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Principio di legalità e principi derivati - Diritto Penale - Padovani Appunti

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Diritto Penale -Padovani+ Appunti

Principio di legalità e principi derivati

Il principio di legalità rappresenta l' esigenza che la produzione e l' applicazione di norme penali siano sottoposte al monopolio della legge, questo è storicamente rilevato sin dall' 800 quando secondo il brocardo di Von Fuerbach "nullun crimen,nulla poena sine legem" si esprimeva tale principio. Data la peculiare rilevanza del diritto penale sui diritti inviolabili della persona( art 13 cost libertà personale) è naturale che l' unica fonte di emanazione di norme di diritto penale sia la legge in quanto espressione della volontà popolare dell' intera comunità per stabilire il fondamento, i limiti e le conseguenze della responsabilità penale. La funzione del principio di legalità è di natura garantistica bipolare: verso il diritto stesso in quanto da alla norma la caratteristica della certezza e verso la comunità, dove viene così assicurata la libertà personale degli individui. Nel codice penale rocco 1930 il principio di legalità è espresso dall' art 25.2 cost e dall' art 1 cp (reati e pene disposizione espressa di legge). Il principio di legalità si compone di 3 principi derivati: il principio di stretta legalità o riserva di legge, il principio di determinatezza e tassatività e il principio di irretroattività.

Principio di stretta legalità o riserva di legge



Per legge si intende l' atto normativo approvato dal parlamento e promulgato dal presidente della repubblica a norma degli art 72,73,74 cost, ma per le altre fonti equiparate alla legge la dottrina è in disaccordo. Secondo una parte minoritaria di essa i decreti artt 76,77 cost non sono leggi in senso stretto per cui non possono contenere norme penali, inoltre soprattutto per i decreti legge, si osserva, che il loro uso creerebbe l' elusione delle garanzie insite nel monopolio della legge parlamentare. Per ciò che riguarda i decreti legislativi delegati art 76 cost non è violato il principio di stretta legalità perché la funzione di espressione parlamentare è sostanzialmente assicurata dalla natura della delega. Per quello che riguarda la modalità del decreto legge non c'è nessun problema di ordine giuridico a che i decreti legge possano contenere norme penali perché la responsabilità(politica, civile, amministrativa e penale) di essi cade sul governo.

La legislazione esclusiva dello stato in materia penale è assicurata anche rispetto alla legge regionale( oltre che dall' art 117 cost, anche dalla corte costituzionale), difatti il riconoscimento alle regioni della competenza penale avrebbe finito con l' infrangere il principio di uguaglianza art 3 cost, inoltre la riserva di legge in materia penale deve intendersi esclusivamente statale per 3 motivi: l' unità del popolo( e quindi le pene a cui deve sottostare in caso di infrazione delle regole) è rappresentata solo dallo stato, perciò solo lo stato può garantire un' uniformità di trattamento sanzionatorio, la statualità degli interessi tutelati dal diritto penale implica che il fine perseguito dalle incriminazioni sia di tale natura dunque è lo stato che deve decidere quali interessi tutelare, la visione generale dei beni e valori della comunità perché il diritto penale deve ispirarsi ai criteri di sussidiarietà, proporzionalità e frammentarietà. La preclusione è di natura generale anche se con la L 689/1981 in tema di depenalizzazione è stata concessa alle regioni la prevalenza della norme amministrativa regionale quando vi sia concorso di norme con una norma penale statale che sia applicabile solo in mancanza di altre disposizioni penali.

Riguardo alla natura della riserva di legge una parte della dottrina ritiene che la riserva di legge si esprima in via assoluta per essere strettamente garantista del principio di legalità, mentre per altri è di natura relativa ossia affidabile alla regolamentazione dell' esecutivo. Per ciò che riguarda la fattispecie o precetto della norma questa deve essere sottoposta sempre a riserva di legge relativa perché secondo la sent. 26/1966 Cort. Cost. è sufficiente che la legge determini i principi fondamentali e deleghi la determinazione del contenuto all' autorità non legislativa, mentre data la gravità dei beni e interessi lesi dalla sanzione è naturale che essa sia sottoposta a riserva di legge assoluta. E' possibile quindi che la legge posa rinviare al regolamento la funzione del precetto mentre disciplini la sanzione o che la legge rimandi al regolamento solo alcuni elementi della fattispecie incriminatrice( determinazione delle sostanze psicotrope e stupefacenti).

La consuetudine non è compatibile con il principio di riserva di legge in materia penale, difatti l' unica possibilità che rileva la consuetudine nell' ordinamento penale risulta essere di funzione integratrice(secundum legem) ogniqualvolta sia richiamata espressamente dalla fattispecie per definire un elemento costitutivo di essa(art 625.1(circostanze aggravanti al furto) n7 cose esposte per consuetudine alla pubblica fede).

Principio di determinatezza e tassatività

Il principio di determinatezza e il principio di tassatività emergono da 2 disposizioni negli art 1 cp( principio di determinatezza+legalità) e art 14 disp prel cc(divieto di analogia per norme penali e eccezionali) ma a livello costituzionale il principio di determinatezza e tassatività è assunto nell' art 25.1 cost.

Il principio di determinatezza riguarda il modo di formulazione della fattispecie che deve essere preciso in maniera tale da poter riconoscere con precisione sicura il confine tra il lecito e l' illecito. Il codice rocco 1930 risulta in qualche articolo piuttosto indeterminato per formulazione per clausole generali e vaghe: art 110 cp (concorso di persone nel reato) non specifica la definizione di concorrenti che deve essere interpretata, ma lo stesso codice è costruito sul ricorso agli elementi descrittivi naturalistici e elementi normativi giuridici: queste categorie di elementi rappresentano una precisa puntualizzazione della rappresentazione della realtà che serve per determinare la fattispecie. Gli elementi descrittivi naturalistici sono es il concetto di uomo nell' art 575 cp(omicidio), dove gli elementi dell' identità umana sono immediatamente incorporati nella dimensione dell' oggetto. Gli elementi normativi giuridici sono quegli elementi che postulano il riferimento ad una norma giuridica: il concetto di cosa altrui è desunto da art 624 cp(furto), esistono anche gli elementi normativi extragiuridici che postulano il riferimento ad un criterio etico sociale es il concetto di atto osceno da art 527 cp(atti osceni) e gli elementi descrittivi implicanti un apprezzamento di varia natura es uso momentaneo da art 626.1 cp(furti punibili a querela dell' offeso) ma tali elementi sono richiamati ad essere definiti dal giudice nel caso concreto, per ritenere compatibili con il principio di determinatezza sono necessarie 2 condizioni: definibilità tramite segni concreti o menzione in regolamentazione penale dell' elemento.

La corte costituzionale nella lunga giurisprudenza sulla determinatezza ha osservato che il riferimento a concetti di comune esperienza, a valori etico sociali oggettivamente accertabili dall' interprete, a beni immateriali comporta l' utilizzo di un linguaggio inevitabile di esperienza comune non denota indeterminatezza. Solo in 2 casi la corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale una norma penale in base alla violazione del principio di determinatezza e tassatività: riguardo al plagio art 603 cp(plagio)con la sent 96/1981 cort cost per non verificabilità dello stato oggettivo ed impossibilità empirica di dimostrarne l' effettiva esistenza delle attività riconducibili alla norma, riguardo all' art 7bis Dl 416/1989 sull' espulsione dello straniero che non si adoperasse per ottenere dalle autorità competenti il rilascio del documento di viaggio.

La determinatezza deve essere applicata anche alla commissione edittale della sanzione della pena perché la determinazione della pena non deve essere determinata dal mero arbitrio del giudice. Nella prima codificazione francese del 1791 si era pensato di risolvere il problema con pene di natura fissa, ma tale meccanismo introduceva una serie di sperequazioni che finivano per negare lo scopo per cui era stata inserita la pena fissa, veniva leso il principio di uguaglianza art 3.1 cost. Ma se la fattispecie deve essere determinata anche la sanzione deve esserlo entro i limiti edittali in cui il giudice può, caso per caso modificare la pena in relazione alla situazione reale cui è chiamato a giudicare, in questo modo non si realizzano sperequazioni.

Il principio di tassatività vincola l' interpretazione giudiziale a ricondurre la fattispecie incriminatrice soltanto nei casi espressamente preveduti, perciò è preclusa l' analogia in malam partem(delle norme sfavorevoli) e ciò perché la ratio garantistica della determinatezza risulta svilita dalla possibilità di applicare norme sfavorevoli ad ipotesi non riconducibili al loro ambito sistematico espresso dalla norma penale.

Secondo l' opinione comune le norme penali in senso stretto a cui si riferisce l' art 14 disp prel cc sono le norme incriminatrici, quindi il divieto di analogia non si estenderebbe sul versante delle norme favorevoli che secondo la dottrina dominante rappresenterebbero eccezioni o regole generali, per cui osservando che le cause di giustificazione e di esclusione dell' imputabilità sono espressione dei principi generali secondo cui è imputabile solo chi al momento del fatto avesse la capacità di intendere e di volere e non fosse in una situazione particolarmente circostanziata, le cause speciali di esclusione dell' imputabilità, le immunità e le cause di estinzione del reato e della pena sono ritenute di carattere eccezionale dunque non estensibili per analogia. Ma al contrario della dottrina dominante è possibile affermare che, dato il presupposto dell' analogia è il riempimento di una lacuna nel in caso di analogia bonam partem si tratta di sovvertire ad una disciplina legalmente stabilita che non può derogare situazioni differenti da quelle strettamente previste dalla norma di legge, per cui non è possibile l' analogia delle norme penali.

Principio di irretroattività

Il principio di irretroattività è sancito a livello costituzionale dall' art 25.2 cost, a livello codicistico nell' art 2 cp (successione di leggi penali) e riguarda solamente le norme penali sfavorevoli al reo(l' unica deroga al principio di irretroattività è considerato il reato di crimini contro la pace e l' umanità come nei processi di Norimberga), mentre il principio di retroattività più favorevole è descritto nell'art 15.1 del patto internazionale.

L' art 2 cp suddivide il funzionamento della successione delle leggi penali nel tempo in 3 ipotesi:

Nuove incriminazioni(art 2.1 cp) per cui è valido il principio di irretroattività che esclude di punire un fatto dopo l' abrogazione della disposizione;

Abolizione di incriminazioni preesistenti(art 2.2 cp) con cui si ribadisce la piena retroattività della legge abrogatrice, dato che non è ragionevole punire un soggetto per un fatto, che chiunque altro può commettere nel momento stesso che egli sta invece scontando la condanna;

Modificazione delle incriminazioni(art 2.4 cp) con cui si stabilisce che se la legge odierna e quella precedente sono differenti si appplica la legge che è più favorevole al reo in nome di parità sostanziale di trattamento, il raffronto deve instaurarsi tra la legge nel tempo in cui fu commesso il reato e tutte le leggi successive fino alla sentenza di condanna definitiva con un raffronto in concreto, nel senso che deve esserci un' applicazione ipotetica di ciascuna legge al caso da giudicare. Il problema più delicato risulta quando l' abrogazione di una disposizione non accompagna la perdita di rilevanza penale del fatto da essa previsto(L 442/1981 di abr. art 587 cp(omicidio d'onore), tale condotta viene oggi integrata con la fattispecie art 575 cp(omicidio)); non può considerarsi valida la teoria della continuità del tipo di illecito, secondo il quale si tratta di valutare se il nocciolo offensivo delle 2 incriminazioni è lo stesso, perché tali criteri di valutazione non sono oggettivi e certi; anche la teoria della piena continenza per il quale il fenomeno di modificazione è riscontrabile solo quando la fattispecie successiva sia pienamente contenuta nella precedente non è utilizzabile: si finisce con il circoscrivere l' effetto modificativo alla sola legge speciale. Per cui il problema si risolve se si guarda ai rapporti strutturali tra la fattispecie nella loro collocazione sistematica: si avrà successione modificativa nei casi,

Abrogazione di una legge speciale e di conseguenza ampliamento di una norma generale(art 587(abr L 442/1981) rispetto all' art 575 cp)

Abrogazione di una norma generale e introduzione di una norma speciale, in tal caso il fenomeno successorio si instaura in riferimento alla fattispecie che mantiene rilevanza penale alla stregua della nuova disposizione( è il rapporto che esiste tra art 609 quinquies (introdotto con L 66/1996) e l' art 530 cp(abrogato dalla legge stessa), entrambi attinenti alla corruzione di minore)

Quando le 2 disposizioni presentano caratteristiche eterogenee tra loro si deve parlare di abrogazione di una fattispecie e contestuale introduzione della nuova incriminazione( con conseguente disciplina dettata dall' art 2.1 e 2.2 cp).

Simile alla modificazione di leggi penali è la depenalizzazione o trasformazione di un reato in violazione amministrativa, la modifica investe il tipo di sanzione punitiva comminata, ma non incide sulla qualifica di illecito del comportamento, in sostanza ciò che viene cambiato è la natura intrinseca della fattispecie( da norma di natura penale a disposizione di carattere amministrativo) non la fattispecie stessa, che spesso viene lasciata inalterata. Il meccanismo adottato per tale procedimento consiste nell' abrogazione della disposizione penale e nel contestuale inserimento della norma amministrativa dalla legge stessa. Rispetto all' abrogazione della norma penale si applica l' art 2.2 cp mentre rispetto alla sanzione amministativa vige il principio di irretroattività stabilito in via generale dall' art 1,L 689/1981 in tema di depenalizzazione, dunque il soggetto che ha commesso il fatto sotto il vigore della norma penale non sarà più punibile in base alla legge penale del tempo di commissione ne in base alla legge amministrativa sopravvenuta. Anche se per alcuni illeciti divenuti sanzioni amministrative la punibilità è stata mantenuta( es in materia di lavoro).

Riguardo alla modificazione mediata degli elementi della fattispecie secondo la dottrina e la giurisprudenza prevale la soluzione negativa: rispetto al regime dell' abolizione dell' incriminazione preesistente perché la legge successiva non modifica in alcun modo né la struttura della fattispecie né il contenuto del disvalore ma secondo il Padovani sarebbe da preferire la tesi dove tutte le ipotesi ricadono sotto il regime dell' art 2.2 cp, infatti se si considera che un fatto divenga reato dopo che esso è stato falsamente attribuito ad es a taluno nelle forme previste dall' art 368 cp(calunnia), per la regola dell' art 2.1 cp si deve assumere il fatto storicamente determinato in tutti gli aspetti rilevanti ai fini dell' applicazione di una disposizione incriminatrice lo stesso concetto vale anche per il comma 2 di tale articolo, perciò non sarà più punito( caso Enel).

L' art 2.4 stabilisce una deroga alle legge eccezionali e temporanee riguardo ai commi 2 e 3, fondamento della norma risulta essere la salvaguardia della generalprevenzione garantendo la loro applicabilità al tempo in cui esse vigevano(senza derogare però il principio di irretroattività del comma 1), infatti per le leggi eccezionali e temporanee vale il principio del " tempus regit actum". Una ulteriore deroga è inserita dalla L 4/1929(mod Dlgs 427/1997) secondo il quale le disposizioni penali delle leggi finanziarie si applicano ai fatti commessi quando tali disposizioni erano in vigore, ancorché le medesime disposizioni siano abrogate o modificate nel tempo, ma tale principio è stato abrogato con Dlgs 507/1999.

Secondo l' art 2.5 cp nel suo assetto originario si prevedeva che le disposizioni in tema di successione della legge penale si applicassero anche al decreto decaduto o convertito con emendamenti, per cui durante il periodo di vigenza del decreto esso era percepito come una qualsiasi legge secondo l' ordinamento fascista(il decreto perdeva efficacia ex nunc), ma con l' avvento della costituzione e l' innovazione dell' art 77 cost( perdita di efficacia ex tunc) dovrebbe, in caso di non conversione riprendere corpo la disciplina legislativa precedente a tal decreto, ma questo collide con il principio di irretroattività. Innanzitutto occorre distinguere tra fatti pregressi all' entrata in vigore del decreto e fatti concomitanti alla vigenza del decreto.

I fatti pregressi restano soggetti alla sola disciplina vigente al momento della loro commissione, ancorché il decreto ne abbia modificato o abolito la rilevanza(questo è stato sancito dalla sent Cort cost 51/1985, che ha dichiarato parzialmente illegittimo l'art 2.5 cp nella parte in cui rende applicabili alle ipotesi da esso previste i commi 2 e 3), si tratta di escludere un trattamento favorevole al reo che in realtà non è mai divenuto efficace.

Per i fatti concomitanti al decreto si distingue in disposizioni incriminatrici, che data la mancata conversione cadranno in maniera retroattiva ex art 77.3 cost, mentre per disposizioni più favorevoli si applica la disciplina dell' art 2.5 cp perciò le norme più favorevoli sono ritenute valide.

Per quanto riguarda la dichiarazione di incostituzionalità di una norma penale gli effetti risultano simili a quelli dell' abrogazione: cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. Per le norme penali sfavorevoli ciò non comporta alcun problema mentre per le disposizioni più favorevoli l' opinione prevalente è che si dovrebbe continuare ad applicare la norma incostituzionale più favorevole per i fatti avvenuti durante la vigenza rispetto alla norma costituzionalmente corretta ma sfavorevole( infatti applicando quest' ultima si violerebbe l' art 25.3 cost riguardo al principio di retroattività.

In linea generale per la successione delle leggi nel tempo vale il principio del "tempus commissi delicti" e viene identificato riguardo ai differenti reati: nei rati attivi istantanei il tempo del commesso reato coincide con la commissione dell' azione, nei reati attivi frazionati, nel reato permanente e nel reato abituale coincide con l' ultimo atto compiuto( anche se vi sono dibattiti dottrinali con il primo atto), nei reati omissivi ci si riferisce al momento in cui scade l' obbligo di attivarsi.

Reato in Generale

Il reato è l' illecito penale che identifica la violazione di una norma sanzionata con le pene principali indicate nell' art 17 cp(pene principali), anche se è con l' art 39 cp(distinzioni tra delitti e contravvenzioni) che si specifica che i reati si dividono in delitti e contravvenzioni , secondo la diversa specie delle pene previste da questo codice( rim. art 17 cp).Si evince che la distinzione formale tra i delitti e le contravvenzioni sia rispetto alle pene comminate: per i delitti l' ergastolo, la reclusione e la multa mentre per le contravvenzioni l' arresto e l' ammenda.

Il diritto penale è storicamente primigenio rispetto al diritto civile, perché nelle società primitive esenti dalla divisione del lavoro la prima concezione di diritto è stata quella di garantire la salvezza dalle offese attraverso il divieto di ingerenza degli altri consociati , concepito in visione sinallagmatica, tale diritto garantisce la nascita delle condizioni basilari di sopravvivenza degli individui. Questo sviluppo permette la costituzione dei rapporti tra individui che, tutelati singolarmente dalle ingerenze degli altri consociati instaurano tra loro rapporti più complessi basati su più diritti primari(ovvero i cosiddetti diritti evoluti come la compravendita, che necessita della conoscenza di "cosa altrui", "possesso" ecc), insomma il diritto penale svolge il ruolo di precondizionante del diritto civile: permette le condizioni necessari allo sviluppo di esso. Le contravvenzioni derivano storicamente dai reati di polizia, con cui si esprimeva in forma coercitiva la regolamentazione disciplinare della vita associata da parte dell' autorità amministrativa preposta alla cura dei diversi settori, infatti tali reati non venivano considerati sullo stesso piano di quelli stabiliti per la tutela dei diritti naturali. Per cui la concezione che i delitti siano storicamente più "gravi" delle contravvenzioni deriva non dalla comminatoria delle pene( perché una contravvenzione con arresto a 3 anni è sicuramente più grave di un delitto sanzionato con una multa) ma dal regime di prevenzione espresso dal fondamento della fattispecie: nel caso delle contravvenzioni l' agente ha disatteso una norma di natura prevenzionistico organizzativa di controllo del territorio di natura mutevole nel tempo, nel delitto l' agente ha violato un bene giuridico rilevante per l' ordinamento.

Ma la teoria formale del reato espressa precedentemente benché esaurisca tutte le spiegazioni non chiarisce la ragione ispiratrice della comminatoria più grave rispetto ad alcuni delitti piuttosto che altri. La dottrina si è concentrata nel trovare altre risposte a cavallo tra 1800 e il 1900 ricercando il minimo comun denominatore del reato, un aspetto che corrisponda a tutte le figure di reato presenti nell' ordinamento, sono state elaborate 2 modelli ispiratori fondamentali: quelli che ravvisano nel reato l' alterazione delle condizioni fondamentali della vita sociale e la violazione delle minime regole di convivenza civile. In entreambe le situazioni emerge la circostanza che il reato è destinato alla salvaguardia di ciò che è essenziale per l' ordinato svolgersi dei rapporti sociali. Insomma il reato è una violazione degli elementi essenziali dell' ordinamento. Ma la teoria sostanziale del reato è si esaustiva nella sua spiegazione, ma sposta il problema nella definizione degli elementi essenziali dell' ordinamento, dal momento che anche un solo reato non ha le caratteristiche sopraddette tale teoria cessa la sua funzione descrittiva per diventare una teoria teleologica del reato descrivendolo non come è ma come dovrebbe essere. Nel 1700 i riformatori illuministi avevano elaborato la teoria del danno socialmente rilevante definendo che la potestà punitiva dovesse esplicarsi solo sulle azioni che esprimessero un danno socialmente rilevante cioè una lesione dei diritti naturali preesistenti alla costituzione del patto sociale. Con il 1900 e l' avvento delle grandi costituzioni l' esigenza di ricavare limiti contenutistici si affievolì in conseguenza della nascita del principio di legalità formale con cui si attribuiva al legislatore parlamentare il monopolio per la normazione penale, perciò le prescrizioni penali nate con la volontà di descrivere finiscono nel 1900 con l' attività preminente: prescrivere ai consociati i limiti delle condotte rilevanti tra lecito e illecito decise precedentemente dal legislatore.

Ma se nel 1700 il concetto di reato ruotava intorno al concetto di diritto naturale, al quale il reato rappresentava l' offesa, con il 1800 la dottrina muta il pensiero riguardo all' oggetto della scelta di tutela penale: non sono più i diritti stessi ad essere parte del processo di costituzione del reato ma i valori e i beni che tali diritti rappresentano per i consociati e sui quali l' ordinamento ha stabilito la tutela penale: i beni giuridici. La concezione diverge dal punto di vista settecentesco, prettamente ontologico e si sposta sul piano dell' oggettività, la concezione del bene giuridico fa superare il nesso tra diritto, che non si può ledere e bene, che al contrario sì. Tale concezione è stata espressa per primo da Billbaum nel 1834.Per cui il compito dell' ordinamento giuridico è selezionare i beni giuridici da tutelare tramite la tutela penale e specificare le modalità di intervento plasmando i confini della fattispecie.

Un' altra concezione moderna esige che il reato sia ancorato all' offesa di un bene giuridico che non dipenderebbe più da un' istanza assoluta razionale ma da una produzione normativa di carattere superiore, appunto la costituzione. La teoria del reato come offesa a beni costituzionalmente rilevanti è stata elaborata da Bricola in base a 4 premesse fondamentali:

Art 13.1 cost libertà personale, è un bene costituzionalmente rilevato su cui incide la sanzione penale

Art 27.3 cost le pene debbono tendere alla rieducazione del condannato

Art 25.2 cost la previsione normativa dei reati è sottoposta al principio della riserva di legge

Art 27.1 cost la responsabilità penale è personale

Tra il punto 1 e 2 si instaura un nesso di proporzionalità che induce a richiedere un rapporto di equiparazione tra il male minacciato e quello che la minaccia intende evitare, tra i punti 3 e 4 si crea un rapporto di sussidiarietà: data la particolarità della materia e la gravità dell' azione dell' ordinamento: l' utilizzazione della sanzione penale deve essere circoscritta entro limiti ragionevoli. Ma questa teoria è confutata dal fatto che l' eterogeneità dei beni giuridici presenti nella costituzione rischia di creare un vincolo illusorio all' esercizio della potestà penale perché modi, forme e limiti di tutela sarebbero rimessi alla discrezionalità del legislatore, per converso in costituzione non sono presenti tutti i beni socialmente rilevanti , i beni che non sono tutelati a livello costituzionale rimarrebbero al di fuori della tutela dell' ordinamento, infine con questa tesi vi sarebbe una legittimazione parziale dei reati di scopo attinenti alle finalità costituzionali.

Con l' entrata in vigore della L 689/1981 sulla depenalizzazione la presidenza del consiglio dei ministri ha affiancato a tale provvedimento una circolare, la circolare 19/12/1983(criteri orientativi per la scelta tra sanzioni penali e sanzioni amministrative), sostanzialmente la circolare istituisce un' autolimitazione da parte del governo come titolare dell' iniziativa legislativa o di atti aventi tale forza di legge, ma attraverso i criteri orientativi di distinzione si desume una nozione sostanziale di reato a carattere deontologico( che comporta una visione della sanzione amministrativa diametralmente opposta come da L 689/1981) basata su criteri di proporzione e sussidiarietà. Proporzione perché, desunto implicitamente dall' art 27.3 cost comporta necessariamente una comminata sanzione penale proporzionale al reato commesso, sussidiarietà perché ricollegata all' art 13.1 cost che considera inviolabile la libertà personale e porta ad interpretare l' impiego della sanzione penale come ultima ratio quando nessun altro strumento sanzionatorio è efficace per tutelare il bene giuridico.

Soggetti del Reato: Soggetto Attivo

Il soggetto attivo nel reato è l' autore dell' illecito penale, si identifica necessariamente con la persona fisica in base all' art 27.1 cost, per cui le società in senso stretto non possono delinquere( societas delinquere non potest), infatti per la maggior parte della dottrina la responsabilità penale implica un insieme di coefficienti fisicopsichici di natura strettamente umana e tale carattere non può mai essere applicato alla persona giuridica, mentre per un' altra parte il riferire ad una persona giuridica le conseguenze sanzionatorie di un' attività penalmente illecita, compiuta dalla persona giuridica comporta naturalmente una scissione tra il soggetto autore della condotta e il soggetto avente responsabilità penale, in tal caso si violerebbe l' art 27.1 cost perché si creerebbe un' ipotesi di responsabilità penale per fatto altrui.

L' ente giuridico non deve però essere considerato estraneo rispetto alla commissione di reati che può realizzare tramite i suoi organi, difatti l' esigenza di fondare una responsabilità penale nell' ente giuridico è finalizzata a scoraggiare illeciti che possano apportare benefici all' ente stesso e a migliorare la prevenzione dei reati degli organi dell' ente stesso. E' stato introdotto il Dlg 231/2001 che ha definito la responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato(indebita percezione di erogazioni, truffa o frode info ai danni dello stato, corruzione, concussione, reati societari e con finalità di terrorismo, prostituzione, pornografia minorile etc.). L' illecito amministrativo si basa sul mancato impedimento dei reati indicati dalla legge, quando essi siano commessi da organi o da dipendenti nell' interesse o a vantaggio dell' ente, ed essa può essere riferita anche alle associazioni non riconosciute, l' imputazione della responsabilità amministrativa si basa su un criterio di colpa nell' organizzazione o nella vigilanza: l' ente è tenuto a dimostrare(inversamente alla normale procedura) di aver fatto tutto quanto fosse necessario attraverso i mezzi organizzativi della legge per prevenire la commissione di reati. Secondo l' art 9 Dlg 231/2001 le sanzioni applicabili all' ente sono: la sanzione pecuniaria determinata per quote, la sanzione interdittiva, la confisca e la pubblicazione della sentenza.

Molto spesso accade che la qualifica specifica di un reato sia posseduta da un ente invero occorre accertare quale persona fisica abbia, secondo la normativa legale di organizzazione propria di quell' ente il potere giuridico di provvedere agli adempimenti prescritti dalla legge penale: di regola il ruolo di responsabilità penale in un impresa è assunto dagli amministratori, oppure nelle imprese individuali dal datore di lavoro. E' possibile che data la grandezza dell' impresa il titolare della responsabilità penale si affidi a collaboratori interni od esterni attraverso il fenomeno della delega o trasferimento di funzioni: essa ha rilevanza obiettiva nel senso che trasferisce la titolarità in modo tale che il soggetto avente responsabilità penale è a tutti gli effetti il delegato secondo una tesi, secondo un' altra tesi la delega non incide sulla qualifica che resta propria del solo delegante, perché questi non può spogliarsi dei doveri sanciti dalla legge penale, la delega può escludere la responsabilità sul piano soggettivo quando il delegante non sia consapevole della violazione o quando non sia rimproverabile l' inosservanza dell' obbligo di diligenza concernente il controllo dei subordinati. La giurisprudenza ha riconosciuto che la delega esclude la 242e48c responsabilità a 3 condizioni: 1)che l' impresa sia di notevoli dimensioni(anche se la giurisprudenza sembra prescindere da tale limite),2) che la delega sia effettiva e risulti da norme interne, 3) che i collaboratori designati siano professionalmente qualificati e dotati di autonomia.

Riguardo al soggetto attivo nel reato si distingue il reato comune, suscettibile di essere commesso da chiunque dal reato proprio in cui è la qualifica specifica che comporta attraverso la condotta l' inquadramento in una fattispecie particolare. A livello di codice è esemplificativa per tale differenza il rapporto tra reato comune art 646 cp(appropriazione indebita) e il reato proprio art 314.1 cp(peculato): la condotta è molto simile ma ciò che differenzia questi 2 reati è la qualifica del soggetto attivo che inserisce il reato in una fattispecie o nell' altra.

Soggetti del Reato: Soggetto Passivo

Il soggetto passivo è il titolare del bene protetto dalla norma penale ed è la persona offesa dal reato, è identificabile con il soggetto passivo dell' azione ovvero la persona su cui cade la condotta criminosa. Differente posizione è quella del danneggiato che si identifica in colui che avendo subito dal reato un danno risarcibile è legittimato ad una domanda di risarcimento, nel processo penale tramite la costituzione a parte civile( nell' art 575 cp(omicidio) il soggetto passivo dell' azione è l' ucciso o vittima( secondo una nozione criminologica) mentre i danneggiati sono i familiari). Il soggetto passivo qualifica l' interesse giuridico protetto e i rapporti tra soggetto attivo e passivo possono riguardare un elemento costitutivo del reato( art 572.1 cp(maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli), il rapporto è di familiarità tra i soggetti), circostanza aggravante( art 577.1 cp n1 (altre circostanze aggravanti alla pena dell'ergastolo nel 575 cp) fatto commesso contro ascendente/discendente) oppure determinare la non punibilità(art 649 cp(non punibilità e querela per danno di congiunti). Sul piano processuale la persona offesa indipendentemente dalla sua legittimazione a costituirsi parte civile può presentare memorie e indicazioni dei mezzi di prova.

Analisi del Reato: Teoria Soggettiva e Oggettiva del Reato

La visione unitaria del reato coglie l' illecito penale in una dimensione puramente intuitiva, basando i presupposti della teoria sul fatto che il reato non è un' elemento frazionabile in elementi separabili suscettibili di essere colti separatamente, la finalità espressa dalla concezione unitaria è profondamente illiberale e rappresenta la decadenza del diritto penale, tale concezione è stata proposta e sostenuta dai regimi autoritari degli anni 20 del 1900(soprattutto nel regime nazista): il reato è percepito in maniera soggettiva come una ribellione dell' individuo alla superiore volontà dello stato espressa dalla norma. Tale concezione è assolutamente negativa.

