famiglia. Si occupa di Dosimetria: nel 1884 trasforma il suo studio privato in un piccolo Ospedale Oftalmico ed Infantile, raccoglie l'adesione di Enti e di privati, fonda l'omonima Opera Pia, di cui è acclamato presidente, e viene posta la prima pietra del nuovo Ospedale Infantile Regina Margherita in via Menabrea. Nel 1902, all'età di 69 anni, lo dona alla città. Il 1° marzo 1902 muore mentre rientra da una giornata di visite. L'Accademia lo commemora.

Torniamo a Lombroso: nel 1875 si presenta al concorso. E' sollecitato da più parti, ma soprattutto dal Bizzozero che si è trasferito da Pavia da qualche tempo.

Tra i due candidati lo scontro è aspro. Laura afferma riferendosi all'indirizzo materialista ed antropologico dell'avversario: "dannosa nei suoi risultati nelle materie forensi, ma più volgare del mitismo".

Lombroso si astiene da ogni commento: supera di 10 punti Laura e viene dichiarato vincitore. La reazione è pesante: il Consiglio è stato chiaramente sensibilizzato. A maggioranza sostiene che il vincitore Lombroso non ha tutte le carte in regola poiché le pubblicazioni sono poche e pertanto Lombroso può essere nominato professore straordinario e non ordinario.

Il risultato non è brillante: Lombroso è già professore straordinario della cattedra di psichiatria a Pavia e non avrebbe nessun vantaggio a trasferirsi a Torino. Risponde al ministero richiedendo che gli trasformino il ruolo di Pavia in un ordinariato, ma riceve un rifiuto. A questo punto rifiuta il trasferimento.

Gli amici di Lombroso non si acquietano: chiedono che il concorso venga riaperto. Intanto insistono con Lombroso perché scriva un testo di medicina legale: egli li accontenta e scrive Sulla medicina legale del cadavere secondo gli ultimi studi di Germania ed Italia.

Il concorso viene riaperto nel 1876: questa volta che il candidato può essere dichiarato vincitore. Lombroso viene chiamato a Torino come ordinario.

Sulle prime è incerto ma poi accetta di trasferirsi: l'impatto con Torino è sconfortante, l'accoglienza dei colleghi e della città è molto fredda. Non viene concesso l'ingresso in carcere e nemmeno al manicomio: la situazione migliora negli anni successivi. Solo nel 1877 riesce ad ottenere due stanze nell'edificio degli istituti universitari: inizia di qui la creazione di una delle maggiori scuole medico-legali del mondo.

I successi non tarderanno anche nel campo clinico. Nel 1886 Lombroso riesce ad ottenere il posto di medico delle carceri. Quattro anni più tardi, nel 1890, gli viene conferita anche la cattedra di psichiatria dell'Università, con la apertura nel mondo manicomiale torinese e nazionale.

Se ora ritorniamo al concorso del 1875-76 non possiamo che concordare con il giudizio delle due commissioni. All'epoca aveva già pubblicato un centinaio di opere e Laura poco più di una dozzina. Laura ha pubblicato un intero trattato ma poco innovativo. Lombroso non ha scritto alcuna opera organica ma ha il merito di aver condotto la disciplina ad alcuni passi avanti, come sul tema delle armi da fuoco sulle quali sin dal 1862 ha elaborato una Memoria, presentata dal premio Riberi, ed ha condotto indagini sperimentali giungendo a conclusioni valide ancor oggi.




Capitolo 7

I contributi portati da Lombroso alla antropologia sono spesso originali ed in alcuni casi fondamentali. Anche in questo settore Lombroso rimane fedele ad un concetto naturalistico dell'uomo, al quale non riconosce alcun attributo spirituale trascendente.

Lombroso dedica il meglio dei propri studi all'uomo, sia esso genio, perfetto, sano, malato o degenerato: compie importanti rilievi in ambito di demografia e di nosografia. Già nel '63 pubblica un tentativo di carta igienica d'Italia.

In questo settore dell'antropologia studia l'influenza dei fattori igienico-sanitari sui caratteri somatici: pubblica importanti contributi in fatto di antropometria fornendo precisi dati sulle stature, sui pesi e sulle fisionomie degli italiani "onesti" e "delinquenti" sulle variazioni dei valori consueti, sulle lunghezze anormali dei segmenti scheletrici. In tutte le opere dell'età matura si avvale del metodo antropologico-statistico anche quando la scarsezza del campione a rigore non potrebbe consentirglielo e compie indagini sulle asimmetrie corporee, sul mancinismo.

Svolge ricerche sulla forma e le misure del cranio degli Italiani antichi e moderni di varie regioni e di altre razze. In ambito etnologico studia l'origine ed i caratteri dell'uomo bianco e delle razze di colore, accerta l'influenza dell'ambiente e della posizione geografica sul tipo etnico: porta contributi in etnografia comparata come quelli sull'origine del bacio, sul tatuaggio, sui graffiti murari e sul gergo.

Passiamo all'antropologia criminale. Questa disciplina, tesa allo studio dei caratteri psico-fisici del delinquente, viene creata e coltivata da Lombroso che le dedica centinaia di scritti incentrati sull'origine, la natura e la fenomenologia della delinquenza. Il valore, il successo della sua opera vanno individuati nella originalità del contributo scientifico: esso è focalizzato sull'idea che il millenario insuccesso della lotta istituzionale contro il crimine dipenda dal fatto che si è sbagliato bersaglio. Non si deve punire il delitto ma adattare la sanzione, anzi la prevenzione, alla personalità del singolo reo: non delinque chi vuole ma chi vi è portato dalla propria costituzione psico-fisica.

Lombroso è un acuto osservatore: coglie la presenza di un numero di persone che mostrano caratteri psico-fisici ancestrali, riferibili all'uomo del passato. Gli è facile applicare all'uomo la teoria della ricomparsa nel moderno di caratteri atavici: i delinquenti-nati. Lombroso scopre ben presto altre categorie di delinquenti, di occasione, di abitudine, di passione, cui si aggiungono gli epilettici ed i pazzi: ciascun tipo deve essere osservato, descritto e catalogato. Lombroso si attiva, visita manicomi, ospedali e carceri, pesa, misura i vivi, i cadaveri, gli organi e gli scheletri facendo della antropologia criminale un grande catalogo da cui emergono le tipizzazioni che possono essere elaborate.

La antropologia criminale di Lombroso è costituita dal progressivo accumularsi di dati. Per questa ragione l'esposizione e l'esame delle teorie non possono che essere affrontate in chiave storica.

E' nel 1864 che per la prima volta balena nella mente di Lombroso l'idea che il criminale abbia una personalità ed un abito fisico diversi da quelli dell'uomo normale: questo avviene durante lo studio dei soldati. All'epoca le concezioni del diritto penale sono quelle della Scuola Classica: per essa, salvo eccezioni, l'autore del delitto è un uomo come tutti gli altri, con i quali condivide la responsabilità. Il soggetto normale compie coscientemente le proprie azioni ed il fine della pena è quello di correggere e migliorare il condannato. Per la mentalità comune una volta scontata la pena il condannato è riabilitato. Le eccezioni sono costituite da coloro che hanno commesso il delitto in stato di alterazione mentale, in altre parole dagli alienati.

Questo il quadro della situazione quando nell'anno accademico 1863-1864 Lombroso viene incaricato dell'insegnamento della psichiatria nell'Università di Pavia. Negli anni successivi l'impegno accademico lo porta ad affrontare il problema della diagnosi differenziale tra il soggetto normale e sano di mente, il pazzo ed il criminale: rileva trattarsi di una diagnosi impossibile se prima non vengono definiti i caratteri del normale, dell'alienato e del delinquente, ciò che sino ad allora mai nessuno ha tentato.

Se l'osservazione dei soldati tatuati aveva rappresentato la "prima ondata" è questo stimolo intellettuale che ne costituisce la successiva. A questo punto Lombroso procede ed entro i confini di quello che oggi appare un disegno globale a colmare le lacune che ha individuato: senza sosta "misura" i pazzi e le loro funzioni: ne accerta la statura ed il peso; stabilisce i caratteri; valuta la situazione dentaria; l'olfatto, la vista, l'udito, il tatto e la sensibilità; ne esamina sangue ed orine; ne studia gli aspetti psichiatrici e psicologici, la capacità intellettuale, l'abilità manuale.

Dopo breve tempo è in grado di fornire un quadro della situazione. La rende nota con una piccola monografia La medicina legale delle alienazioni mentali che compare per la prima volta nel 1864: l'integrale trascrizione di queste conclusioni rende un pessimo servigio a Lombroso tanto sono in alcuni casi ovvie e scontate, in altri dismetriche e prive di ogni tentativo di interpretazione. Va però detto che Lombroso spende i decenni successivi ad arricchirle e chiarirne il significato.

Inoltre queste ricerche sui pazzi col metodo sperimentale costituiscono il primo nucleo della nuova materia scientifica, l'antropologia criminale. Esse rappresentano anche la base sulla quale poggia l'insieme delle ricerche poi confluite ne L'Uomo Delinquente: questo testo, soprattutto nelle edizioni successive, è l'opera più nota, più diffusa e più tradotta di Lombroso.

Tuttavia il cammino è ancora lungo: se lo studio dei pazzi e dei loro cadaveri può essere svolto senza alcuna difficoltà a motivo della posizione istituzionale di Lombroso, vi sono difficoltà a portare avanti il progetto con le constatazioni dirette sui delinquenti.

Coloro che l'amministrazione della giustizia dichiara colpevoli sono rinchiusi in carcere e sorvegliati in maniera da impedirne non solo la fuga ma anche ogni forma di contatto con l'esterno: nessuno può entrare. E' perfino vietato fotografare i reclusi. L'unica possibilità è quella di utilizzare i rari casi che l'autorità giudiziaria gli sottopone come perito oppure di far eseguire qualche rilievo dai medici carcerari, per il resto deve avvalersi delle pubblicazioni, dei dati e delle fotografie di ricercatori stranieri. Solo nel 1871, quando accetta per un anno la direzione del manicomio di Pesaro, riesce ad esaminare circa 400 criminali.

A parte questa eccezione, la situazione in cui si è trovato giustifica tanto la disomogeneità quanto il ricorso allo studio dei resti scheletrici dei giustiziati, degli ergastolani, dei condannati e di cui vi è una certa disponibilità nei musei di alcuni istituti di pena. La sostituzione dei rilievi sullo scheletro a quelli diretti sul vivente e sul cadavere è corretta e pertanto accettabile: anche le ossa sono soggette alle stesse spinte evolutive ed alle medesime leggi genetiche. Vi è poi un certo rapporto tra scheletro, struttura corporea e funzioni somatiche.

Il quadro che ne emerge si dimostra contrario alla tesi di partenza di Lombroso. Egli aveva infatti ipotizzato che il pazzo avesse caratteristiche somatiche abnormi sue proprie mentre il delinquente doveva avere quelle dell'uomo normale, con l'ovvia eccezione di coloro che erano nello stesso tempo delinquenti e pazzi.

A questo punto due constatazioni fanno balenare in Lombroso la prima scintilla della teoria che collega il delinquente ad una alterazione strutturale somatica.

La prima. Un mattino del 1872 esegue l'autopsia di un brigante calabrese settantenne e vi nota il persistere di forme somatiche ancestrali: all'esame anatomico della base cranica compie un rilievo eccezionale, che nella fossa cranica posteriore, cresta occipitale interna, vi è una concavità a fondo liscio, la fossetta occipitale interna, che gli suggerisce l'esistenza di una corrispondente struttura nervosa. Si tratterebbe, secondo Lombroso, del lobo medio o "verme" del cervelletto, struttura molto antica nella scala filogenetica: dirà più tardi Lombroso che quella osservazione gli consentì di comprendere l'essenza del delinquente.

La riproduzione nel delinquente di caratteri ancestrali giustifica per Lombroso l'esistenza di analogie tra delinquenti, selvaggi, pazzi e razze preistoriche: la presenza di questi caratteri dimostra che si tratta di soggetti il cui sviluppo si è arrestato a stadi evolutivi passati. Se poi si tiene conto che, secondo l'interpretazione lombrosiana, la fossetta occipitale mediana è deputata a recepire una struttura nervosa specializzata come il lobo mediano del cervello, ecco aprirsi una porta di comunicazione tra la alterazione per regresso della struttura ed il regresso della funzione nervosa.

La scoperta della fossetta occipitale mediana costituisce perciò veramente il nucleo fondamentale della antropologia del delinquente elaborata da Lombroso: si tratta del fenomeno dell'"atavismo".

Qualche tempo dopo la "rivelazione" si ripete. Lombroso sottopone a perizia psichiatrica un contadino di 20 anni, Verzeni, quello che nel linguaggio giornalistico moderno viene definito un "mostro". Cretino, figlio di cretini e malato di pellagra, è accusato di aver ucciso una ventina di donne e di averle poi sbranate: viene condannato e confessa a Lombroso che ha veramente ucciso e dilaniato anche altre donne perché facendo ciò gode..

Povero Lombroso! Veramente accecato dalla propria idea ritiene che un comportamento tanto feroce non trovi altra spiegazione se non l'atavismo.

All'epoca Lombroso ritiene che i delinquenti possano essere distinti da coloro che tali non sono perché nei primi risultano ben evidenti caratteri anatomici primordiali: in altre parole per Lombroso "atavismo" significa ritorno al primitivo e in alcuni casi addirittura al sub-umano. Il delinquente è un soggetto non progredito, non ha la capacità di adattarsi alla società moderna con cui entra in conflitto. Egli compie azioni che all'epoca cui corrisponde la sua struttura corporea erano accettate, ma che non lo sono più nella civiltà moderna.

La constatazione che il delinquente è un anormale spiazza Lombroso: egli si è mosso alla ricerca delle differenze tra pazzi, criminali e sani di mente a fine di giustizia per facilitarne la corretta amministrazione nei casi dubbi tra imputato responsabile ed irresponsabile, si rende conto che la sua scoperta complica le cose, perché se il delinquente è un anormale esattamente come il pazzo, simmetricamente a questo deve essere curato ma certo non punito.

Il problema è grave: nel 1873 pubblica una monografia sui Manicomi criminali, segnalando il pericolo costituito dai delinquenti più spiccati che non solo sono irresponsabili delle azioni ma sono portati a commetterne altre con grave pericolo per la società. Questo testo viene ripreso ne L'Uomo Delinquente.

La prima edizione dell'opera esce nel 1876 con il titolo "L'Uomo delinquente studiato in rapporto all'antropologia". Si tratta della semplice raccolta di una serie di articoli pubblicati da Lombroso negli anni precedenti e tutti focalizzati sulla teoria della reversione atavica. Vi è qualche accenno all'ambiente come elemento scatenante del delitto.

Il libro materializza il nucleo centrale del lombrosismo: le edizioni successive non saranno altro che un arricchimento. La prima edizione del 1876 denuncia di essere la confluenza di testi diversi non sempre armonizzati, ne deriva una disposizione disomogenea, disordinata e discontinua, con ripetizioni ed incongruenze.

Si spiega così facilmente il modesto successo dell'opera. La critica avanza molte obiezioni sostanziali: dal punto di vista logico si osserva che l'ipotesi atavistica è successiva al rilievo dei caratteri ancestrali, modificandoli arbitrariamente secondo l'occasione. Sul piano scientifico gli viene rimproverata la mancanza di un metodo uniforme, di non aver controllato le fonti, la carenza di materiali di confronto.

La fermezza delle critiche maschera il disagio ad accettare una teoria che non è soltanto innovativa, ma scardina una mentalità secolare consolidata nel ritenere il delitto pura espressione della malvagità dell'uomo.




Capitolo 8


Nel 1878 esce la seconda edizione de L'Uomo Delinquente. Nella prefazione l'Autore risponde ad una delle critiche più ricorrenti, che gli obietta di aver dedicato troppo spazio ai caratteri fisici e di averne invece trascurato la psicologia. Gli è facile controbattere che invece il libro è un trattato di psicologia criminale poiché considera la passionalità, le forme di comunicazione e le influenze sul delitto esercitate dalle concause esterne così come vengono filtrate dalla personalità del reo.

Il testo mantiene la sostanza della prima edizione, tuttavia il materiale è stato riordinato e sono stati aggiunti argomenti quali suicidio e tatuaggio. Dedica spazio alle forme di espressione verbale ed agli scritti, affronta con maggior numero di dati i temi della antropometria, della prostituzione, della terapia del delitto e dei sostitutivi penali. Si dilunga sulle deportazioni e sui riformatori e sulle misure che potrebbero influire positivamente nel trattamento dei delinquenti.

L'accoglienza è ben diversa da quella di due anni prima. La critica nota che l'architettura del libro è ora completa, che riproduce i risultati delle ricerche dell'autore e che le tesi di Lombroso aprono interessanti prospettive per la fondazione di una scienza del crimine: parte della fortuna di questa seconda edizione, almeno in Francia, è legata a Maury che per la seconda volta trae d'impaccio il suo protetto scrivendo che "il tema della criminalità non è mai stato affrontato con tanta ampiezza e tale bagaglio di prove".

Esaminiamo le novità di rilievo. Lombroso osserva che il suicidio nel delinquente ha il medesimo comportamento nelle persone normali: infatti è più frequente nei maschi, nel periodo estivo e nelle popolazioni più progredite. Tuttavia nei delinquenti il fenomeno anticonservativo avviene molto più spesso, la percentuale tra i carcerati risulta tre volte superiore a quella tra i non reclusi. Lombroso riferisce la spinta verso il suicidio alla struttura mentale del delinquente privo di spirito di conservazione, imprevidente ed impaziente. Se nel delinquente la pulsione al suicidio è determinata dal suo carattere, questo atto diventa uno degli elementi da utilizzare per identificarlo: Lombroso segnala anche l'esistenza di un rapporto tra suicidio e delitti. Secondo le sue indagini più frequenti risultano i suicidi meno lo sono i delitti e viceversa.

Poiché è innegabile che anche persone "oneste" possono compiere atti anticonservativi, il pensiero di Lombroso su questo argomento non può essere considerato persuasivo.

Altro argomento di grande rilievo è il tatuaggio: l'antropologia e l'etnologia moderne distinguono il tatuaggio ornamentale da quello detto di identità. Questa seconda forma serve ad indicare l'appartenenza del tatuato ad una tribù, clan, gruppo. In alcuni casi fa riconoscere la persona, l'attività ed il grado oppure anche la sua abilità: esiste inoltre il tatuaggio magico, inteso quale amuleto che protegge dai pericoli, ripristina le forze, ingenera poteri, favorisce la fecondità e cura le malattie. C'è infine il tatuaggio erotico per sottolineare forme o esaltare i caratteri sessuali.

Veniamo a Lombroso. Osserva che nella civiltà moderna il tatuaggio è frequente in certe categorie ed in particolare nei reclusi, stabilisce pure che il maggior numero si osserva tra i recidivi ed i delinquenti nati. Lo ritiene importante riscontro della teoria dell'atavismo secondo cui la spinta a delinquere è costituita dal riaffiorare di caratteri ancestrali.

Vediamo le ragioni. Secondo Lombroso nelle popolazioni preistoriche il tatuaggio è un segno di casta e di prestigio, ciò che si verifica ancora nei selvaggi: con il trascorrere delle generazioni è sopravvissuto negli strati inferiori della società, nei delinquenti e nelle prostitute. La persistenza in questi gruppi è dovuta alla vanità, all'imitazione, ma soprattutto è espressione di atavismo, è evidente che l'uso di tatuarsi si manifesta nei delinquenti che hanno la stessa vanità e la stessa emulazione delle genti primordiali.

Oggi la psicologia ritiene il tatuaggio segno di riconoscimento che conferisce individualità al tatuato facendolo emergere dall'indistinto originario. Per la moderna criminologia l'interpretazione del tatuaggio è molto più articolata: nell'uomo moderno il tatuaggio è stato considerato sintomo di immaturità, di caratteropatica, di psicopatia sessuale, sadismo e masochismo e di alienazione; indizio di predisposizione criminale; conseguenza della deprivazione della libertà: sfida al potere, espressione di ribellione; tentativo di identificarsi in un gruppo; espressione di disadattamento; tentativo di compensazione di sentimenti. In casi del tutto particolari di soggetti degli strati sociali più alti della società, nella genesi del tatuaggio possono avere significato la moda, l'amore per l'inconsueto, l'emulazione e la bizzarria.

Anche il gergo, vale a dire il linguaggio convenzionale di certi gruppi, attrae l'attenzione di Lombroso, secondo il quale si tratta di una forma espressiva dell'uomo primitivo. Tuttavia Lombroso si rende conto che il gergo non è un fenomeno circoscritto alla criminalità: il gergo criminale ha la caratteristica di essere molto più diffuso, sia per il comune substrato atavico dei delinquenti sia per la continua mobilità dei criminali da questo a quel paese.

La seconda edizione de L'Uomo Delinquente tiene in maggior conto il problema delle influenze esterne all'uomo sul crimine che però rimangono sempre sullo sfondo: tra queste considera l'eredità sia per diretta discendenza da delinquenti sia per legami di razza o famiglia in cui sono frequenti pazzi, sifilitici, epilettici e soprattutto alcoolisti. Il fenomeno ereditario è apprezzabile nei delinquenti minorenni: Lombroso sottolinea le influenze climatiche e meteorologiche, il caldo, che incrementa stupri ed omicidi, mentre le basse temperature favoriscono i delitti contro la proprietà. Ritornerà sul tema esaminando il problema delle influenze delle congiunzioni astrali nell'opera Pensiero e meteore.

Tra i fattori del delitto hanno importanza il sesso, visto che l'uomo è più portato al delitto rispetto alla donna, e l'età, la massima concentrazione di delinquenti si manifesta tra i 20 ed i 30 anni: istruzione e professione incidono sul tipo di delitto.

Anche l'alimentazione ha importanza: l'abbondanza eccita gli stimoli sessuali, alcool e stupefacenti portano ai delitti contro la persona, alle offese al pudore ed alla ribellione.

I fattori sociali ed economici hanno importanza ma non sono mai così significativi da superare le spinte interne: questa posizione sarà all'origine di pesanti opposizioni politiche.