La visione naturalistica del reato non è altrettanto accettabile perché la condotta illecita non si esaurisce in una serie di fatti meramente oggettivi ma in una successione di azioni ascrivibili a dei comportamenti imputabili.

Teoria Analitica Bipartitica Classica

E' necessario quindi analizzare il reato in maniera analitica perché solo in questo modo si comprendono gli stadi di valutazione della responsabilità del soggetto. L' inizio delle concezioni analitiche si hanno con la scuola classica e con 2 dei più grandi penalisti di tutti i tempi: Francesco Carrara( Lucca,1805-1888)e il maestro Giovanni Carmignani (Pisa,1768-1847). Il modello proposto è di natura deontologica di stampo analitico su base giusnaturalista(ente giuridico del reato costruito precedentemente del legislatore) a carattere bipartitico: i classici distinguono il reato in 2 componenti ontologiche dette forze, la forza fisica e la forza morale. Esse corrispondono all' elemento obiettivo e all' elemento soggettivo della dottrina moderna, anche se secondo i classici ciascuna delle forze rappresenta 2 ulteriori aspetti, la forza fisica si divide in forza fisica soggettiva(condotta del soggetto) e forza fisica oggettiva(danno provocato dal reato), la forza morale in soggettiva(volontà dell' agente) e forza morale oggettiva(danno morale del reato). La finalità della teoria bipartitica classica era quella di creare un vincolo al legislatore, pertanto Carrara decide di applicare il metodo al reato oltre che nell' offesa anche nella sua struttura. Il difetto riscontrabile in tale teoria è la sistemazione delle cause di giustificazione(art 50-54 cp) perché questi elementi dovevano escludere 1 delle 2 forze: non la forza fisica perché il soggetto concretamente reagiva, allora le cause di giustificazione non dovevano fare altro che creare uno stato di alterazione del processo volitivo del soggetto che escludesse la forza morale, ma anche questo non era possibile perché anche durante la legittima difesa l' agente sceglieva di reagire, la forza morale non poteva escludere le cause di giustificazione, per cui la teoria era contraddetta.

Normativizzazione del Reato

Tra il 1800 e il 1900 la teoria generale del diritto assume una posizione giuspositivista, il concetto di fatto tipico si sostituisce alla forza morale in virtù di un cambiamento assiologico che rende vincolante la scelta del legislatore e non più il fatto assunto nella norma, si normativizzano tutti gli aspetti dell' analisi del reato e nasce la categoria dell' antigiuridicità obiettiva: questa produzione valuta il fatto connesso oggettivamente nel tempo in cui è commesso e in determinati casi giustifica(rende lecito) il fatto tipico( il primo a teorizzare l' antigiuridicità obiettiva è stato Ernst Boering nel 1906 con "Teoria dell' Antigiuridicità Obiettiva" in "La Dottrina del Reato"), viene denominata obiettiva perché la valutazione è effettuata all' interno dell' ordinamento, il presupposto dell' offesa è visto in senso oggettivo prescindendo dal punto di vista del soggetto agente, inoltre è l' ordinamento che in virtù del bilanciamento di interessi in contrapposizione decreta con prevalenza insindacabile l' interesse più meritevole rispetto all' altro.

Teoria Analitica Tripartitica

Da questi presupposti si sviluppa la teoria tripartitica prima in Germania all' inizio del secolo e successivamente recepita dall' Italia negli anni 30 con G.Delitalia(Sassari,1902-1972 "Il Fatto nella Teoria del Reato" 1930), la teoria tripartitica basa l' approccio sul metodo analitico di stampo giuridico positivo(al contrario della teoria di bipartitica dove l' approccio è analitico giusnaturalista), distingue nel reato 3 componenti fondamentali: il fatto tipico, l' antigiuridicità obiettiva e la colpevolezza:

Il fatto tipico è dato dalla corrispondenza del fatto storico al modello descrittivo contenuto nella fattispecie incriminatrice e fonda il limite di rilevanza penale delle condotte;

L' antigiuridicità obiettiva è la valutazione impersonale espressa dall' ordinamento sul fatto al fine di stabilire l' illiceità in rapporto alle esigenze obiettive;

La colpevolezza rappresenta il momento della rimproverabilità soggettiva: si tratta di accertare se il fatto tipico, obiettivamente antigiuridico perché commesso in assenza di cause di giustificazione possa essere attribuito al nesso psichico dell' autore che lo ha realizzato;

Si prospettano 2 sviluppi della teoria tripartitica: la nuova teoria bipartitica moderna, che contesta l' esistenza delle cause di giustificazione per il fatto che esse sono un dato puramente negativo, il fatto tipico sarebbe una somma algebrica di requisiti positivi e negativi ma tale concezione non può essere seguita perché si equiparerebbero il fatto atipico per difetto di un elemento positivo( fatto inoffensivo) e il fatto realizzato in presenza di una causa di giustificazione che rappresenta un atto lesivo di un interesse lecito in forza della particolare valutazione statale. L' altra teoria si sviluppa sulla concezione separata della fattispecie contestando che la teoria tripartitica si possa applicare indifferentemente a tutti i reati. Le fattispecie commissive non possono essere studiate in uno stesso contesto rispetto alle fattispecie omissive perché la condotta tipica è eterogenea, si vengono così a creare 4 categorie di reati. Reati omissivi dolosi, reati omissivi colposi, reati commissivi dolosi, reati commissivi colposi. Il difetto di tale teoria è rappresentato dalla troppa segmentarietà e frammentazione che opera nell' analisi del reato.

Fatto Tipico

Il fatto tipico è costituito dalla descrizione di un accadimento di vita da parte di una norma incriminatrice, rappresenta il primo stadio di ricostruzione del reato dove si prospetta l' individuazione delle condotte penalmente rilevanti e l' esito del processo di sussunzione di un fatto concreto nella fattispecie incriminatrice, quando il primo sia conforme al modello delineato dalla seconda. La funzione è quella di delineare la materia del divieto o del comando penalmente sanzionati, tracciando un confine certo tra la sfera del penalmente rilevante e quella dell' irrilevante, creando nei consociati la convinzione che essi possano orientare i loro comportamenti. Consta dei requisiti di determinatezza e tassatività, quegli espressi nei principi generali.

Il limite minimo del fatto tipico è rappresentato dalla condotta umana obiettivamente rilevante, che esprime il principio di materialità dell' ordinamento penale(cogitans poenam nemo patitur) e fonda il limite del controllo sociale esercitato sulle condotte umane. Nell' ordinamento penale italiano il fatto tipico è costituito da gran parte di elementi obiettivi, gli unici capaci di dare univocità alla condotta esterna ma anche da elementi soggettivi come la coscienza è volontà o il dolo specifico nei reati a dolo specifico, dove la fattispecie esige, oltre alla realizzazione degli elementi obiettivi, anche la presenza di uno scopo ulteriore, verso cui deve tendere la volontà del soggetto, ma non occorre che sia effettivamente conseguito( art 624 cp(furto) l' impossessamento della cosa altrui deve avvenire al fine di trarne profitto per se o per altri). La presenza del dolo specifico corrisponde a funzioni:

specializzanti della tutela, nel senso che l' inserimento del dolo specifico nella fattispecie corrisponde ad una modificazione del suo significato offensivo(art 630 cp(sequestro di persona a scopo di estorsione) rispetto all' art 605(sequestro di persona);

fondazione di una tutela autonoma, nel senso che senza di esso il fatto non, potrebbe essere penalmente rilevante( art 416 cp(associazione a delinquere) è penalmente rilevante perché l' associazione di persone discendente dal diritto costituzionale di associarsi liberamente è finalizzata allo scopo di commettere 1+ delitti, senza questo fine l' associazione è lecita);

Fatto Tipico: Condotta

Il contenuto minimo indefettibile del fatto tipico è rappresentato dalla condotta che esprime il comportamento umano rilevante per l' integrazione delle fattispecie incriminatrici, tale elemento rappresenta un concetto controverso. Secondo la teoria naturalistica di fine 1800 la condotta si identifica con il movimento corporeo determinato dalla volontà, ma risulta una spiegazione troppo dispersiva perché non rende conto della condotta di natura omissiva. Secondo la teoria dell' azione finalistica sviluppata in Germania a partire dagli anni 30 la condotta rappresenta un dato ontologico costituito oltre che dal movimento corporeo anche dall' intenzionalità: ogni comportamento umano è tale in quanto diretto secondo una prospettiva teleologica al perseguimento di uno scopo, difetto di questa teoria è che non fornisce spiegazioni per la condotta colposa(per cui si esprimerebbe una finalità solo potenziale) né l' omissione(rispetto a cui si elabora il concetto di possibilità di azione finalistica).Secondo la teoria della condotta socialmente rilevante la condotta si identifica con il senso sociale che assume il comportamento tenuto da ciascun soggetto, questa teorizzazione risulta poco rigorosa perché fa riferimento a parametri non oggettivi. Secondo la teoria moderna la condotta dovrebbe assumere funzione classificatoria in rapporto all' azione e all' omissione, funzione limitativa per distinguere i comportamenti penalmente rilevanti e funzione dogmatico applicativa per evidenziare il parametro di unitarietà del comportamento umano, mentre in un' altra teoria di stampo moderno la condotta dovrebbe assumere funzione categoriale rappresentando il predicato dell' azione e dell' omissione. In entrambe le teorie rileva l' idea della presenza di un' alternativa possibile: nell' azione il soggetto poteva astenersi e non lo ha fatto, nell' omissione il soggetto doveva potersi attivare e non lo ha fatto.

Pur essendo un elemento minimo del fatto tipico alcuni reati mancano di condotta in senso lato, ovvero rispetto all' azione o omissione: l' art 707 cp(possesso ingiustificato di chiavi alterate o grimaldelli) punisce chi essendo stato condannato per delitti determinati da motivi di lucro o per contravvenzioni concernenti la prevenzione dei delitti contro il patrimonio sia colto in possesso di chiavi alterate o di strumenti da scasso senza giustificarne la provenienza, dichiarato parzialmente incostituzionale sent14/1971 nella parte di mendicità, di ammonito e di sottoposto a misura di sicurezza. Questi reati sono chiamati reati di mero sospetto perché ci si riferisce alla possibilità(non già all' azione od omissione) che il soggetto commetta determinati reati.

Al contrario sono presenti nell' ordinamento giuridico penale determinate fattispecie incriminatrici che esigono una pluralità di condotte come art 572 cp(maltrattamenti in famiglia) non può realizzarsi con un solo atto singolo, si parla perciò di reati necessariamente o eventualmente abituali distinguendo se la condotta è integrata forzatamente dalla ripetizione del reato o se anche una sola condotta integra la fattispecie mala pluralità di esse non ne moltiplica la realizzazione( art 3.1 n. 8 L 75/1958(sfruttamento della prostituzione). L' abitualità delle condotte si basa sulla reiterazione avallata nel tempo e nell' omogeneità in rapporto all' offesa contenuta nella fattispecie. Il reato abituale si distingue in reato abituale proprio dove la condotta singola è penalmente irrilevante e in reato abituale improprio dove la condotta singola concorre ad integrare la fattispecie, come nella relazione incestuosa art 564.2 cp rispetto all' incesto art 564.1 cp.

Condotta Commissiva

L' azione costituisce un movimento percettibile dall' esterno, le fattispecie commissive si distinguono rispetto alla forma dell' azione esercitata: nelle fattispecie a forma libera l' evento offensivo assume la rilevanza di qualsiasi azione causalmente rilevante alla sua produzione(art 575 cp(omicidio): chiunque cagiona la morte di un uomo)), nelle fattispecie a forma vincolata è il legislatore che determina le modalità con le quali l' azione deve estrinsecarsi(art 640.1 cp(truffa): chiunque con artifizi o raggiri inducendo taluno in errore procura)). La differenza tra questi tipi di fattispecie dipende dalla rilevanza del bene protetto che sta alla base di esse: più importante sarà il bene giuridico tutelato minore risulterà essere la specificazione dell' evento lesivo.

Il primo requisito dell' unicità dell' azione è dato dalla contestualità degli atti che debbono realizzarsi senza apprezzamenti di soluzioni di continuità. La contestualità secondo una parte della dottrina dovrebbe integrarsi con il requisito dell' unicità di scopo dell' agente ma il criterio teleologico espresso non specifica rispetto ai reati colposi e perché è un criterio troppo vago.

Il secondo requisito risulta essere il rapporto tra il comportamento e l' interesse tutelato: se si tratta di beni strettamente personali ogni soggetto passivo che ne sia il portatore individuerà una diversa offesa mentre se si tratta di beni rispetto ai quali l' identità del soggetto passivo non assume una rilevanza particolare i vari atti verranno inquadrati in una fattispecie unitaria.

Condotta Omissiva

L' omissione non ha un carattere positivo nell' ordinamento penale italiano data la non oggettività del comportamento, perciò deve essere desunta in via negativa, per cui il significato dell' omissione è da ricercarsi nell' art 40.2 cp(Rapporto di causalità): non impedire un evento che si ha l' obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo(clausola di equiparazione tra omissione ed azione). Attraverso la clausola di equiparazione si duplicano tutte le fattispecie incriminatrici causalmente orientate, tale disposizione accessoria è stata adottata per non ingolfare il codice penale. Alcuni autori hanno cercato di dimostrare la definibilità dell' omissione( Luden 1800 "omissione è fare una cosa differente da ciò che un soggetto deve fare") ma tali equiparazioni sono inconcepibili. Il concetto di omissione è noto fin dal XIX sec ma viene assunto di rilevanza fondamentale solo nel 1900 perché i sistemi penali moderni sono di stampo sociale solidaristico, è la non condotta che si presta alla lesione di un interesse giuridicamente rilevante che fonda il concetto di omissione, in negativo rispetto alla condotta commissiva.

I reati omissivi si distinguono in 2 categorie: reati omissivi propri e reati omissivi impropri. I reati omissivi propri sono reati di mera condotta, in cui l' omissione esaurisce la fattispecie di reato( art 361 cp(omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale) e art 593.1 cp(omissione di soccorso)), nei reati omissivi impropri il reato si integra purché si verifichi un evento particolare. L' obbligo giuridico esistente deve derivare da una fonte legislativa e il soggetto garante , concretamente competente al suo ruolo deve poter prevedere il fatto, per cui l' obbligo deriva da una posizione di garanzia rispetto ad un bene tutelato, le posizioni di garanzia sono posizioni di protezione o posizioni di controllo: nella posizione di protezione il soggetto garante ha l' obbligo di salvaguardare determinati beni giuridici da ogni pericolo che possa minacciare l' integrità del soggetto protetto( posizione genitori-figli, medico paziente), nella posizione di controllo il soggetto garante ha l' obbligo di salvaguardare da determinati fonti di pericolo allo scopo di difendere i soggetti(amministratori-amministrati). Il soggetto garante può essere tala da posizione originaria(genitori-figli) ma anche da posizione derivata da contratto o da delega.

La condotta umana attiva od omissiva per essere tale deve risultare accompagnata da quel minimo requisito psichico che viene menzionato nell' art 42.1 cp(responsabilità per dolo o per colpa o per delitto preterintenzionale. responsabilità obiettiva) di coscienza e volontà: questo requisito fondamentale esprime l' elemento soggettivo del fatto tipico. Il requisito di coscienza e volontà sembra orientarsi verso la natura reale dei coefficienti psichici interpretando in senso letterale "coscienza e volontà", ma ciò non è possibile: i coefficienti psichici devono essere interpretati in senso estensivo in rapporto alla possibilità di esercitare sul proprio comportamento un controllo finalistico e dominarlo. E' necessario così esaminare la soglia de evitabilità della condotta tenuta e considerare coscienti e volontari nella fattispecie attiva solo gli atti volontari, abituali e automatici mentre non sono considerati tali gli atti istintivi, riflessi, incoscienti per ragioni fisiologiche o patologiche, anche se negli ultimi 2 casi si deve ricercare il comportamento precedente a tali stadi ed esaminare se sussiste una situazione tipica. Nelle condotte omissive coscienza e volontà riguardano il comportamento che il soggetto ha tenuto nel momento in cui avrebbe dovuto attivarsi per adempiere l' obbligo: se è stato volontario anche l' omissione sarà considerata tale.

La legge riguarda alcune cause tipiche di esclusione della coscienza e volontà precettate dagli art 45 cp(forza maggiore), fatto naturale esterno al soggetto che determina l' atteggiamento fisico da non consentirne alcuna alternativa e art 46cp(costringimento fisico), analogo alla forza maggiore ma dove lo stato di coazione è determinato dall' altrui violenza, di natura assoluta. Queste cause rilevano sul piano delle cause di esclusione della colpevolezza.

Fatto Tipico: Evento

Il secondo elemento del fatto tipico è caratterizzato dall' evento che si identifica con un accadimento modificante del mondo esterno. L' evento in diritto penale si divide in condizionante, quando il soggetto risponde del reato anche se la condotta non era voluta; aggravatore, quando l'evento in presenza del fatto tipico aggrava la responsabilità del soggetto; e costitutivo ossia quando il fatto è penalmente rilevante in conseguenza della lesione di un interesse protetto. Riguardo all' evento si possono suddividere i reati in reati di mera condotta e reati de evento. Secondo la concezione naturalistica l' evento si identifica con il risultato della condotta, ad essa causalmente connesso, ma tale teoria comporta una dissociazione tra il fatto e l' offesa problema insoluto se si continua a ragionare in termini naturalistici, l' unico modo di affrontare il problema è il cogliere l' evento nella condizione giuridica: l' evento rilevante per il giudizio deve essere inteso come offesa ad un interesse protetto rapportata al carattere giuridico, in aggiunta è necessario che il bene giuridico sia raffrontato in maniera realista: il bene deve essere formalmente slegato dalla norma e posto nella propria sostanza nella realtà, la norma verrebbe così ad interpretare la dimensione concretamente lesiva del fatto.

Fatto Tipico: Principio Di Causalità

L' art 40 cp(rapporto di causalità) prescrive la necessità che tra l' evento e la condotta intercorra un nesso di dipendenza causale: il primo deve essere conseguenza della seconda, il fondamento del nesso causale è l' esclusione totale di qualsiasi forma di responsabilità per fatto altrui o per l' accadimento non ricollegabile al comportamento del soggetto. Il principio di causalità è noto alla dottrina fin dal 1800 ma è con il XX sec che è diventato uno degli argomenti di maggior spessore che si sviluppa continuamente su 2 fronti: l' aumento delle conoscenze scientifiche e dei problemi di causalità improntati al modello fallibilista da una parte e dall' altra l' aumento delle produzioni giurisprudenziali in materia. Lo studio della dottrina e della giurisprudenza è sempre stato improntato al modello metodologico scientifico perché per il nesso di causalità è necessario trovare delle leggi corrette e certificate dato che il problema causale, essendo di natura strettamente obiettiva non può essere a discrezione del giudice. Sono state formulate 2 grandi teorie sulla causalità dell' azione: la teoria della condicio sine qua non(o dell' equivalenza delle condizioni) e la teoria della causalità adeguata; la teoria della condicio sine qua non identifica la causa con ogni condizione antecedente all' evento, senza la quale l' vento non si sarebbe verificato. Il processo di eliminazione mentale delle cause si basa sulla cancellazione in via ipotetica dell' antecedente causale formulando quindi un giudizio controfattuale, in sostanza ci si chiede se l' evento si sarebbe verificato ugualmente oppure no. E' possibile muovere una critica alla teoria condizionalistica in base a 3 fatti:

che questa propone uno schema logico vuoto senza significato empirico per cui solo la risposta certa del giudizio controfattuale deve essere circoscritta ad ambiti perfettamente conosciuti e integrata da leggi scientifiche. Per realizzare il giudizio controfattuale è necessario aver già definito a priori e termini della causalità sapendo già i fattori eziologici che hanno agito nella situazione

che si crea un numero di condizioni in rapporto all' evento sostanzialmente infinito. Il metodo di eliminazione mentale delle cause dilata abnormemente il giudizio di colpevolezza verso soggetti che non hanno ad es. determinato l' esistenza degli stessi protagonisti dell' evento lesivo(i quali sono si colpevoli ma non i genitori di essi)

che nell' ordinamento penale italiano esistono ancora ipotesi di responsabilità obiettiva rispetto alle quali le virtualità espansive della teoria condizionalistica non potrebbero trovare alcun correttivo.

Un correttivo della teoria condizionalistica è stato approntato con la teoria della causalità adeguata: essa prospetta la necessità di considerare causale soltanto quella condizione che in base alla comune esperienza è idonea a provocare quel certo risultato. La teoria della causalità adeguata risulta fallace perché da un lato è poco rigorosa perché si basa spesso sulla comune esperienza e dall' altro assai limitata perché finisce con il negare rilevanza allo sfruttamento doloso delle peculiarità eccezionali di una situazione.

Il codice penale sembra essere orientato verso la teoria condizionalistica se ci si basa solo sull' art 40 cp ma è opportuno integrarvi anche l' art 41.1 cp(concorso di cause) che stabilisce che il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall' azione od omissione del colpevole non esclude la causalità tra l' azione o l' omissione e l' evento. Basta dunque che la condotta del soggetto abbia rappresentato una condizione per il verificarsi dell' evento ma a questo interviene l' art 41.2 cp che esclude il rapporto di causalità solo per le cause sopravvenute da sole sufficienti a determinare l' evento. La rilevanza di questa deroga è il risultato del fatto che la causalità è modificata da cause di natura eccezionale e straordinaria, da queste basi Antolisei delinea la teoria della causalità umana che identifica la condotta come causa dell' evento quando sia condizione necessaria, quando il risultato poteva essere impedito perché la serie causale era dominabile dal soggetto. Le critiche a tale teoria si rivolgono nel primo punto sullo stesso binario della teoria condizionalistica, incertezza nella dipendenza causale al fine di operare il procedimento di eliminazione mentale e in secondo luogo la determinazione riguardo alla dominabilità per propri poteri soggettivi rischia di trasformare un criterio di imputazione oggettiva in un criterio ad imputazione soggettiva.

Negli anni 70 nasce il "caso Talidomide": l' accusa sosteneva che il farmaco avesse effetti lesivi per il feto mentre la difesa sosteneva il contrario in virtù della mancanza di conoscenze scientifiche proprie e puntuali sul farmaco, perciò vi era un' interpretazione contrapposta dei dati statistici che portava ad interpretare come causa necessaria per l' accusa e causa non necessaria per la difesa l' utilizzo del farmaco e l' effettiva lesione del feto. La corte evita di pronunciarsi in via definitiva sul problema dei dati statistici sostenendo l' irrilevanza dei dati scientifici ai fini del diritto . Questo suscita le critiche del' Unione Europea per cui nel 1975 F.Stella scrive "Leggi Scientifiche e Diritto Penale" affrontando il problema: data la vacuità della condicio sine qua non la causalità deve basarsi su classi identiche di causa ed effetto, valide senz'altro per le leggi universali ma discusse per le leggi probabilistiche. Stella dimostra che le leggi probabilistiche sono utilizzabili in diritto penale utilizzando 3 argomenti:

Storico-epistemologico: il prototipo delle legge scientifica non è più una legge di tipo universale perché anche in esse vi è sempre un margine di incertezza come dimostrato da Hisenberg

Pratico-applicativo: il margine di approssimazione è comune sia alle leggi universali che alle leggi probabilistiche dato che la maggior parte delle leggi universali sono tali per dimostrazione induttiva

Assiologico: l' utilizzo delle sole leggi universali svilirebbe le finalità repressive del diritto penale perché pochi settori sono basati su leggi universali mentre molti di più sono fondati su leggi con coefficiente probabilistico

L' obiettivo di Stella era quello di far rivalutare la statistica ai fini del nesso causale ma il problema di fondo era che si inseriva un filtro infedele nel sistema di determinazione del nesso causale difatti non sempre la legge probabilisticamente più alta era la più corretta.

Sono esaminati i 3 campi di rilevanza maggiore dei problemi di causalità:

Resp. Medica x omissione: non sempre il medico può garantire la guarigione del paziente ma spesso può aumentare la possibilità che il paziente guarisca, se con la condotta attiva il problema è semplice non è tale con la condotta omissiva perché se con la fattispecie commissiva il giudizio è concreto nella fattispecie omissiva il giudizio è formulato in via ipotetica. La giurisprudenza ha riconosciuto la sussistenza del nesso causale laddove i coefficienti di salvare il paziente erano bassi(dal 30% all' 80% di morte), ma tale interpretazione è stata esposta a molte critiche perché responsabilizza il medico per un fatto che egli avrebbe solo ritardato, perciò la giurisprudenza ha considerato la sostituzione del paradigma considerando come condizione necessaria solo quella esprimibile al 100%.

Malattie Professionali: la riconducibilità dell' assunzione di sostanze tossiche alla proliferazione delle patologie neoplastiche non è riconducibile ad una condizione binaria ma si sviluppa quasi sempre con un' insieme di fattori perciò non si può essere certi dell' azione dannosa del dato prodotto. Non si può essere certi per le malattie professionali come fattore di rischio perché i fattori di rischio di tali malattie non sono sufficienti ne necessari a costituire di per se l' evento( i tumori nascono anche in persone immuni da gran parte dei fattori di rischio).

Danni da prodotto: vi sono stati solo 3 casi di danni da prodotto( olio di colza, spray per pulire etc), il fatto è che al momento della messa in vendita la scienza non è in grado di descrivere il momento della produzione della causa per cui la legge è incerta di per se. I processi si sono sempre conclusi con la condanna dei titolari della fabbrica.

Ma nel 2000 Stella scrive "Giustizia e Libertà" stravolgendo la teoria: tra il 2000 e il 2002 le leggi scientifiche divengono nuovamente solo quelle universali contro le leggi probabilistiche, è irrilevante il coefficiente di probabilità statistica perché esso non elimina in astratto e in concreto la possibilità di decidere sulla sussistenza del nesso di causalità nel caso concreto.

Le sezioni unite della Corte di Cassazione si sono pronunciate in proposito il 11/09/2002 con la sentenza Franzese ritenendo l' utilizzabilità delle leggi probabilistiche a coefficiente statistico medio basso ai fini dell' imputazione causale a patto che l' accertamento in concreto della rilevanza causale sia accompagnata da una probabilità logica. A questa pronuncia è stato obiettato da Stella che la pretesa di surrogare la spiegazione causale con una sola probabile, anche se integrata da un criterio razionale risulta fallace perché la dimostrazione che l' evento non dipende da nessuna altra causa eccetto quella è praticamente impossibile sia per la maggior parte di cause ipotetiche possono non essere conosciute sia perché resta indeterminato l' effettiva precisione dell' evento probabile. Nell' ultimo periodo sono state mosse critiche simili alla prima teoria.

Nel nostro ordinamento l' unico limite di rilevanza eziologico è rappresentato dall' art 41.2 cp che esclude il nesso causale in relazione alle cause sopravvenute quando sono state da sole sufficienti a modificare l'iter causale scatenato dalla condotta. Il fondamento di questa disciplina si basa sul fatto che le concause sopravvenute sono di natura eccezionale perciò non conoscibili a priori per chiunque mentre quelle antecedenti e concomitanti, che non escludono il nesso causale sono in effetti conoscibili, dunque il fondamento dell' irrilevanza causale risulta essere l' astratta conoscibilità per le cause antecedenti e concomitanti, anche se eccezionali. Parte della dottrina italiana, prendendo le mosse da quella tedesca ritiene che all' evento si debba procedere con una imputazione obiettiva che dovrebbe servire a circoscrivere la rilevanza della causalità, essa si basa sul fatto che la condotta causale abbia provocato un aumento del rischio cui il bene tutelato è sottoposto, e se questo maggior rischio si sia concretizzato nella serie di accadimenti successivi. Questa teoria dovrebbe essere esclusa per difetto di un rischio obiettivamente riprovato, per un difetto di rapporto di rischio, per equivalenza del rischio in caso di azione alternativa lecita e per diminuzione del rischio(vedi es libro).

Fatto Tipico: Offesa

L' offesa è la lesione o la messa in pericolo dell' interesse protetto, essa coincide con il contenuto del disvalore del fatto tipico rappresentate la lesione di un bene giuridico, la frustrazione di uno scopo o l' elusione di una funzione. Ai sensi dell' offesa si possono distinguere i reati in reati di danno e reati di pericolo, a sua volta distinti in reati di pericolo concreto e reati di pericolo presunto; nei reati di pericolo concreto la probabilità di danno è espressamente prevista dalla fattispecie art 422 cp(strage), il pericolo deve essere riscontrato caso per caso dal giudice in maniera ex antea sulla situazione di fatto, il parametro di giudizio è dato dalla miglior scienza ed esperienza del momento storico. I reti di pericolo presunto sono invece ipotesi in cui il legislatore delinea un fatto tipico sul presupposto che esso costituisca la messa in pericolo di un interesse, per sui il pericolo si identifica con la ratio della fattispecie incriminatrice art 437 cp(rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro), La rigidità dei reati di pericolo presunto è contestata dalla dottrina sul fatto che nei reati di pericolo presunto non vi sia una lesione di un bene ma solo una potenzialità lesiva generica, in base a ciò si dovrebbe assegnare ad alcuni reati la tipologia di reati di pericolo astratto perché astratta la probabilità lesiva di qualunque soggetto coinvolto nella tutela del bene. Ma i reati di pericolo presunto fanno capo ad esigenze di tutela a condizione che la loro punibilità sia decisa anticipatamente alla commissione, che la tutela del pericolo concreto risulti insufficiente per la difficoltà di precisare i termini di probabilità e che l' identificazione delle condotte presuntivamente pericolose avvenga secondo criteri ancorati alla massima esperienza consolidata o a regole scientifiche riconosciute. L' offesa per essere riconosciuta a livello giuridico deve essere rilevante sul piano applicativo, è possibile infatti che si verifichi una discrasia tra fatto tipico previsto dalla legge e penalmente punito e l' offensività sostanziale dell' atto stesso art 49 cp(reato impossibile): tra l' aspetto oggettivo del fatto che è tipizzato dal codice e la rilevanza infima dell' offesa si crea un vincolo di non punibilità per inesistenza dell' offesa o secondo una più recente dottrina inesistenza del principio di offensività. Tradizionalmente la dottrina indica come reato impossibile quel reato che è tale o per l' inidoneità dell' azione a cagionare l' offesa o per l' inesistenza materiale dell' oggetto del reato( tentativo inidoneo).L' autore di un reato impossibile può essere sottoposto, se considerato pericoloso a misure di sicurezza. L' art 49.2 cp non può essere rapportato al piano dell' offesa perché la valutazione si svolge ex post( ecco la differenza con il tentativo), cioè considerando il fatto nella sua dimensione effettuale: il furto di un oggetto di nessun valore economico non è un furto perché il concetto di cosa rilevante ai fini dell' art 624(furto) non può prescindere dal valore patrimoniale della cosa.

Antigiuridicità Obiettiva

Non sempre l' interesse contrapposto a quello dell' ordinamento nell' esecuzione della norma penale deve piegarsi al volere della fattispecie infatti in determinate situazioni dove più beni sono in gioco è opportuno che la prevalenza sia capovolta, per cui le norme che impongono una condotta tipica prevedono anche cause di giustificazione o scriminanti( questa ultima locuzione è utilizzata anche per le cause di non punibilità). La circostanza che il fatto tipico sia commesso sovvertendo il criterio di priorità stabilito dall' ordinamento lo qualifica come obiettivamente antigiuridico ma in presenza di una causa di giustificazione esso risulta obiettivamente lecito. L' antigiuridicità obiettiva può essere definita come il contrasto della condotta tipica con le esigenze di tutela dell' ordinamento espresso prescindendo dall' atteggiamento personale del soggetto verso la situazione di conflitto. Alcuni teorici sostengono che l' antigiuridicità obiettiva essendo un requisito negativo dovrebbe essere inserita nella valutazione del fatto tipico, ma in questo modo si finisce con il confondere arbitrariamente i piani di valutazione: uccidere una mosca dovrebbe considerarsi un fatto atipico come uccidere un' uomo in legittima difesa perché nel primo caso manca la tipicità dell' azione e nel secondo perché è presente un' elemento negativo che per rendere tipico il comportamento dovrebbe mancare. La confutazione arriva dal fatto che vi è sempre un' offesa anche nell' uccisione di un uomo in legittima difesa perché il bene giuridico della vita è offeso, in questo modo si comprende perché i piani di valutazione del fatto tipico e dell' antigiuridicità obiettiva sono differenti: il fatto tipico è obiettivamente antigiuridico quando non siano presenti cause di giustificazione.

Il fatto obiettivamente lecito in conseguenza di una causa di giustificazione è oltre che scriminante del reato è anche un fatto non impedibile, per converso il fatto tipico commesso in assenza di cause di giustificazione è sempre impedibile anche se esso è realizzato incolpevolmente; il fatto obiettivamente antigiuridico è sufficiente a fondare il concorso di persone nel reato a prescindere dalla colpevolezza dei vari compartecipi, corrispondentemente la presenza di una causa di giustificazione si estende a tutti i compartecipi art 119.2 cp(valutazione delle circostanze di esclusione della pena). Infine il, fatto commesso nell' esercizio di un diritto o nell' adempimento di un dovere art 51 cp(esercizio di diritto o adempimento di un dovere) non potrà produrre alcuna conseguenza sanzionatoria né civile( perciò è escluso l' obbligo del risarcimento) né amministrativa( quindi sono escluse sanzioni disciplinari) per cui la sentenza di assoluzione perché il fatto è stato compiuto nell' adempimento di un dovere o nell' esercizio di una facoltà legittima ha effetto di cosa giudicata nel giudizio civile o amministrativo per la restituzione o il risarcimento del danno, insomma è opponibile in sede civile e amministrativa ex art 652 cpp. Il codice penale non utilizza mai la locuzione cause di giustificazione o scriminanti, si limita solo a dichiarare non punibili il fatto commesso nelle situazioni precettate negli art 50,51,52,53, 54 cp, tali circostanze che escludono la punibilità rappresentano cause di giustificazioni comuni suscettibili di applicasi in linea di principio a qualsiasi reato o a categorie generali di fatti. Non è ammessa per il principio di gerarchia delle fonti l' individuazione di scriminanti non codificate.

Consenso dell' Avente Diritto art 50 cp

Non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto con il consenso della persona che può validamente disporne. L' art 50 cp riguarda le ipotesi in cui il fatto tipico offensivo sia realizzato in tutti i suoi estremi ma con il consenso del titolare del bene tutelato, il fondamento della scriminante poggia sul venir meno dell' interesse protetto per effetto del consenso alla sua lesione o alla sua messa in pericolo mentre secondo una altra parte della dottrina ritiene, più efficacemente che nel conflitto tra l' interesse dell' autore del fatto e quello tutelato dalla norma incriminatrice l'ordinamento dovrebbe risolvere a favore del primo per garantire la libertà di autodeterminazione. Il consenso può avere ad oggetto diritti disponibili ma sono categoricamente esclusi i beni strettamente personali come vita ed integrità fisica eccetto che per quest' ultima nei limiti espressi all' art 5 cc ossia quando gli atti cagionino una diminuzione permanente del' integrità fisica o quando altrimenti siano contrari alla legge, all' ordine pubblico o al buoncostume; altresì esclusi i beni attinenti a rapporti di famiglia e beni naturali patrimoniali collettivi e beni pubblici.

Ai fini della validità della scriminante il consenso deve essere validamente concesso dall' avente diritto( per i beni patrimoniali è la maggiore età) e essere immune da vizi, può validamente essere espresso dal rappresentante volontario o legale purché ciò sia compatibile con la natura del diritto stesso( per i diritti personalissimi si applica sempre l' autodeterminazione).

Esercizio di un Diritto art 51.1 cp

L' esercizio di un diritto esclude sempre la punibilità, ciò deriva dall' esigenza dell' ordinamento di evitare le antinomie e il fondamento della scriminante è la prevalenza dell' interesse per il quale il diritto è riconosciuto rispetto all' interesse protetto dalla norma penale. L' esigenza è quella di verificare quelle delle 2 situazioni sia prevalente riguardo al criterio di specialità( relazione tra le disposizioni per aggiunta o specificazione): se la norma penale è speciale rispetto ala norma autorizzata prevale la norma penale(divieto di incendio di cosa propria su diritto di proprietà), se la norma autorizzata è speciale rispetto a quella penale prevale quella autorizzata(taglio dei rami del vicino che sporgono sul proprio fondo). Il raffronto è efficace quando si mettono in paragone disposizioni determinate oppure tra beni di rilevanza costituzionale e beni di rilevanza minori ma quando le fattispecie sono indeterminate oppure i beni in gioco sono della stessa rilevanza la giurisprudenza assume carattere suppletivo al criterio di specialità. Soprattutto riguardo all' art 21 cost(manifestazione del pensiero) in rapporto ai reati art 595 cp(diffamazione), art 596 bis cp(diffamazione a mezzo stampa) e art 368 cp(calunnia) la giurisprudenza è intervenuta per circoscrivere il confine del lecito e dell' illecito.

Secondo la giurisprudenza il diritto di cronaca è rispettato se sussistono 3 limiti di legittimità:

Verità dei fatti: il diritto di cronaca è leso quando è totale la modificazione dei fatti oppure solo quando non è rispettata la verosimiglianza. Riguardo alle dichiarazioni espresse da terzi il giornalista doveva riportare la verità oggettiva ma dalla prima metà degli anni 90 c'è stata un' inversione di tendenza e si ha riguardo per l' affermazione sociale del personaggio. Nel 1999 è stata formulata la sent Simeoni: in talune circostanze non è importante il contenuto delle dichiarazioni ma il fatto che il personaggio avesse rilasciato dichiarazioni. Nel 2001 la corte di cassazione si riunisce a sezioni unite e adotta il metodo della sentenza Simeoni puntualizzando però la verifica della differenza del contenuto tra le dichiarazioni espresse e le dichiarazioni stese

Interesse sociale a conoscere i fatti: il fatto deve essere rapportato ad un oggetto che prima di esso era di pubblico dominio

Continenza nella narrazione: i modi nel diffondere la notizia non devono essere offensivi di per se

Il diritto di critica era assimilato fino al 2004 al punto precedente ma è emerso giurisprudenzilamente che la scriminante vale anche nella verità oggettiva.

Nel diritto di satira non esiste il limite dei fatti narrati ma dato l' argomento particolare qualora la satira diventi argomento informativo si rientra nel diritto di cronaca. La necessità del rapporto si basa sulla definizione di diritto: infatti secondo la dottrina essa non è un diritto soggettivo ma è interpretabile estensivamente a tutte le situazioni giuridiche soggettive e facoltà legittime. La scriminante precettata dall' art 51.1 cp delinea una situazione controversa: alcuni ritengono, sostenuti dalla gran parte della dottrina che l' efficacia scriminante dell' esercizio del diritto deriverebbe esclusivamente dall' art 51.1 cp in cui il termine diritto rappresenterebbe un elemento giuridico normativo suscettibile di essere determinato in base a qualunque fonte creando così un forma derogatoria totale e completa ma altri in posizione minoritaria che l' art 51.1 cp si limiterebbe a dare lò' ingresso alle norme permissive in quanto tali in modo tale che l' efficacia scriminante dipenderebbe dall' effettiva idoneità di tali norme ad istituire deroghe perciò riterrebbero l' art 51.1 cp una scriminante in bianco. Alla scriminante dell' art 51.1 cp sono ricollegate l' attività medico chirurgica e l' attività sportiva. Nell' attività medico chirurgica è scriminata l' attività sperimentale pura e estetica solo con il pieno consenso dell' avente diritto che dovrà svolgersi entro i limiti dell' art 5 cc mentre l' attività terapeutica e terapeutico sperimentale dovrà seguire i seguenti limiti di matrice giurisprudenziale e dottrinale: abilitazione del medico alla professione, consenso pieno e valido del paziente, terapia necessaria( rischio derivante dal non intervento deve essere maggiore dell' intervento) e necessario rispetto dell' arte medica. Esemplare è il "caso Massimo" nei primi anni '90: il medico aveva la necessità di intervenire con una trasfusione di sangue su una bambina morente ma non vi era consenso da parte dei genitori perché aderenti religiosi testimoni di Geova. Il medico intervenì lo stesso pur senza salvare la piccola. La famiglia citò in giudizio il medico, la Cassazione nel 2002 riprese la sentenza e confermò la condanna al medico per art 610 cp(violenza privata) ma non per il reato richiesto dall' accusa art 582 cp(lesioni personali) dato che il fatto non integrerebbe la fattispecie tipica dell' art 582 cp ma anzi avrebbe procurato un miglioramento. L' attività sportiva è sottoposta al limite dell' art 50 cp congiuntamente all' art 5 cc quando essa è giuridicamente autorizzata e svolta sotto egida delle organizzazioni sportive legittimamente preposte al settore, i partecipanti erano stati qualificati idonei alla gara dal punto di vista sanitario e l' attività che aveva causato l' evento è stata tenuta nel rispetto delle regole del gioco.

Adempimento di un Dovere art 51.1 cp

L' adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo di pubblica autorità esclude la punibilità. Il fondamento della scriminante è del tutto analogo a quello dell' esercizio di un diritto unito alla necessità di evitare che il soggetto sia posto in una situazione di conflitto di doveri. La rt 51.1 cp distingue l' ipotesi di dovere derivante da norma giuridica e dovere derivante da un' ordine legittimo della pubblica autorità.

Il dovere imposto da una norma giuridica prospetta la necessità di stabilire se sia il dovere a derogare alla norma penale o viceversa. La rilevanza della locuzione dovere fa significare che esso può derivare da norme inferiori a quella statale, la diversa soluzione rispetto all' art 51.1 cp (esercizio del diritto)è giustificata dal fatto che riguarda doveri(e non diritti): se la rilevanza del dovere giuridico non si estendesse a tutte le situazioni giuridicamente cogenti il destinatario rischierebbe di incorrere nella responsabilità del precetto che ha escluso.

Il dovere imposto da un ordine del pubblico ufficiale attraverso un ordine legittimo è circoscritto alle manifestazioni di volontà provenienti dalla pubblica autorità, tale limite è giustificato perché solo essa è vincolata al perseguimento di un pubblico interesse per cui può derogare l' interesse della legge penale, pubblico anch' esso. L' odine espresso dalla pubblica autorità può essere gerarchico o di polizia: nel primo caso si riferisce ad un rapporto qualificato di dipendenza pubblicistica, la condotta di un soggetto è vincolata dalla volontà di un organo sopraordinato mentre nel secondo ci si riferisce ad un generico dovere di obbedienza del cittadino privato nei confronti delle forze pubbliche. Per assumere rilevanza scriminante l' ordine deve essere legittimo in forma e sostanza, se l' ordine non è legittimo non si può richiedere la scriminante e la rilevanza di tale manifestazione si esprimerà sul piano della colpevolezza.

Difesa Legittima art 52.1 cp

Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un' offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all' offesa. Il fondamento della scriminante poggia sull' autotutela privata esercitata in via speciale e sussidiaria quando la tutela pubblica non può essere richiesta con la stessa tempestività e sull' adesione del soggetto ai valori fondamentali dell' ordinamento quali la lotta all' illecito. Si articola in due poli: la situazione aggressiva e la situazione difensiva; la prima consiste nel pericolo attuale di un' offesa ingiusta ad un diritto proprio od altrui, la seconda ruota intorno ai concetti di costrizione, necessità e proporzione.

Nella situazione aggressiva con la parola diritto si intendono tutte le situazioni giuridiche soggettive attive e ogni interesse legittimo, ma la difesa legittima non può essere esercitata rispetto ai beni collettivi o diffusi a meno che non si tratti di forme esponenziali di beni individuali( quali l' incolumità pubblica). L' offesa al diritto consiste nella sua lesione prospettata in termini di pericolo attuale derivante da azione od omissione riconducibili a comportamento umano( la reazione contro animali è fatto atipico), ma è ammessa la difesa legittima diretta contro il proprietario o il custode dell' animale affinché lo controlli perché si riconduce ad una reazione contro una condotta omissiva, deve avere il carattere di ingiustizia ossia recata senza titolo legittimante ed avere ad oggetto un pericolo attuale. Il pericolo deve essere valutato secondo il parametro consueto in giudizio(se si tratta di probabilità il parametro di giudizio è la miglior scienza ed esperienza comune) tendo conto di tutte le circostanze conoscibili( ex antea ed ex post)( vedi esempi libro imp). Secondo una parte della dottrina e la giurisprudenza il pericolo dovrebbe anche essere involontario, estendendo il criterio di involontarietà dall' art 51.1 cp ma questo requisito non è espressamente richiesto dall' art 52.1 cp.

Nella situazione difensiva il requisito di costrizione deve essere inteso unitamente alla funzione di autotutela sussidiaria della scriminante in modo che il soggetto si trovi a subire l' alternativa senza esserne l' artefice(ma in tutte le situazioni l' aggredito potrà beneficiare della scriminante qualora il pericolo determinato superi il limite dell' alternativa consentita). Il requisito della necessità di difendersi implica che la reazione rappresenti la soluzione relativamente inevitabile in rapporto alle risorse difensive dell' aggredito. Il requisito della proporzione tra offesa e difesa è stato un requisito a lungo dibattuto giurisprudenzialmnte come rapporto tra mezzi ma tale tesi è assurda; la dottrina ha propugnato l' esigenza di un giudizio comparativo tra gli interessi in conflitto, ma non è un metodo sufficiente perché non tiene conto della vicenda aggressoria nella sua totalità. Per cui la valutazione comparativa oltre che riguardare gli interessi deve rivolgersi all' intensità e alla natura del pericolo e alla consistenza della necessità. Per gli offendicula si applica lo stesso criterio dell' art 52.1 cp di proporzionalità, ingiustizia e attualità.

Autotutela di domicilio Privato L 59/2006

La L 59/2006 ha aggiunto all' art 52 cp i commi II e III riguardanti i casi esposti nell' art 624 cp(violazione di domicilio) che nei casi previsti sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un' arma legittimamente detenuta o un altro mezzo idoneo al fine di difendere la propria o altrui incolumità o i beni propri o altrui quando non vi è desistenza dal pericolo di aggressione, anche nel caso che il fatto sia avvenuto in un altro luogo ove venga esercitata un' attività commerciale, professionale o imprenditoriale. La scriminante espressa nella L 59/2006 è autonoma e distinta dall' art 52 cp ma è ricollegabile idealmente a tale precetto: il contesto storico in cui è stata emanata esigeva una maggiore autotutela degli spazi in cui l' essere umano è lecito debba sentirsi protetto a fronte dei continui raid nei domicili privati. Il legislatore ha voluto definire il domicilio come proiezione spaziale della persona in conseguenza dell' art 14. Cost. Anche in questa scriminante si ricollegano 2 situazioni: la situazione aggressiva e la situazione difensiva.

La situazione aggressiva si identifica con il pericolo di offesa alla propria o all' altrui incolumità, o ai beni propri o altrui realizzata dal' autore della violazione di domicilio senza desistenza, il pericolo deve essere attuale e sussistere in concreto. Con la locuzione incolumità ci si riferisce a ogni aggressione concernente bani immanenti alla persona fisica. Vi sono dei requisiti limitativi per l' azione di autotutela: il difetto di desistenza da parte del soggetto che ha violato il domicilio e il pericolo di aggressione deve tradursi un una possibile offesa all' incolumità ma che non necessita a differenza della difesa legittima del requisito dell' attualità.

La situazione difensiva si esprime mediante l' uso di un' arma legittimamente detenuta o di un altro mezzo idoneo al fine di difendere gli interessi coinvolti nella situazione, perciò la reazione deve essere strumentale al pericolo e non avere una finalità ritorsiva.

Uso Legittimo di Armi art 53 cp

L' unica scriminante propria prevista dal codice riguarda il pubblico ufficiale o soggetti privi di qualifica richiesti dal pubblico ufficiale infatti non è punibile il pubblico ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di fare uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all' autorità e (L 152/1975)di impedire delitti di strage , naufragio, sommersione, disastro aviatorio e ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata e sequestro di persona. Il fondamento di tale scriminante è politico autoritario: l' adempimento dei doveri del pubblico ufficiale non deve essere frapposto da alcun ostacolo . La scriminante si articola in una situazione necessitante e in una situazione necessitata.

La situazione necessitante riferisce una resistenza da superare o una violenza da vincere oppure per impedire i reati elencati, la dottrina è concorde che nel carattere della violenza e resistenza debba intendersi sicuramente la violenza fisica, ma la maggior parte di essa concorda anche nel tipo mentale psichico. L' art 53 cp è un' ulteriore garanzia della libertà e tutela del pubblico ufficiale che trova riscontro anche negli art 336 cp(violenza a pubblico ufficiale) e art 337 cp(resistenza a pubblico ufficiale); per quanto riguarda la violenza è placido il consenso ma molto discussa è la possibilità di comprendere nella scriminante anche le ipotesi di resistenza passiva, positiva dovrebbe essere la risposta infatti basta che i mezzi adottati dal pubblico ufficiale per far sloggiare i dimostranti passivi siano appropriati rispettando il requisito della proporzione inoltre perché nell' art 53 cp non sono menzionate solo le armi ma anche qualunque altro mezzo idoneo. Il requisito della proporzione è implicitamente presente nell' art 53 cp perché vi sarebbe violazione del principio personalista se il pubblico ufficiale potesse ledere i diritti della persona pur nella situazione precettata dall' art 53 cp ma in maniera indiscriminata. La L 152/1975 ha integrato l' art 53 cp sulle situazioni necessitanti immettendovi i delitti di strage, etc., anche se questi delitti erano già compresi nell' ambito di validità generale dell' art 53 cp il legislatore ha voluto ribadire la loro importanza.

La situazione necessitata consiste nel far uso di un' arma o di ogni altro mezzo di coazione legalmente detenuto da parte di un soggetto appartenente alle forze di sicurezza pubblica(i vigili urbani non sono una forza pubblica ma possono essere richiesti come forza di supporto) oppure ad agenti appartenenti ad agenzie private riconosciute per adempiere ad un dovere del proprio ufficio, dunque l' utilizzo dell' arma deve essere strumentale alla finalità dell' adempimento o costituire di per se adempimento. La dottrina dominante ritiene che il requisito soggettivo si riferisca alla motivazione dell' agente, nel senso che la scriminante sarebbe esclusa quando il pubblico ufficiale abbia fatto uso di armi per sfogare il proprio rancore o la propria ira, ma non si vede ragione di come non possa essere considerata conforme alla disciplina dell' art 53 cp se l' intera vicenda si svolge nei limiti obiettivi dello stesso articolo. La finalità di adempiere il proprio ufficio quindi significa esclusione sistematica di tutte le attività di rappresaglia. Il requisito della necessità postula che il pubblico ufficiale a parità di risultati deve ricorrere sempre al mezzo meno offensivo tra quelli disponibili. Il requisito della costrizione si basa sul venir meno del conflitto di interessi in rapporto al pubblico ufficiale agente. Si è posto il problema della compatibilità dell' art 53 cp con l' art 2 cedu(tutela del diritto alla vita) il quale esige che l' arresto sia effettuato in maniera regolare senza ledere i principi dell' uomo , la Corte di Cassazione si è pronunciata sul caso 6/02/2003 dichiarando la diretta applicabilità dell' art 2 cedu. La dottrina si trova a controbattere tale pronuncia perché sostiene che l' art 53 cp è posto a tutela della vita anche esso e sottolinea la tutela minima.

Stato di Necessità art 54 cp

Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare se od altri da un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato ne altrimenti evitabile sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo. Lo stato di necessità è tradizionalmente definito come la scriminante amorale del codice Rocco: il soggetto passivo per salvare se od altri da un pericolo compie un fatto che costituisce reato danneggiando un terzo soggetto non partecipe della vicenda. Fondamento della scriminante risulta essere il bilanciamento operato dall' ordinamento tra l' identità di valore del bene salvato e quello sacrificato e contemporaneamente poggia anche sul fatto che durante particolari situazioni di pericolo è insensato pretendere da un soggetto il rispetto dei doveri impostigli( necessitas non habet legem). In conseguenza di questo gran parte della dottrina fa dubitare la scriminante come causa di giustificazione e la ricomprende nelle scusanti( il fatto commesso è illecito dal punto di vista oggettivo ma non è punibile). Norma sovrapponibile all' art 54 cp è l' art 2045 cc(stato di necessità) per cui anche in diritto penale il danneggiante è sempre tenuto a versare un' indennità la cui misura è rimessa all' equo apprezzamento del giudice. Altra parte della teoria ritiene che l' art 54 cp fondi una causa oggettiva scriminante propria. IL soccorso di necessità è sempre ammissibile e sempre scriminante però deve essere integrato dal requisito della proporzione. La scriminante si articola in una situazione necessitante e in una situazione necessitata.

La situazione necessitante consta di un pericolo attuale con probabilità di danno alla persona secondo la miglior scienza ed esperienza. La valutazione del pericolo è effettuata ex post nel caso concreto. Il pericolo deve essere concomitante alla condotta cioè in atto al momento dello stato di necessità. Secondo la giurisprudenza il pericolo può essere anche futuro ma attuale ed individuato al momento della condotta, si è anche provato ad operare in maniera necessaria per cercare di ricomprendere le ipotesi più comuni come la necessità abitativa(occupazione abusiva di immobili altrui). I criteri precedenti sono elencati nel i comma ma si possono desumere altri criteri: il danno deve essere grave e rivolto alla persona per cui si ritengono esclusi i diritti patrimoniali ma da una recente revisione dottrinale è opportuno interpretare estensivamente l' art 54 cp immettendogli anche essi. La causa di giustificazione dell' art 54 cp è estremamente simile all' art 384 cp(causa di non punibilità per reati contro l' amministrazione della giustizia) per cui si desume che la causazione del pericolo anche nella scriminante 54 cp deve essere involontaria, così come l' art 84 cp deve riconoscere tutti i requisiti dell' art 54 cp. La gravità del danno deve essere valutata in senso quantitativo e qualitativo, parte integrante implicita nell' art 54 cp è l' ingiustizia del danno. Infine il pericolo deve essere inevitabile anche se vi sono vari interpretazioni a riguardo: secondo la visione più rigida non devono sussistere alternative lecite all' evitabilità del pericolo mentre secondo quella più estensiva l' inevitabilità deve essere esaminata in astratto. Queste teorie sono criticate perché l' inevitabilità o l' alternativa deve essere esaminata in concreto.

La situazione necessitata si basa sui 3 requisiti di necessità, proporzione e costrizione. I primi due sono uguali alla legittima difesa mentre per costrizione si intende che l' alternativa sia stata subita dal soggetto senza che questi avesse determinato il conflitto di interessi, viene così esaminata in maniera oggettiva. L' alternativa deve essere conflittuale con il soggetto e il soccorso di necessità meramente facoltativo, altrimenti si instaurerebbe la situazione tipica dell' art 593.2 cp(omissione di soccorso).

L' art 54 cp non è applicabile secondo l' art 54.2 cp ai soggetti che hanno il dovere di esporsi al pericolo.

L' art 54.3 cp riguarda lo stato di necessità derivante da altrui minaccia e si tratta di una scusante, perciò attinente alla colpevolezza, la rilevanza penale in questa situazione è assunta alla minaccia verso il soggetto per cui tutti gli atti compiuti sotto minaccia di terzi sono non imputabili. Riguardo al soccorso in stato di necessità contro la volontà dell' interessato sussistono varie teorie: alcuni sostengono che l' art 54 cp sia applicabile solo quando i beni in pericolo siano solo quelli indisponibili perché per essi il consenso non rileva mentre secondo altri rileva la stessa teoria del Caso Muccioli.

Eccesso di Cause di Giustificazione art 55 cp

Secondo l' art 55 cp se nel commettere alcuno dei fatti preveduti nella cause di giustificazione si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall' ordine del' autorità ovvero dalla necessità si applicano le disposizioni concernenti i delitti dolosi. L' eccesso colposo di cause di giustificazione può dipendere da un' errata valutazione dell' agente il quale ritiene necessario un comportamento che al contrario non lo è oppure può dipendere dal fatto che l' agente non può contenere la propria condotta per vari motivi: in questi casi si parla di eccesso nel fine e eccesso nei mezzi. L' effetto da luogo ad un fatto completamente antigiuridico ma se l' eccesso colposo risulta incolpevole l' agente sarà esente dalla pena.

Colpevolezza

Il principio di colpevolezza esprime l' esigenza che l' imputazione del fatto al suo autore sia orientata in modo che il fatto stesso debba risultare opera di chi lo ha commesso secondo il brocardo latino "nullum crimen, nulla poena sine culpa", per cui il principio di colpevolezza fa capo al principio personalistico. Il principio di colpevolezza viene espresso a livello costituzionale nell' art 27.1 cost soltanto se l' identificazione dei suoi presupposti assume l' agente non come semplice fattore causale cieco ma come un essere capace di orientare le proprie scelte in maniera razionale(Decisione Corte Cost 364/1988). Il principio di colpevolezza ha mutato la propria finalità rispetto alla concezione della pena: quando la pena era vista in termini retributivi il principio di colpevolezza è servito a identificare il fondamento della pena ma con le nuove concezioni preventive il principio di colpevolezza si è adattato ad essere il limite delle esigenze punitive espresse dalla prevenzione totale, in rapporto ad un valore ad essa antagonistico ma inviolabile: il rispetto della persona umana. Il principio di colpevolezza serve anche a sottolineare gli aspetti migliori della generalprevenzione: la pena non prescinderà dalla colpevolezza ne la travalicherà, il legislatore tratta i consociati come esseri capaci di determinarsi consapevolmente e manifesta il proprio affidamento nel valore dei precetti giuridici come canone del comportamento individuale, per cui il principio di colpevolezza è la base per l' altra finalità della pena: la risocializzazione del reo.

Nel diritto penale moderno si sono sviluppate 2 concezioni fondamentali della colpevolezza: la concezione psicologica di matrice illuminista e la concezione normativa di matrice tedesca.

La concezione psicologica della colpevolezza identifica il nesso psichico di unione del fatto con il suo autore nelle forme di dolo e colpa come colpevolezza: il fatto è colpevole quando l' autore lo ha voluto oppure quando non avendolo voluto avrebbe potuto prevederne la realizzazione se avesse utilizzato la diligenza richiesta. La colpevolezza viene identificata come un rapporto a base naturalistica con un quid effettivamente rilevabile di consistenza fissa, difatti il dolo e la colpa o ci sono in toto oppure sono assenti. La colpevolezza non influisce sulla pena perché la graduazione di essa dipende da coefficienti obiettivi(esempio furto sul libro). Questa concezione si basa su un' utopia ugualitaria: dato che tutti gli uomini hanno gli stessi motivi per rispettare il patto sociale non contano le ragioni soggettive che li hanno spinti a delinquere, ma questo cozza violentemente con l' esperienza comune per cui gli uomini non sono sostanzialmente uguali.

La dottrina del 1800 decise di graduare la colpevolezza in base al processo di motivazione postulando che il motivo esercitasse un' influenza di qualche tipo sull' atto volontario rilevante ai fini del dolo. Questo espediente risultò fallace perché spesso il bisogno può essere un motivo meno forte dell' avidità, ciò che li differenzia realmente è una differente valutazione etico-sociale. La teoria psicologica dela colpevolezza creava ulteriori problemi anche nei suoi aspetti sistematici: considerando la colpevolezza come concetto unitario distingueva il dolo come coefficiente psichico reale, in base alla coscienza e volontà dell' agente, mentre la colpa come coefficiente potenziale, in base alla prevedibilità(i piani sono totalmente differenti).

Nel 1907 su una rivista di diritto uscì il saggio di Reinarth Frank "Sulla Costruzione del Concetto di Colpevolezza" ,teoria giusnaturalismo e neokantismo si fondono e con la quale la dottrina stesa venne rivoluzionata: la colpevolezza è un giudizio( locuzione tipicamente normativa) di riprovabilità del comportamento dell' agente di impedire o vietare quel comportamento: nel dolo il consociato ha voluto quello che non doveva volere, nella colpa non ha previsto ciò che doveva prevedere. L' oggetto del giudizio risultano essere 3 elementi: la capacità di intendere e di volere del soggetto, il nesso psichico tra l' agente e il fatto e le circostanze concomitanti influenti sul processo di motivazione dell' agente. La novità assoluta di questa teoria risiede nell' ultimo elemento: Frank postula l' esistenza di circostanze che influiscono in termini di maggiore o minore esigibilità del comportamento tenuto dal soggetto rispetto alla norma, giudicate con una valutazione etico sociale.

Vi sono 2 possibili dilatazioni in cui si può estendere la concezione normativa: verso una maggiore rilevanza del parametro di giudizio oppure verso un' ampliamento dell' oggetto del giudizio derivante da un' ampliamento delle circostanze concomitanti. Ciascuna dilatazione implica uno stravolgimento e un peggioramento sistematico dei fondamenti del diritto penale, in Germania durante la Repubblica di Weimar si sviluppò la teoria dell' inesigibilità: nel dare maggiore rilevanza al parametro di giudizio ampliando i criteri di inesigibilità a valori non previsti dalla legge creando così un' inesigibilità tipizzata e un' inesigibilità ultralegale la valutazione etico sociale deve essere fatta dal giudice che diventa così un potenziale eversivo della legalità. Questa teoria ebbe una ripresa nel secondo dopoguerra riguardo al giudizio sulle "eutanasie pietose" delle vittime dell' olocausto. Questa teoria rinnega fortemente il principio di legalità perché si subordina la legge penale ad una norma etico sociale di natura preter legale con conseguenze sull' elasticità del diritto e sulla prevenzione generale. L' altra possibile teoria di dilatazione si basa sull' aumento delle circostanze concomitanti, che si estenderebbero potenzialmente a tutte quelle circostanze che caratterizzano la vita del soggetto: questa teoria è stata elaborata in epoca nazista si basa sulla colpevolezza d' autore o per condotta di vita.

La teoria moderna di derivazione soprattutto tedesca rileva che il dolo e la colpa non rappresentano il criterio del rimprovero ma l' oggetto di esso, per cui i parametri di base dell' imputazione di colpevolezza risultano essere:

Capacità di intendere e di volere

Possibilità di conoscere il divieto

Esclusione di scusanti obiettive

La dottrina italiana pur mantenendosi alla concezione normativa è legata alla concezione unitaria della colpevolezza senza le precedenti distinzioni funzionali corrispondenti.