Lombroso ribadisce che la povertà spinge al delitto per soddisfare le necessità anche in via indiretta: essa infatti determina malattie da cui derivano degenerazioni che rendono l'uomo più incline al delitto, tuttavia anche la ricchezza può provocare analoghe conseguenze perché gli abusi e gli eccessi conducono a degenerazioni. Inoltre il ricco può trovarsi in condizioni in cui è più facile compiere certe forme di delitti e presumere di restare impuniti.

Pure il carcere esercita grande influenza sul delitto: i luoghi di reclusione facilitano gli incontri e l'aggregazione dei delinquenti, inoltre la restrizione influisce negativamente sul recluso.

Il punto di vista di Lombroso sui fattori esterni non può risultare persuasivo: non dimostra ma si limita ad affermare che la discendenza da ceppi di pazzi o criminali, l'alcool, la povertà contribuiscono a risvegliare i caratteri primordiali dell'atavismo. In questo settore Lombroso opera una evidente utilizzazione di dati statistici a favore della propria teoria ma la critica più radicale riguarda l'eccessiva semplificazione con cui egli fa dell'atavismo l'unica spiegazione del delitto in ogni sua forma.

Il primo temperamento è individuabile in un articolo pubblicato nel 1881: l'autore concede che accanto alle stigmate ataviche agiscano alterazioni morali. Ammette così l'esistenza del pazzo morale, privo di senso etico e incapace di distinguere l'illecito dal lecito così che gli istinti sono liberi di affiorare. La pazzia morale non è una idea originale di Lombroso, la recepisce infatti dalla psichiatria francese ed anglosassone per la necessità di giustificare alcune condotte criminali che non possono essere spiegate con l'atavismo. La pazzia morale gli consente inoltre di riallacciarsi alla grande tradizione medica europea.

E' però evidente che nel Lombroso degli anni '80, anche la pazzia morale è subordinata al fondamento primo del delitto che rimane l'atavismo: ve ne sono prove indirette e dirette, le prime sono la scarsezza di pazzi morali nei manicomi. E' prova diretta la frequente presenza nel pazzo morale di numerosi caratteri degenerativi del delinquente atavico.

Nel 1884 esce il primo volume della terza edizione: vi è il sottotitolo Delinquente pazzo e pazzo morale. Come le altre edizioni riflette i convincimenti maturati negli anni precedenti. E' aggiunto un capitolo sulla embriologia del delitto.

Vediamone la struttura. Secondo Lombroso il delitto è un fenomeno naturale tutt'altro che esclusivo dell'uomo: nel mondo fisico si osservano equivalenti. Soprattutto tra gli animali addomesticati vi sono dei soggetti che superano la barriera dell'educazione loro impartita, e questo avviene, come nei delinquenti, per anomalie organiche o per fatti esterni della vita. Situazioni atmosferiche, fame ed alcool determinano negli animali portatori di tali anomalie la stessa spinta che spinge l'uomo delinquente al delitto. Anche negli animali si osservano equivalenti della pena e Lombroso fa gli esempi delle cicogne che sbranano la femmina adultera, e delle scimmie che percuotono i piccoli quando si ribellano. Dall'analisi del comportamento animale l'autore passa a quella dei selvaggi: presso le popolazioni primitive la violenza, la prostituzione e la bestialità sono regola al punto da essere normali comportamenti. La situazione muta quando capi e sacerdoti vedono in tali condotte una minaccia ai loro interessi e reagiscono imponendo una pena. Anche qui vi sono delle esemplificazioni: l'arbitrarietà della tesi è palese ma ciò che lascia di stucco è la affermazione di Lombroso che ne deduce la prova che la moralità e la pena sono effetti del delitto.

Infine Lombroso considera il fanciullo, in cui osserva sentimenti ed azioni improntati a violenza, crudeltà che nell'adulto sono abnormi ma in lui normali poiché corrispondono ad una fase non ancora completa dello sviluppo psichico. Solo in un secondo tempo si forma in lui la coscienza morale per paura del castigo o per convenienza.

Nella terza edizione del 1884 la follia morale diventa così elemento costituzionale del delinquente atavico giacché comporta carenze strutturali psichiche che lo riportano a stadi ancestrali privi di senso etico: il libro contiene anche un abbozzo di distinzione di tipi criminali. Questi riflettono le istanze dei giudici e degli avvocati che chiedono una schematizzazione dei rei e dei reati utile ai fini di giustizia. Tuttavia la tipizzazione del criminale non riesce e bisognerà attendere la quarta e la quinta edizione per vederla delineata.

Il secondo volume non uscirà mai e neppure il terzo, occorrerà attendere la quarta edizione del 1889 per vedere l'opera nuovamente completa.

Negli anni novanta Lombroso si trova spinto ad ampliare ancora la sua classificazione, per far sì che essa possa comprendere senza stridenti contrasti anche i rei politici ed i rivoluzionari: è evidente che le caratteristiche e la condotta di questi non possono essere considerate espressione di regressione atavica.

D'altro canto deve tener conto delle critiche formulate da politici e sociologi: per questi il delitto è un fenomeno sociale e storico.

Il contrasto con le posizioni lombrosiane non potrebbe essere più netto ed il Maestro si rende conto che fare resistenza sul delinquente politico lo porterebbe alla catastrofe. Pubblica, in collaborazione con Laschi, il volume Il delitto politico e le rivoluzioni in rapporto al diritto, all'antropologia ed alla scienza di governo (1890) che introduce una nuova categoria criminale: si tratta di una apertura, ma anche di una nuova difficoltà per i suoi avversari.

Nel testo si distingue la "rivoluzione" "fenomeno fisiologico" e la "ribellione" come fenomeno patologico di "incubazione precipitosa, artificiale". In questa distinzione tra fisiologia e patologia di comportamento Lombroso si mostra legato a concezioni biologiche ed al tentativo di estenderle a campi loro estranei come quello della valutazione storico-politica.

L'arbitrarietà di tale estensione è dimostrata dalla insufficienza della teoria a valutare tutti i fenomeni rivoluzionari: lo stesso Lombroso deve dichiarare l'esistenza di casi intermedi e di eventi che appaiono del tutto inclassificabili.

La quinta edizione, del 1897, è la più meditata. Il materiale è distribuito in tre volumi accompagnati da un atlante: poiché rappresenta l'espressione culminante del lombrosismo antropologico criminale merita esaminarne la struttura.

Inizia con L'embriologia del delitto, rappresentando quelli che ne ritiene gli equivalenti nelle piante e negli animali: ci sarebbero anche equivalenti della pena. Passa ai selvaggi tra i quali il delitto è la regola.

Espone poi le conoscenze sulla anatomia patologica e sulla antropologia del delitto. Riporta i risultati dello studio dei crani dei delinquenti identificandone le anomalie craniche, le alterazioni: passa a fornire i dati antropometrici e fisionomici ricavati da un gran numero di criminali. Quanto alla fisionomia, tiene conto della disposizione e dell'assetto delle rughe.

I caratteri che più spesso si osservano all'esame del criminale sono il prognatismo, l'asimmetria facciale, l'atteggiamento del volto, il grande sviluppo della mandibola, la sottigliezza delle labbra, la foltezza dei capelli. Queste ed altre connotazioni si raggruppano variamente a seconda del tipo criminale.

A questo punto passa ad esporre le cognizioni sulla fisiologia e sulla psicologia del delinquente nato, vale a dire della parte innovativa nello studio della biologia dei criminali. Ne considera la sensibilità generale, al dolore ed al tatto, il senso cromatico, l'acuità visiva, il campo visivo: ritiene che il frequente mancinismo osservato nei criminali corrisponda all'ambidestrismo dei selvaggi, dei bambini e degli idioti.

Il secondo volume tipizza il delinquente. Delinea la figura del pazzo morale e del delinquente epilettico tra cui individua un parallelismo, ppassa poi ad esaminare i caratteri del delinquente d'impeto o passione, il delinquente pazzo ed il delinquente d'occasione, Chiude prendendo in esame i mattoidi, alienati che in apparenza paiono geni ma in realtà sono persone comuni.

Il terzo volume prende in esame le cause del delitto: valuta le influenze meteorologiche, geografiche, della razza e della civiltà. Passa in rassegna gli effetti dell'alcoolismo e delle altre intossicazioni voluttuarie, considera l'importanza dei fattori economici, della religione e dell'ereditarietà atavica. Esamina l'età ed il sesso, le differenze tra uomo e donna. Per molti, e tra questi era Lombroso, le differenze anatomiche mostravano l'insufficienza del sesso femminile, erano persuasi che solo la maternità consentisse un riscatto della donna nei confronti del sesso maschile. Peraltro le donne delinquenti mostravano poche stigmate delinquenziali: Lombroso afferma che nella donna la prostituzione e le sue connotazioni sono l'equivalente del delitto e della degenerazione. L'opinione non è originale, in Italia l'aveva già espressa il Locatelli e ad essa Lombroso rimarrà sempre fedele.

Il terzo volume segnala infine le proiezioni sul delitto dello stato civile, della professione, della reclusione carceraria: passa alla valutazione delle cause dei delitti politici, conferma che il delitto politico non riconosce alcun fattore atavistico, né economico, ma espressione di rottura col misoneismo per significare avversione nei confronti delle novità e delle innovazioni in ambito sociale, politico, culturale e scientifico.




Capitolo 9

Il ricordo di Lombroso, delle teorie sul delinquente appaiono come coagulati attorno ai cimeli del "suo" Museo di antropologia criminale che egli battezza Museo psichiatrico criminale. Le raccolte del museo fissano idee e documenti che ebbero il merito di focalizzare l'attenzione delle scienze del diritto all'essenza biologica dell'uomo delinquente. L'importanza del museo per conoscere il lombrosismo è indiscutibile e merita delinearne storia, contenuti e significato.

Certo non ci sarebbe stata raccolta senza la capacità di Lombroso di vedere e di archiviare: le origini del museo sono presentate al grande pubblico in un articolo dello stesso Lombroso su L'Illustrazione Italiana del 1906.

Ricorda che la collezione inizia nel 1859: il nucleo diventa consistente nel periodo in cui è ufficiale medico ed ha modo di esaminare migliaia di soldati e raccogliere molti crani e cervelli.

Ritornato alla vita civile accresce il materiale, confessa il saccheggio dei cimiteri. Nel 1876 si trasferisce a Torino e la collezione di crani italiani si accresce ora di esemplari antichi e di selvaggi. Donazioni dimostrano che si sta formando un vivo interesse per le ricerche e gli studi di Lombroso.

La raccolta prende così un certo corpo: in occasione della Esposizione Nazionale di Torino del 1884 dovrebbe tenersi il I Congresso di Antropologia Criminale ma deve essere rinviato per l'esplosione di una epidemia di colera. Lombroso decide di esibire egualmente un primo saggio della raccolta: la mostra viene ripetuta, accresciuta, l'anno successivo a Roma, quando si riesce ad aprire il Congresso. Si tratta ora di un centinaio di crani, dell'intero scheletro di un ladro, di ritratti, di tatuaggi, di foto, di scritti e di opere. L'iniziativa verrà ripetuta all'Esposizione universale di Parigi del 1889.