La colpevolezza nel diritto penale italiano consta di 3 elementi:

Imputabilità

Dolo o Colpa

Mancanza di cause di esclusione della colpevolezza

Colpevolezza: Imputabilità art 85 cp

Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato se al momento in cui lo ha commesso non era imputabile, il comma I dell' art 85 cp(capacità di intendere e di volere) unito al comma II art 85 cp è imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere svolge una visione paradigmatica della norma penale: il confine tra lecito e illecito è ben delineata dai concetti di capacita di intendere che significa capacità di percepire il significato delle proprie azioni e il valore che queste hanno verso gli altri consociati, con la capacità di volere si esprime la capacità di orientare finalisticamente le azioni. Secondo una parte della dottrina l' imputabilità atterrebbe alle condizioni personali di applicazione della pena e non alla colpevolezza ma questa prospettiva implica l' adesione ad una concezione della colpevolezza strettamente psicologica perché si identificherebbe con il solo nesso psichico. Ma anche se il rilievo è esatto sono infondate le implicazioni generali difatti anche i soggetti incapaci possono realizzare un fatto con dolo o colpa ma tali coefficienti di imputazione assumono nei loro confronti un valore profondamente diverso che nei confronti dei soggetti imputabili, per cui l' imputabilità è un requisito indefettibile della colpevolezza. L' art 85 cp stabilisce un nesso tra la capacità di intendere e di volere el' imputabilità, l' art 85 cp trattandosi di clausola generale è affiancato a disposizioni speciali:

Disposizioni che ribadiscono la fattispecie dell' art 85 cp: artt. 88,95,96,98 cp

Disposizioni che derogano la fattispecie dell' art 85 cp: artt. 87,90,92,93 cp

La regola generale non può essere applicata per eludere surrettiziamente le restrizioni imposte dalle norme derogatorie del secondo gruppo per cui le personalità abnormi o borderline di carattere non patologico non sono riconosciute ai sensi dell' art 85 cp.

Cause di Mantenimento, Modificazione ed Esclusione dell' Imputabilità

L' art 86 cp(determinazione in altri dello stato d' incapacità, allo scopo di far commettere un reato) prescrive che se taluno mette altri nello stato di incapacità al fine di fargli commettere un reato, del reato commesso ne risponde la persona che ha cagionato lo stato d' incapacità. Questa norma ha una portata residuale rispetto agli art 88 cp e ss perché si applica a situazioni diverse e che non potrebbero escludere l' imputabilità. I requisiti affinché si possa invocare l' art 86 cp sono: l' incapacità provocata e totale del soggetto, la finalità di reato e la commissione da parte del soggetto incapace del reato previsto, infatti se l' incapace commette un reato diverso la disciplina non è più dell' art 86cp ma dell' art 116 cp(reato diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti).

L' art 87 cp(stato preordinato di incapacità) prevede che non si applica la prima disposizione dell' art 85 cp a chi si è messo in stato d' incapacità di intendere e di volere al fine di commettere un reato. Il fondamento della disciplina poggia sull' actio libera in causa: l' azione non è libera in se perché lo stato di incapacità è derivato da una scelta libera e consapevole. Il fatto che segue è solo conseguenza del comportamento volontario anteriore per cui ai fini della responsabilità è necessario soffermarsi sull' analisi del comportamento presente al momento in cui la persona si è resa incapace, rispetto al fatto commesso in stato di incapacità: se questo corrisponde a quello programmato l' agente ne risponderà a titolo di dolo diretto mentre se non gli corrisponde ma con la dovuta diligenza si poteva prevedere ne risponderà a titolo di colpa.

L' art 97 cp(minore di anni 14) prescrive che non è imputabile chi al momento del fatto non aveva compiuto i 14 anni: l' ordinamento fonda una presunzione assoluta di non punibilità che si giustifica con la necessità di assicurare la certezza del diritto e la parità di trattamento. L' art 98 cp(minore di anni 18) prescrive che è imputabile chi al momento del fatto aveva compiuto 14 anni ma non ancora 18 se possedeva la capacità di intendere e di volere ma la pena è diminuita. Oltre i 14 anni l' imputabilità deve essere accertata caso per caso sulla base della capacità propria del minore, in seguito alla sent Corte Cost 168/1994 non può mai essere applicato l' ergastolo.

L' art 90 cp(stati emotivi e passionali) esclude la rilevanza di stati particolarmente emotivi e durevoli che pervadono l' attività psichica del soggetto ai fini dell' imputabilità.

L' art 88 cp(vizio totale di mente) esclude l' imputabilità quando l' agente era per infermità in tale stato di mente da escludere la capacità di intendere e di volere. Condizione necessaria è che l' infermità sia di natura patologica quindi le anomalie della personalità e del carattere non rappresenterebbero ipotesi rapportabili all' art 88 cp secondo l' interpretazione tradizionale ma di recente la Corte di Cassazione riunita a Sezioni Unite( sent Raso 25/01/2005) ha precisato che possono incidere sulla capacità di intendere e di volere ed integrare il vizio di mente tutti i disturbi che sono di consistenza, intensità, rilevanza e gravità tali da incidere sulla capacità, mentre non assumono rilevanza le disarmonie della personalità o le alterazioni di tipo caratteriale. L' incapacità deve sussistere al momento in cui l' agente ha commesso il fatto, anche se è dovuta da una manifestazione transitoria.

L' art 89 cp(vizio parziale di mente) prescrive che quando al momento del fatto la capacità di intendere e di volere era grandemente scemata ma non esclusa la responsabilità sussiste ma la pena è diminuita. Secondo una parte della dottrina il vizio parziale di mente non può esistere perché la capacità è presente o assente in toto ma l' orientamento prevalente ritiene che essa corrisponda all' esperienza reale di taluni soggetti in cui il livello di infermità non preclude del tutto la facoltà di autodeterminazione. La valutazione è quantitativa.

L' art 96 cp(sordomutismo) identifica lo stato patologico del sordomuto che non ha ricevuto un' educazione adatta a tale stato e esclude l' imputabilità.

Il trattamento dell' ubriachezza da parte del codice Rocco prevede che l' intossicazione da bevande alcoliche e/o sostanze stupefacenti determini un' esclusione della capacità di intendere e di volere ma la rilevanza di questa condizione è subordinata alla natura della causa che l' ha provocata, a seconda ch' essa sia o meno ascrivibile al comportamento volontario o colposo del soggetto. Per cui se l' intossicazione che esclude la capacità deriva da caso fortuito o forza maggiore il soggetto non è imputabile art 91 cp(intossicazione derivante da caso fortuito o forza maggiore) e se la capacità è grandemente scemata la pena è diminuita; se l' incapacità è volontaria o colposa non derivata dalla fattispecie prevista dall' art 91 cp l' incapacità è irrilevante: il soggetto è considerato imputabile a tutti gli effetti. Il codice prevede 2 fattispecie di imputabilità in stato d' intossicazione da alcool o sostanze stupefacenti( art 93 cp: clausola di equiparazione per art 91 e 92 cp tra alcool e stupefacenti): l' art 92 cp(intossicazione preordinata al fine di commettere reato) e l' art 94 cp(intossicazione abituale). L' art 92 cp è una forma di actio libera in causa aggravata dalla particolare rilevanza che il codice da a questa materia, l' art 94 cp deriva invece da una maggiore gravità dall' idea che essa rappresenti una condotta di vita pericolosa. L' art 95 cp(intossicazione cronica) è considerata invece come vizio di mente e la disciplina relativa è quella degli artt 88 e 89 cp, dato che in questo stato il soggetto non può più assumere un atteggiamento efficace nei confronti del proprio stato.

Il nodo dolente è rappresentato dall' intossicazione volontaria o colposa art 92 cp, secondo l' opinione della giurisprudenza occorre considerare l' intossicato incapace alla stregua di un soggetto capace e accertare quale era l' atteggiamento psichico al momento del fatto, ma dato che l' intossicato incapace non è in condizioni di normalità è errato presumere che lo sia quindi l' art 92 cp prevede che il soggetto debba essere considerato imputabile al momento della commissione del fatto. Ma anche questa visione risulta fallace perché offensiva del principio di colpevolezza dato che la presunzione originaria si ripercuote a cascata su tutte le situazioni successive, una parte della dottrina per conciliare la disciplina dell' art 92 cp con l' art 27.1 cost ha utilizzato lo schema del' actio libera in causa postulando la necessità di stabilire l' atteggiamento psichico al momento in cui il soggetto si è posto nello stato di incapacità, la stessa Corte Costituzionale con al sent. 33/1970 ha confermato tale inquadramento. In conclusione il soggetto risponde a titolo di:

Dolo eventuale, quando ponendosi nello stato di incapacità si è rappresentato la possibilità di commettere il fatto

Colpa, quando avrebbe potuto rappresentarsi la possibilità di realizzarlo

Ma dato che resterebbero impuniti tutti i reati che non sono previsti colposamente per cui si deve punire a titolo di dolo quando il soggetto si rappresenta la futura commissione del reato e a titolo di colpa tutti gli altre opzioni.

Colpevolezza: Dolo art 43.1 cp

Il delitto è considerato doloso quando l' evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell' azione/omissione e da cui la legge fa dipendere l' esistenza del delitto è dall' agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione ed omissione. Ill dolo rappresenta la forma prototipica del delitto e è condizione sufficiente a fondare la responsabilità nelle contravvenzioni mentre nella maggior parte dei delitti è condizione necessaria: la responsabilità a titolo di dolo anche quando è affiancata a ipotesi di responsabilità preterintenzionale o colposa è sempre reputata più grave. In infatti sul piano della colpevolezza in linea generale l' agente doloso è sempre più rimproverabile di quello colposo perché l' uno, a differenza dell' altro mette in discussione la validità precettiva della norma giuridica, contestandone l' efficacia come criterio direttivo della sua condotta, per cui l' essenza del dolo è costituita dalla volontà.

L' oggetto del dolo è rintracciabile nell' art 47 cp(errore di fatto), infatti il legislatore individua in negativo quello che è l' atteggiamento doloso del soggetto agente. Infatti se per art 47 cp l' errore sul fatto che costituisce il reato esclude la punibilità lasciando residuare solo una responsabilità colposa ne consegue che il dolo debba assumere ad oggetto il fatto che costituisce reato ossia il fatto tipico prescindendo dalle circostanze e dalle cause di non punibilità, per cui il dolo deve investire gli aspetti della realtà che risultano rilevanti per l' integrazione della fattispecie tipica mentre l' esaminalità della corrispondenza tra voluto e realizzato deve essere fatta in astratto. Costituiscono oggetto di dolo il fatto tipico nelle sue immanenze(evento naturalistico, presupposti della condotta e la condotta stessa) l' antigiuridicità obiettiva(per cui è sufficiente che il soggetto non si rappresenti la presenza delle cause di giustificazione). Riguardo all' offesa, una dei componenti del fatto tipico è discusso se possa essere riconducibile al dolo ma in conseguenza della sentenza Corte Cost 364/1988 che dichiarava incostituzionale parte dell' art 5 cp(ignoranza della legge penale) il dibattito è cessato.

Il dolo è formato da coefficienti psichici di natura reale che individuano 2 aspetti: intellettivo e volitivo. Il momento intellettivo del dolo si riferisce a tutti gli elementi del fatto tipico nella forma psicologica consentanea alla loro natura: i presupposti dovranno essere conosciuti, la condotta dovrà essere cosciente anche in senso materiale, l' evento naturalistico deve essere prevedibile in conseguenza dell' azione od omissione dell' agente. Quando gli elementi del fatto tipico assumano carattere normativo il soggetto dovrebbe esserne consapevole del loro valore, giuridico ed extragiuridico, insomma dovrebbe coglierne valutativamente la sussistenza ma il criterio è troppo rigoroso, è sufficiente la valutazione parallela nella sfera del laico che corrisponde ad un apprezzamento corrispondente a quello del diritto ma calato nel contesto socioculturale dell' uomo comune. Il momento volitivo del dolo investe invece la condotta: nell' azione ciò implica la riconducibilità al volere degli atti mentre nell' omissione il momento volitivo postula che il soggetto abbia voluto disattendere l' obbligo di un comportamento diverso. E' discusso se l' evento possa essere ricollegato al momento volitivo: secondo un orientamento dottrinale solo gli atti del soggetto possono essere il prodotto della volizione perché solo su questi atti l' agente può avere un controllo psichico reale mentre la conseguenza tipica sarebbe soltanto idea di previsione(teoria della rappresentazione). Ma secondo altri dato che il comportamento doloso orienta finalisticamente i fattori della realtà nella prospettiva del mezzo verso uno scopo il concetto di volizione attrae indiscutibilmente l' intero processo facente parte anche l' evento(teoria della volontà, identificabile con voglio dunque faccio) In questo contesto è possibile definire un evento come doloso quando il soggetto perseguiva volontariamente come scopo finalistico dell' azione/omissione un risultato certo, probabile o anche solo possibile oppure quando anche senza l' intenzionalità concreta egli si è rappresentato come conseguenza certa o probabile della condotta, dato che se l' evento è stato previsto come conseguenza anche solo probabile dall' agente è indubbio che il significato finalistico obiettivo corrisponde alla volontà di lui. Il dolo può essere diretto quando la volontà dell' agente dirige la condotta verso l' vento come un mezzo verso lo scopo, eventuale quando il soggetto preveda soltanto come un possibile risultato della condotta finalisticamente orientata ad un obiettivo diverso: il soggetto quando ha accettato la possibilità dell' evento sia pure come risultato accessorio è come se lo avesse voluto(accettazione del rischio). Quando invece l' agente ha escluso tale possibilità accessoria confidando di poterla evitare ricorre la figura della colpa cosciente, in questa figura vi è la previsione dell' evento ma il presupposto è che esso non sia voluto(ipotesi rapportata alla colpa). Presupposti dell' accettazione del rischio sono la possibilità dell' evento in concreto e la valutazione della condotta assunta in maniera impersonale. Riguardo al momento di manifestazione del dolo nell' iter criminis si può distinguere il dolo in 3 modi: dolo iniziale, dolo concomitante e successivo. Non rilevano ai fini dell' imputazione penale il dolo iniziale perché esso sorregge soltanto l' inizio dell' esecuzione ma non il successivo sviluppo e dovrebbe riferirsi all' ultimo atto compiuto, né il dolo successivo, che si instaurerebbe dopo la condotta tipica e perciò violerebbe la regola della manifestazione del dolo durante la condotta.

L' intensità del dolo fa dipendere la misura della pena inflitta dal giudice secondo l' art 133.1 n 3 cp(gravità del reato: valutazione agli effetti della pena), infatti la pena sarà comminata maggiormente quanto il proposito criminoso dipenderà dal maggiore persistenza nel soggetto, ma a questo fatto deve risultare una continuità relativamente ininterrotta nella mente del soggetto.

Colpevolezza: Colpa art 43.1 cp

Il delitto è colposo o contro l' intenzione quando l' vento anche se preveduto non è voluto dall' agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline. L' imputazione colposa si prospetta ogniqualvolta difetti un elemento necessario a costituire l' imputazione dolosa, in rapporto non solo all' vento ma a qualsiasi altro requisito della fattispecie per cui è possibile dire che la colpa è l' elemento simmetrico in negativo del dolo, ma rispetto a quest' ultimo la colpa si apprezza solo sul piano normativo(per cui intrinsecamente colpa e dolo agiscono su piani differenti): essa è un giudizio sull' osservanza delle regole cautelari inerenti all' attività svolta. Qualunque tentativo di rintracciare un fondamento psicologico in base colposa cozza contro il fatto che la natura colposa deriva sempre ed inevitabilmente da una valutazione formulata in rapporto ad un dovere di diligenza, prudenza ed perizia. La punibilità a titolo di colpa deve essere sempre espressa nei delitti, mentre nelle contravvenzioni essa è di regola alternativa al dolo, l' imputazione colposa deve risultare inequivocabilmente dalla formulazione della stessa fattispecie incriminatrice perché si tratta di un' ampliamento dell' area della punibilità. Rispetto ai delitti l' imputazione colposa ha carattere eccezionale e sussidiario: è realizzata per tutelare maggiormente i beni giuridici di importanza più rilevante inoltre la responsabilità colposa segue ineluttabilmente la responsabilità dolosa: senza l' imputazione dolosa è insensato creare un' imputazione colposa. La colpa è formata da 3 momenti fondamentali: l' inosservanza delle 3 regole, l' evitabilità dell' evento mediante l' osservanza delle regole e l' esigibilità dell' osservanza da parte dell' agente.

L' inosservanza delle regole cautelari può derivare dall' inosservanza delle regole extragiuridiche relative all' esperienza comune e tecnico scientifica l' art 43.1 cp richiama le 3 regole mentre quando tratta di inosservanza di leggi, regolamenti ordini o discipline si riferisce a regole positive, contenute in una fonte normativa specifica codificate in leggi e atti specifici.

Le regole cautelari riguardanti le 3 forme di osservanza sono di carattere extragiuridico. Secondo un' opinione della dottrina il criterio data dalla diligenza è quello esigibile nella stessa situazione dall' agente modello(homo eiusdem condicionis ac perfectionis) che rappresenta il prototipo ideale di persona giudiziosa e prudente che eserciti la stessa professione, la stessa funzione e attività del soggetto. L' evento deve essere obiettivamente prevedibile ex antea secondo il metodo di tale soggetto. Secondo una tesi più moderna la regola di diligenza scaturirebbe dalla prevedibilità in base alla miglior scienza od esperienza riferibile alle situazioni in cui opera l' agente, dato che il rappresentarsi di una misura cautelare prescrive che ne sia imposto a prescindere l' utilizzabilità di essa da parte del soggetto. La negligenza si definisce come l' omissione delle cautele doverose mentre l' impudenza come la tenuta di un comportamento in positivo contrasto con la regola prevenzionistica e infine l' imperizia come inosservanza delle regole generali. L' obbligo cautelare può riferirsi anche a terze persone quando l' agente assuma un ruolo di garanzia quindi in particolari casi si potrà arrivare anche a prescrivere l' astensione dall' attività pericolosa.

Il secondo memento della colpa è riscontrabile nel fatto che l' evento verificatosi deve appartenere al tipo di quelli che la norma violata mirava ad evitare, per cui è necessario che si verifichi la concretizzazione del rischio riguardo alle regole cautelari precedentemente specificate.

Nel momento conclusivo della colpa si tratta di stabilire se l' inosservanza del dovere obiettivo di diligenza, prudenza ed perizia il cui rischio si sia concretizzato nell' evento cagionato possa essere personalmente attribuibile all' agente. Nel caso della colpa generica la misura soggettiva della colpa è rapportata all' agente modello perciò l' evento deve risultare prevedibile secondo le conoscenze di un tale soggetto ideale, ma nel delineare l' agente modello non si possono tenere oggettivamente conto di tutte le caratteristiche dell' agente per cui il criterio rapportabile deve essere costituito tenendo conto del diverso tipo di attività svolta all' interno di un settore genericamente individuato. Secondo la giurisprudenza sarebbe necessario esprimere l' agente modello in forma obiettivata sulla base delle conoscenze e delle esperienze che è obbligatorio presumere nelle persone esercenti un' attività. In questo modo però si travalica il principio di colpevolezza perché si finisce per imputare oggettivamente una valutazione massima senza tener conto delle caratteristiche soggettive dell' agente. Allora è necessario adeguare la misura soggettiva della colpa alle note intellettuali, alle abilità operative e allo stato fisico del singolo agente rappresentandosi l' agente a prescindere dalla condotta specifica in quella particolare circostanza. Nella colpa specifica riferita a violazioni di norme cautelari rigide e precisate in forma determinata è necessario riferirsi allo standard normativo a cui il soggetto è tenuto ad adeguarsi per esercitare l' attività. Vi sono tuttavia situazioni dove è inesigibile l' osservanza: quando il precetto è stato ignorato senza colpa e quando l' osservanza della regola comporterebbe rischi di eventi che la norma mira a evitare.

La colpa può prospettarsi in 2 forme: cosciente ed incosciente. La colpa cosciente è caratterizzata dall' aver agito nonostante la previsione dell' evento pur tuttavia avendolo escluso apriori, è circostanza aggravante comune del delitto colposo art 61 cp, n (circostanze aggravanti comuni). Come nel dolo l' art 133.1 n3(gravità del reato valutazione ed effetti) fa dipendere la misura della pena inflitta dal giudice dal grado della colpa in base al rapporto riguardo alla regola obiettiva per numero di inosservanze e entità quantitativa del' inosservanza mentre in rapporto all' evitabilità del danno il grado è maggiore quando l' osservanza avrebbe sicuramente impedito l' evento e in rapporto alle competenze, esperienza e abilità dell' agente al momento della commissione del fatto.

Colpevolezza: Responsabilità Obiettiva

Nel codice Rocco del 1930 vi sono alcune ipotesi di responsabilità obiettiva in cui l' evento viene imputato ad un soggetto tramite un' imputazione a titolo obiettivo basando il nesso sulla mera esistenza del dato, peculiarmente rispetto alle altre ipotesi di colpevolezza perché esente di dolo o colpa. L' art 42.2 cp(responsabilità per dolo o colpa o per delitto preterintenzionale. responsabilità obiettiva) disciplina il delitto preterintenzionale in via negativa come nei delitti colposi.

La sopravvivenza della responsabilità obiettiva è contestata: fino al 1988 la corte costituzionale interpretando riduttivamente l' art 27.1 cost ha potuto conservare questa forma di responsabilità, ma con la sent 364/1988 si è ritenuto che l' art 27.1 cost sancisca il principio di responsabilità colpevole ma che questo non implichi un divieto tassativo di responsabilità obiettiva e con la sent 1085/1988( furto d' uso art 626.1 cp) l' orientamento generale è mutato. I recenti progetti di riforma(Grosso e Pagliaro) concordano sulla necessità di eliminare la responsabilità oggettiva. I casi di responsabilità obiettiva generali sono 2: la preterintenzione e i reati aggravati dall' evento.

Preterintenzione art 43.1 cp

L' art 43 cp(elemento psicologico del reato) definisce il concetto di preterintenzionalità come reato derivante dall' azione od omissione derivata da un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto all' agente, la forma di imputazione è intermedia tra dolo e colpa perché in questa figura vi è un' evento voluto(tipico del dolo) e un evento non voluto (tipico della colpa). Le ipotesi di delitto preterintenzionale si riducono a 2 forme: l' art 584 cp(omicidio preterintenzionale) e art 18.2 L 194/1978(interruzione preterintenzionale della gravidanza).

Il problema è stabilire il titolo di imputazione della preterintenzione riguardo l' evento più grave. Per una parte della dottrina e la maggioranza della giurisprudenza esso è imputato a titolo obiettivo, in modo tale che la preterintenzione sarebbe costituita da dolo misto a responsabilità obiettiva mentre per un' altra parte della dottrina e qualche decisione giurisprudenziale controversa l' evento più grave dovrebbe risultare prevedibile per cui l' imputazione sarebbe di dolo misto a colpa. Requisito fondamentale è che l' evento più grave non sia voluto dall' agente infatti se così fosse muterebbe il titolo di reato da preterintenzionale a doloso. I sostenitori dell' imputazione colposa del' evento più grave non voluto fanno valere l' esigenza di interpretare restrittivamente l' area della responsabilità obiettiva dilatando quella della responsabilità colpevole in linea con il principio costituzionale dell' art 27.1 cost: l' evento preterintenzionale sarebbe ascritto a chi lo ha provocato non come semplice conseguenza della condotta ma sulla base di un coefficiente di colpevolezza personale ed identificabile nella colpa. Questo però sposta il piano di valutazione sulla base del giudizio di colpa: anche se sarebbe errato basarsi sulla violazione della norma penale perché ogni norma ha finalità cautelari proprie e non attua nessuna prevenzione verso eventi differenti da quelli previsti, ma anche volendo agganciare l' imputazione colposa all' evento mortale la colpa finirebbe per risultare in re ipsa ossia in maniera obiettiva. Le tesi dela preterintenzione quale dolo misto a colpa nelle versioni moderne muovono dall' idea che la condotta diretta all' evento voluto costituisca sempre una forma di attività intrinsecamente pericolosa per cui necessitante di esigenze cautelari specifiche. Ma la teoria universalmente seguita e univoca prende le basi dal fatto che attività pericolose e lesive aventi rischi penalmente illeciti soggiacciono alla regola della responsabilità oggettiva: qui in re illicita versatur, tenetum etiam pro casu, chi determina un rischio illecito, risponde anche delle conseguenze dovute al caso.

Reati Aggravati dall' Evento

I reati aggravati dall' evento sono rappresentati da fattispecie criminose in cui la causazione di un determinato risultato determina un inasprimento della responsabilità già sancita a prescindere da esso. I reati aggravati dall' evento si distinguono in 3 categorie:

Reati da attentato o a dolo specifico, punibili quando il fatto è diretto ad un certo evento o commesso al fine di procurarlo(simili al tentativo) ed aggravati se l' evento si realizza, ma l' evento deve essere necessariamente voluto dall' agente dunque non può essere responsabilità obiettiva

Reati di evento ulteriore dove l' offesa già insita di per se nel fatto non sarebbe suscettibile di acquistare alcuna rilevanza autonoma come nell' art 368.3 cp(calunnia), in questi casi la responsabilità si mantiene nell' ambito del reato aggravato dall' evento anche quando esso sia stato cagionato intenzionalmente

Reati di evento ulteriore è di per se costitutivo anche di una diversa fattispecie dolosa come nell' art 572.2 cp(maltrattamenti in famiglia) da cui deriva la morte. In questi casi l' evento ulteriore non deve essere voluto altrimenti dovrebbe applicarsi la fattispecie punibile a titolo di dolo secondo le regole del concorso formale di reati

E' in corso un dibattito dottrinale riguardo alle categorie sub 2 e 3 se esse siano da rapportare all' art 42.3 cp e quindi da ricondurre all' ipotesi di responsabilità obiettiva oppure se deve essere applicato l' art 59 cp(circostanze non conosciute o erroneamente supposte) considerando i reati come circostanziati, è preferibile la prima ipotesi perché la circostanzialità comporta notevoli difficoltà.

Reati a Mezzo Stampa e a Mezzo Radiotelevisivo

Quale mezzo di manifestazione del pensiero la stampa è suscettibile di essere il veicolo di vari reati dall' art 595.3 cp(diffamazione), art 290 cp(vilipendio della repubblica) o art 640.1 cp(truffa) ma introdurre criteri di autorizzazione supervisione e controllo troppo rigidi violerebbe l' art 21.3 cost di libertà di manifestazione del pensiero per cui la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. In un ordinamento liberal-democratico l' esigenza di equilibrare tutela della manifestazione del pensiero e parimenti onore e decoro di ogni cittadino contro una stampa offensiva è soddisfatta attribuendo una posizione di garanzia a coloro che, all' interno stesso del processo di formazione dello stampato siano in grado di controllare il contenuto e di impedire che esso assuma carattere criminoso esercitando un controllo sui contenuti della pubblicazione.

Per la stampa periodica, art 57, 57 bis e 58 cp, la posizione di garanzia è attribuita al direttore o al vicedirettore responsabile ferma restando la responsabilità dell' autore dell' articolo; per la stampa non periodica la responsabilità è attribuita all' editore in via sussidiaria se l' autore della pubblicazione è ignoto o non imputabile, e se l' editore è ignoto allora la responsabilità cade sullo stampatore del documento, le stese regole si applicano alla stampa clandestina. Nelle fattispecie originaria degli articoli si trattava di responsabilità assegnata a titolo oggettivo, ma la Corte Costituzionale ha rivisto la disciplina con la sent 127/1958 sancendo la responsabilità dei soggetti garanti a titolo di colpa. Secondo un orientamento minoritario sussisterebbe sempre sostanzialmente la responsabilità obiettiva ma secondo l' opinione prevalente la responsabilità del garante poggia sulla colpa in quanto inosservanza dei doveri di controllo entro i limiti di esigibilità contrassegnati dalla struttura organizzativa dell' azienda e dalla natura dello scritto, ma la giurisprudenza sembra ignorare questo agendo con automatismo per cui il direttore spesso finisce per essere il capro espiatorio. In caso di omissione di controllo dolosa il garante risponderà a norma dell' art 110 cp(concorso di persone) ma le similitudini con il concorso finiscono qui.

L' art 30 L 223/1990 ha introdotto una specifica disciplina per 2 reati commessi a mezzo radiotelevisivo: art 595 cp(diffamazione)e art 528cp(atti osceni). La responsabilità è attribuita al concessionario privato o pubblico o alla persona delegata del controllo della trasmissione se egli ha agito a titolo di dolo mentre a titolo di colpa la responsabilità è esemplata sul modello dell' art 57 cp. Tale disciplina non è chiara perché non permette una riconducibilità certa alla persona fisica del garante, che anzi a volte può essere una persona giuridica a differenza di quanto accade nella stampa e risulta arbitrariamente ricondotta a 2 sole fattispecie criminose.

Dolo e Colpa nelle Contravvenzioni

Nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od omissione volontaria e cosciente sia essa dolosa o colposa così come precettato dall' art 42.4 cp. Secondo un orientamento meno recente la responsabilità in materia contravvenzionale deriverebbe dalla suitas dell' azione dunque sarebbe di matrice obiettiva, ma questo appare in contrasto con l' art 42.4 cp perché viene espressamente menzionata la non dolosità e la non colposità non la responsabilità obiettiva. L' opinione odierna ed unanime ritiene che dolo e colpa nelle contravvenzioni rappresentino criteri di imputazione soggettiva alternativamente sufficienti nel senso che l' uno o l' altro deve essere rilevato in concreto per fondare il fatto ma resta indifferente ai fini della colpevolezza. E' da notare che soprattutto quando il fatto contravvenzionale si identifichi nella violazione di una norma prevenzionistico-cautelare la condotta inosservante coincide quasi sempre con la colpa ma in alcuni casi è la contravvenzione stessa che basa l' imputazione sul dolo così si vengono a creare 2 differenze: contravvenzioni ontologicamente dolose come nell' art 661 cp(abuso della credulità popolare) e contravvenzioni ontologicamente colpose come nel' art 648 cp(ricettazione).

Cause di Esclusione del Nesso Psichico

Il nesso psichico tra l' agente ed il fatto è escluso dal difetto di uno dei presupposti su cui si regge l' imputazione ma data l' eterogeneità dei piani su cui agiscono dolo e colpa non è possibile una definizione unitaria. L' errore è il contrappunto negativo del dolo e può essere definito come falsa rappresentazione o ignoranza di un qualunque dato della realtà naturalistica o giuridica. Vi sono 3 categorie di errori in base alla sussistenza della falsa rappresentazione 1, al momento in cui si realizza la falsa rappresentazione 2 e all' oggetto della falsa rappresentazione 3:

Errore proprio/errore improprio: l' errore proprio è l' errore disciplinato dall' art 47 cp(errore di fatto) perché la non punibilità deriva esclusivamente dall falsa rappresentazione, mentre errore improprio è disciplinato dall' art 49.1 cp(reato supposto erroneamente o putativo);

Errore motivo/errore inabilità: l' errore motivo incide sulla formazione dalla volontà mentre l' errore inabilità incide sull' attuazione di essa;

Errore sul fatto/errore sul divieto: l' errore cade sul fatto cade sull' altruità della cosa mentre l' errore sul divieto riguarda la qualificazione del fatto;

Errore Intellettivo: Errore Sul Fatto e Errore Sul Precetto

L' errore sul fatto che costituisce reato esclude punibilità dell' agente salvo che si tratti di errore determinato da colpa, in questi casi si applica la fattispecie colposa come descritto dall' art 47.1 cp, l' art 47.2 cp enuncia che l' errore sul fatto che costituisce un determinato reato non esclude la punibilità mentre l' art 47.3 cp integra la fattispecie precisando che l' errore su una legge diversa dalla legge penale esclude la punibilità. L' errore sul fatto è rintracciabile in un' errore sugli elementi del fatto tipico e sue immanenze(evento naturalistico, presupposti della condotta e la condotta stessa. Quando si tratta di fattispecie integranti l' art 47.1 cp occorrerà accertare che l' agente non si sia rappresentato il dato della realtà naturalistica rilevante per l' integrazione della fattispecie, ma il problema si presenta più delicato quando ci si trova di fronte a fattispecie riguardanti l' art 47.3 cp perché quando l' errore sul divieto: l' errore che consistendo su una falsa rappresentazione della legge extrapenale si risolvesse sulla legge penale ricadrebbe sotto la disciplina dell' art 5 cp(ignoranza della legge penale). L' errore sul divieto non cade sul fatto in se stesso ma sulla qualificazione normativa del fatto: prima del 1988 l' errore di chi ritenga di essere proprietario di una cosa mobile che in realtà è stata legittimamente acquistata da altri ricade sotto la disciplina del furto e a esso è applicabile l' art 47.3 cp, il fatto era preclusivo di dolo e l' unica responsabilità sussistente sarebbe a titolo di colpa ove il fatto fosse punibile a titolo di colpa; l' errore di chi ritenga di potersi impossessare della sabbia del mare come utilizzazione del bene demaniale ricadeva sotto la disciplina dell' art 5 cp(ignoranza della legge penale) ed era sempre preclusivo di scusante. Certo la giurisprudenza aveva elaborato nei reati contravvenzionali la teoria della buonafede qualificata, introducendo così una deroga surrettizia di carattere equitativo all' art 5 cp in caso di erronea informazione delle autorità e della capacità di informazione in base al lavoro svolto, altra parte della giurisprudenza contestava tale limite. Domenico Puritanò ha sostenuto in uno dei suoi libri che l' art 5 cp era una sorta di sbarramento della potenzialità dei reati e che nessuno poteva scusarsi per non aver potuto conoscere, ma tale affermazione è sbagliata perché l' art 5 cp è una norma volta a stabilire oggettivamente la clausola dell' errore e non riguarda la colpevolezza. Il fondamento della disposizione poggiava sulla necessità politica di garantire la ferma e spedita applicazione della legge penale, evitando ogni intralcio e veniva privilegiato l' aspetto generalpreventivo di tale norma. La Corte Costituzionale si è pronunciata sul caso con una sentenza manipolatoria-riduttiva 364/1988 in cui si dichiara costituzionalmente illegittimo l' art 5 cp nella parte in cui non prevede l' inescusabilità per ignoranza inevitabile( l' ignoranza della legge penale non scusa almeno che si tratti di ignoranza inevitabile): punire un soggetto che ignora il motivo per cui è punito va contro la generalprevenzione. La Corte ha indicato i criteri con cui può essere stimata l' inevitabilità dell' errore sul divieto:

Criteri oggettivi puri: impossibilità di corretta conoscenza della legge per assoluta oscurità della norma o discontinuità nell' atteggiamento interpretativo, essi attendono all' inosservanza dello stato di informare il soggetto e al dovere del cittadino di informarsi;

Criteri misti: situazioni particolari in cui si è formata la deliberazione criminosa tali che qualunque soggetto sarebbe in linea di massima caduto nello stesso errore( la conoscenza di abilità professionali particolari esclude l' inevitabilità dell' errore)

Per cui la Corte Cost ha introdotto un visione contrattualistica a obbligazioni correlative tra il soggetto e l' ordinamento per cui tutte e 2 le parti devono sforzarsi al loro massimo possibile di informarsi, riguardo a ciò la Corte richiama l' art 27.1 e 27.3 cost soprattutto perché è inutile, e a volte controproducente rieducare un soggetto che non sa il perché deve essere rieducato ed assume una posizione indiretta verso i reati naturali quali omicidio etc(quelli comunemente e universalmente conosciuti): data la gravità e conoscenza universale di tali fenomeni il soggetto non poteva non conoscere anche nel proprio ordinamento, verso i reati artificiali è possibile che vi sia effettiva inconoscibilità della legge. L' errore sul divieto non esclude mai il dolo ma esclude la colpevolezza.

Riguardo all' errore sulle cause di giustificazione anche qui occorre distinguere tra errore sul fatto ed errore sul precetto: si avrà errore sul fatto quando il soggetto si rappresenti una situazione materiale tale che se effettivamente sussistesse il fatto da lui commesso si inquadrerebbe nella fattispecie scriminante(come chi interpreti come offesa ingiusta l' arresto legittimamente eseguito da un privato), mentre si avrà errore sul divieto quando l' agente supponga esistente una scriminante che in realtà non esiste oppure stabilisca limiti normativi superiori a quelli esistenti(pescatore che pesca sul fondo altrui contro la volontà del fondatario, mentre l' art 842.2 cc ne prescrive il consenso): in entrambi i casi l' agente si rappresenta il fatto correttamente ma erra sulla sua qualificazione, ritenendolo giustificato mentre non lo è, in questi casi si procederà a vagliare se l' ignoranza fosse inevitabile o no.

Errore di Esecuzione o Reato Aberrante

Quando l' errore invece di pervadere la fase intellettiva si realizza creando una discrasia tra evento voluto e evento realizzato si concreta l' ipotesi dell' aberratio o reato aberrante, che si divide in aberratio cause, aberratio ictus e aberratio delicti.

La aberratio cause si verifica quando l' agente cagiona l' evento voluto alla vittima designata ma con una serie causale differente da quella immaginata, l' ipotesi dell' aberratio cause non rileva ai fini della colpevolezza perché la finalità dell' azione non è mutata dall' evento voluto a quello realizzato. Il criterio è di elaborazione giurisprudenziale ed ha particolare rilevanza nei reati a fattispecie vincolata dove le modalità di sussistenza dell' evento sono specificate e quindi viene a mancare il fatto tipico, in tal modo l' vento non si potrà integrare nella fattispecie ( es libro art 640 cp(truffa) senza raggiro o artifizio= non truffa).

L' aberratio ictus è descritta nell' art 82 cp(offesa a persona diversa da quella alla quale l' offesa era diretta) e si verifica quando, per errore nell' uso dei mezzi di esecuzione del reato o per un' altra causa è cagionata offesa a persona diversa da quella alla quale l' offesa era diretta. L' aberratio ictus presuppone l' omogeneità dell' offesa e l' errore derivante da esso è irrilevante perché il colpevole risponde come se avesse commesso il reato in danno alla persona che voleva offendere eccezion fatta per le circostanze attenuanti ed aggravanti che seguono il regime dell' offeso: il fondamento è rinvenuto nel fatto che il soggetto agente intendeva ledere un bene giuridico e ha leso effettivamente il bene giuridico anche se ad un' altra persona, per l' ordinamento il cambiamento è ininfluente. Secondo l' opinione prevalente non è necessario che si realizzino gli estremi del tentativo verso la persona designata perché si finirebbe con intaccare il principio cogitans poenam nemo patitur, difatti l' agente dovrebbe considerarsi in dolo rispetto ad una condotta che in se non è tipica e che diventa tipica soltanto in forza di un meccanismo eziologico non voluto ne previsto ma sembra preferibile la tesi secondo cui l' applicabilità del' art 82.1 cp implichi la sussistenza del tentativo nei confronti della vittima designata. Nel caso di aberratio ictus plurilesiva l' agente risponderà all' offesa della vittima designata a titolo di dolo e rispetto all' offesa della vittima occasionale alcuni ritengono che debba rispondere obiettivamente ma è infondata perché l' art 82.2 cp postula il riferimento a 2 reati. Uno più grave e l' altro meno, dando per scontato che il reato più grave è quello doloso si desume a contrario che l' altro è punibile a titolo di colpa dato che non esistono reati punibili in forza di un titolo esclusivamente obiettivo, per cui il colpevole sarà punito per il reato più grave aumentato fino alla metà.

L' aberratio delicti è descritta dall' art 83 cp(evento diverso da quello voluto dall' agente) e si verifica se per errore nell' uso dei mezzi di esecuzione del reato o per un' altra causa si cagiona un evento diverso da quello voluto, a differenza dell' aberratio ictus l' aberratio delicti presuppone un' eterogeneità dell' offesa voluta rispetto a quella realizzata; il colpevole è punibile a titolo di colpa secondo l' art 83.1 cp ma l' ipotesi è di responsabilità obiettiva perché altrimenti la disposizione non avrebbe senso, punendo il fatto secondo la regola della responsabilità obiettiva qui in re illicita versatur, tenem etiam pro casu. Quando si verifica un' aberratio delicti plurilesiva secondo l' art 83.2 cp si applicano le regole del concorso di reati come nell' art 586 cp(morte o lesioni in conseguenza di un altro delitto).

Caso Fortuito art 45 cp

Non è punibile chi ha commesso il fatto per caso fortuito o forza maggiore, infatti secondo la tesi dominante, che contrasta con chi inserisce il caso fortuito nella causalità oppure nella suitas, il caso fortuito ravviserebbe un limite di colpa: secondo l' impostazione tradizionale esso si identificherebbe con l' imprevedibile, ma la prevedibilità è un criterio rilevabile solo per la colpa generica quindi si dovrebbe convenire che la colpa specifica e il caso fortuito sono incompatibili ma sembra più corretto uniformarsi al fatto che il caso fortuito sia una situazione dove sia impossibile uniformarsi alle regole di diligenza normalmente vigenti( dunque è considerata anche la colpa specifica).

Scusanti

Le scusanti sono una categoria problematica infatti alcuni le riconducono a cause di esclusione del nesso psichico o a cause di esclusione dell' imputabilità ma in realtà nel sistema penale italiano sono previste cause di esclusione della pena che, senza poter essere ricondotte alle cause di giustificazione non possono nemmeno collocarsi in un ambito esterno al reato come le cause di esclusione della mera punibilità. Le scusanti quindi incidono sulla colpevolezza dell' agente precludendo un giudizio di rimproverabilità personale, si fondano sul riconoscimento di situazioni anomale, nelle quali non è possibile pretendere che il soggetto determini la propria condotta in conformità con il comando o divieto, sono inquadrabili nella terza fase del giudizio di colpevolezza e rappresentano le cause di inesigibilità di un comportamento conforme alla legge penale. Secondo alcuni il fondamento delle scusanti in generale sarebbe da ricercare nella pressione motivazionale subita dal soggetto in particolari ed anomale situazioni, mentre secondo altri il fondamento sarebbe da ricondurre alla specialprevenzione della pena, dato che in casi anomali l' inflizione della pena non è giustificabile perché non c'è alcun bisogno di rieducare il soggetto, ma tali spiegazioni sembrano essere componibili tra loro. Dato il carattere eccezionale delle scusanti esse escludono solo la responsabilità del soggetto e non si estendono ai concorrenti ex art 119.1 cp(valutazione delle circostanze di esclusione della pena), non determinano una valutazione obiettiva di liceità perché esse assumono una rilevanza esclusivamente interna al diritto penale, nel senso che impediscono l' applicazione di qualsiasi sanzione criminale, ma non escludono che il fatto possa costituire illecito civile o amministrativo. Sono scusanti l' ignoranza inevitabile sulla legge penale(art 5 cp+ sent 364/1988),l' ordine criminoso insindacabile(art 51.4 cp), lo stato di necessità determinato da altrui minaccia(art 54.3 cp) e la violenza irresistibile(art 46 cp).

Ordine Criminoso Insindacabile art 51.4 cp

Non è punibile chi esegue l' ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimità dell' ordine stesso. Secondo una diffusa interpretazione il sindacato si riferisce alla legittimità sostanziale e non è estesa anche a quella formale, che risulterebbe sempre sindacabile, infatti il subordinato è sempre tenuto a verificare i limiti formali dell' ordine ricevuto da un superiore benché l' esecuzione di un ordine formalmente illegittimo non precluda in nessun caso la responsabilità del subordinato.

Il fondamento della non punibilità di un ordine criminoso insindacabile deriva della pretesa natura vincolante del' ordine stesso ma nel nostro ordinamento non sussistono ordini criminosi giuridicamente vincolanti infatti dal dpr 3/1957 l' impiegato non deve comunque eseguire l' ordine del superiore quando l' atto sia vietato dalla legge penale mentre per il militare a cui viene impartito un ordine manifestamente contro le istituzioni dello stato o la cui esecuzione costituisce manifestamente reato ha il dovere di non eseguire l' ordine e di informare al più presto i superiori dal dpr 545/1986. La manifesta criminosità dell' ordine indica il limite di esigibilità del dovere di disattendere l' esecuzione dell' ordine.

Violenza Irresistibile art 46 cp

L' art 46 cp esclude la punibilità di chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto da altri mediante violenza fisica alla quale non poteva resistere o comunque sottrarsi, la disposizione si riferisce solo alla coazione assoluta tale da escludere la coscienza e volontà della condotta oppure alla violenza fisica a cui il soggetto sottoposto non poteva in alcun modo sottrarsi.

Forme di Manifestazione del Reato

La forma prototipica del reato è costituita dalla consumazione da parte di un singolo autore ma il reato può manifestarsi anche in altre forme riguardo all grado di realizzazione con cui si distinguerà tra delitto consumato e delitto tentato art 56 cp(tentato delitto); al numero di persone intervenute nella commissione del reato, con cui si distinguerà tra reato monosoggettivo e reato plurisoggettivo o concorso art 110 cp(pena per coloro che concorrono al reato); alla gravità di esso per la presenza di circostanze aggravanti art 61 cp(circostanze aggravanti comuni) e circostanze attenuanti comuni art 62 cp(circostanze attenuanti comuni) e generiche art 62 bis cp, tra cui si distingueranno i reati semplici dai reati circostanziati.

Tentativo art 56.1 cp e 56.2 cp

Per definire il tentativo è necessario definire il suo opposto: il reato consumato è tale quando è compiutamente realizzata la fattispecie incriminatrice e nei reati istantanei la consumazione avviene con l' ultimo atto che integra la condotta o la verificazione di un evento mentre per i reati permanenti la consumazione è rappresentata da un periodo compreso tra l' inizio e la fine dello stato antigiuridico. Il reato è fisiologicamente strutturato in 3 stadi: ideazione, preparazione e esecuzione: la fase ideativa è irrilevante per l' ordinamento dato che cogitans poenam nemo patitur, il tentativo si colloca tra la fase preparativa e esecutiva perché secondo l' art 56.1 cp consiste nel compiere atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto non seguiti dalla consumazione. La norma 56 cp ha carattere accessorio perché la sua applicazione implica un riferimento ad una fattispecie incriminatrice di natura delittuosa, ogni norma che prevede un delitto è affiancata da una norma che prevede la corrispondente forma tentata. L' art 56 cp svolge la funzione di anticipazione di punibilità nei delitti nello stato precedente alla consumazione. Il tentativo costituisce un titolo autonomo di reato e presuppone il mancato compimento dell' azione o la mancata verificazione dell' evento, il requisito del tentativo è di tipo negativo ed incompatibile con la forma consumata.

L' anticipazione della soglia di punibilità nel tentativo è fondata su 2 teorie contrapposte: la teoria obiettiva e la teoria soggettiva. Secondo la teoria obiettiva la punibilità del tentativo si basa sul pericolo che la condotta ha determinato nei confronti dell' interesse protetto dalla norma: la sua rilevanza è dunque condizionata al compimento di atti suscettibili di assumere un significato di intrinseca pericolosità, e cioè di atti idonei a commettere un delitto. Secondo le teorie soggettive il fondamento del tentativo poggia invece sulla volontà criminosa del soggetto agente che, per il solo fatto di aver esternato il proposito di delinquere, si pone in contrasto con l' ordinamento. La differenza fondamentale tra teorie obiettive e soggettive consiste nella mancanza da parte di queste ultime negli elementi fondamentali del tentativo della condotta idonea a determinare il pericolo ma alcune differenze si riscontrano anche a livello punitivo: le teorie obiettive postulano una netta differenziazione tra trattamento punitivo del tentativo e del reato consumato al contrario di quelle soggettive che tendono ad equipararli, o tutt' al più a considerare il tentativo a livello di graduazione della pena principale da parte del giudice. Il codice Rocco 1930 si inserisce nelle teorie obiettive: il tentativo è punibile soltanto se gli atti sono idonei e diretti in modo non equivoco a commettere il delitto, e la sua sanzione è sempre inferiore a quella del reato consumato.

Il problema della teoria obiettiva è rintracciare il limite di inizio dell' attività considerata criminale e dunque la soglia di punibilità del tentativo. Su tale sviluppo la dottrina ha avuto numerose proposte tutte insoddisfacenti:

Secondo il criterio dell' univocità prospettato da Francesco Carrara è esecutivo l' atto che di per se indica il fine delittuoso cui è diretto, perché assume un significato finalistico obiettivamente incontrovertibile. Tale criterio però riduce ai minimi termini la punibilità del tentativo dato che la maggior parte degli atti ha una pluralità di significati finalistici.

Secondo il criterio della realizzazione parziale della fattispecie è esecutivo l' atto con cui si attua almeno in parte la condotta tipica, ma anche questo criterio è troppo vago

Il Codice Rocco ha inteso superare queste difficoltà adottando la formula degli atti idonei diretti in modo non equivoco, che assicura la certezza della punibilità anche in misura maggiore rispetto alle precedenti teorie perché in alcuni casi la tutela è anticipata rispetto alla realizzazione parziale della fattispecie.

La fattispecie obiettiva del tentativo è costituita da 2 elementi: l' idoneità degli atti e la direzione non equivoca a commettere un delitto.

L' idoneità degli atti connota il tentativo in termini di pericolo reale per il bene giuridico protetto: gli atti devono essere valutati ex antea in senso cronologico e logico ossia rapportati al tempo in cui il soggetto ha compiuto l' ultimo atto della sua condotta operando la cosiddetta prognosi postuma, se avvenisse il contrario dovrebbe sempre affermarsi che gli atti erano inidonei dato che il tentativo è rimasto tale e non si è concretizzato, l' idoneità degli atti deve assumere ad oggetto di valutazione gli atti in concreto considerati nel contesto della situazione a cui si riferiscono e analizzati mediante la prognosi postuma. E' quindi necessario specificare che resta estraneo alla valutazione degli atti l' esame del fattore paralizzante successivo alla commissione degli atti e il fattore concomitante obiettivamente inconoscibile nella posizione dell' agente, dato che rispetto all' azione questi fattori sono inconoscibili in assoluto da parte del soggetto agente. Il parametro del giudizio di idoneità è inteso come rilevante possibilità di danno in rapporto agli atti e basata sull' adeguatezza causale a determinare l' evento secondo un criterio probabilistico se si trattava di un reato di evento mentre se si trattava di atti che implicano uno sviluppo della condotta dell' agente si adotta il criterio dell' adeguatezza della prosecuzione in senso logico.

La concezione dottrinale di direzione non equivoca degli atti è contrastante: secondo la concezione soggettiva questo è un richiamo all' esigenza che la prova costituisca intenzione criminosa, svolgendo una funzione processuale ma è infondata perché è anomalo che una norma sostanziale debba far un cos' grande riferimento processuale e si rischia di far retrocedere la soglia di punibilità fino alla prima manifestazione esterna del proposito criminoso. L' altra concezione di natura oggettiva interpreta la direzione non equivoca degli atti alla presenza di un nesso finalistico obiettivamente rilevante con la commissione del delitto, postulando però una previa identificazione del delitto che il soggetto intendeva commettere in base a tutte le possibili rilevanze probatorie, solo in questo modo si potrà dare una certezza finalistica in rapporto a quel delitto.

Il tentativo è punibile solo a titolo di dolo perché la direzione non equivoca degli atti appare incompatibile con l' atteggiamento colposo; mentre per altri si tratta di applicare la regola dell' art 42.2 cp, il dolo nel tentativo coincide con quello della consumazione perché l' agente vuole commettere il delitto e solo per un fattore paralizzante concomitante o successivo il fatto non si realizza nella sua tipicità.

La pena del tentativo è commisurata a quella del reato consumato secondo l' art 56.2 cp, i riferimento è in rapporto ai limiti edittali, che debbono essere ricomposti in una nuova cornice entro il quale il giudice determinerà la pena entro le regole comuni art 133 cp(gravità del reato: valutazione agli effetti della pena), art 133 bis cp(condizioni economiche del reo; valutazione agli effetti della pena pecuniaria) e 133 ter cp(pagamento rateale della multa o dell' ammenda) attraverso la massima diminuzione del minimo e la minima diminuzione del massimo. Anche le pene accessorie si applicano al tentativo.

Il tentativo non è ammissibile nelle contravvenzioni perché quest' ultime rappresentano una forma di tutela prodromica rispetto all' offesa dei beni giuridici o consistono in condotte contrarie a norme di controllo amministrativo dunque rilevano solamente le condotte effettive e non il tentativo. Nei delitti omissivi impropri il tentativo risulta se l' evento non si verifica, nei delitti omissivi propri il soggetto deve compiere atti rilevanti secondo la' art 56.1 cp; nei delitti di attentato il tentativo è escluso perché hanno la stessa caratteristica ontologica nel tentativo, nei delitti permanenti il tentativo è ammissibile sino al momento in cui non si instauri lo stato antigiuridico sufficiente a determinare la consumazione, è possibile l' applicazione circostanziale al tentativo se questa è già presente al momento della commissione salvo che si tratti di circostanze speciali perché per parte della dottrina dato che le circostanze aggravanti speciali sono proprie della forma consumata si andrebbe contro il principio di legalità, ma la soluzione è prettamente formalistica, non si vede come anche il tentativo possa non essere aggravato da circostanze speciali quando anche nei reati aggravati dall' evento vi è possibilità del tentativo.

Desistenza e Recesso attivo art 56.3 cp e art 56.4 cp

Se il colpevole volontariamente desiste dall' azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per se reato diverso come da art 56.3 cp(desistenza) e se volontariamente impedisce l' evento , soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da 1/3 alla ½ come da art 56.4 cp(recesso attivo).

Secondo una parte della dottrina la non punibilità della desistenza e la minore punibilità del recesso devono essere inquadrati in termini di prevenzione positiva: è interesse dell' ordinamento scongiurare il pericolo per cui si prospetta al reo una soluzione premiale, mentre secondo altri con le 2 ipotesi considerate verrebbe meno lo scopo di prevenzione speciale della pena, perché il reo dimostrerebbe che la punizione non avrebbe senso. Un terzo orientamento giustifica desistenza e recesso in rapporto alla colpevolezza, che risulterebbe fortemente diminuita dalla libertà della scelta del reo di rientrare nella legalità adeguandosi al processo normativo. La desistenza volontaria consiste nell' interrompere l' azione intrapresa prima che questa si sia realizzata nei suoi estremi tipici, il recesso attivo consiste nell' impedire il verificare dell' evento dopo aver compiutamente portato a termine la condotta: se lo sforzo avrà successo si applicherà la fattispecie art 56.4 cp al contrario se l' azione non ha fermato il continuum criminis si applicherà la fattispecie del delitto consumato con l' attenuante comune art 62 cp n 6. Presupposto basilare della desistenza e del recesso attivo è il comportamento volontario tenuto in assenza di motivi cogenti: l' agente del reato non deve in alcun modo essere determinato da motivi ragionevoli che avrebbero fatto desistere chiunque altro ma la desistenza deve essere il prodotto spontaneo della volontà assoluta. La desistenza è considerata dalla maggior parte dela dottrina come una causa sopravvenuta di esclusione della punibilità, mentre il recesso configura la circostanza attenuante speciale.

Reato Impossibile art 49.2 cp

Il reato impossibile come già esaminato nel fatto tipico rileva per mancanza di oggetto materiale del reato o inidoneità assoluta dell' azione può essere applicato alla fattispecie del' art 56 cp perché il soggetto può porre in essere un tentativo di reato impossibile : in tutti questi casi la non punibilità si fonda sulla base che il fatto è inidoneo a costituire reato. Ma la propensione al reato anche se impossibile denota un sintomo di pericolosità del soggetto e rileva quindi l' applicazione di un' eventuale misura di sicurezza.

Concorso di Persone art 110 cp

Il reato può risultare dalla collaborazione di più persone, infatti quando più persone concorrono al medesimo reato ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita, salve le disposizioni degli articoli seguenti. Il problema del regime concorsuale risulta da un lato di definire categoricamente chi sono i concorrenti, per adeguare la disciplina ad una precisa funzione incriminatrice e dall' altro di riconoscere la punibilità del concorso sul piano della modalità dell' offesa, regolando la disciplina della punibilità. La concezione incriminatrice è contestata dalla teoria estensiva dell' autore di matrice tedesca, secondo la quale deve ritenersi tale chiunque cooperi in qualunque modo all' offesa ovvero chiunque esprima una volontà diretta all' offesa(affermando un' offesa ad un' interesse tipizzato, mentre nel sistema italiano rileva l' offesa tipizzata ad un interesse), identificando così specificatamente la tutela ma non garantendone limiti di applicabilità. In questo modo le norme sul concorso attribuiscono rilevanza penale anche ai soggetti retrostanti. Tale concezione collide con i sistemi come il nostro, basati sul principio di legalità dove l' incriminazione deve avvenire solo sul mero esecutore della fattispecie incriminatrice, per cui per poter ricondurre le altre condotte degli altri soggetti è necessario ricorrere alla norma 110 cp. La ragione di ricondurre una condotta che è intrinsecamente atipica alla stregua di una condotta tipica riguarda, secondo una parte dela dottrina il dogma del' accessorietà. La condotta concorsuale trae rilevanza riflessa dal fatto di accedere ad una condotta principale, conforme al modello della fattispecie incriminatrice, a seconda dei requisiti l' accessorietà può essere estrema(condotta principale tipica, obiettivamente antigiuridica e colpevole), limitata(dotta del' esecutore deve essere tipica e obiettivamente antigiuridica ma può essere anche non colpevole) oppure minima(quando è necessaria solo la condotta tipica). Tale teoria ha 3 limiti: nella versione estrema finisce con il prospettare lacune sulla punibilità da coprire con la figura dell' autore mediato; il dogam dell' accessorietà è facilmente applicabile al sistema tedesco perché vi è una definizione normativa delle figure concorsuali tipiche, il nesso di dipendenza reale e accessorio è un problema interno alla singola norma, ma nel sistema italiano il dogma dell' accessorietà non consente di stabilire alcun limite alla rilevanza della condotta concorsuale e perché tautologico; il dogma dell' accessorietà non spiega il fenomeno dell' esecuzione frazionata concorsuale, dove manca del tutto una condotta principale tipica alla stregua della fattispecie incriminatrice. Ma l' accessorietà del concorso riguarda le norme, un concorso di persone deve essere analizzato analiticamente alla stregua di un fatto tipico perché del fatto tipico il concorso estende la tipicità. La norma che disciplina i concorso è l' art 110 cp(pena per coloro che concorrono al reato) e come l' art 56 cp(delitto tentato) è di natura accessoria rispetto a tutte le altre norme perché le norme sul concorso esigono il necessario riferimento ad una disposizione incriminatrice monosoggettiva a cui estendono la tipicità, così da creare una nuova fattispecie plurisoggettiva eventuale tra i cui requisiti figura anche la fattispecie monosoggettiva di riferimento. La teoria della fattispecie plurisoggettiva ha il merito di analizzare il concorso alla stregua del reato monosoggettivo: fatto tipico, antigiuridicità obiettiva e colpevolezza.

Fatto Tipico Concorsuale

Nel fatto tipico concorsuale la teoria della fattispecie plurisoggettiva eventuale postula la pluralità di soggetti, la realizzazione del fatti tipico alla stregua di una fattispecie monosoggettiva e un contributo obiettivamente rilevante del partecipe.

La pluralità di soggetti è identificata con la pluralità delle persone fisiche, il concorso stesso non è escluso dalla presenza tra i concorrenti di soggetti non imputabili, o agenti senza dolo, aventi una scusante o causa di esclusione della punibilità come dall' art 112.2 cp(circostanze aggravanti al concorso) e dall' art 119.1 cp(valutazione delle circostanze di esclusione della pena dei concorrenti), dato che tali cause di esclusione della punibilità sono soggettive.

Nelle condotte di almeno 1 dei compartecipi devono sussistere gli estremi di una fattispecie obiettiva monosoggettiva, infatti deve rilevare almeno il tentativo di un delitto originante il concorso nel tentato delitto mentre non rileva il tentativo di concorso in un delitto, cioè l' attività svolta al fine di concorrere qualora il reato sia commesso. La distribuzione dell' attività tipica secondo la fattispecie monosoggettiva è irrilevante: infatti la condotta può riferirsi ad un solo concorrente o distribuita tra essi. Nel nostro ordinamento è inesistente la complicità successiva al reato, che rileva nei sistemi di common law come rilevanza concorsuale: infatti la promessa di aiuto, anche se non realizzata rappresenta fuori da una rilevanza concorsuale precedente una fattispecie di favoreggiamento personale(art 378 cp) o reale(art 379 cp)o ipotesi di ricettazione(art 648 cp).

Il problema della teoria della fattispecie plurisoggettiva eventuale riguarda l' indeterminatezza della definizione di concorrenza ossia il contributo obiettivamente rilevante che fa di ogni soggetto agente un concorrente. Definire l' ambito della concorrenza significa distinguere il confine tra lecito e illecito per cui si sono succedute molte teorie per risolvere il problema, è concorrente chi:

Ha almeno una condotta efficace in maniera causale in base ala teoria condizionalistica: se quel contributo non ci fosse stato il fatto di reato non sarebbe mai stato commesso. Questa opinione è sostenuta da una parte della dottrina e dai compilatori del codice ma non può essere accettata per ragioni politico criminali in quanto sarebbe restrittiva nei confronti di alcuni tipi di concorrenti(consiglieri del reato, fornitori di materiali per il reato, pali dei ladri), per ragioni applicative perché l' accertamento causale attraverso il giudizio controfattuale risulterebbe in alcuni casi( correità dei concorrenti) impossibile, per ragioni normative dato che dall' art 114.1 cp(circostanze attenuanti del concorso) prevedendo un circostanza attenuante facoltativa per chi ha avuto una minima importanza nel concorso muove dalla premessa che sia concorrente anche colui che non è stato partecipe dell' evento in senso condizionalistico;

Ha costituito il fatto storicamente verificatosi, risultando condizionante ogni contributo in difetto del quale la vicenda criminosa concreta o non si sarebbe svolta oppure si sarebbe svolta in modo differente, cercando così di ovviare ai difetti politico criminali della teoria precedente. Ma anche questa tesi è insostenibile perché il fatto storico non coincide con il fatto giuridicamente rilevante perché non tutto quello che accade nella vicenda criminosa può essere ritenuto importante ai fini del concorso;

Ha avuto una condotta idonea ad aumentare il rischio di realizzazione del reato secondo un giudizio ex antea, applicando la teoria della prognosi postuma del tentativo al concorso e cercando di applicare l' art 56.1 cp all' art 110 cp, ma è proprio in questo che neanche questa teoria è ammissibile dato che rilevando l' art 56.1 cp si darebbe adito alla rilevanza del tentativo di concorso, che non è ammissibile nel nostro ordinamento;

Ha avuto una condotta che ha almeno facilitato la commissione del reato , gran parte della dottrina e la giurisprudenza integrano il criterio condizionalistico con la necessità di aver agevolato o facilitato la commissione del reato sia a livello psichico che a livello materiale. Ma anche questa teoria non è sostenibile perché rileverebbero penalmente l' istigazione e l' accordo per concorrere ad un delitto ma l' art 115.1 cp(accordo e istigazione per commettere un reato) oppure l' attività organizzativa dei contributi concorsuali ma che codicisticamente sono dichiarati non punibili se il reato non è commesso;

Ha dato un contributo necessario o agevolatore alla realizzazione dell' evento offensivo, ma l' espediente proposto dall' art 26.1 del nuovo codice penale proposto dalla commissione Pagliaro non risolve i problemi di teorie simili;

Ha partecipato alla sua esecuzione ovvero ha determinato o istigato un altro concorrente o ne ha agevolato l' esecuzione fornendo aiuto o assistenza causalmente rilevante per la sua realizzazione, recuperando il concetto di causalità;

L' unica ipotesi dottrinale realmente efficiente è quella che sposta il nesso concorsuale dalla causalità alla strumentalità: è considerato concorrente chi ha avuto una condotta obiettivamente strumentale all' accadimento dell' evento offensivo, la strumentalità deve essere ravvisata in concreto ponendosi non la domanda di <chi ha cagionato cosa?> ma <chi è servito a cosa?>. In questo senso si può spiegare concretamente anche le ipotesi di partecipazione psichica non definite dalla teoria della causalità agevolatrice psichica e fisica: sarà sufficiente accertare se tra la modalità istigatoria e le modalità del fatto commesso intercorra o no un nesso finalistico strumentale alla messa a frutto del messaggio istigatorio.