Nonostante questi successi, Lombroso comprende che gli sforzi non gli consentiranno mai di organizzare una raccolta importante per gli specialisti: nel 1892 viene a sapere che l'ispettore generale delle carceri del Ministero dell'Interno Beltrami Scalia ha raccolto nel carcere romano di Regina Coeli pezzi anatomici con l'idea di farne un Museo criminale. Lombroso si rivolge all'on. Lucca, sottogretario del ministro dell'Interno Di Rudinì, che sa favorevole ai suoi studi ed ottiene la cessione dei reperti: avutane comunicazione si precipita a Roma ed in 24 ore tutto il materiale è imballato e spedito a Torino

Il peso di Lombroso è sempre in crescendo: nel febbraio del 1892 il Consorzio universitario di Torino riconosce l'esistenza del "Museo psichiatrico e criminologico" concedendogli un sussidio straordinario di 500 lire e l'impegno a versarne altre 1000. La Direzione Generale delle carceri dispone che affluiscano al Museo tutti gli scritti ed i manufatti dei detenuti che possano avere un qualche interesse scientifico, il Ministero di Grazia e Giustizia autorizza le cancellerie degli uffici giudiziari a trasmettere al Lombroso le armi ed i corpi di reato.

I locali di via Po sono ormai insufficienti, ed il materiale viene trasferito al Valentino: l'Istituto di Medicina Legale viene collocato nello stabile sito in via Michelangelo. Il trasloco è effettuato nel 1896 dal giovane Carrara, futuro successore e genero di Lombroso: nel 1898 viene inaugurato il "Museo di psichiatria e criminologia", l'occasione è quella del I Congresso Nazionale di Medicina Legale che si tiene a Torino.

A questo punto non solo la collezione è completa, ma ne è possibile l'esposizione permanente. Lombroso la descrive con viva soddisfazione. Nel 1904 la direzione del Museo passa a Mario Carrara, il materiale più importante costituisce il nucleo della "Esposizione di Antropologia criminale e Polizia scientifica" tenutasi in occasione del VI Congresso di Antropologia Criminale.

Nel 1909, alla morte di Lombroso, che per sua volontà è stato sottoposto ad autopsia, il Museo ne accoglie i resti. Nel 1910 viene fondato a Roma il Museo criminale, e da allora gli viene indirizzata gran parte del materiale giudiziario e carcerario. Negli anni successivi viene ricostruito lo studio di Lombroso. La direzione del Museo viene temporaneamente affidata a Patrizi tra il 1911 ed il 1913 e ritorna poi a Carrara sino alla sua messa fuori ruolo del 1932.

Da allora è storia recente Nel 1948 l'Istituto di Medicina Legale è trasferito nella nuova sede di via Chiabrera e lì lo segue il Museo.

Vediamone i contenuti, tentando un ordine di descrizione simmetrico a quello de L'Uomo Delinquente il primo accenno spetta ad una vetrina di anatomia comparata. Essa rispecchia l'opinione di Lombroso che risalendo a ritroso la scala zoologica si trovino equivalenti del delitto e della pena: il Museo conserva ancora tratti di cute con tatuaggi. La serie degli scheletri risulta dispersa e così pure parte della collezione craniologica.

La descrizione non può che proseguire senza filo logico, conseguenza della originaria mancanza di criterio espositivo.

Il museo possiede un notevole numero di maschere mortuarie di criminali: si rende necessario qualche cenno alla raccolta di maschere faciali in cera, opera di Tenchini, professore di anatomia dell'Università di Parma. Convinto dalle teorie di Lombroso, concepisce una sorta di galleria degli aspetti dei criminali: giungono alla sua osservazione cadaveri di criminali deceduti in carcere od in ospedale.

Oltre ai consueti rilievi procede al calco faciale:le maschere di Tenchini costituiscono una serie omogenea in cui alla fisionomia corrisponde l'indicazione della categoria criminale cui il soggetto è attribuito. La raccolta è pressoché completa ma in stato di degrado: la raccolta giunge a Lombroso dopo il 1895; la espone dal 1906, tuttavia mai la utilizza per le illustrazioni delle sue opere. Questo probabilmente perché all'epoca le tecniche ceroplastiche sono ormai rimpiazzate dalla fotografia e dai sistemi di preservazione diretta dei reperti nei liquidi conservativi.

Tra il materiale di provenienza romana c'è un grande modellino smontabile del Penitenziario di Filadelfia: ogni braccio è costituito da due serie parallele di celle. Si tratta di un celebre reclusorio: il condannato espia la sua pena in perpetuo isolamento notturno e diurno, senza che gli venga consentita alcuna attività.

Il Museo comprende pure una quantità di corpi di reato. La collezione è arricchita da una serie di armi da taglio donata nel 1893 da Frigerio e si assommano i reperti inviati dopo il 1893 a seguito della disposizione del Ministero di Grazia e Giustizia. Il corpo di reato può assumere significati totalmente diversi a seconda delle circostanze in cui è stato impiegato.

Il Museo espone inoltre una quantità di manufatti opera di detenuti: sono oggetti diversissimi, per uso quotidiano. Queste opere possono essere analizzate sul piano psicologico e su quello semiologico, valutandole cioè come "segni" di comunicazione del loro autore: dal punto di vista psicologico esse corrispondono alla necessità del carcerato di occupare il tempo che trascorre nella più totale inattività. Si scorge anche la materializzazione della necessità di personalizzare l'ambiente anonimo della cella e di comunicare. Le raccolte comprendono un certo numero di piccole sculture in creta o in mollica di pane: alcune rappresentano la ricostruzione plastica del fatto

Nel 1902 il dottor Cristiani invia dal manicomio di Lucca un gruppo di manufatti del ricoverato Lenzi: c'è in esposizione una enorme pipa per più persone rotante su di un tavolino. Altra espressione è il vestito di Versino, è uno dei pochi oggetti accompagnati da indicazioni precise: in realtà il "vestito" colpisce per la sua foggia e per la sua mole, ma resta semplice espressione di quel fenomeno che si osserva nelle istituzioni manicomiali in cui i ricoverati si procurano con ogni mezzo i materiali più diversi da utilizzare in piccole attività manuali.

Nel 1924 perviene dall'armeria reale l'uniforme variopinta di Gasparoni, sbandato e capobanda degli Stati pontifici: il Museo conserva infine insegne e costume di Lazzaretti, che Lombroso classifica come "mattoide". Lombroso ritiene Lazzaretti soltato "un povero pazzo". Nel 1904 il Museo riceve dalla Cancelleria del Tribunale gli indumenti indossati dal Lazzaretti al momento della uccisione.

La sezione di maggior rilievo documentario è probabilmente la raccolta di scritti, disegni e graffiti, che Lombroso trova nella sua ventennale attività di medico del carcere torinese, persuaso del loro significato di riflesso espressivo e sintomatico dei pensieri del detenuto: sotto questo profilo, di particolare interesse la collezione della ceramica criminale. Lombroso afferma che si tratta di opere "in cui il genio criminoso dell'artista riproduceva i suoi crudeli propositi".

La serie delle ceramiche è imponente: l'eterogeneità delle incisioni non consente una descrizione unitaria, spesso si legge il nome del detenuto o il suo soprannome, l'anno, il numero della cella, il reato, la condanna, il ricordo della donna. Alcune brocche sono state rese note per la loro singolarità.

Il museo conserva infine una quantità di pezzi anatomici con lesioni di esclusivo interesse medico-legale: gli studi sul "delinquente" condotti con i metodi della sperimentazione producono conseguenze di grande importanza pratica.

Il continuo sforzo del Maestro di ampliare i metodi di indagine utilizzando le più recenti scoperte, la constatazione della affidabilità dei nuovi mezzi e la ripetitività dei risultati ottenuti lo convincono della possibilità di rendere "scientifiche" anche le inchieste di polizia. Lombroso assume queste idee che applica in quel settore della medicina legale e della polizia scientifica conosciuto come "identificazione": con questo termine si intende quell'insieme di indagini che permettono il riconoscimento della persona, sia mediante rilievi diretti sia utilizzandone le tracce come sangue, sperma, urina, saliva.

Si può dire che Lombroso sia un precursore delle moderne linee di sviluppo della identificazione, è palese che Lombroso preconizza l'impiego della fotografia non solo per la identificazione del caso singolo ma addirittura per la creazione di un archivio centrale.

Le ricerche antropometriche portarono Lombroso ad aderire alle tecniche proposte da Bertillon, direttore della polizia parigina, per il riconoscimento del criminale: il tecnico francese afferma che, nonostante il passare degli anni, vi sono alcune misure fisse, perché legate alla struttura scheletrica, facilmente accertabili che possono essere trasmesse a distanza così da rendere agevole l'accertamento della reale identità di uno sconosciuto o di un sospettato.

Lombroso compie un passo avanti rispetto a Bertillon dimostrando che il craniogramma o rilievo cranico è molto più preciso che non le misurazioni. Anticipa anche l'impiego delle impronte digitali: Ottolenghi, collaboratore di Lombroso, nel volume celebrativo L'Opera del Maestro ne segnala i meriti. Questo, nel commentare ciò che si è scritto su di lui sembra schermirsi.




Capitolo 10

L'inizio del XIX secolo e le profonde innovazioni culturali politiche, economiche e sociali determinano un cambiamento del sistema penale europeo: si assiste alla scomparsa di ogni forma di sanzione privata, alla centralizzazione dell'amministrazione giudiziaria ed alla oggettivazione dei tipi di reato. Questo processo è conosciuto come rivoluzione giudiziaria.

Qualche decennio più tardi, verso metà '800, sullo sfondo del progressivo abbandono della concezione utilitaristica del diritto, di derivazione illuministica, si forma quella che prende il nome di Scuola Classica: ad essa le va riconosciuto il merito di aver posto buona parte dei principi del moderno diritto penale quale la sua certezza, i principi di legalità, di eguaglianza e di non punibilità per analogia, la presunzione di innocenza e l'inviolabilità del diritto alla difesa.

In Italia la Scuola Classica trova il suo teorico nel criminalista Francesco Carrara. Gli dobbiamo l'elaborazione teorica di un sistema articolato con la sua sanzione equilibrata rispetto alle altre: per Carrara esiste un principio etico divino supremo che concede diritti ed impone doveri nell'ambito della società civile. Il reato è determinato dalla violazione della norma, l'uomo viola le norme nella più totale libertà ed è pienamente responsabile dei reati che commette, salvo casi ben definiti di alienazione mentale.

Una concezione di questo tipo non può essere accettata dalle nuove scienze dell'Ottocento, come l'antropologia e la sociologia, e che considerano l'uomo sotto prospettive diverse. L'oppositore più noto alle ideologie della Scuola Penale Classica è certo Lombroso, secondo il quale il delitto è un fenomeno naturale ed il diritto penale una scienza naturalistica come le altre discipline che si occupano dell'uomo. Per Lombroso la realtà è costituita dagli eventi che si osservano e non dalla loro classificazione giuridica; lo studio del reato deve spostarsi dalla violazione della norma alla persona di chi lo compie. L'astrattismo legale cede di fronte all'analisi del reo, il metodo di indagine è quello sperimentale e non la speculazione intellettuale fredda e distaccata.