L' art 40.2 cp riguardante l' omissione si riferisce anche alle attività concorsuali omissive dove rispetto alla fattispecie attiva si sostituisce all' evento il reato non impedito; adottando il criterio di prognosi postuma e il criterio di strumentalità si è concorrenti qualora avendo un dovere giuridico preposto non si avversi la consumazione di un reato. Il solo fatto di non essere titolari del bene giuridico di impedire un fatto da luogo ad una connivenza che è non punibile in quanto non realizza un contributo sostanzialmente significativo.

Antigiuridicità Obiettiva Concorsuale art 119 cp

Secondo l' art 119.2 cp(valutazione delle circostanze di esclusione della pena nel concorso) le circostanze oggettive che escludono la pena hanno effetto per tutti coloro che sono concorsi nel reato, dato che la partecipazione ad un fatto obiettivamente lecito è anch' essa obiettivamente lecita ma la scriminante per avere effetto deve riferirsi al fatto tipico monosoggettivo altrimenti il fatto è antigiuridico. Secondo l' art 119.1 cp le circostanze soggettive di esclusione della pena hanno effetto soltanto riguardo alla persona a cui si riferiscono e non sono estensibili agli altri concorrenti.

Colpevolezza nel Concorso di Persone

Secondo le regole generali il dolo nel concorso di persone è sempre sufficiente a fondare un titolo autonomo di responsabilità e si divide in dolo del fatto monosoggettivo e dolo di concorso. Il dolo del fatto monosoggettivo è necessario a costituire il reato concorsuale ma non occorre che si trovi in chi realizza la fattispecie monosoggettiva, difatti può anche ravvisarsi in un istigatore e l' agente agire con colpa. Il dolo di concorso assume come oggetto la condotta tenuta e la connessione con la condotta degli altri partecipanti per cui l' unico elemento a fondare il dolo di concorso è la coscienza e volontà di contribuire alla realizzazione del fatto di reato, per cui il concorrente agisce con dolo quando l' evento che è il risultato dell' azione/omissione è voluto e preveduto dall' agente stesso come conseguenza della propria azione/omissione. Nel dolo di concorso è particolare la posizione dell' agente provocatore ossia di colui che partecipa al fatto delittuoso al fine di scoprirlo e punire i criminali, la punibilità del soggetto in questione è determinata dal fatto che se il reato si è limitato al tentativo difetta nell' agente provocatore il dolo mentre se il reato è consumato non si vede come la condotta non sia punibile. A ciò il legislatore ha aggiunto con degli interventi delle precisazioni in materia di stupefacenti, armi e delitti con finalità terroristiche, in queste ipotesi si dichiarano non punibili determinati ufficiali di polizia giudiziaria o di servizio ai quali al solo fine di acquistare elementi di prova in ordine ai delitti considerati tengono condotte tipiche alla stregua delle diverse fattispecie penali. Così la scriminante assume la forma di una causa di giustificazione speciale dato che l' ordinamento opera un bilanciamento di interessi tra fatti repressi e fatti commessi.

Il concorso è retto dal principio dell' autonomia di ciascun concorrente e dalla responsabilità penale personale a norma dell' art 27.1 cost e si possono individuare 4 tipi di concorso rispetto alla colpevolezza: concorso doloso in delitto doloso (la fattispecie prototipica del concorso), concorso doloso in delitto colposo, concorso colposo in delitto colposo e concorso colposo in delitto doloso. Per quello che riguarda il concorso colposo vale la regola generale che nei delitti la punibilità deve essere espressa mentre nelle contravvenzioni è criterio di imputazione alternativa al dolo, ciò nel concorso colposo nel delitto colposo è necessario basarsi sull' art 113 cp(cooperazione nel delitto colposo) stabilisce che quando l' evento è stato cagionato da più persone ciascuna di esse soggiace alle pene stabilite per il delitto stesso, secondo l' opinione prevalente il concorso colposo nel delitto colposo si risolve in un concorso di condotte colpose causalmente efficienti nella produzione dell' evento, unificate dall' elemento psicologico della coscienza e volontà di cooperare nell' attività da cui scaturirà l' evento non voluto da alcuno, in sostanza ci si attiene ad un esame delle singole condotte colpose, l' inquadramento nell' ottica del concorso servirebbe per alcune aggravanti speciali disciplinate dall' art 113.2 cp( aggravanti da 111.2 cp(potestà dei genitori),art 112 n 3,4 cp( reato verso persone a lui soggette e per reato a minore di 18 anni).

Il concorso colposo in delitto doloso non sembra assumere alcuna rilevanza perché non è precettato dal codice e le ipotesi di questo ambito vengono esaminate in rapporto ad un' autonoma responsabilità per colpa a prescindere dall' atteggiamento doloso dei concorrenti. Nelle contravvenzioni il concorso è sempre rilevante qualunque aspetto di colpevolezza acquisti.

Qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, anche questi ne risponde, se l' evento è conseguenza della sua azione od omissione, se il reato commesso è più grave di quello voluto la pena è diminuita riguardo a chi ha voluto il reato meno grave, questo è descritto all' art 116 cp(reato diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti),si tratta di un' aberratio a livello concorsuale dove almeno 1 dei concorrenti deve volere il reato, infatti se così non fosse esso risulterebbe differente dalla fattispecie art 166 cp e perciò inapplicabile a tale norma. La responsabilità per il reato diverso è posta a carico di chi non lo volle a titolo obiettivo sulla base del nesso di causalità, che potrebbe essere escluso solo da una concausa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l' evento come da rt 41.2 cp. Ma un regime così forzante verso la responsabilità obiettiva finisce per avvicinarsi alla responsabilità penale per fatto altrui perché si addossa ad un soggetto un reato che è come se l' avesse voluto(ma non potrebbe averlo voluto). Allora l' interpretazione giurisprudenziale ha cercato di modificare il rigore della disposizione inserendo al posto della responsabilità obiettiva una prevedibilità fortemente obiettivata dalla sent 42/1965 Corte Cost in cui la Corte precisa che il reato diverso deve potersi rappresentare alla psiche dell' agente, nell' ordinario svolgersi e concatenarsi dei fatti umani, come uno sviluppo logicamente prevedibile di quello voluto dando origine così ad una responsabilità anomala perché all' imputazione colposa del soggetto che non volle il reato corrisponde un' imputazione dolosa dei soggetti che o vollero.

Il concorso nei reati propri segue la disciplina del concorso ma nei reati propri esclusivi(commessi solamente dal soggetto qualificato) l' intraneo deve essere l' esecutore, al contrario per i reati non esclusivi se il reato è tale per tutti i concorrenti(art 646.1 cp(appropriazione indebita)) ma per qualcuno di essi assume un diverso titolo in forza della qualifica personale( art 314.1 cp(peculato) il mutamento si estende a titolo obiettivo a tutti i compartecipanti come da art 117 cp(mutamento del titolo del reato per taluno dei concorrenti), il giudice può tuttavia diminuire la pena inflitta agli estranei se il reato è più grave di quello commesso.

In linea di principio il trattamento sanzionatorio dei concorrenti è uniformato al principio della pari responsabilità dato che ciascuno è punito nei limiti edittali stabiliti per il reato commesso. Ma il principio di pari responsabilità non implica pari identità delle pene ma una graduazione in base agli elementi desumibili in base all' art 133 cp. Inoltre sono previste circostanze aggravanti e attenuanti speciali del concorso, dunque il concorso è aggravato se era formato da 5 o più persone oppure se uno dei compartecipi esercitasse, sulla realizzazione del fatto collettivo una particolare signoria o dominio qualificato; per converso attenuano la responsabilità concorsuale della persona subordinata od inferiore o che abbia prestato un' opera infima all' esecuzione del reato. La L 19/1990 ha sostituito l' art 118 cp(valutazione delle circostanze aggravanti e attenuanti) disponendo che le circostanze che aggravano o diminuiscono le pene concernenti i motivi a delinquere, l' intensità del dolo, il grado della colpa e le circostanze inerenti alla persona del colpevole sono valutate riguardo alla persona a cui si riferiscono, si inserisce così il principio personalista nell' imputazione delle circostanze delle colpevolezza.

Reato Circostanziato

Un evento è spesso accompagnato da elementi accidentali o accessori che senza influire sull' esistenza giuridica di esso, ne modificano l' entità della pena in termini quantitativi e qualitativi. Perciò le circostanze debbono implicare una modificazione della pena in maniera proporzionale, aumentando o diminuendo fino a un certo limite, oppure inserendo nella pena una nuova cornice edittale ossia immettendovi nuovi limiti minimi e massimi, non sono categoricamente elementi del reato dato che la loro presenza o assenza non snatura la sussistenza del fatto tipico. La funzione delle circostanze è duplice: le circostanze riducono il divario tra l' astrattezza della fattispecie e le situazioni concrete e incanalano il potere discrezionale del giudice nella determinazione della pena verso un preciso verso, grazie a questo si ottiene un miglio adeguamento della pena al caso concreto e quindi si rispetta in via indiretta l' art 3.2 cost . Il problema dell' imputazione delle circostanze riguarda il fatto se in particolari casi debbano essere considerate veramente elementi accidentali del fatto oppure integrino il fatto stesso dando origine ad una nuovo figura di reato. Infatti l' art 59.1 cp(circostanze non conosciute ed erroneamente supposte) prescrive che le circostanze attenuanti siano applicate in maniera obiettiva, al contrario degli elementi costitutivi che sono applicati soggettivamente per art 27.1 cost, l' art 59.2 cp prescrive che l' imputazione delle aggravanti deve essere effettuata indifferentemente per dolo o colpa al contrario che nei delitti dolosi anche l' elemento costitutivo deve essere doloso, l' art 69 cp(concorso di circostanze aggravanti ed attenuanti) impone che in un concorso di circostanze aggravanti e attenuanti il giudice debba effettuare un giudizio di equivalenze o prevalenza delle une sulle altre, giudizio impossibile se l' elemento specializzante è costitutivo del reato. Infatti qualora ricorra una circostanza aggravante il riconoscimento della qualifica circostanziale comporta l' applicazione dell' art 69 cp attraverso il giudizio del magistrato con la possibilità di infliggere la pena solo nei limiti del reato base prescindendo dall' aggravante mentre se si considera il fatto come titolo autonomo l' attenuante stessa sarà applicata ai limiti edittali di quel reato autonomo e non del reato base. Sono inutili ai fini risolutivi i criteri sostanziali aprioristici ma sono di maggior utilità i criteri formali: occorre prima verificare se tra la fattispecie supposta circostanziale e quella base intercorre un rapporto di specialità, nel senso che la prima include tutti i requisiti propri anche della seconda, se questo non si verifica è da escludere l' applicazione della fattispecie circostanziale, come nel caso dell' art 378.3 cp(favoreggiamento personale) rispetto all' art 378.1 cp: gli elementi costitutivi speciali della fattispecie comma III agiscono in maniera autonoma rispetto alla fattispecie comma I. La specialità è condizione necessaria a stabilire la natura circostanziale della fattispecie ma non è sufficiente da sola, è necessario considerare anche l' eventuale qualifica legislativa, il riferimento per dettate circostanze e l' eventuale previsione di un distinto nomen iuris ma con stessa formulazione. Quando i criteri precedenti non forniscono un risultato univoco la tesi prevalente della dottrina ritiene che sia necessario preferire la qualifica in termini di elemento costitutivo ricercando la fattispecie nel titolo autonomo, rispettando così il principio di colpevolezza, ma il criterio preferenziale deve essere così desunto da un principio logicamente precedente a quello di colpevolezza e rintracciabile nel principio di legalità infatti l' art 25.2 cost e l' art 1 cp impongono che la qualificazione di un illecito sia espressa. Infatti ipotizzando la scelta del reato circostanziato comporterebbe un' immissione di un' interpretazione penale contro il principio di legalità. Le circostanze si dividono in circostanze comuni e speciali a seconda che si tratti di circostanze applicabili in linea di principio a qualsiasi reato(art 61, art 62 e art 62 bis) oppure reperibili ad un reato particolare o a gruppi di reato(art 576 cp(circostanze aggravanti del reato di omicidio); circostanze oggettive e soggettive a seconda che riguardino modalità della condotta, condizione e qualità del soggetto offeso e gravità dell' offesa oppure la condizione del colpevole, ai rapporti tra colpevole e vittima o inerenti alla persona del colpevole; circostanze a effetto proporzionale o a effetto autonomo, a seconda che l' aumento o la diminuzione si esplichino sulla pena base del reato non circostanziato oppure che venga prevista una pena differente o una nuova cornice edittale distinta dal reato semplice.

Imputazione delle circostanze

Prima della L 19/1990 di modifica dell' art 59.1 cp(circostanze non conosciute o erroneamente supposte) le circostanze sia aggravanti che attenuanti si attribuivano obiettivamente a nche se non conosciute o ritenute inesistenti, con il risultato che in caso di aggravanti si determinava una forma di responsabilità obiettiva non compatibile con il principio di colpevolezza sancito dall' art 27.1 cost. Con la L 19/1990 che ha riformato i 2 commi le circostanze che attenuano o escludono la pena sono valutate a carico dell' agente anche se da lui non conosciute oppure da lui ritenute inesistenti per errore, mentre per le circostanze aggravanti queste sono valutate a carico dell' agente soltanto se da lui conosciute o ignorate per colpa oppure ritenute inesistenti per un errore determinato da colpa; è stata confermata l' imputazione obiettiva delle circostanze di esclusione o attenuazione della pena ma è stato inserito un regime di imputazione almeno colposa per le circostanze aggravanti. La formula dell' art 59.2 cp riformulato dalla L 19/1990 è problematica rispetto ai reati aggravati dall' evento che è di per se costitutivo di un altro reato perché non è ammissibile che l' evento ulteriore sia imputato come circostanza quando il soggetto si sia rappresentato il rischio di tale evento accettandolo con dolo eventuale, in sostanza si imputerà dolosamente l' evento costitutivo e il reato aggravato si baserà solo sulla colpa. In caso di aberratio ictus monolesiva l' art 60 cp(errore sulla persona dell' offeso) stabilisce che non sono poste a carico dell' agente le circostanze aggravanti, che riguardano le condizioni o qualità della persona offesa o i rapporti tra l' offeso e il colpevole mentre sono valutate a suo favore le circostanze attenuanti, erroneamente supposte, che concernono le condizioni, le qualità o i rapporti predetti a meno che non si tratti di circostanze inerenti l' età o qualità fisiche o psichiche della persona offesa.

Applicazione di Circostanze

E' necessario distinguere tra l' applicazione di 1 sola circostanze, concorso omogeneo di circostanze oppure concorso eterogeneo di circostanze.

Quando ricorre una sola circostanza è necessario prima verificare se si tratti di circostanza ad effetto proporzionale o circostanza autonoma: nel primo caso il giudice determinerà l' entità della pena come se la circostanza non ricorresse affatto, dopo procederà all' aumento o alla diminuzione nei limiti stabiliti dalla legge; nel secondo caso il giudice dovrà fissare la pena in concreto del reato base e considerare la pena definita dalla circostanza come una pena differente.

Quando concorrono più circostanze di natura omogenea è necessario verificare se si tratta di concorso apparente oppure reale. Se si tratta di concorso apparente quando una circostanza è speciale rispetto all' altra e in base all' art 15 cp(materia regolata da più leggi penali o da più disposizioni della medesima)deve essere applicata la circostanza più speciale dunque si applicherà un solo aumento o diminuzione come nell' ipotesi 1; se si tratta di concorso di circostanze a effetto comune il giudice procederà alla determinazione della pena del reato base applicando l' aumento(o diminuzione, vale anche x i successivi N.d.R.) per ciascuna circostanza in modo che gli aumenti successivi al primo si effettuino sulla pena già aumentata: gli aumenti saranno effettuati in maniera progressiva, le diminuzioni in maniera regressiva. Se si tratta di circostanze comuni concorrenti con circostanze ad effetto speciale si applica soltanto la pena stabilita per la circostanza più grave, se si tratta di aggravanti, la meno grave se si tratta di attenuanti, ma il giudice può rispettivamente aumentarla o diminuirla art 68 cp(limiti al concorso di circostanze), l' altra circostanza diventerà facoltativa. L' aumento è circoscritto nei limiti degli art 66 e 67 cp( limiti degli aumenti e diminuzioni nei casi di concorso di circostanze aggravanti e di circostanze attenuanti).

Quando concorrono circostanze aggravanti e circostanze attenuanti il giudice è tenuto a effettuare un giudizio di comparazione come da art 69 cp(concorso di circostanze aggravanti e attenuanti) il cui risultato può essere l' equivalenza tra aggravanti ed attenuanti, in questo caso si applicherà la pena base, come se il reato non fosse circostanziato; la prevalenza delle aggravanti o delle attenuanti allora saranno applicati gli aumenti o le diminuzioni relativi alle circostanze prevalenti. Nel testo originario dell' art 69 cp il giudizio di comparazione non poteva riferirsi alle circostanze inerenti alla persona del colpevole e alle circostanze autonome, questo creava sperequazioni di comminazione della pena rispetto al fatto accaduto. Così la L 99/1974 ampliò il giudizio di comparazione a tutte le circostanze senza limiti di sorta, ma il potere discrezionale del giudice nella determinazione della pena creando degli svilimenti di tutela e il sovvertimento della valutazione legislativa. Per cui la dottrina ha cercato una visione restrittiva dopo la L 99/1974 interpretando il limite della discrezionalità del giudice al grado intrinseco di intensità della circostanza, valutando il peso che essa ha avuto nella vicenda. La L 251/2005 di riforma del' art 69 cp ha stabilito che quando ricorrano talune circostanze aggravanti( art 99.4 cp(recidiva reiterata), art 111 cp(determinazione al reato di persona non imputabile) oppure art 112 n 4 cp(determinazione al reato fuori dai casi dell' art 111 cp oppure di soggetto in stato di infermità mentale)) non possa mai essere stabilita la prevalenza delle attenuanti concorrenti, la disposizione si inserisce nel disegno di punibilità più severa della recidiva.

Effetti delle Circostanze

L' effetto preponderante delle circostanze è l' aumento o la diminuzione della pena ma la loro rilevanza si manifesta anche nell' aspetto edittale di mera rilevanza della circostanza nell' azione come la prescrizione del reato( art 157.2 cp circostanze ad effetto speciale nel qual caso si tiene conto dell' aumento massimo previsto dalla pena), procedibilità, competenza, arresto etc.

Circostanze Aggravanti Comuni art 61 cp

Aggravano il reato, quando non sono elementi costitutivi o circostanze aggravanti speciali,:

Aver agito per motivi abietti o futili: il motivo rappresenta la causa psichica della condotta, è abietto quando risulta di particolare bassezza morale mentre è futile quando è visibilmente sproporzionato rispetto al reato;

Avere commesso il reato al fine di eseguire o di occultarne un altro, ovvero per conseguire o assicurare a se o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero l' impunità di un altro reato;

Avere nei delitti colposi agito nonostante la previsione dell' evento: colpa cosciente o dolo eventuale;

Avere adoperato sevizie, o l' aver agito con crudeltà verso le persone: con sevizie si intende qualsiasi sofferenza psichica e morale inferta al soggetto passivo rispetto all' economia del reato(torturare la persona sequestrata), per crudeltà si intendere un inutile patimento morale;

Avere approfittato delle circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da ostacolare la pubblica o privata difesa;

Avere il colpevole commesso il reato durante il tempo in cui si è sottratto volontariamente alla esecuzione di un mandato, di un ordine di arresto o di carcerazione, spedito per un precedente reato: tenendo presente che si considera latitante chi volontariamente si sottrae alla custodia cautelare, agli arresti domiciliari, al divieto di espatrio, all' obbligo di dimora o a un ordine con cui si pone la carcerazione;

Avere nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio o nei delitti di lucro cagionato alla persona offesa un danno patrimoniale di rilevante gravità: il danno deve essere rilevante secondo il criterio obiettivo ossia prescindendo alle condizioni economiche della vittima, le quali possono assumere però un ruolo sussidiario quando la valutazione intrinseca del danno risulti da sola insufficiente a definirne la gravità;

Avere aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto commesso;

Avere commesso il fatto con abuso di potere o con violazione di doveri inerenti alla pubblica funzione o a un pubblico servizio o alla qualità di ministro di culto: L' agente deve aver deviato il fine istituzionale del potere attribuitogli dalla legge o violato il dovere impostogli per realizzare il fatto criminoso;

Avere commesso il fatto contro un pubblico ufficiale o a una persona incaricata di pubblico servizio o rivestita della qualità di ministro cattolico o di un culto ammesso dallo stato italiano o contro un agente consolare o diplomatico di uno stato estero

Avere commesso il fatto con abuso di autorità domestiche o di relazioni domestiche ovvero con abuso di relazioni d' ufficio, di prestazione d' opera di coabitazione o di ospitalità;

Tutte le circostanze aggravanti comuni determinano un aumento di pena di 1/3 del reato base. Alcune circostanze comuni sono state inserite in varie leggi speciali, da ricordare è la L 15/1980 dove è considerata circostanza aggravante comune l' avere commesso il fatto con finalità terroristiche o di eversione dell' ordine democratico, che determina un aumento di pena in tutti i reati con pena diversa dall' ergastolo.

Circostanze Attenuanti Comuni art 62 cp

Le attenuanti previste dall' art 62 cp attenuano il reato quando non sono elementi costitutivi o circostanze attenuanti speciali:

Avere agito per particolari motivi di valore morale o sociale;

Avere agito in stato d' ira, determinato da fatto ingiusto altrui: l' attenuante si riferisce alla provocazione, lo stato d' ira implica uno sconvolgimento emotivo tale da far scemare le capacità di autocontrollo;

Avere agito per suggestione di una folla in tumulto, quando non si tratta di riunioni o assembramenti vietati dalla legge o dall' autorità, e il colpevole non è delinquente o contravventore abituale, professionale o per tendenza;

Avere nei delitti contro il patrimonio o che comunque lo offendono cagionato alla persona offesa un danno patrimoniale di speciale tenuità o nei delitti determinati da motivi di lucro avere agito per conseguire un lucro di speciale tenuità anche quando l' evento dannoso stesso fosse di speciale tenuità;

Essere concorso a determinare l' evento, insieme con l' azione o l' omissione del colpevole, il fatto doloso alla persona offesa: la condotta non deve essere elemento del fatto tipico( come nell' art 579.1 cp(omicidio del consenziente))oppure non vi deve essere rilevanza interruttiva del rapporto causale;

Avere prima del giudizio, riparato interamente al danno, mediante il risarcimento di esso e, quando sia possibile, mediante le restituzioni o l' essersi prima del giudizio e fuori dal caso dell' art 56.4 cp(recesso attivo nel tentativo) adoperato spontaneamente per elidere o attenuare le conseguenze dannose: il risarcimento deve essere integrale, effettuato dallo stesso autore del reato o dalla società di assicurazione, l' attività deve essere spontanea ed efficace, in ogni caso l' intervento riparatorio deve avvenire prima del giudizio ovvero prima che sia iniziato il giudizio ordinario, abbreviato, per direttissima o per applicazione della pena su richiesta di entrambe le parti o di opposizione al decreto penale di condanna o immediato.

Circostanze Attenuanti Generiche art 62 bis cp

Il giudice indipendentemente dall' art 62 può prendere in considerazione circostanze diverse, qualora ritenga che siano tali da giustificare una diminuzione della pena, sono considerate ai fini dell' applicazione della pena come unica circostanza che può normalmente concorrere con quelle dell' art 62 cp. In questi casi il giudice deve rifarsi alle circostanze improprie dell' art 133 cp(gravità del reato: valutazione degli effetti) cogliendo tra i punti elencati situazioni suscettibili di meritare la qualifica di termine circostanziale di natura generica. La legge 251/2005 limita la concessione delle attenuanti generiche quando si tratta di delitti di omicidio volontario(art 575 cp), sequestro di persona a scopo di estorsione( art 630 cp) e rapina aggravata( art 628 cp+ art 61 cp) e contemporaneamente il reo sia recidivo reiterato a norma dell' art 99.4 cp(recidiva).In questi casi il giudice farà riferimento soltanto a criteri obiettivi, concernenti le modalità della condotta o la gravità del danno o del pericolo come da art 133.1 n1 e 2 cp.

Recidiva art 99 cp

L' art 99 cp prevede una circostanza soggettiva inerente alla persona del colpevole, essa rappresenta la condizione di colui che essendo stato condannato per un reato, ne commette un altro. Storicamente si sono affrontate 2 posizioni contrapposte: alcuni sostenevano la visione retribuzionistica la recidiva ha una rilevanza piccola perché il nuovo reato non diviene più grave in se stesso solo perché chi lo ha commesso è già stato condannato .Quindi la recidiva dovrebbe essere specifica, temporanea e obbligatoria. Altri sostenevano la visione specialpreventiva in cui la recidiva appare come un sintomo di pericolosità: il reo non ha compreso la visione rieducativa della pena precedente anzi ha dimostrato che essa era inutile. Quindi la recidiva dovrebbe essere generica, perpetua e facoltativa. Nella concezione codicistica originaria la recidiva era atteggiata come generica, perpetua e obbligatoria unendo le prospettive retributive e generalpreventive ed appariva volta ad esaltare le potenzialità repressive dell' istituto. Con la riforma 99/1974 si stabilì che la recidiva fosse sempre facoltativa in quanto spettava al giudice decidere se si dovesse o meno applicare l' istituto tenendo conto sia del parametro retributivo sia di quello specialpreventivo come sosteneva la giurisprudenza della Cassazione. Con la L 251/2005 la disciplina della recidiva è stata nuovamente modificata, ripristinando l' obbligatorietà degli aumenti e incrementandone l' entità, il limite di applicazione è a tutti i delitti non colposi sottolineando la maggiore severità verso gli atti dolosi. La recidiva può essere semplice(+1 condanna per un delitto non colposo, +1/3 della pena aumento facoltativo), aggravata(+1 condanne per un delitto della stessa indole, +1/2 della pena aumento facoltativo), pluriaggravata(aggravata + circostanze idonee, +1/2 della pena aumento obbligatorio), reiterata semplice(+1 condanna, +1/2 della pena aumento obbligatorio), reiterata aggravata( +1 condanna, +2/3 della pena aumento obbligatorio). Il limite di cumulazione dell' aumento di pena derivante dalla recidiva non può mai superare il cumulo giuridico di pene risultanti dalle condanne precedenti, perché senza questo si finirebbe con il dare rilevanza sperequata ad un reato. Gli effetti della recidiva oltre che sulla comminazione della pena si manifestano sull' amnistia ,sulla sospensione condizionale, sull' indulto, sulla riabilitazione. Secondo la L 251/2005 il soggetto recidivo è visto dall' ordinamento in doppia chiave: presuntivamente pericoloso e continuativamente pericoloso.

tra i punti elencati situazioni suscettibili di meritare la qualifica di termine circostanziale di natura generica. La legge 251/2005 limita la concessione delle attenuanti generiche quando si tratta di delitti di omicidio volontario(art 575 cp), sequestro di persona a scopo di estorsione( art 630 cp) e rapina aggravata( art 628 cp+ art 61 cp) e contemporaneamente il reo sia recidivo reiterato a norma dell' art 99.4 cp(recidiva).In questi casi il giudice farà riferimento soltanto a criteri obiettivi, concernenti le modalità della condotta o la gravità del danno o del pericolo come da art 133.1 n1 e 2 cp.

Conseguenze Giuridiche del Reato

Punibilità

Secondo la definizione di Pagliaro la punibilità è il dover essere della pena dopo la commissione del reato, in senso metaforico è una sorta di ponte che unisce il reato alla sua conseguenza giuridica, ed esprime nel diritto penale l' efficacia di un atto o di un fatto giuridico. La punibilità è il paradigma della generalprevenzione: si suffraga l' efficacia della comminatoria edittale evitando che essa finisca con l' apparire vuota.

Condizioni Obiettive di Punibilità art 44 cp

Quando per la punibilità del reato la legge richiede il verificarsi di una condizione, il colpevole risponde del reato, anche se l' evento, da è da lui non voluto, si ha quindi un' imputazione di natura obiettiva ma che non può considerarsi un caso di responsabilità obiettiva perché l' evento condizionante, non facendo parte del piano dell' offesa non potrebbe costituire oggetto di dolo. Il fondamento dell' art 44 cp risiede nel fatto che l' offesa è sempre meritevole di pena per cui il colpevole deve essere obiettivamente responsabile per l' offesa posta in essere ma con la condizione obiettiva di procedibilità è necessario che il colpevole ponga in essere quella tale offesa in quel determinato modo specifico altrimenti non risponderà mai della fattispecie specifica. L'unico criterio valido di determinazione e riconoscimento delle condizioni obiettive di punibilità è il criterio teleologico che si basa sulla considerazione che l' evento condizionato debba risultare estraneo al piano dell' offesa: infatti tutti i singoli elementi che costituiscono il disvalore oggettivo del tipo debbono essere investiti della colpevolezza come da sent Corte Cost 1085/1988, in tal senso non può essere ritenuta condizione oggettiva di punibilità il pericolo per la pubblica incolumità nel delitto di incendio di cosa(art 423.2 cp) propria infatti senza di esso il delitto si ridurrebbe ad una facoltà legittima del proprietario, sono considerate condizioni obiettive di punibilità la possibilità che dall' abuso derivi una malattia nel corpo e nella mente del soggetto nell' art 571.1 cp(abuso di mezzi di correzione)

Condizioni di Procedibilità art 366 ss cpp

Mentre la rilevazione della mancanza di una condizione obiettiva di punibilità conduce ad un proscioglimento nel merito, dato che il giudice dichiara il reato non punibile il difetto di una condizione di procedibilità fonda un proscioglimento meramente processuale dove il giudice dichiara il non luogo a procedere. Le condizioni di procedibilità sono la querela, che consiste nella manifestazione della volontà, espressa dal reato, che l' autore sia punito è prevista per l' art 597 cp con rimando agli art 594 cp(ingiuria) e 595 cp(diffamazione), per l' art 609 septies cp(querela di parte) con rimando agli art 609 bis cp(violenza sessuale), 609 ter cp(circostanze aggravanti) e609 quater cp(atti sessuali con minorenne). L' art 120 cp ss(diritto di querela) descrive le modalità generali ed il rinuncio di essa. La richiesta e l' istanza sono condizioni di procedibilità stabilite per i reati commessi all' estero o in pochi altri casi come nell' art 127 cp(richiesta per procedimento per delitti contro il presidente della repubblica).