Si tratta di un orientamento nuovo, che osserva crimine e criminale sotto una prospettiva umanistica: il "delinquente nato", il suo equivalente che è la prostituta, l'epilettico ed il mattoide hanno una conformazione tale che li determina a condotte antisociali. Il comportamento criminale ne è la conseguenza.

Tutte le concezioni criminalistiche precedenti a Lombroso riconoscevano l'autodeterminazione, il "libero arbitrio" nella condotta delittuosa che è il fondamento della responsabilità morale: Lombroso afferma invece che il delinquente agisce per anomalie della sua costituzione o per effetto di particolari caratteristiche anatomiche, fisiologiche che ne predeterminano la condotta. Il delitto è quindi espressione diretta o indiretta di malattia ed è pertanto inutile voler accertare l'esistenza della colpa morale. Al concetto di responsabilità morale Lombroso sostituisce quello di responsabilità legale: è una sorta di responsabilità oggettiva che prescinde dalla colpa e che viene accollata al reo soltanto per ragioni di difesa sociale. Il grado di questa responsabilità viene calcolato in riferimento alla pericolosità del soggetto, vale a dire alla sua capacità a delinquere in prospettiva futura.

L'eliminazione del concetto di colpevolezza dell'autore di un reato e la sua sostituzione con quello di responsabilità legale o capacità a delinquere impone la prevenzione del delitto e delle recidive da attuarsi mediante i sostitutivi penali: consistono nella creazione di condizioni sociali che annullino od attutiscano le spinte al delitto. Il tema sfiorato da Lombroso sarà approfondito dai suoi collaboratori: quando la profilassi sociale non è sufficiente ad impedire il delitto si passa alla terapia mediante la privazione della libertà personale sino a che il soggetto continuerà ad essere pericoloso.

Dopo aver commesso il crimine, il reo non deve essere giudicato in riferimento alla gravità della azione: la società non ha il diritto di punire ma la necessità e la facoltà di difendersi e questo soltanto nella prospettiva degli ulteriori reati che potrebbero essere commessi in futuro. Di fatto non è possibile commisurare la pena la delitto.

In sintesi Lombroso concorda sul fatto che il diritto penale riconosce una gerarchia di valori ma sulla esclusiva base della loro utilità sociale. Le leggi non hanno significato di comando, ma strumento con cui la società tutela beni e interessi: a monte non vi è alcuna responsabilità morale. La colpevolezza non consiste in una violazione riprovevole delle norme, la sanzione penale viene comminata al di fuori di ogni visuale retributiva: la pena non è un castigo ma una forma di difesa sociale e l'essenza del diritto penale sta nel concetto di prevenzione.

Da tutto questo deriva un mutamento del significato dello stesso processo penale. Per la Scuola Classica esso ha lo scopo di verificare le prove del reato, di individuare il colpevole e di comminargli equa pena: per Lombroso vale ad accertare se il delitto può essere attribuito alla condotta fisica ed alla elaborazione mentale del reo, a determinare la pericolosità di questo ed infine a porlo nella condizione di non più nuocere.

Lombroso auspica la trasformazione del processo penale in una valutazione scientifica, polemizza con la scarsezza di preparazione antropologica e di buon senso comune dei magistrati con le giurie popolari. Egli formula osservazioni sulla procedura penale con l'obiettivo di adeguarla alla applicazione delle sue teorie, è contrario all'esistenza del giudizio di secondo grado al quale ci si possa appellare. Si tratta di un istituto previsto da tutte le legislazioni moderne ed anche dal primo codice di procedura penale dell'Italia Unita promulgato nel 1865.

Ancora più negativo il giudizio sulla Cassazione. Lombroso si ribella soprattutto alla concessione di quel particolare atto di indulgenza successivo a regolare condanna conosciuto con il nome di grazia: un sistema che identifica la criminalità non può concepire atti di clemenza, afferma trattarsi di "una delle molte contraddizioni del diritto criminale moderno". "Grazia vuol dire pietà; ma come potete usarne voi con chi credete essenzialmente cattivo?"

Con decreto 1889 viene pubblicato il primo codice penale dell'Italia Unita. E' conosciuto con il nome Zanardelli, ne risulta un codice di transizione che contiene alcuni compromessi con la Scuola Positiva.

Il codice Zanardelli abbandona il concetto di "libertà di elezione" ma mantiene quello della colpevolezza riprovevole a fondamento della imputabilità: ammette la liberazione condizionale, concede al giudice un ampio spazio di discrezionalità, accoglie alcune misure di sicurezza per i rei penalmente incapaci e contempla la facoltà di ordinare l'internamento del delinquente-infermo in un manicomio. La riforma Zanardelli istituisce luoghi di detenzione speciali per le donne, i minorenni, i seminfermi di mente, per gli ubriachi e prevede la destinazione a lavori creando cinque manicomi giudiziari, sette colonie agricole. Il codice si distingue per l'abolizione della pena di morte e per mitezza delle sanzioni.

Nel 1888 Lombroso scrive una monografia di critica in cui illustra con ampiezza di argomenti il proprio pensiero in molti settori penalistici: riconosce che il nuovo codice contiene riforme lodevoli, ma gli addebita una ingiustificata ed eccessiva mitezza. Nelle concezioni di Lombroso il recidivo rappresenta un pericolo per la società e deve essere messo in condizioni di non nuocere con rapidità: non così nel progetto Zanardelli, in cui si giunge a non riconoscere la recidiva aspecifica, che è quella di chi commette un secondo delitto di genere diverso dal primo. Lombroso osserva che l'affinamento del delinquente lo porta a mutamenti mentre chi persevera nello stesso reato è quasi sempre un semi-imbecille.

Dedica un intero capitolo alla abolizione della pena di morte, che giudica espressione di falso sentimentalismo, mentre un simile provvedimento contraddice ad una precisa esigenza di difesa sociale: osserva che la pena capitale esercita una efficacia intimidatrice necessaria nella lotta contro la criminalità organizzata senza la quale verrebbe garantita l'impunità degli ergastolani. Depongono infine a favore del mantenimento della pena di morte l'argomento storico e l'effetto eugenico che le si può riconoscere.

Oggi non è possibile concedere a queste vedute di Lombroso alcun contenuto scientifico: nei decenni successivi si è mossa in senso diverso a quello da lui suggerito, tranne che per la tendenza alla restrizione dei tempi di scadenza dei termini massimi delle diverse fasi processuali. Gli va tuttavia riconosciuto il merito di aver richiamato l'attenzione sull'uomo quale autore del reato applicando quelli che egli riteneva i metodi più moderni: moderni certo lo erano, quanto al rigore di Lombroso, tutta la critica riconosce che lascia piuttosto a desiderare.

Nonostante i suoi limiti, Lombroso delinea la direzione di un nuovo percorso della scienza penale.

Vediamone l'ulteriore sviluppo. Lombroso non esaurisce lo studio di tutti gli aspetti del delinquente, la sua antropologia considera le anomalie organiche ed esclude con ciò i fattori psichici. La Scuola Positiva colma la lacuna, a prezzo però della amputazione del suo principio fondamentale.

L'apertura allo psicologismo spetta a Patrizi, professore di Modena, "comandato" all'Università di Torino e quindi successore ufficiale dello stesso Lombroso: egli ritiene che il delitto sia una delle possibili forme dell'umano agire. L'azione è sempre espressione di un processo psicologico attivo: dall'attività psichica anormale scaturisce l'attività anormale che si pone come condotta antisociale. Il delinquente è prima di tutto tale psichicamente, a monte della degenerazione fisica si pone la degenerazione mentale. Si supera lo scoglio dell'antropologia di Lombroso che riconosce soltanto il tipo del delinquente nato, il polimorfismo delle alterazioni rende ora ammissibile l'esistenza di una pluralità di tipi psicologici criminali.

E' Garofalo che impone un vero cambiamento di rotta ammettendo che l'essenza del criminale non sia sempre connessa a caratteristiche anatomiche anormali. In altre parole ammette la possibilità di un delinquente psichico puro senza stigmate somatiche. Questo tradimento fa perdere alla Scuola Positiva la presunzione di certezza scientifica che la contraddistingue: non vi sono più forme tipiche, misure conosciute e dati statistici, vi sono invece definizioni psichiatriche vaghe e discutibili.

A questo punto il percorso si trasforma in un sentiero in salita: i cultori della psicologia antropologica giungono ad identificare tre possibili condizioni. Vi è un delinquente psichicamente normale e come tale pienamente responsabile, il soggetto originariamente anormale ma normalizzato in misura maggiore o minore dall'educazione ed infine il malato decisamente anormale e perciò irresponsabile.

Solo quest'ultimo delinque per effetto della anomalia e soltanto lui è uno psicopatico criminale: anche Ferri, il maggiore dei discepoli di Lombroso, elabora una classificazione e li suddivide in cinque categorie: pazzi, nati tali, abituali, d'occasione e per passione. Per Ferri il delitto è un aspetto negativo della natura che si manifesta in tutti gli aspetti della realtà e anche nella vita sociale. Il pensiero di Ferri è materializzato nella Sociologia criminale, la sua opera maggiormente nota: in essa le cause del delitto sono molteplici, riconosce i fattori organici e quelli psichici, ereditari quanto acquisiti.

Non vi è libero arbitrio: la naturale carenza di libertà si riflette nella mancanza di condanna morale. La responsabilità non è neppure legale ma sociale perché chi fruisce dei vantaggi della vita nel consorzio civile risponde ad esso della propria condotta.

Non sono le leggi che servono a prevenire il delitto ma i sostitutivi penali: con questa espressione intende la creazione di condizioni sociali che eliminino i fattori favorevoli al delitto. Per Ferri la pena mantiene il suo fine esclusivamente difensivo e deve essere commisurata alla personalità del delinquente.

Nel 1919 è ministro guardasigilli il senatore Mortasa, che nomina Ferri presidente di una commissione "con l'incarico di proporre le riforme nel sistema della legislazione penale per conseguire un sicuro presidio contro la delinquenza abituale". Ben presto si dimettono i due membri antipositivisti ed a questo punto la commissione resta composta dai soli membri positivisti.

L'occasione è favorevole ed il progetto Ferri si distingue per l'audacia di aver materializzato nello schema di un corpo di legge anche le punte avanzate del pensiero positivista. Sarà superato dalle vicende politiche e dalla legge 1925 che delega il governo fascista a modificare la legislazione penale.

Le conseguenze cui perviene Ferri non sono comunque accettabili né sul piano pratico né su quello filosofico: non lo è la sua teorizzazione che pone la sociologia avanti e sopra a tutto. Egli afferma che il diritto penale è "un ramo della sociologia" o meglio "il capitolo giuridico della sociologia criminale". Queste considerazioni danno ragione alle critiche che accusano la Scuola Positiva di essere antigiuridica.

I tempi sono maturi per il superamento del dualismo tra Scuola Classica e Scuola Positiva: ne è una prima traccia in Lucchini, che pur feroce oppositore del positivismo ammette la possibile inesistenza del libero arbitrio. Per questo è considerato antesignano di quella Terza Scuola coagulatasi attorno a Alimena che riconosce la coesistenza dei fattori criminogeni individuali da entrambe le scuole che l'hanno preceduta.

E' l'onorevole Rocco che nel 1927 elabora il progetto di un nuovo codice penale: il testo si adegua alle ideologie dell'epoca e vuole tutelare lo Stato, salvaguardando il principio d'autorità, ripristinando la pena di morte ed inasprendo tutte le altre sanzioni. Il codice viene approvato nel 1930 e mantiene il dualismo tra imputabilità e pericolosità, tra prevenzione e sanzione, tra pene e misure di sicurezza.

Il codice riconosce alcune figure tipiche del positivismo quale il delinquente abituale, il delinquente professionale ed il delinquente per tendenza, impone l'identificazione dei motivi occasionali e passionali e contiene norme che regolano il trattamento degli infermi e dei semi-infermi di mente. Alla promulgazione del codice si accompagna la cosiddetta riforma minorile che sottrae il reo minorenne al processo ordinario per un sistema di rieducazione sociale preconizzato dalla Scuola Positiva.




Capitolo 11

Nel 1878 Lombroso pubblica Pensiero e meteore: è un libro d'avanguardia che prova la tendenza del suo autore a percorrere nuove strade della scienza. Nel testo cerca di definire i rapporti tra i fenomeni meteorologici ed alcune manifestazioni dell'uomo come l'omicidio, l'alienazione mentale ed il genio.

Già l'introduzione appare innovativa: consiste in un richiamo a considerare i valori numerici che ritiene in grado di chiarire anche gli aspetti dei fenomeni biologici e dell'attività psichica. Il testo considera il progressivo sviluppo delle conoscenze sui rapporti tra i fattori astronomici e meteorologici, che Lombroso accomuna nel concetto di meteore, ed il comportamento umano, le malattie, le alienazioni e la mortalità dell'uomo sia nell'antichità sia nei tempi più recenti: passa a considerare l'influenza delle condizioni atmosferiche, della temperatura, della pressione, del vento, dell'umidità, sullo sviluppo delle alienazioni mentali, crisi maniacali e manifestazioni convulsive. Valuta ancora variazioni magnetiche, posizioni planetarie e fasi lunari, esamina i rapporti delle meteore con le guarigioni dei pazzi e la mortalità. Gli ultimi capitoli prendono in considerazione le proiezioni della situazione astronomica e del clima sui suicidi, omicidi, su altri delitti.

Viene infine alle conclusioni, dove esprime la propria insoddisfazione di non aver toccato la meta che si era proposta. Afferma di aver accertato che l'influenza della elettricità atmosferica, del magnetismo e dell'umidità è nulla. Gli effetti dei venti, delle eclissi, dei solstizi e dei terremoti è dubbia, più chiari quelli connessi alla posizione solare ed alle fasi lunari. Del tutto evidenti le conseguenze delle variazioni barometriche. Vi è infine una precisa correlazione tra la situazione astronomica e meteorologica e le manifestazioni del genio.

La sua pubblicazione ha suscitato un vespaio di critiche: chi non ha compreso il suo pensiero va scrivendo che, secondo Lombroso, il comportamento umano e le azioni delittuose sono determinati esclusivamente dal freddo e dal caldo. L'accusa è ingiusta, forse in malafede: urge una risposta ed ecco che Lombroso nel 1882 pubblica Sul delitto e le meteore. Studi critici, in cui ribadisce il proprio pensiero. Aggiunge che nei mesi caldi si verifica un aumento degli omicidi, della violenza e degli stupri sui fanciulli, termina lo scritto rispondendo ai suoi detrattori.

Gli studi sugli effetti delle meteore sono continuati giungendo ad elaborare le attuali conoscenze su quelle che vengono definite meteoropatie. Ad un secolo dalla pubblicazione di Pensiero e meteore è stata individuata una correlazione significativa tra le fasi lunari, il comportamento aggressivo, i suicidi e gli omicidi: si è accertato che la percentuale di delitti nei giorni di luna piena è più elevata. Il complesso di questi dati costituisce una conferma della teoria di Lombroso.

Nel 1882 Lombroso fa un passo avanti nel percorso che lo porterà ad occuparsi di fenomeni psichici straordinari: pubblica un articolo Sull'azione del magnete e sulla trasposizione di sensi dell'isterismo. Descrive due casi. Un ragazzo di tredici anni, facile a cadere in ipnosi, prova caldo e bruciori a seconda del metallo con cui è messo a contatto: guarirà con l'ossido di rame in dosi omeopatiche. In una ragazzina di quattordici anni isterica, spasmofilica e sonnambula il senso della vista pare spostarsi dagli occhi alla punta del naso ed al padiglione auricolare e quello dell'olfatto al dorso del piede ed al mento: Lombroso osserva che simili fenomeni sono già stati segnalati e che anche i sonnambuli sembrano vedere ad occhi chiusi e propone una spiegazione audace. La trasposizione sarebbe da vedersi alla luce della affermazione di Darwin che il senso della vista non è altro che una specializzazione di quello del tatto.

Gli interessi di Lombroso si accentrano ora sull'ipnotismo: nel 1886 pubblica Studi sull'ipnotismo. E' una serie di osservazioni alle quali, a distanza di un secolo, c'è poco da aggiungere. Nel sonno ipnotico l'intelligenza non si fa più viva mentre spesso la memoria risulta invece rafforzata, possono cambiare l'individuazione sessuale, il carattere e la grafia. Di solito, la volontà viene soppressa e sostituita da quella dell'ipnotizzazione. Avviene però che l'ipnotizzato si ribelli alla volontà dell'ipnotizzatore quando non ne condivide le direttive. La forza muscolare non subisce variazioni mentre calano le percezioni sensoriali e dolorifiche: il battito cardiaco presenta variazioni.

Nel 1887 pubblica sull'Archivio L'ipnotismo applicato alla procedura penale, che tratta delle possibili utilizzazioni delle tecniche ipnotiche nelle indagini giudiziarie. Anche qui approda a conclusioni tutt'ora valide: l'ipnotismo non serve perché l'ipnotizzato è in grado di simulare anche incoscientemente. Può avvenire che l'ipnotizzato capti i pensieri dell'ipnotizzatore e si adegui ad essi e se non li capta tenderà comunque a compiacere il suo padrone psichico. Tuttavia, l'ipnosi può essere utilizzata per altre necessità. Propone di avvalersene per sapere ove si trova il corpo del reato e accertare chi e come abbia indotto il primo sonno.

Ancora nel 1887 Lombroso tiene una lezione sul tema Le nuove scoperte della psichiatria: ragguaglia sui miglioramenti nella classificazione delle malattie mentali e informa che i suoi studi sono ora focalizzati sulla natura del pensiero. Si tratta di una apertura che lo porterà lontano.

La parapsicologia è il moderno affinamento della ricerca psichica: da metà '800 l'attenzione è accentrata sullo studio del medium, una persona con la particolare dote di produrre fenomeni paranormali in realtà determinati da entità incorporee che comunicano suo tramite. E' il presupposto dello spiritismo: a questo termine va riconosciuto un significato filosofico ma si identifica nella pratica di rievocare persone defunte. E' una forma di sperimentazione che trova fertile terreno nell'ambiente intellettuale inglese all'epoca del contrasto tra religione e scienza determinato dalla diffusione delle teorie darwiniane.

A più di settanta anni dalla scomparsa, Eusapia Paladino (1854-1918) resta uno dei medium più famosi di due secoli di ricerca psichica: conosciuta a Napoli come Sapio, tratta di fenomeni medianici sulla quale si accentra l'interesse degli astanti e degli spiritisti partenopei. La costituzione robusta e l'aspetto rozzo di popolana della Paladino corrispondono alla sua personalità: è incolta, analfabeta, avida e presuntuosa.

I fenomeni prodotti da Eusapia sono molti: dalla sua testa e dalle sue mani scaturiscono scintille, dalla lesione al capo emana aria fredda. Si solleva e levita in aria mentre è seduta, muove ed alza tavolini, sposta e fa comparire oggetti, fa squillare campanelli, produce impronte di mani su argilla, fa comparire lo spettro di persone care scomparse, come la madre di Lombroso.

La sua notorietà esplode dopo il 1890: nel 1891 sorprende e si accattiva lo stesso Lombroso con una serie di dimostrazioni che si svolgono in Napoli. La serie dei trionfi si interrompe nel 1895: siamo a Cambridge, qui la Paladino è vittima di un grave incidente: viene sorpresa mentre sposta un oggetto che dovrebbe levitare e perciò accusata di frode. I ricercatori inglesi respingono tutti i fenomeni prodotti dalla medium italiana.

Del resto che Eusapia si aiuti con piccoli accorgimenti lo si sa da tempo: dopo Cambridge Eusapia recupera faticosamente credibilità con nuove dimostrazioni che tiene a Genova. Tornerà a Parigi esibendosi alla presenza di Marie Curie, due volte premio Nobel. Questa lunga sperimentazione dimostra il grande interesse suscitato dalle straordinarie facoltà della Paladino. I suoi poteri vanno però decadendo sino alla morte avvenuta a Napoli nel 1918, all'età di 64 anni: la sua fama è, ancor oggi, grandissima.

Con ciò è facile comprendere come la Paladino sia stata vittima di false accuse: nel 1904 si celebra a Napoli un processo intentatole dal suo vicino. Il Pubblico Ministero chiede l'assoluzione, il pretore decide conformemente ed aggiunge la condanna del diffamatore querelante.

Cesare Lombroso è sempre tenuto sdegnosamente distante dallo spiritismo.: nonostante questa opposizione, la presenza di Lombroso alle sedute della Paladino è quella di maggior spicco agli inizi degli anni '90.

Siamo nel luglio 1888: sul settimanale Fanfulla compare un articolo di Lombroso su L'influenza della civiltà e dell'occasione sul genio. Nella conclusione fa osservare la scarsa propensione della società ad accogliere scoperte che contrastano con il comune modo di sentire e rileva che solo in un  secondo tempo esse riescono a prevalere.

A questo punto non si trattiene dallo spezzare una lancia a favore delle proprie tesi: queste affermazioni offrono un'occasione da cogliere al volo. Lo spiritista napoletano Chiaia non se la lascia sfuggire e fa pubblicare una lettera che invita Lombroso a Napoli per prendere parte a sedute e rendersi conto della realtà dei fenomeni medianici.

Lombroso sulle prime è riluttante, quando però viene a sapere che altri studiosi hanno aderito si dichiara disposto a portarsi nella città partenopea. Nel marzo 1891 ha luogo un ciclo di sedute con Eusapia Paladino sotto le direttive che lo stesso Lombroso è riuscito ad imporre.

Il risultato è sconcertante: si verificano fenomeni scientificamente inspiegabili, si producono apporti e telecinesi di oggetti che scuotono lo scetticismo di Lombroso. Prima che Lombroso dimostri che essi costituiscono un aspetto della realtà e che possono essere distinti dagli artifici e dai raggiri solo pochi ricercatori hanno avuto il coraggio di occuparsi e di riferire della fenomenologia fisica del medianismo.

La notizia che Lombroso si interessa di spiritismo è una bomba: l'adesione dello scienziato, sia pure con le riserve, viene posta in risalto e la notizia fa il giro del mondo sollevando clamore per la notorietà della persona. Si registrano pochi consensi entusiastici e molte polemiche.