Cause di Non Punibilità

Le cause di non punibilità sono situazioni in cui la legge stima inopportuna l' applicazione della pena al fatto tipico integrato di tutti gli elementi costitutivi. Le cause non punibilità si dividono in cause antecedenti di non punibilità oppure a cause sopravvenute di non punibilità, che sono le più frequenti. Il nucleo più significativo è basato sulla condotta antagonistica del reo rispetto all' offesa incriminata: per cui sarà considerato non punibile chi ritratta rispetto alle false informazioni al pubblico ministero e alla polizia giudiziaria(art 376 cp(ritrattazione)) oppure chi cattura l' evaso dopo aver procurato per colpa l' evasione(art 387.2 cp(colpa del custode)), in questi casi la legge prende atto che la minaccia di pena ha sortito i suoi effetti sia pure in modo tardivo e rendendo inutile la condanna.

Cause di Estinzione della Punibilità art 150 ss cp

Sotto il titolo VI del codice penale parte I sono ascritte le cause di estinzione della punibilità, sono tradizionalmente divise in cause di estinzione del reato e cause di estinzione della pena. Riguardo alle cause di estinzione del reato è rilevante esaminare che il reato in quanto fatto illecito non si può estinguere ma quello che effettivamente viene meno sono gli effetti di esso che consistono nella punibilità( da ricordare N.d.R.). L' effetto comune a tutte le cause di estinzione del reato è l' inapplicabilità della pena principale e delle misure di sicurezza come da art 210.1 cp( effetti dell' estinzione del reato o della pena), le cause di estinzione della pena operano sulla pena di volta in volta considerata ma non sempre sulle misure di sicurezza art 210.2 e 210.3 cp. Le disposizioni comuni sanciscono la regola dell' efficacia soggettiva e in caso di concorso di più cause estintive la prevalenza deve essere data alla causa estintiva del reato sulla causa estintiva della pena, anche se intervenuta successivamente, anche se è intervenuta successivamente art 183.2 cp(concorso di cause estintive). Le cause estintive del reato e della pena non incidono sulle obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che si tratti dell' obbligazione civile per il pagamento della multa o dell' ammenda come da art 198 cp(effetti dell' estinzione del reato sulle obbligazioni civili), sul piano processuale vige la regola dell' immediata declaratoria in ogni stato e grado del processo, anche in caso di dubbio sulla loro esistenza.

Cause di Estinzione del Reato artt 150-169 cp

Estinguono il reato:

La morte del reo prima della condanna art 150 cp: mors omnia solvit ma si trasferiscono agli eredi tutte le obbligazioni restitutorie e risarcirei quali conseguenza del reato eccezion fatta per l' obbligo di rimborso delle spese penitenziarie come da art 188.2 cp;

La prescrizione del reato art 157-160 cp: dopo un determinato periodo di tempo computato a partire dal giorno della consumazione ,della cessata attività colpevole o di permanenza il reato si prescrive. Il fondamento risiede nell' esigenza generalpreventiva: decorso un certo lasso di tempo, l' accertamento di una responsabilità per reato e la conseguente inflizione della pena perdono di significato per l' intera comunità, per i reati punibili con l' ergastolo(anche come effetto dell' applicazione delle aggravanti) la prescrizione non opera. Il regime della prescrizione è stato modificato con la legge 251/2005, il nuovo regime prevede come tempo necessario a prescrivere la pena massima determinata come stabilito da art 157.1 cp(tempo necessario a prescrivere) ma è stabilito un tempo minimo indefettibile pari a 6 anni per i delitti e a 4 per le contravvenzioni, secondo l' art 157.6 cp il termine di prescrizione è raddoppiato nei reati di omicidio colposo aggravato da violazione sulle norme del codice stradale o in materia di prevenzione antinfortunistica. Mentre se la fattispecie prevede pene diverse(ossia lavori di pubblica utilità o permanenza domiciliare)da quella detentiva o pecuniaria la prescrizione è di 3 anni. La prescrizione può essere sospesa nelle ipotesi previste dall' art 159 cp(sospensione del corso di prescrizione) permettendo una sospensione temporanea nei casi di: autorizzazione a procedere, deferimento della questione ad un altro giudizio, sospensione del procedimento o del processo penale per ragioni di impedimento delle parti e dei difensori ovvero su richiesta dell' imputato o del suo difensore oltre che nelle ipotesi previste per legge; la prescrizione può essere interrotta a norma dell' art 160 cp(interruzione del corso di prescrizione) determinando una nuova decorrenza del termine prescrizionale nei casi di: sentenza o decreto di condanna, applicazione di misure cautelari personali o convalida del fermo o arresto, dell' interrogatorio reso davanti al pubblico ministero, la fissazione dell' udienza in camera di consiglio, il decreto di giudizio immediato o di citazione a giudizio etc;

L' amnistia art 151 cp: trova la fonte legislativa nell' art 79 cost modificato con la L Cost 1/1992, il regime affonda le radici nella clemenza sovrana degli stati assoluti dove il sovrano dispensava una giustizia sostanziale superiore sottratta ai vincoli giurisdizionali. Secondo l' art 79 cost originario l' amnistia era concessa con decreto presidenziale emanato in base a legge di delegazione delle camere, ma a causa dell' abuso per carenze dell' apparato giudiziario e carcerario veniva adottata periodicamente svilendo la propria funzione di base, infatti l' amnistia stride con l' art 3.1 cost di uguaglianza perché l' effetto estintivo discrimina gli autori di reati di pari gravità solo perché commessi in tempi differenti, per cui si è sentito la necessità di modificare il regime funzionale dell' amnistia e fondare delle ipotesi particolari in cui è possibile concederla. La dottrina ha identificato come amnistie valide l' amnistia di giustizia, l' amnistia strumentale e l' amnistia pacificatrice mentre del tutto bandite dovrebbero risultare le amnistie celebrative, partigiane o di sfoltimento. La L Cost 1/1992 ha eliminato il binomio legge di delegazione/criterio presidenziale concentrando la formula nella sola legge ma sottoponendola ad un procedimento aggravato costituito dalla necessità di approvazione a maggioranza qualificata in ogni suo articolo e nella votazione finale. In questo senso si è creata una situazione paradossale: è più difficile fare una legge di amnistia e indulto che modificare la costituzione a norma dell' art 138 cost. L' amnistia determina l' estinzione dei reati indicati dalla legge che la concede, commessi entro il termine stabilito ma che non può essere successivo alla presentazione del disegno di legge( per un' esigenza logica e contro l' art 151 cp perché previsto dall' art 79.2 e 79.3 cost). se l' amnistia avviene prime della condanna definitiva essa estingue tutti gli effetti penali del reato ma se interviene dopo la condanna, essa fa cessare l' esecuzione della condanna e le pene accessorie ma non gli altri effetti penali ai fini della recidiva, della concessione della sospensione condizionale per un ulteriore reato etc, l' amnistia non si applica ai recidivi aggravati, ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza(art 151.5 cp);

La sospensione condizionale della pena art 163-164 cp e art 167 cp: se il periodo di di prova di sospensione condizionale si conclude in modo favorevole l' effetto estintivo riguarda la pena principale e le pene accessorie ma non gli altri effetti penali della condanna;

La remissione della querela nei delitti punibili a querela art 152 cp: estingue il reato nei delitti punibili a querela salvo i casi in cui la querela proposta è dichiarata irrevocabile come nell' art 609 septies cp(querela di parte), la remissione può essere espressa o tacita quando il querelante abbia compiuto fatti incompatibili con la volontà di proseguire la querela, per avere effetto la remissione deve essere accettata dall' imputato come da art 155 cp(accettazione della remissione) ed intervenire prima dela condanna definitiva;

L' oblazione nelle contravvenzioni art 162-162 bis cp: qualora vi sia un reato contravvenzionale punibile con la sola ammenda o con l' ammenda alternativa all' arresto l' oblazione della contravvenzione estingue il reato. Nel caso di contravvenzioni punibili solo con l' ammenda l' oblazione è un diritto soggettivo pubblico. Pagando una somma pari ad 1/3 del massimo prima dell' apertura del dibattimento il contravventore estingue il reato. Nel caso di contravvenzioni punibili in alternativa sono imposi limiti soggettivi( il contravventore per agevolare dell' oblazione non deve essere recidivo) e obiettivi(è permessa l' oblazione solo quando permangono conseguenze dannose) e può sempre essere rifiutata discrezionalmente dal giudice in rapporto alla gravità del fatto come da art 162 bis cp. L' oblazione si riporta storicamente a quando le contravvenzioni rappresentavano l' ammennicolo(elemento accessorio di poco conto) della potestà punitiva esercitata dalla pubblica amministrazione e corrispondeva ad un componimento di transazione monetaria che corrispondeva al pubblico interesse e che soddisfaceva l' esigenza punitiva. Secondo una parte della dottrina l' oblazione degraderebbe l' illecito da penale ad amministrativo ma la tesi è discutibile perché non si comprende la degradazione se l' illecito deve poi estinguersi.

Il perdono giudiziale art 169 cp: è l' unica causa di estintiva dei reati commessi da minorenni. In conseguenza dell' applicazione della pena su richiesta qualora il giudice applichi la pena con il consenso del pm, se essa non supera i 2 anni la condanna non comporta l' applicazione di pene accessorie ne di misure di sicurezza, se nei 5/2 anni in caso di delitto/contravvenzione il reo non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stesa indole il reato è estinto.

Cause di Estinzione della Pena artt 171-181 cp

Estinguono la pena:

La morte del reo dopo la condanna;

L' estinzione della pena per decorso del tempo: causa di estinzione simile a quella del reato, la prescrizione rispetto alla pena ha un fondamento differente infatti si ritiene che sia incongruo eseguire la pena ad una certa distanza di tempo nei confronti di un determinato soggetto, infatti non deve essere un delinquente tipizzato dagli art 102-103 e 104 cp( abituale, professionale o per tendenza), sia in relazione al fatto che durante il tempo necessario per l' estinzione prescrittiva non abbia riportato una condanna alla reclusione per un delitto della stessa indole art 172.7 cp(estinzione della pena della reclusione e della multa per decorso del tempo). La pena si estingue riguardo alla reclusione con un tempo pari al doppio della pena inflitta( max: 30 anni, min: 10 anni) mentre per la multa è di 10 anni. Il termine inizia a decorrere dal giorno della condanna irrevocabile o dal giorno della sottrazione volontaria all' esecuzione;

L' indulto e la grazia: l' indulto è approvato con lo stesso procedimento dell' amnistia mentre la grazia è disciplinata dall' art 87.11 cost. L' indulto si riferisce sempre al reato e riguarda la pena principale, la grazia è un provvedimento personale di competenza esclusiva del presidente della repubblica che condona in tutto o in parte la pena principale e se espressamente stabilito anche le pena accessorie;

La non menzione di condanna nel certificato del casellario giudiziale art 175 cp: è un provvedimento giudiziale reso con la sentenza di condanna e consistente nel non pubblicizzazione di essa nel casellario giudiziale richiesto a norma dall' art 689 cpp, presuppone che la condanna non superi i 2 anni(in toto, anche con la conversione) e che sia la I condanna del reo;

La liberazione condizionale art 176-177 cp;

La riabilitazione art 178-181 cp: è causa estintiva delle pene accessorie e di ogni altro effetto penale di condanna, salvo che la legge disponga altrimenti. La riabilitazione è concessa quando siano decorsi almeno 3 anni dal giorno di esecuzione della pena principale e il condannato abbia dato prove effettive di buona condotta. Se entro i 7 anni successivi il condannato commette un delitto non colposo la riabilitazione è revocata.

Pena

La caratteristica principale della pena in diritto penale è di non essere compensativa del danno quindi di agire in maniera disomogenea rispetto al fatto. Storicamente si sono prospettate carie teorie di definizione della pena: dalla teoria retributiva, che trova le sue fondamenta nella Dottrina del diritto di Kant(retribuzione morale= pena è imperativo categorico) e in Hegel(retribuzione giuridica) pregiudica il reato come assoluto e necessita una reazione di male opposto al male, è fallace perché il disvalore dei reati non è assoluto ma relativo; alla teoria trascendente dove l' imperativo discende dalla divinità, ma anche questa è fallace perché se la legge è assoluta significa che Dio deve esservi sottoposto, per cui essa deve derivare da un super-Dio, ma ciò è un' assurdità, quindi se Dio può derogare alla legge divina significa che la giustizia del male inflitto per punizione al male non è assoluta ma relativa; sono state affiancate anche la teoria della specialprevenzione, che attribuisce alla pena il carattere strumentale di impedire che il reo delinqua in futuro(effetto deterrente futuro), ma dato che non pone alcun limite all' efficacia punitiva statuale non è realmente utilizzabile, solo nei periodi di massima crisi del diritto penale è stata rivalutata, e della generalprevenzione(Bentham) impedire che i consociati delinquano(effetto deterrente attuale) attraverso un effetto dissuasivo e persuasivo. Il problema dele teorie precedenti è che ignorano la dinamica della pena, essa si sostanzia in 3 atti: fase edittale(minaccia), fase giudiziale(applicazione) e fase esecutiva(esecuzione). La fase edittale è dominata dalla generalprevenzione fondata sui criteri di punibilità corrisposta all' offesa(principio di proporzione) e minima effettività della repressione(principio di certezza) anche se è presente una minima esigenza specialpreventiva che consiste nella minima presenza di possibilità di risocializzazione del reo. La fase giudiziale è costituita dai criteri di retribuzione e specialprevenzione(secondo la maggioranza della dottrina non ci sarebbe generalprevenzione altrimenti si andrebbe verso esigenze punitive esemplative contro l' art 27.1 cp). La fase esecutiva segue la fase giudiziale di condanna per esigenze generalpreventive ma è dominata dalla specialprevenzione: si deve adottare il trattamento più consono ad impedire la recidiva futura e attenendosi sempre al criterio rieducativo .

Secondo l' art 20 cp(pene principale e pene accessorie) le pene si dividono in principali ed accessorie, le prime sono inflitte dal giudice con sentenza di condanna mentre le altre conseguono di diritto ad essa, come effetti penali.

Le pene principali sono elencate all' art 17 cp(pene principali: specie): per i delitti l' ergastolo, la reclusione e la multa, per le contravvenzioni l' arresto e l' ammenda. La pena di morte è stata eliminata dal codice Rocco con il Dlgs 224/1944 sostituendola con l' ergastolo, mantenuta nel codice penale militare di guerra fino alla L 589/1994, sostituendola con l' ergastolo. L' ergastolo è la pena maggiore nel sistema penale italiano, non può mai essere applicata ai minori dopo la sent Cort Cost 168/1994. La pena reclusione è temporanea e si estende da 14 giorni a 24 anni; la multa è pena pecuniaria per i delitti e consiste nel pagamento di una somma da 5 E a 5164 E. L' arresto è pena detentiva e si estende da 5 giorni a 3 anni, l' ammenda è pena pecuniaria che consiste nel pagamento di una somma da 2 E a 1032 E, i limiti previsti valgono solo se la legge non dispone altrimenti. Le pene pecuniarie si dividono in fisse e proporzionali: sono fisse quando la legge determinala cornice edittale tra un minimo e un massimo mentre sono proporzionali quando l' entità della pena è correlata da una base variabile moltiplicata per un coefficiente fisso, secondo l' art 27 cp(pene pecuniarie fisse e proporzionali) le pene pecuniarie non hanno limite massimo, vi è una discussione dottrinale riguardo se possono o no essere considerate pene pecuniarie le pene progressive caratterizzate da una base fissa e un coefficiente variabile: la giurisprudenza ha osservato che è possibile considerare come pene pecuniarie e non rapportabili all' art 81 cp(concorso formale reato continuato). Le pene pecuniarie possono essere comminate in via esclusiva(rarità nei delitti), in via congiunta, soprattutto nei delitti contro il patrimonio oppure in via alternativa per i delitti dolosi di modesta gravità(art 366.1 cp(rifiuto di ufficio legalmente dovuto))e per alcuni delitti colposi( art 387.1 cp(colpa del custode)). Il legislatore codicistico ha inquadrato la pena pecuniaria come pena di contrappasso nei reati offensivi del patrimonio oppure come forma sanzionatoria minore mentre il legislatore contemporaneo esalta il ruolo della pena pecuniaria anche in alternativa ai delitti di media gravità per sopperire a degli inconvenienti della pena reclusiva ineliminabili. Con la dlg 247/2000 la concezione della pena pecuniaria è leggermente cambiata.

Le pene accessorie sono prescritte dall' art 19 cp(pene accessorie: specie) e per i delitti alcuni consistono nell' interdizione dai pubblici uffici, decadenza o perdita della potestà dei genitori, incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione etc(artt 28-34 cp), per le contravvenzioni sono la sospensione dall' esercizio di una professione o un' arte o dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese(artt 35 e 35 bis cp). E' comune a tutti e 2 i tipi la pubblicazione della sentenza di condanna art 36 cp.

Pene per i Reati attribuiti ai Giudici di Pace Dlgs 247/2000

Nel 2000 per far fronte ai problemi dell' apparato giudiziario(lentezza e ingolfamento) sono state affrancate alla giurisdizione dei giudici di pace dei reati che esprimono una conflittualità minore(diritto penale da ballatoio) rispetto alle altre fattispecie, questi sono indicati nell' art 4 di tal decreto e il legislatore ha pensato di unire a essi un rito particolare caratterizzato non alla repressione del fatto ma alla sua composizione: se il reato è perseguibile a querela si avrà la procedura di conciliazione, il risarcimento o riparazione del danno, l' eliminazione delle conseguenze dannose, il riconoscimento di particolare tenuità del fatto. L' apparato sanzionatorio comporta oltre la multa e l' ammenda anche la permanenza domiciliare, da 15 a 45 giorni che è prevista in alternativa ala multa o con i reati originariamente puniti con la reclusione o l' arresto, soli o congiunti a pena detentiva oppure in alternativa a quest' ultima lavori di pubblica utilità, da 10 giorni a 6 mesi( 1 giorno pena= 2 ore di lavoro socialmente utile). In nessun caso i reati attribuiti ai giudici di pace possono essere puniti con la pena detentiva ma non sono suscettibili a sospensione condizionale, dato che la condanna si ha solo dopo un procedimento volto ala ricerca della soluzione essa deve essere ineluttabile.

Determinazione della Pena nella Fase Giudiziale artt 132-133 bis cp

Nei limiti fissati dalla legge il giudice applica la pena discrezionalmente con l' obbligo di motivare e giustificare l' uso di tale potere, senza oltrepassare i limiti della stabiliti per ciascuna pena dalla legge, salvo i casi espressamente previsti. Nell' esercizio del potere discrezionale il giudice deve tenere conto della gravità del reato e della capacità a delinquere del colpevole. L' art 133 cp(gravità del reato) è sostanzialmente ricco nei contenuti ma è vuoto nei fini: quello che dovrebbe costituire idealmente il limite superiore della pena dovrebbe essere la colpevolezza, affidando alla specialprevenzione un ruolo sussidiario di ridurne la misura. Ma la giurisprudenza adotta una prospettiva sincretica riguardo all' art 133 cp: le valutazioni retributive volgono sulla gravità del reato mentre le valutazioni specilapreventive sulla capacità di delinquere, senza che vi sia dato una precisa graduazione o scala. Il giudice deve quindi tenere conto della gravità del reato in base all' art 133.1 cp desunta dalla modalità di condotta, consistenza del danno e intensità di dolo e colpa, deve anche tenere conto della capacità di delinquere in base all' art 133.2 cp caratterizzati dai motivi a delinquere, precedenti penali, condotta contemporanea e susseguente, condizioni di vita del reo. Riguardo al significato finalistico della capacità di delinquere del reo è in corso un dibattito: alcuni sostengono che essa coincide con l' attitudine a commettere nuovi reati, proiettando la visuale giurisdizionale verso il futuro, ma la capacità di delinquere indica la possibilità di compiere nuovi illeciti(e non la probabilità di delinquere)quindi è più corretto riferirsi all' attitudine del soggetto al fatto commesso, proiettando lo sguardo verso il passato: in questo modo si ha una visione oggettiva e certa rispetto alla visione probabilistica precedente.

L' art 133 bis cp(condizioni economiche del reo, valutazione agli effetti penali della pena pecuniaria) prescrive che il giudice nel determinare la pena pecuniaria, oltre che tenere conto dell' art 133 cp deve considerare le condizioni economiche del reo in modo da rispettare l' art 3.1 cost aumentando sino al triplo o diminuendo fino a 1/3, il giudice deve compiere un somma complessiva dei parametri di gravità del reato, capacità di delinquere e condizioni economiche del reo, aventi tutti uno stesso valore: questo crea approssimazione e precarietà. Migliore risulta la determinazione della pena per tassi giornalieri: prima si stabiliscono i tassi corrispondenti alla gravità del reato, successivamente si attribuisce un valore monetario correlato agli indici di capacità economica individuati dalla legge, in questo modo si consegue un duplice risultato: si riduce al minimo l' approssimazione perché ogni reato avrà i propri coefficienti determinati e si crea un criterio facilmente convertibile in caso di inadempienza della pena pecuniaria( la pena pecuniaria per tassi giornalieri è applicata per gli illeciti amministrativi commessi dalle persone giuridiche, dalle società e dalle associazioni).

Sospensione Condizionale della Pena art 163-168 cp

Nel pronunciare la sentenza di condanna alla reclusione o all' arresto per un tempo non superiore a 2 anni, ovvero per una pena pecuniaria che, sola o congiunta alla pena detentiva e ragguagliata a norma dell' art 135 cp(ragguaglio tra pene pecuniarie e pene detentive) equivalente a una pena detentiva di 2 anni, il giudice può ordinare che l' esecuzione della pena rimanga sospesa per il termine di 5 anni se la condanna è per delitto, di 2 anni se la condanna è per contravvenzione(art163.1 cp), se il soggetto decorso il periodo di prova non ha commesso un delitto o una contravvenzione della stessa indole e ha adempiuto agli obblighi impostigli dall' art 165 cp, il rato si considera estinto(vedi sopra). Nella visione continentale, diversamente da quella americana, la sospensione condizionale era vista come una sanzione proporzionata alla gravità del reato ed alla personalità del reo, insomma si minacciava l' esecuzione della condanna in caso di recidiva entro il termine stabilito, unendo così i presupposti retributivi e specialpreventivi. Tuttavia sono previsti un limite di carattere obiettivo consistente nella condanna non superiore a 2 anni, dato che per i delitti di maggior gravità la legge intende assicurare l' indefettibilità del procedimento e un limite soggettivo basato sulla condotta passata del reo: la sospensione condizionale della pena può essere concessa solo se il reo non ha riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto e che non sia delinquente o contravventore abituale, professionale( il limite della presunzione di pericolosità è superato perché sono state abrogate le presunzioni), per cui la sospensione condizionale può essere concessa fino a 2 volte, infatti la recidiva reiterata impedisce la ragionevole formulazione di una prognosi di non pericolosità come da art 164.1 cp. Inoltre purché vi sia la costituzione a parte civile il condannato dovrà adempiere tutte le obbligazioni civili prima di beneficiare della sospensione. L' effetto sospensivo è disciplinato dall' art 166 cp e si estende a tutte le pene, comprese quelle accessorie, la sospensione rende inapplicabili le misure di sicurezza eccetto che si tratti di confisca art 164.3 cp. Se nel periodo di prova il reo commette un altro reato o contravvenzione della stessa indole per cui venga inflitta una pena detentiva oppure non adempia agli obblighi imposti dall' art 165 cp, se riporti un' altra condanna per un delitto anteriormente commesso a pena, che cumulata q quella precedentemente sospesa, superi i limiti stabiliti dall' art 163 cp la sospensione condizionale è revocata di diritto con effetti ex nunc, la sospensione può essere facoltativamente revocata se la condanna per delitto anteriore non supera i requisiti dell' art 163 cp oppure quando è stata concessa più di 2 volte. La L 145/2004 disciplina un caso di sospensione breve: se la pena detentiva è minore di un anno e il danno è stato completamente riparato il giudice può ordinare un periodo di prova di 1 anno dopodiché potrà estinguersi il reato.

Sanzioni Sostitutive Pene Detentive Brevi L 689/1981

La L 689/1981 di depenalizzazione ha introdotto nel sistema penale delle pene sostitutive delle pene detentive brevi: la semidetenzione, la libertà controllata, la pena pecuniaria corrispondente alla pena detentiva inflitta.

q   La semidetenzione consiste nell' obbligo di trascorrere almeno 10 ore al giorno in un istituto o in una sezione penitenziaria destinata al regime di semilibertà, la L 134/2003 ha ampliato i limiti di sostituzione della pena detentiva arrivando a 2 anni; la libertà controllata consiste nel divieto di allontanarsi dal comune di residenza e nell' obbligo di presentazione all' autorità di pubblica sicurezza e può sostituire la pena detentiva breve con il regime della L 134/2003 di 1 anno. La pena della semidetenzione e della libertà controllata sono soggette a revoca per inosservanza degli obblighi imposti o per sopravvenienza di condanne per reati anteriormente connessi, la revoca ha effetto ex nunc, per cui viene eseguita soltanto la pena detentiva residuale.

q   La sostituzione della pena con l' oblazione di una sanzione pecuniaria è governato dalla L 134/2003 secondo cui il giudice deve individuare il valore giornaliero al quale deve essere assoggettato l' imputato e moltiplicarlo per la pena detentiva, tenendo conto delle condizioni economiche di lui e della sua famiglia e il valore finale non può mai essere inferiore a quello dell' art 135 cp(38 E o frazioni ) e non può mai essere superiore di 10 volte tanto, il sistema applicato è quello della determinazione per tassi giornalieri. La sostituzione non può mai aver luogo di fronte a recidivi già condannati ad una pena complessiva superiore a 3 anni o che abbiano commesso il reato nei 5 anni precedenti, nel concorso di più sanzioni sostitutive il giudice sceglie quella più idonea al reinserimento sociale del condannato. La sostituzione con pena pecuniaria è sostitutiva di 6 mesi di detenzione secondo la L134/2003.

Una particolare pena sostitutiva della detenzione breve è prevista dal Dlgs 286/1998 concernente l' espulsione(diversa dall' espulsione sanzione amministrativa e misura di sicurezza) che il giudice può applicare quando lo straniero sia entrato clandestinamente in Italia o vi si sia trattenuto illegalmente o debba essere irrogata contro di lui una sanzione non superiore a 2 anni. L' espulsione non può avere durata inferiore a 5 anni.

Diminuzione della Pena nei Procedimenti Speciali

I procedimenti speciali di diminuzione di pena sono articolati in 3 classi di appartenenza: ai processi ordinari, ai riti dei giudici di pace e ai processi dove l' imputato è un minore.

Nei processi ordinari sono 3 i procedimenti speciali di diminuzione dove la pena è diminuita:

q   il rito abbreviato(artt 438 ss cpp), in caso di condanna il giudice diminuisce di 1/3 la pena tenendo conto di tutte le circostanze, altrimenti in caso di ergastolo con isolamento diurno si applica l' ergastolo, in caso di ergastolo si applica la reclusione;

q   l' applicazione della pena su richiesta o patteggiamento(artt 444 ss cpp), l' imputato e il pubblico ministero possono chiedere l' applicazione della pena su richiesta, nella specie e nella misura indicati, di una sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria diminuita fino ad 1/3 ovvero di una pena detentiva, quando questa tenuto conto delle circostanze e diminuita fino ad 1/3 non supera i 5 anni;

q   procedimento per decreto(art 459 ss cpp), il pubblico ministero può chiedere l' applicazione di una pena diminuita sino alla ½ del minimo edittale;

Sono previsti per i giudici di pace dal Dlgs 247/2000 dei giudizi che tentano di comporre il conflitto e quindi di utilizzare la sentenza di condanna come estrema ratio:

q   esclusione della procedibilità, se il fatto è di particolare tenuità per esiguità del danno o del pericolo rispetto all' interesse tutelato, dalla occasionalità del fatto e dal ridotto pericolo rispetto all' interesse tutelato oppure dall' occasionalità del fatto e dal ridotto grado di colpevolezza, apprezzato prima in termini assoluti e poi relativi dal giudice;

q   estinzione degli effetti penali del reato dopo riparazione/estinzione del danno, sentite le parte e l' offeso il giudice dichiara con sentenza se il danno è stato totalmente riparato mediante restituzione o risarcimento;

Il regime processuale minorile gode di alcuni riti basati su esigenze specialpreventive e di rieducazione:

q   sentenza di non luogo a procedere DPR 448/1988 : se durante le indagini preliminari risulta la tenuità del fatto e l' occasionalità del comportamento, il pubblico ministero chiede al giudice la sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto, quando l' ulteriore corso del procedimento pregiudica le esigenze rieducative del minore;

q   sospensione del processo con messa in prova DPR 448/1988 : il giudice può disporre la sospensione del processo per un periodo non superiore a 3 anni quando si procede per i reati per i quali è prevista la pena dell' ergastolo o un periodo di reclusione superiore a 12 anni, in tutti gli altri casi il periodo di prova è di 1 anno, affidando in tutti i casi il minore a strutture di sostegno e osservazione dettando eventualmente prescrizioni dirette a riparare le conseguenze del reato e la conciliazione con la persona offesa, se l' esito della pena risulta favorevole il giudice dichiara estinto il reato;

q   perdono giudiziale art 169 cp: se la pena è detentiva non superiore a 2 anni o pena pecuniaria non superiore a 1549 E, anche se congiunta a detta pena si può applicare il perdono giudiziale, a condizione che il minore non abbia subito condanne precedenti per delitti e che non sia delinquente o contravventore abituale o professionale, il perdono giudiziale può essere concesso 1 sola volta;


Esecuzione della Pena Detentiva

La fase esecutiva segue eventualmente alla fase giudiziale ed è composta dal diritto penale esecutivo basato sugli artt 141 ss cp e dal regolamento 230/2000, il principio fondante la materia è la risocializzazione e rieducazione del reo a norma dell' art 27.1 cost. Per realizzare questo il trattamento penitenziario deve essere individualizzato caso per caso: i detenuti devono essere classificati, assegnati a istituti o sezioni idonee a predisporre un proprio trattamento rieducativo individuale basato sull' osservazione scientifica della personalità per rilevare le carenze fisiopsichiche e le altre cause del disadattamento sociale. Il trattamento penitenziario si caratterizza per la flessibilità, si modifica rispetto all' evolversi della situazione con la conseguenza che possono essere concessi permessi premio(max 45 gg annui) ai detenuti non pericolosi e che versino in condizioni obiettive e soggettive particolari, al contrario i detenuti che dimostrino particolari comportamenti contro la loro rieducazione e si dimostrino pericolosi possono essere sottoposti al regime di sorveglianza particolare. Oltre la flessibilità il trattamento penitenziario deve essere progressivo nel senso che l' esecuzione penitenziaria deve essere rapportata alo sviluppo e mutazione del trattamento stesso(liberazione anticipata, semilibertà e libertà condizionale). L' esecuzione penitenziaria è posta sotto il controllo del magistrato di sorveglianza a cui si affianca il tribunale di sorveglianza.