Lombroso prende parte ad altri cicli di esperimenti. Nel 1892 è a Milano e ne trae la conferma della assenza di frodi e della assoluta inspiegabilità dei fatti osservati. Gli accurati verbali sottoscritti da personalità scientifiche della importanza di Schiaparelli e Lombroso, rappresentano un punto fermo nella storia del medianismo. Dieci anni più tardi Lombroso avrà nuovamente la possibilità di riesaminare la medium a Genova.

Lombroso si rende conto del significato della propria adesione allo studio dei fenomeni medianici, ritiene quindi di doversi giustificare con le seguenti parole con cui tende a presentarsi come un esempio di grande coerenza scientifica: "Quando al termine di una carriera ricca ho iniziato le ricerche sui fenomeni detti spiritici, mi sorsero contro gli stessi amici più cari...Ebbene: tutto questo non mi ha fatto esitare. Perché mi parve fatale il coronare una vita vissuta nella ricerca di nuovi ideali, combattendo per l'idea più combattuta e forse più derisa del secolo. Io ero fra quelli più implacabili".

Pare indubbio che gli studi che Lombroso aveva svolto sull'azione delle forze meteoriche, sul magnete, sull'isterismo e sull'ipnotismo abbiano provocato in lui una inconscia apertura allo studio delle forze ignote. E' possibile seguire i graduale formarsi dei convincimenti di Lombroso attraverso i suoi scritti: dapprima viene meno la persuasione che le conoscenze scientifiche possano spiegare tutti i fenomeni psichici.

Nel concludere la prima parte del volume delle Ricerche, interamente dedicata all'ipnotismo, l'Autore fa un ulteriore passo avanti affermando che si osservano fenomeni non solo inspiegabili ma che contrastano con le acquisizioni della scienza consolidata.

L'adesione alle concezioni spiritistiche induce Lombroso dal 1896 ad aggiungere nell'Archivio una sezione speciale dedicata alla ricerca sul "Medianismo": l'iniziativa solleva censure veementi che si infrangono contro la ostinazione di Lombroso.

Lo studio del medianismo e degli altri filoni paranormali occupa totalmente gli ultimi anni di vita del maestro: il positivismo lombrosiano abbraccia tutto l'ambito delle scienze naturali che egli ritiene spiegabili con le leggi della matematica, della fisica e della chimica. Questa concezione sarà soltanto temperata dai principi evoluzionistici che certo non appartengono alle scienze esatte.

Una simile posizione non si concilia affatto, anzi urta con l'accettazione della teoria spiritistica che ammette ciò che è irrazionale: la contraddizione viene posta in luce sia da coloro che rimangono legati alla dottrina positivista sia dai cattolici.

A questo punto la via di fuga è obbligata, occorre ammettere la materialità dello spirito. Resta comunque difficile riassumere il pensiero di Lombroso sul complesso dei fenomeni ipnotici, telepatici e spiritici. Le sue affermazioni riguardano questo o quel fenomeno particolare.

Con il trascorrere del tempo l'esperienza di Lombroso in ambito spiritistico si consolida e giunge a formulare rilievi da cui risulta la persuasione che l'attività spiritica sia un effettivo prodotto del medianismo: l'ultima tappa della progressiva evoluzione del pensiero di Lombroso su questi fenomeni è la ammissione che in essi intervenga effettivamente la personalità dei trapassati.

Resta aperto il problema del contributo di Lombroso agli studi sul paranormale che è in ogni caso modesto: se ne occupa tardivamente, per caso, e quasi esclusivamente per l'entusiasmo verso un settore nuovo. Non fa scoperte fondamentali e non lascia alcuna traccia significativa in tutto il settore, non porta nemmeno un contributo di metodo perché non è in grado di farlo. Come sappiamo, uno degli aspetti più deboli della scienza lombrosiana è proprio la carenza del rigore della ricerca. Non innova neppure negli altri argomenti di cui si occupa.

L'unico merito personale che gli va riconosciuto è quello di aver considerato con attenzione i fenomeni del medianismo che si producono nelle sedute spiritiche. Lombroso contribuisce però a togliere il medianismo dalle mani di pochi specialisti, per lo più osservatori ingenui ed inesperti, ad identificare i trucchi prodotti inconsciamente, a stigmatizzare ed isolare i ciarlatani, molto frequenti nel mondo che gravita intorno al paranormale, a porre le basi per una ricerca veramente scientifica ed a nulla più.




Capitolo 12

Il trascorrere della vita mostra Lombroso impegnato in ricerche lingistiche, sul cretinismo, in vari settori di anatomia patologica, sulla pellagra, in psichiatria, in criminologia ed infine nel campo dei fenomeni paranormali. In ogni settore ne constatiamo l'obiettivo di aggancio al fatto ed all'obiettività, nella prospettiva di un rispetto della dottrina positivista e della ricerca sperimentale: l'argomento di maggior impegno resta quello del delinquente che per il fondatore dell'antropologia criminale è tale soltanto a motivo della struttura del proprio fisico e del proprio cervello.

Questa affermazione non è condividibile. Tuttavia il posto di Lombroso nella storia delle scienze biologiche è assicurato per il richiamo alle relazioni tra la personalità fisica e la sua personalità psichica.

Inoltre il merito di Lombroso è indiscutibile. Egli ha contribuito a spostare gli interessi della scienza da una concezione del delitto che lo considerava come violazione della legge morale per focalizzarli sulla personalità del reo e sull'analisi della natura: ha aperto la strada ad un orientamento giuridico e giudiziario che vogliono comprendere prima di punire, con la finalità di sottrarre ai rigori della sanzione gli irresponsabili ed i malati. I suoi studi hanno provato che nei criminali si realizza un accentramento di anomalie anatomo-funzionali e che la tendenza criminale è determinata da una abnorme reattività antisociale.

Le ricerche di Lombroso sui caratteri fisici hanno anche importanza nello sviluppo delle tecniche di identificazione personale che danno l'avvio alla polizia scientifica: tuttavia l'opera di Lombroso contiene numerose aperture di ordine speculativo. Dal fatto naturalistico constatato trae spesso deduzioni di ordine generale: in esse prospetta una concezione esclusivamente fisico-chimica della natura e dell'uomo. Si tratta di una prospettiva materialistica totale.

La semplicità e la facilità di comprensione di questa estensione contribuiscono alla diffusione ed al successo del lombrosismo, il grande pubblico non avverte i segnali delle difficoltà, nessuno percepisce le incongruenze che mettono in crisi la costruzione del delinquente nato.

Eppure, se esaminiamo le polemiche dell'epoca, notiamo che gli avversari obiettano che se il delinquente ha certe caratteristiche anatomiche e psicologiche è innegabile che ci sono dei soggetti che hanno le medesime connotazioni senza essere delinquenti mentre ci sono delinquenti che non ne presentano traccia. Inoltre se ciascuna categoria di delinquenti ha una conformazione fisica, cosa avviene quando nella frequente escalation di una carriera delinquenziale il ladro diventa rapinatore e poi omicida? Si dovrebbe pensare che ne cambi l'aspetto, la conformazione fisica.

Il favore dei mass media e l'opinione pubblica continueranno a premiare la linearità delle teorie di Lombroso, tuttavia è proprio questo semplicismo, che molti ritengono faciloneria, ad attirargli le critiche soprattutto dagli avversari d'Oltralpe.

La vicenda può essere colta seguendo l'andamento dei Congressi Internazionali di Antropologia Criminale: il primo si tiene a Roma nel 1885 e costituisce una apertura delle teorie con tiepido successo; il secondo a Parigi nel 1889 e Lombroso viene attaccato con estrema veemenza; la terza avviene a Bruxelles nel 1893, senza gli italiani. Solo a partire dal quarto (Ginevra 1896) e dal quinto (Amsterdam 1901) le teorie lombrosiane tornano a prevalere.

Veniamo al nostro Paese: le censure gli vengono mosse sul piano culturale e filosofico, si rileva la stortura del pensiero lombrosiano che estende i principi del materialismo scientifico a piani che non gli sono propri.

Filippo Turati (1857-1932), che nel 1892 fonda il Partito socialista, ha idee diverse: egli è persuaso che le teorie e gli sforzi dei criminologi non servano a nulla. Pur riconoscendo che la Scuola Positiva rappresenta "una vera evoluzione scientifica" sostiene che ciò che occorre è un miglioramento delle condizioni di vita con la riduzione delle differenze sociali.

Molte le critiche avanzate dai giuristi: essi tendono a sottolineare l'efficacia intimidatrice della prospettiva della pena che impaurisce chi vorrebbe delinquere. In questa prospettiva sostituire la sanzione con la prevenzione è pericoloso.

Fondamentali infine le riserve su piano speculativo: Benedetto Croce considera in più occasioni Lombroso. Nella Storia d'Italia sottolinea i benefici contributi dell'opera di Lombroso sulla pellagra, considera stravaganza che il genio sia in realtà espressione di malattia ed alienazione mentale. Il giudizio di Croce su Lombroso è in ogni caso radicale. Afferma: "siamo giunti all'estremo limite che separa l'errore decoroso da quello grossolano, che si chiama sproposito".

Tutte queste censure non hanno alcuna presa su Lombroso, collaboratori ed allievi: essi sono persuasi che il positivismo scientifico sia l'unica forma di pensiero e di indagine. La teoria della delinquenza è prima di tutto una valutazione biologica ed è su questo terreno che deve essere verificata, tuttavia dall'esame delle critiche avanzate da medici emerge che la teoria di Lombroso non può essere accettata.

Il medico Colajanni (1847-1921) nega ogni significato alla conformazione cranica del delinquente. Semmai è la fisionomia che può fornire qualche indicazione: essa infatti viene a formarsi per la ripetizione di certi movimenti della mimica facciale che sono determinati da particolari situazioni interiori. Per Colajanni i fattori determinanti del delitto sono sociali, politiche ed economiche, se nel delinquente vi sono dei caratteri particolari sono espressione di degradanti condizioni di vita.

Il suo allievo Antonio Marro si rende conto che un gran numero di differenze tra delinquenti e onesti non sono legate ai caratteri atavici quanto a quelli acquisiti: in sostanza effetti delle particolari condizioni di vita. Gli speciali caratteri distintivi del delinquente non sono legati al genotipo, vale a dire al patrimonio ereditario, ma all'insieme dei caratteri non ereditari conferiti dall'ambiente.

Si aggiunge il problema delle malattie fetali o perinatali che possono determinare caratteri patologici e non ereditari: l'importanza degli esiti risulterà tale che l'antropologia criminale post-lombrosiana creerà una categoria a sé, quella del delinquente invalido.

Tuttavia il vero tallone d'Achille delle teorie di Lombroso sono le numerose mende in fatto di modalità di rilievo dei dati e di elaborazione statistica: egli usa dati raccolti da altri, in epoche e paesi diversi, da punti di vista non sempre omogenei, criteri e metodi non sovrapponibili, accomunandoli in quadri unitari. Di solito sono campioni esigui. Il termine di paragone assunto, la popolazione normale, è spesso costituito da soldati. Inoltre tra i soldati ci sono gli "onesti" e quelli che non lo sono: Lombroso si avvale delle semplici medie aritmetiche.