Misure Alternative all' Esecuzione Penitenziaria

Le misure alternative all' esecuzione penitenziaria sono di 2 tipi: volte ad impedire la detenzione oppure atte a modificare il regime di reclusione. Le misure volte ad impedire la detenzione sono:

q   affidamento in prova al servizio sociale: può essere disposto nei confronti dei condannati a pena non superiore a 3 anni con una personalità non pericolosa, ma qualora il comportamento del soggetto appaia incompatibile con la prosecuzione della misura l' affidamento è revocato. Il provvedimento è strettamente legato alla funzione rieducativa, il tribunale di sorveglianza determina le prescrizioni a cui deve sottostare l' affidato, sotto il controllo e con l' aiuto del servizio sociale. La misura dura un tempo pari a quello della pena da scontare e il suo esito positivo estingue la pena e ogni altro effetto penale, se avviene la revoca questa agisce con effetti ex tunc ma dopo la sent Cort Cost 347/1987 ha dichiarato parzialmente illegittima la norma sull' affidamento nella parte che non consente al tribunale di sorveglianza di determinare la residua pena detentiva da espiare, tenendo conto delle condizioni del condannato. Attualmente la misura rimane sospensiva ma la revoca agisce con efficacia ex nunc.

q   detenzione domiciliare: è applicabile solo ai detenuti ultrasettantenni e sussidiaria all' affidamento in prova, può anche essere concessa alle madri incinte o con prole minore di 1 anno o a padri che debbano occuparsi della prole, quando la madre è irrintracciabile. L' esecuzione della pena deve avvenire nella propria abitazione o i un altro luogo di privata dimora, l' allontanamento da tali luoghi è considerato evasione.

q   regime di semilibertà(solo per pene brevi): è la concessione di trascorrere parte del giorno fuori dall' istituto per poter partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale. Rappresenta una misura sussidiaria all' affidamento in prova, per le condanne all' estero e e alla pena della detenzione non maggiore di 6 mesi;

Le misure volte a modificare il regime detentivo sono:

q   regime di semilibertà(scontato a fine pena): il condannato all' ergastolo può usufruire della semilibertà dopo aver scontato 20 anni di pena, negli altri casi ma misura è disposta in relazione ai progressi compiuti nel corso del trattamento, quando vi sono le condizioni per un graduale reinserimento del soggetto nella società;

q   liberazione anticipata: vengono detratti 45 gg ogni 6 mesi di pena scontata in favore al condannato che ha dato prova di partecipazione all' opera di rieducazione e al quale riconoscimento di tale partecipazione, ai fini del suo più efficace reinserimento nella società, la condanna per un delitto non colposo durante il regime dell' esecuzione comporta la revoca del beneficio;

q   liberazione condizionale artt 176 ss cp: il condannato che ha scontato almeno 30 mesi(e comunque sempre metà pena) di pena, per il recidivo almeno 4 anni, ed ha tenuto un comportamento tale da far riconoscere il sicuro ravvedimento può essere ammesso alla liberazione condizionale, subordinata secondo l' art 176.4 cp all' adempimento delle obbligazioni civili derivanti da reato, salvo che il condannato sia impossibilitato ad adempierle e che durante la concessione della libertà condizionale sia sottoposto al regime di libertà vigilata. Decorso il tempo della pena inflitta, per l' ergastolano 26 anni e per il recidivo ¾ della pena, la pena rimane estinta e sono revocate le misure di sicurezza personali. Il beneficio può essere revocato se la persona liberata commette un delitto o una contravvenzione della stessa indole, ovvero trasgredisce agli obblighi inerenti alla libertà vigilata come da art 177.1 cp. L' effetto della revoca doveva svolgersi ex tunc ma la sent Cort Cost 282/1989 ha dichiarato l' illegittimità della disposizione nella parte in cui non consente al tribunale di sorveglianza di determinare ancora la pena detentiva da espiare, tenendo conto del tempo trascorso in libertà condizionale e del comportamento del condannato, come per l' affidamento in prova. Con la sent Cort Cost 418/1998 dichiarando incostituzionale l' art 177 cp nella parte in cui afferma l' automatismo della revoca.

Esecuzione della Pena Pecuniaria e Conversione

L' insolvibilità del condannato che si trova nella situazione di non poter far fronte all' obbligazione pecuniaria comporta un diverso modo di corrispondere alla pena(insolvibilità/insolvenza: quest' ultima è il rifiuto di pagare, pur essendo in possesso di mezzi adatti allo scopo). Sino al 1979 il codice stabiliva la conversione della multa e ammenda pecuniaria non eseguita per insolvibilità nella pena detentiva della specie corrispondente, secondo il metodo conversione a tariffa(ragguagliando 1 g di detenzione a 5000 £ di pena pecuniaria), con la sent 139/1971 Cort Cost questo metodo è stato dichiarato incostituzionale in violazione dell' art 3.1 cost. Perciò è solo con la L 689/1981 si è stabilito che la pena della multa e dell' ammenda non eseguite per insolvibilità del condannatosi convertano in libertà controllata per un periodo max di 1 anno e 6 mesi per la multa, secondo un criterio di ragguaglio pari a 39 E per 1 g di libertà controllata e di 9 mesi per l' ammenda. La conversione può avvenire anche con il lavoro sostitutivo, in ragione di 26 E per ogni giorno con un massimo di 60 gg. Il difetto principale di questo sistema rappresenta il mantenimento della conversione a tariffa che finisce col rendere l' entità della sanzione di conversione irragionevolmente sensibile alle condizioni economiche del reo, data la valutazione dell' art 133 bis e 133 ter cp, oltre che della gravità del reato e delle capacità di delinquere in base all' art 133 cp. Per cui sarebbe più ragionevole la commistione di una multa per tassi giornalieri che distingue le 2 valutazioni permettendo in sede di conversione di rapportarsi solo alla gravità del reato. Secondo il Dlgs 247/200 si stabilisce che in caso di insolvibilità, la conversione della pena su richiesta del condannato può rapportarsi in un lavoro sostitutivo di almeno 1 mese in difetto, di permanenza domiciliare. La violazione di questi obblighi configura l' ipotesi di un delitto punibile con la reclusione fino ad 1 anno.

Misure di Sicurezza

Le misure di sicurezza nascono con il codice Rocco e denotano uno degli aspetti più spiccatamente autoritari e repressivi basati sul doppio binario della presunzione di responsabilità del delinquente e della presunzione di pericolosità. La responsabilità del delinquente viene ravvisata nella pena principale mentre la pericolosità nelle misure di sicurezza che hanno il compito di impedire la futura commissione di un altro reato da parte del soggetto. La misura di sicurezza ha solo una durata minima pertanto può protrarsi in maniera indefinita, sin tanto che consiste la pericolosità del soggetto. Il sistema è integratorio di alternatività delle misure di sicurezza rispetto alla pena e cumulativo, quando il delinquente è pericoloso e responsabile. Attualmente sono state abrogate le presunzioni di pericolosità per cui le misure di sicurezza come istituto tendono ad essere lasciate a loro stesse. In materia di misure di sicurezza vige il principio di legalità(riserva di legge e determinatezza), infatti stabilisce l' art 25.3 cost che nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge e l' art 199 cp(sottoposizione a misure di sicurezza: disposizione espressa di legge) che nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza che non sino espressamente stabilite dalla legge e fuori dei casi dalla legge preveduti, l' art 200.1 cp(applicazione delle misure di sicurezza rispetto al tempo, al territorio e alle persone) stabilisce il principio che le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione mentre l' art 25.3 cost stabilisce per esse il principio di irretroattività. Per l' applicazione di una misura di sicurezza sono necessari 2 presupposti: quello obiettivo che consiste nella commissione di un reato o di un quasi reato(art 202 cp= art 49 cp, art115 cp) mentre il presupposto soggettivo è dato dalla pericolosità sociale del soggetto, che consiste nella probabilità che egli commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reato o quasi reati, tale qualità si desume dalle circostanze indicate dall' art 133 cp( art 203.2 cp). Le misure di sicurezza si applicano come da art 203.1 cp anche alle persone non imputabili o non punibili la quale ha commesso un reato o un quasi reato. Secondo la L663/1986 tutte le misure di sicurezza personali si applicano previo accertamento che chi ha commesso il fatto è persona socialmente pericolosa, anche se l' accertamento della pericolosità risulta assai evanescente dato che per l' art 220.2 cpp non sono ammesse perizie solo nel caso di imputato non imputabile per cause patologiche il giudice può avvalersi di una perizia al fine di riscontrarne anche la pericolosità.

Tipi Normativi di Delinquenti Pericolosi artt 102-109 cp

Normativamente i delinquenti possono essere distinti in abituale, professionista nel reato o per tendenza.

L' abitualità criminosa caratterizza il soggetto che la reiterazione dei reati ha sospinto verso una sorta di continuatività delinquenziale, rendendo quindi presumibile la futura commissione di ulteriori reati. L' abitualità può essere presunta dalla legge come dai presupposti art 102 cp( 3 condanne per delitti non colposi e non contestuali entro 10 anni e ulteriore condanna per altro delitto non colposo nei 10 anni successivi tutti della stessa indole, non contando il tempo delle pene detentive) oppure dal giudice, ricorrono così i requisisti dell' art 103 cp se si tratta di delitti, se si tratta di contravvenzioni l' art 104 cp.

La professionalità criminosa è propria di chi, trovandosi nelle condizioni di essere dichiarato delinquente abituale, è condannato per un nuovo reato, e si debba ritenere avuto riguardo alla natura dei reati, alla condotta e al genere di vita del colpevole che viva abitualmente o saltuariamente dei proventi del reato(art 105 cp).

La tendenza a delinquere è attribuita a chi, non essendo né recidivo né delinquente abituale o professionale, commetta un delitto non colposo, contro la vita o l' incolumità individuale, il quale per se o unitamente a circostanze indicate nell' art 133 cp, riveli una specie di inclinazione al delitto, che trovi la sua causa nell' indole particolarmente malvagia del colpevole, sempre che tali inclinazioni non derivino da vizio parziale o totale di mente(art 108 cp). Secondo l' art 109 cp(effetti delle dichiarazioni di "pericolosità") le dichiarazioni di pericolosità comportano oltre che l' effetto derivante dall' art 99 cp(recidiva) anche gli effetti delle misure di sicurezza e gli effetti derivanti dalle prescrizioni di legge specifiche.

Applicazione, Esecuzione e Tipologie delle Misure di Sicurezza

Le misure di sicurezza sono in genere applicate con la sentenza di condanna o di proscioglimento ma possono essere anche comminate dal magistrato di sorveglianza(art 679 cpp), l' esecuzione delle misure di sicurezza è sempre preceduta dall' esecuzione della pena eventualmente inflitta al soggetto. L' inosservanza delle misure di sicurezza non è considerato come evasione ameno che il soggetto non sia ricoverato in un ospedale psichiatrico(art 214.1 cp). La revoca delle misure di sicurezza può essere disposta solo contro persone non pericolose dopo che è trascorso il periodo minimo stabilito dalla legge attraverso il riesame obbligatorio attuato dal magistrato di sorveglianza oppure quando il pericolo sia cessato il riesame è discrezionale a cura della prima della sezione di sorveglianza della corte d' appello fino al 1975 ma dal 1986 al magistrato di sorveglianza.

Le misure di sicurezza personali detentive sono:

Colonia agricola e casa di lavoro, dove sono assegnati i delinquenti abituali etc;

Casa di cura o di custodia, dove sono assegnati i semiimputabili e ubriachi abituali;

Ospedale psichiatrico, dove sono ricoverati i prosciolti per infermità psichica, per sordomutismo o cronica intossicazione da alcool e sostanze stupefacenti;

Riformatorio giudiziario, dove sono ricoverati i minori non imputabili;

Le misure di sicurezza personali non detentive sono:

Libertà vigilata, il soggetto viene affidato all' autorità di pubblica sicurezza;

Divieto di soggiorno in comuni o provincie;

Divieto di frequentare osterie o spacci di bevande alcoliche;

Espulsione dello straniero dallo stato, disposto in caso di condanna non minore di 10 anni in base all' art 235.1 cp oppure in caso di condanna per un delitto contro personalità dello stato come da art 312 cp per le ipotesi vedere il DPR 309/1990

Le misure di sicurezza patrimoniali sono:

Cauzione di buona condotta, prevista solo per l' art 234 cp(divieto di frequentare osterie e pub) è ormai desueta;

Confisca, è l' espropriazione di determinate cose inerenti al rato commesso, può essere ordinata su cose che furono parte del reato o che ne sono il prodotto, che ne costituiscono il prezzo nei casi in cui appartengano ad un soggetto inerente al reato, la confisca non si applica se la proprietà della cosa è di una persona estranea al reato;

Conseguenze Civili del Reato

Il reato può dar luogo ad un illecito civile quando l' offesa implica l' ingiustizia del danno ex 2043 cc oppure quando dall' offesa criminale derivino conseguenze dannose a carico di soggetti diversi dal titolare dell' interesse colpito dal reato, principale è l' art 185 cp secondo cui ogni reato obbliga alle restituzioni, a norma delle leggi civili ma anche l' art 198 cp(effetti dell' estinzione del reato o della pena sulle obbligazioni civili) è di grande importanza, secondo cui l' estinzione del reato o della pena non importa l' estinzione delle obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che si tratti delle obbligazioni indicate negli artt 196 cp(obbligazione civile per le multe e le ammende inflitte a persona dipendente) e art 197 cp(obbligazione civile delle persone giuridiche per il pagamento delle multe e delle ammende). Il reato in quanto illecito civile obbliga alla restituzione a norma delle leggi civili e al risarcimento del danno, il risarcimento del danno patrimoniale si basa sulla formula danno emergente, formato dalla perdita effettiva economica, e dal lucro cessante, consistente nel mancato guadagno mentre il risarcimento non patrimoniale riguarda il danno morale e il danno alla salute. La misura penale particolare di sanzione civile riguarda la pubblicazione della sentenza di condanna a spese del colpevole, qualora essa costituisca un mezzo per riparare il danno non patrimoniale cagionato dal reato come da art 186 cp(riparazione del danno mediante pubblicazione della sentenza di condanna). In caso di concorso il risarcimento è in solido nei confronti dei condannati per uno stesso reato, nell' aspetto civile domina il principio della domanda per cui per ottenere il risarcimento del danno è necessario costituirsi parte civile a norma dell' art 71 cpp. Per i reati a mezzo stampa, oltre che chiedere un risarcimento in base all' art 185 cp l' offeso può chiedere una ulteriore somma a titolo riparatorio per la gravità dell' offesa e diffusione dello stampato.

Il condannato assume nei confronti dello stato l' obbligo di pagare le spese processuali, di rimborsare le spese di mantenimento durante la custodia cautelare qualora la condanna sia ad una pena detentiva, di rimborsare le spese di mantenimento negli istituti penitenziari in esecuzione della pena inflitta, ma in caso di condannati e internati che si trovino in condizioni economiche disagiate e hanno tenuto buona condotta durante il periodo detentivo le obbligazioni possono essere rimesse. Le obbligazioni concernenti le spese di mantenimento in carcere sono di carattere spiccatamente personale e non si estendono alla persona civilmente responsabile ne agli eredi del condannato.

Le garanzie a tutela delle obbligazioni civili sono di 2 tipi: il sequestro e l' azione revocatoria. Il sequestro può riferirsi a beni mobili e immobili e può essere evitato mediante l' offerta di una cauzione. Il sequestro determina il privilegio nei crediti. L' azione revocatoria è disposta' inefficacia negli atti posteriori al reato a titolo gratuito, se si tratta di atti a titolo oneroso eccedenti ordinaria amministrazione la frode è presunta ma è richiesta la prova di malafede dell' altro contraente, per gli atti onerosi di ordinaria amministrazione gli effetti ricadono sulla disciplina comune, e per la loro revoca necessaria la conoscenza del pregiudizio da parte del debitore. Per gli atti precedenti al reato eccedenti l' ordinaria amministrazione la revoca è condizionata alla prova che essi furono compiuti in frode, se gli atti sono a titolo oneroso è richiesta la prova della malafede dell' altro contraente.

Gli art 196 cp e 197 cp prevedono che l' obbligazione pecuniaria derivata da multa o ammenda gravi su un soggetto diverso dal condannato qualora egli sia insolvibile e sussista un particolare rapporto soggettivamente qualificato tra il reato e il soggetto chiamato a rispondere della multa. L' obbligazione ha carattere sussidiario e civile e può sorgere nei confronti della persona rivestita dell' autorità di vigilanza o direzione quando il reato è commesso dal sottoposto è equivalente ad una disposizione che egli era tenuto ad osservare oppure nei confronti delle persone giuridiche quando il reato commesso da chi ne abbia la rappresentanza o l' amministrazione o sia con esso in rapporti di dipendenza, e costituisca inoltre violazione agli obblighi inerenti alle qualità rivestite dal colpevole.

Unità e Pluralità di Reati

Il soggetto che risponde di più reati compie un concorso di reati, che può essere apparente, materiale o formale. Il concorso è apparente quando l' unicità della condotta è descritta in una fattispecie penale che risulta in rapporto di specialità, sussidiarietà o consunzione rispetto ad un' altra, il concorso è materiale quando la pluralità di violazioni della legge penale corrisponde ad una pluralità di condotte, è concorso formale quando la pluralità di violazioni corrisponde ad una sola condotta. In entrambi i casi il concorso è divisibile in omogeneo o eterogeneo, a seconda che si tratti della violazione della stessa norma incriminatrice oppure di disposizioni differenti. Il trattamento sanzionatorio del concorso di reati può essere ispirato ai criteri di cumulo materiale, sommando aritmeticamente le pene da infliggere per vari reati in concorso; cumulo giuridico, applicando la pena del reato più grave aumentata di una certa aliquota in rapporto alle pene degli altri reati; assorbimento, applicando solo la pena del reato più grave. Il nostro sistema penale ignora assolutamente l' assorbimento mentre utilizza vicendevolmente il cumulo materiale ed il cumulo giuridico. E' necessario trattare la disciplina del concorso di reati a se stante anche se andrebbe ricondotta ai limiti di applicazione della legge penale perché si tratta pur sempre di decidere quale norma applicare tra 2+ fattispecie, ma secondo l' orientamento dottrinale prevalente il concorso di reati rappresenta una forma di manifestazione del reato ma la tesi risulta errata dato che non implica automaticamente la variazione strutturale della fattispecie nel concorso di norme.

Concorso Apparente di Norme art 15 cp

Prima di definire il concorso apparente di norme e le modalità di risoluzione è bene inquadrare le 4 tipologie di fattispecie della legge penale, in aggiunta anche un altro tipo meno comune, infatti le norme del codice penale rispetto alla specialità si raggruppano in specialità unilaterale e bilaterale(o reciproca), questi due tipi si dividono in altri 2 sottotipi ottenendo specialità unilaterale per specificazione, specialità unilaterale per aggiunta, specialità bilaterale per specificazione e specialità bilaterale bilateralmente per aggiunta, ulteriore classe rapportabile alla specialità bilaterale è la specialità bilaterale parte per specificazione e parte per aggiunta, allora:

Specialità unilaterale per specificazione: i requisiti costitutivi di una fattispecie rappresentano una specificazione dei requisiti dell' altra attraverso il criterio dell' eliminazione in maniera supposta della parte della fattispecie speciale: se l' ambito della previsione normativa della norma parzialmente eliminata confluisce integralmente entro i confini della fattispecie generale allora tra le 2 fattispecie intercorre un rapporto di specialità (art 609 bis rispetto all' art 610 cp: la violenza sessuale rappresenta un particolare tipo di violenza privata realizzato con atti sessuali);

Specialità unilaterale per aggiunta: nei requisiti costitutivi di una fattispecie sono inclusi elementi aggiuntivi non ricompresi nell' altra(art 630 cp rispetto all' art 605.1 cp: il sequestro a scopo di estorsione rappresenta una modalità specifica di reato rispetto al sequestro di persona);

Specialità bilaterale per specificazione: alcuni elementi costitutivi di una fattispecie sono speciali per specificazione rispetto ad un'altra e quest' ultima è speciale rispetto alla prima per altri elementi(art 581 cp rispetto all' art 572.2 cp: le percosse sono speciali rispetto ai maltrattamenti in famiglia per le modalità di condotta mentre i maltrattamenti in famiglia sono speciali rispetto alle percosse per soggetti attivi e passivi);

Specialità bilaterale bilateralmente per aggiunta: ciascuna delle fattispecie presenta, rispetto all' altra un elemento aggiuntivo(art 609 bis rispetto all' art 564 cp: la violenza sessuale e l' incesto hanno un contenuto comune ma determinazioni differenti

Specialità bilaterale parte per aggiunta parte per specificazione: una sola delle 2 fattispecie presenta elementi aggiuntivi rispetto all' altra ma l' una sia in rapporto specifico con l' altra(art 641 cp rispetto all' art 218 L 267/1942 legge fallimentare: l' insolvenza fraudolenta è speciale rispetto al ricorso abusivo al credito per aggiunta(proposito di non adempiere l' obbligazione) e il ricorso abusivo al credito è speciale rispetto all' insolvenza fraudolenta per la qualificazione dei soggetti attivi(amministratori, direttori generali etc esercenti di attività commerciali);

Innanzitutto il criterio fondamentale di riferimento è dato dall' art 15.1 cp(materia regolata da più leggi penali o da più disposizioni della medesima legge penale) secondo cui quando più leggi o disposizioni di legge regolano la stessa materia, la legge o la disposizione di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito. Le ipotesi di specialità unilaterale sono riconducibili in maniera placida all' art 15 mentre la giurisprudenza è restia a ricollegare a tale articolo le ipotesi di specialità bilaterale adottando il concorso di reati, mentre la dottrina è in massima parte orientata ricondurlo al concorso apparente di norme adottando criteri differenti da quello di specialità come il criterio di sussidiarietà e di consunzione: il criterio di sussidiarietà consiste nel riconoscere che il fatto descritto dalla fattispecie sussidiaria resta assorbito in quello descritto dalla fattispecie principale(art 610 cp rispetto all' art 611 cp: la violenza privata appare in maniera sussidiaria rispetto a fattispecie che si riferiscano ad un bene determinato in un contesto più specifico) mentre il criterio di consunzione è basato sull' apprezzamento in valore difatti quando 2 fattispecie si riferiscono ad un quadro di vita socialmente unitario è necessario applicare la norma che esaurisce più compiutamente il disvalore del fatto(art 218 L 267/1942 rispetto all' art 641 cp nelle situazioni specifiche). I criteri di sussidiarietà e consunzione sono di natura preterlegale ma dato che l' inciso finale dell' art 15 rimanda a criteri di soluzione differenti dalla specialità sembra che sia legittimo ricorrervi sennonché più precisamente tale inciso si estrinseca all' interno del principio di specialità e non all' esterno nelle ipotesi in cui debba prevalere la norma generale su quella speciale.

Il metodo di risoluzione di un concorso apparente di norme è fondato su 2 piani di azione: i presupposti e la risoluzione del concorso stesso.

Necessità per ricorrere al concorso apparente è che le 2 disposizioni regolino la stessa materia, una parte della dottrina identifica ciò come la stessa situazione di fatto, ma ciò è fuori luogo perché la definizione di fatto è labile e soggetta a mutamenti, in giurisprudenza ci si riferisce all' identità del bene protetto per cui il concorso dovrebbe essere escluso quando le norme tutelino interessi differenti, ma in questo caso si dovrebbe negare il concorso apparente anche nelle ipotesi di specialità unilaterale, dato che la presenza di elementi specializzanti corrisponde ad una nuova situazione oggettiva del reato. Sembra più corretto riferirsi quindi a criteri logico-strutturali per cui l' identità della materia è rappresentata da elementi comuni costituenti la fattispecie, per cui l' identità di materia si realizza con le specialità unilaterali, la specialità bilaterale per specificazione e la specialità bilaterale parte per specificazione e parte per aggiunta mentre è esclusa nel caso di specialità bilaterale bilateralmente per aggiunta.

Identificata l' identità di materia è ora doveroso riferirsi agli elementi della fattispecie applicando il criterio di specialità prima in via qualitativa, se qualitativamente le norme sono uguali allora si ricorre al numero degli elementi specializzanti( quantitativamente speciale).

Il reato complesso è la sintesi normativa di ipotesi criminose in una nuova fattispecie, nella quale le ipotesi criminose fungono da elementi costitutivi del nuovo reato(art 628.1 cp(rapina)= art 624.1 cp(furto)+art 610 cp(violenza privata)), ma l' ipotesi è chiaramente riconducibile alla specialità unilaterale tra fattispecie. Parte della dottrina ricomprende nell' art 84.1 cp il reato eventualmente complesso, che si verifica quando la realizzazione di un reato si sviluppa attraverso un reato differente che costituisce, rispetto al primo, un elemento particolare( art 485 cp(falsità in scrittura privata) assorbita in art 640.1 cp(truffa), se tale falsità ha costituito la base per artifici o raggiri rilevanti per il secondo reato ma la tesi suscita perplessità: nel reato eventualmente complesso ci si trova di fronte ad una modalità di realizzazione del fatto infatti non ogni artificio o raggiro devono costituire falsità documentale e non falsità documentale concreta artifici o raggiri.

Concorso apparente tra Fattispecie Penali e Amministrative

La L 689/1981 disciplina nell' art 9 che quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione amministrativa si applica la disposizione speciale. L' art 9 L 689/1981 subisce 2 deroghe: in materia di frodi alimentari e riguardo a fonti regionali o delle provincie autonome di Trento e Bolzano. In tale eventualità la norma stabilisce la prevalenza della disposizione penale salvo che questa sia applicabile solo in mancanza di altre disposizioni penali ossia quando, a causa di una clausola indeterminata che menziona che la norma penale è applicabile se il, fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge: in questo caso la riserva di legge opera anche in favore di una norma sanzionatoria regionale. La questione è costituzionalmente dibattuta.

Concorso Formale di Reati art 81.1 cp

Il concorso formale è caratterizzato dal fatto che in un' unica condotta vengono violate più disposizioni di legge(concorso formale eterogeneo) oppure più violazioni della stesse disposizione di legge(concorso formale omogeneo). Nel caso del concorso formale eterogeneo l' unicità della condotta dipende essenzialmente dal rapporto strutturale tra le fattispecie considerate( l' atto sessuale violento con la propria sorella viola ad un tempo stesso l' art 609 bis cp e l' art 564.1 cp perché sussistono gli estremi della violenza sessuale e dell' incesto), le 2 fattispecie devono risultare interferenti, se ciò non risulta si ha la disciplina del concorso materiale. Nel concorso formale omogeneo si tratta di stabilire se una certa serie di atti contestuali hanno determinato più offese tali da comportare una pluralità di qualificazioni giuridco-penali, secondo i criteri di differenziazione in base alle modalità di esposizione della fattispecie(differenza tra fattispecie a forma libera e forma vincolata) e successivamente analizzare la condotta tipica. Se la condotta è uguale anche nelle altre offese il concorso è formale, altrimenti il concorso è materiale.

Il trattamento sanzionatorio del concorso formale è di cumulo giuridico: si applica la pena più grave aumentata fino al triplo, con il limite che la pena risultante non possa oltrepassare a la pena applicabile con il cumulo materiale come da art 81 cp(concorso formale reato continuato), introdotto con la L 220/1974.

Concorso Materiale di Reati

Il concorso materiale è caratterizzato da una pluralità di reati commessi da uno stesso soggetto: è omogeneo quando si tratta dello stesso reato perpetrato più volte mentre è eterogeneo quando si tratta di reati differenti. L' elemento di unificazione che unisce le 2 tipologie è la commissione delle azioni da parte dello stesso soggetto attivo. Il cumulo materiale assume connotati particolari in presenza di una pluralità di delitti puniti con l' ergastolo, difatti il contenuto quantitativo della pena, che non può essere ulteriormente aumentato, viene qualitativamente incrementato mediante l' isolamento diurno da 6 mesi a 3 anni come da art 72 cp. Il limite massimo del cumulo materiale non può mai essere superiore al quintuplo della pena più grave tra le pene concorrenti, né comunque eccedere i 30 ani di reclusione e i 6 anni per l' arresto, il cumulo materiale si applica con sentenza o decreto, quando si debba pronunciare condanna per più di un reato contro una stessa persona, quando dopo una sentenza di pena di condanna si debba giudicare la stessa persona per un altro reato commesso anteriormente o posteriormente alla condanna medesima infine quando contro la stessa persona si debbano infliggere più sentenze o decreti di condanna(il decreto è emanato dal giudice delle indagini preliminari sulla base degli atti, la sentenza è emanata dal giudice a seguito di un dibattimento(sia giudice indagini preliminari che ordinario).

Reato Continuato art 81.2 cp

All' art 81.2 cp soggiace alla pena del cumulo giuridico chi con più azioni od omissioni, esecutive di uno stesso piano criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa disposizione o disposizioni differenti, rappresenta una deroga del cumulo giuridico alla disciplina del cumulo materiale. I requisiti strutturali del reato continuato sono la pluralità di reati e l' esecuzione di uno stesso disegno criminoso, senza quest' ultimo infatti si rifluirebbe nel cumulo materiale, caratterizzato da un coefficiente intellettivo, costituito da un programma criminoso ad esecuzione ripartita nel tempo, secondo la dottrina prevalente ad esso dovrebbe affiancarsi anche un coefficiente volitivo rappresentante l' unicità di scopo ma questo è controverso. La riconducibilità dello stesso disegno criminoso implica l' esclusione di continuazione tra reati dolosi e reati colposi o reti colposi ma, sembra possibile, anche se è difficile prospettare una continuazione di reati colposi(vedi es libro). L' applicazione esecutiva del reato continuato è data dall' art 671 cpp (incidente di esecuzione), cioè quando i vari giudici non abbiano potuto esprimersi sulla eventuale sussistenza del vincolo della continuazione, infliggendo per ciascuno la pena entro limiti edittali, il giudice determinerà così la nuova pena in base alla presenza o no del concorso formale.

Il regime sanzionatorio del reato continuato è unitario in termini di cumulo giuridico, la pena è quella del reato più grave aumentata fino al triplo come da art 81 cp, secondo un recente indirizzo delle Sezioni Unite della Corte di cassazione il criterio per la determinazione della violazione più grave non è desumibile dall' art 133 cp ma quello della più grave pena edittale prevista dal legislatore per ciascun reato da comparare, ma la tesi suscita notevoli perplessità perché gli indici di gravità edittale possono essere equivoci. La valutazione di gravità in concreto deve tenere conto delle circostanze in relazione al singolo reato, e non riferite mai al reato continuato nel suo complesso, l' aumento dovrebbe tenere conto del numero e della gravità dei reati. Se le pene sono della stessa natura non c'è alcun problema, se le pene sono in specie differenti un recente indirizzo delle Sezioni Unite ha eliminato ogni differenza, stabilendo che la pena da aumentare sia in ogni caso quella del reato più grave, senza alcun riguardo alla specie di pena prevista per i reati satelliti.





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