La difficoltà è ben presente alla Scuola Positiva post-Lombrosiana. A monte di tutto questo, nelle teorie di Lombroso esiste una carenza intrinseca.

Vediamo di cosa si tratta. A seguire le ultime tappe della vicenda ci si accorge che esse singolarmente si intrecciano con l'episodio della morte del Maestro: nel nuovo secolo il progresso scientifico, il mutato ambiente culturale e le vicende politiche sgretolano la teoria dell'Uomo Delinquente. Negli ultimi anni di vita lo stesso Lombroso si rende conto di ciò che avverrà. Troppo a lungo hanno giocato a favore il fascino personale del Maestro, la venerazione dell'ambiente che lo circonda e l'interesse del pubblico: morto Lombroso, la dottrina dell'atavismo pare estinguersi con lui.

Se le deduzioni fossero state valide, qualcosa avrebbe dovuto persistere: evidentemente non lo erano: se le riconsideriamo oggi, se valutiamo le conseguenze, certo ne avvertiamo il fascino ma lo percepiamo come estraneo alla nostra cultura.

In realtà si tratta di un modo di vedere esatto ma incompleto: Lombroso e lombrosismo mancano dell'esperienza psicologica che permea la moderna cultura. In realtà la carenza è ancora più marcata, si tratta infatti di una conseguenza della deliberata negazione del darwinismo.

Nel 1872 Charles Darwin pubblica L'espressione dei sentimenti nell'uomo e negli animali: lo scienziato inglese affronta il problema della manifestazione degli stati emotivi allontanandosi dalla concezione classica della fisiognomia. Questa cataloga i volti e le espressioni umane in riferimento alla somiglianza a questo o a quell'animale: Darwin ritiene che l'uomo e gli animali comunichino il proprio stato interiore con atteggiamenti ed espressioni faciali comuni. Si tratta di manifestazioni essenziali per la sopravvivenza della specie.

La similitudine delle manifestazioni espressive mostra che nella nostra specie si conservano meccanismi presenti negli stadi precedenti dell'evoluzione: ne consegue che lo sviluppo della mente umana si ricollega a quello delle specie che la precedono. Il concetto è ripreso da Freud, che recepisce anche da Darwin la possibilità dell'ambiente di incidere sullo sviluppo dell'individuo.

Non è tutto qui, le carenze di Lombroso sono ben altre. Non ha prestato attenzione ai progressi delle scienze neurologiche e non ha tenuto nel debito conto le conoscenze sulla struttura del cervello.

Proprio a Torino si occupano del problema della struttura del cervello Malacarne e Rolando, negli ultimi decenni del secolo scorso Giacomini fa ulteriori passi avanti. A differenza del criminologo, compie osservazioni dirette. Giacomini dimostra che le diversità della architettura della corteccia cerebrale costituiscono semplici espressioni della notevole variabilità di essa, non si può dire che tali varietà siano collegate a determinati assetti mentali.

Con la posizione di Lombroso il contrasto non potrebbe essere più marcato, ma Giacomini non entrerà mai in polemica diretta con lui. Vediamo le ragioni del dissidio.

In questi anni la persuasione di Lombroso che il delinquente sia portatore di alterazioni delle strutture craniche e cerebrali che lo caratterizza è saldissima: quanto alle anomalie del cervello, Lombroso sembra altrettanto persuaso della correttezza della propria teoria: il fermo convincimento emerge anche dall'esame dei singoli casi.

Lombroso ben conosce i dati e le opinioni di Giacobini, comprende le conseguenze che esse hanno nei confronti della credibilità delle proprie teorie, lo cita, ma di fatto concede ben poco.

Ed è proprio sul cervello che Lombroso non recede: nonostante le prove contrarie che pure "autorizzano ad affermare che non esiste affatto nel cervello dei delinquenti un tipo speciale, come non esiste nei normali" continua a ritenere che il delinquente nato sia portatore di alterazioni encefaliche ataviche sue proprie.

Giacomini considera anche la questione della microcefalia, alterazione contraddistinta dalle piccole dimensioni del cranio. La posizione di Lombroso è precisa: non cessa di sostenere che la microcefalia è frequente negli alienati e nei criminali in misura significativa. Giacomini dimostra che la microcefalia non consiste in una alterazione del cervello essa si accompagna ad un più vasto disordine che coinvolge altre sezioni del sistema nervoso centrale. Sono le conseguenze di un semplice arresto di sviluppo e non ha perciò senso stabilire che il cervello mostra rassomiglianze animalesche. Ciò pare in accordo con il fatto che Marro trova un solo microcefalo su 500 delinquenti.

Lombroso si esprime nei confronti di Giacomini con distacco. Il mattino del 5 luglio 1898 Giacomini muore, egli stesso due settimane prima ha steso testamento con disposizioni su ciò che si dovrà fare ed il cadavere viene trasportato nel suo istituto, sottoposto ad autopsia. La esegue tre giorni più tardi il suo allievo Sperino: l'esame del cervello di Giacomini ha una particolarità, ovvero nell'emisfero destro il solco di Rolando è doppio! Si tratta di una varietà che proprio Giacomini ha notato per primo e che altri studiosi pensano ricorra con frequenza negli epilettici. Sperino presenta i risultati dell'esame ed osserva che l'aver individuato questa configurazione in un soggetto che non è epilettico ma ha grandi capacità intellettuali destituisce di ogni valore  l'opinione che la ricollega all'epilessia.

Lombroso perde una buona occasione per tacere: interviene asserendo che tale duplicità prova la genialità ma anche una condizione degenerativa e epilettica del collega scomparso. Le reazioni degli allievi di Giacomini sono comprensibili, Sperino liquida definitivamente le teorie di Lombroso. Passa una decina d'anni: siamo nel 1909 e Lombroso da tempo soffre di angina pectoris.

Molti allievi gli inviano manifestazioni di affetto la sera del 18 ha la percezione della fine. Sulla mezzanotte entra in coma e muore: tra le carte dello scomparso vengono ritrovati tre testamenti. Tutti contengono la stessa disposizione: come per Giacomini, il cadavere dovrà essere trasportato in Istituto e sottoposto ad autopsia.

Il prof. Pio Foà si affretta a pubblicare il necrologio: non esita ad aggiungere i risultati dell'esame del cadavere esprimendo scarsa considerazione che ha per lui.

Foà è impietoso, rileva che il peso del cervello è inferiore alla media. "Sembra che il cervello sia piuttosto ricco di pieghe di passaggio", che Lombroso e la sua Scuola ritengono frequenti nell'alienato e nel criminale.

Alla morte di Lombroso seguono gli anni delle tensioni sociali, della guerra con la Turchia, in Africa, la Prima Guerra Mondiale: in questo scenario l'antropologia criminale, che trova attivi continuatori all'estero, declina e scompare. Molte posizioni Lombrosiane vengono accolte dal nuovo codice penale del 1931: sono innegabili riflessi lombrosiani perfino all'interno del dogmatismo penale sovietico.

Nel 1911, appena due anni dopo la morte, si tiene a Colonia il settimo e penultimo Congresso Internazionale di Antropologia Criminale, aperto dalla commemorazione del Maestro. Nonostante questo avvio emergono l'avversione dello spirito analitico tedesco per il semplicismo lombrosiano, le carenze dei temi sociologici, l'inadeguatezza delle valutazioni peritali condotte sulla base dei criteri antropologico-criminali, che il delitto non è un fatto ereditario, le prevalenti influenze dell'ambiente nella criminogenesi ed il fatto che molti caratteri attribuiti alla degenerazione hanno in realtà origine morbosa.

Appena dieci anni più tardi, nel 1921, viene inaugurato a Verona un monumento commemorativo. Intorno però c'è il vuoto delle persone che contano, favorito dal clima politico che si sta delineando.





Conclusioni

Conosciamo la vita e l'opera di Cesare Lombroso, intrecciata l'una all'altra. Siamo risaliti all'origine della sua famiglia rilevando l'importanza che essa rappresenta nella prima formazione, abbiamo seguito gli anni della preparazione studentesca dominata dall'influsso del Marzolo. Abbiamo visto Lombroso al momento della scelta della strada da seguire, nell'esaltazione dell'impegno filantropico contro il cretinismo e nella illusione di averne scoperto le cause e la cura: seguono gli anni dell'ideale patriottico poi abbandonato per coltivare la carriera universitaria. Dietro tutto questo cogliamo ancora il medesimo imperativo: attivarsi, lavorare, scrivere. Nel decennio che intercorre tra il definitivo abbandono della divisa nel 1866 ed il trasferimento a Torino del 1876 vediamo Lombroso incaricato di psichiatria a Pavia, esaltato dalla nuova illusione della battaglia e della vittoria sulla pellagra, primario del manicomio di Pesaro, nuovamente professore a Pavia, impegnato in lezioni, ricerche, ma soprattutto a pubblicare.

Stabilitosi a Torino, crea un laboratorio e poi un Istituto di Medicina Legale: lavora nel manicomio e nelle carceri, allestisce un proprio Museo, fonda ed occupa la cattedra di psichiatria, sprona e dirige allievi, si occupa di politica sino a diventare consigliere comunale, tiene lezioni e conferenze, dirige il suo Archivio, una delle riviste di medicina legale più importanti del mondo, polemizza ad ogni livello, pubblica giungendo a quasi duemila titoli.

Fautori e detrattori hanno espresso ogni lode ed ogni critica possibile così che resta difficile una valutazione originale.

Il settore di attività scientifica più noto di Lombroso è quello antropologico-criminale, di cui restano le cinque edizioni de L'Uomo Delinquente, dalla prima in un solo volume del 1876 all'ultima in quattro volumi del 1897. Si affiancano altri testi, ne emerge l'ambizione a risalire dalle singole osservazioni alle leggi generali del comportamento in un sistema di pensiero.

Senza essere un giurista, fonda un sistema di diritto in armonia con i principi della medicina che ha grande risonanza, ma non riesce a mantenersi aderente ai progressi della ricerca biologica adeguandoli alle esigenze delle scienze criminali. Alla notorietà di Lombroso presso i contemporanei contribuisce ben poco l'impegno politico che lo porta a concepire il miglioramento delle condizioni economiche e sociali come principio antropologico.

Più produttiva risulta invece l'intensa attività giornalistica, materializzata in un gran numero di articoli su quotidiani, settimanali e riviste sugli argomenti più disparati.

Di contraddizioni ce ne furono, e molte: sono emersi numerosi mutamenti di rotta. Uno dei maggiori è quello della adesione allo spiritismo: certo il cedere all'ignoto, al mistero rappresenta una contraddizione totale, il completo sbaragliamento delle posizioni positiviste e materialiste.

Produzione esuberante e dispersiva, non completa aderenza al progresso scientifico e contradditorietà sono certo i maggior difetti della attività di Lombroso: è tuttavia innegabile che a lui si deve il principio deterministico della criminogenesi, che postula l'esistenza delle cause biologiche delle azioni delittuose. Ciò è scontato per un certo tipo di delitto ma nell'ottica di Lombroso porta inaccettabilmente ad annullare la responsabilità morale di chi, vincolato dalla propria struttura, non fa che obbedire ad essa, accogliendo con ciò il principio della irresponsabilità personale.










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