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LE MODALITA' DI TEMPO E DI LUOGO DELL'ADEMPIMENTO

diritto



LE MODALITA' DI TEMPO E DI LUOGO DELL'ADEMPIMENTO

A) IL TEMPO

Il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita può risultare da accordo espresso delle parti (1183 comma 1). Se il contratto non contiene clausole relative al termine, non è escluso che il momento in cui la prestazione deve essere eseguita possa ricostruirsi in base all'interpretazione complessiva del titolo: in tal caso, il termine non è fissato in maniera esplicita ma trova pur sempre la sua fonte nell'autoregolamento privato. Può darsi inoltre che un termine sia richiesto dalla struttura legale del rapporto quale risulta già dal suo schema tipico e dalla funzione pratica a cui è orientato. Si distinguono i casi in cui il tempo dell'adempimento è imposto da altre regole, che pure rilevano oggettivamente. Tali sono le ipotesi degli usi normativi (1374) o delle clausole d'uso (1340), a cui il codice fa espresso riferimento là dove menziona genericamente gli usi (1183 comma 1). Quando non sia possibile accertare il termine sulla base dei dati disponibili, il creditore può esigere immediatamente la prestazione (quod sine die debetur statim debetur). Ma di fatto spesso accade che la prestazione abbia natura particolarmente difficile o complessa o che le modalità di luogo e di esecuzione possano essere tali da imporre un'opportuna dilazione. E' possibile allora che le parti si accordino sul differimento. Se ciò non avviene, la legge attribuisce al giudice il compito di determinare, con pronuncia costitutiva, il termine congruo, anche indipendente da una espressa richiesta delle parti quando risulti il loro disaccordo sul tempo dell'adempimento. Il potere del giudice si manifesta nel contenere entro limiti ragionevoli il principio generale dell'immediata esigibilità della prestazione senza termine. La determinazione giudiziale del termine dovrebbe avvenire prima dell'adempimento e fungere da criterio di valutazione della esattezza della prestazione, ma l'attesa della sentenza esecutiva del giudice o, addirittura, il suo passaggio in giudicato, potrebbe essere troppo lunga; si è pertanto approvata l'interpretazione favorevole all'esercizio della pretesa del creditore indipendentemente dalla preventiva fissazione giudiziale; il giudice stesso valuterà in seguito il comportamento del creditore che non abbia osservato un termine ragionevole. L'intervento del giudice con pronuncia costitutiva può rendersi necessario anche quando le parti abbiano fatto riferimento al termine ma ne abbiano lasciato la determinazione alla volontà del debitore o a quella del creditore; e costoro indugino a provvedere (1183 comma 2). Sembra ormai costante la tendenza a considerare senz'altro inadempiente il debitore, anche nel caso in cui il termine sia rimesso alla sua volontà, qualora, al momento della richiesta, sia già decorso un congruo intervallo temporale, ovvero vi si 545j98f a incompatibilità con la natura della prestazione o si accerti un'inequivoca volontà di non adempiere. Una clausola del tipo cum potuerit fu prevista in un caso che si presta in maniera esemplare a dedicare un cenno al problema dell'ammissibilità dell'intervento costitutivo del giudice, se la parte obbligata sia costituita dalla pubblica amministrazione. La letteratura è divisa: vi è chi ammette l'intervento del giudice soltanto sulla base dell'art. 1183 comma 1 e con la prudenza richiesta sull'apprezzamento dei bisogni pubblici; altri è favorevole a una piena applicazione delle disposizioni del codice civile. Se il termine è convenzionalmente fissato, occorre distinguere tra le ipotesi in cui sia posto a favore del debitore, ovvero, con patto espresso, sia rimesso a favore del creditore o di entrambi. Quando il termine è a favore del debitore, la conseguenza fondamentale è costituita dall'inesigibilità della prestazione prima della scadenza: l'obbligo è sorto, ma il creditore non può ancora pretendere l'adempimento. Il termine è un limite all'esercizio del diritto, seppure la richiesta possa avere effetto ora per allora. Inoltre si ammette che il creditore possa compiere atti conservati o agire per l'accertamento del suo diritto. Le conseguenze sono molto importanti: non soltanto il debitore può liberarsi prima della scadenza, ma, quand'anche egli paghi prima per errore, ossia senza rendersi conto che non è scaduto il termine posto a suo favore, del pagamento non può essere pretesa la restituzione in base alla disciplina della ripetizione dell'indebito. Il pagamento, in quanto dovuto, estingue il rapporto. L'errore offre al debitore soltanto la possibilità di esperire il rimedio dell'arricchimento ingiustificato, che ha presupposti diversi ed è limitato all'interusurium, ossia alla differenza, se mai vi sia, tra il valore della prestazione anticipata e il valore che la prestazione avrebbe avuto se fosse stata eseguita alla scadenza prevista (1185 comma 2). L'ipotesi, di rara applicazione e di difficile prova, quasi non sembra avere riscontri in giurisprudenza.



Il debitore può perdere il beneficio del termine nei casi previsti dalla legge; e il creditore, in tal caso, può esigere la prestazione senza attendere la scadenza. Le ipotesi hanno a fondamento giustificativo il sopravvenire di fatti tali da accentuare il rischio che il creditore resti insoddisfatto; e quindi si riferiscono: alla condizione patrimoniale complessiva del debitore; alle garanzie vere e proprie, che il debitore abbia promesso o dato. Tre sono i casi di decadenza dal beneficio del termine:

la garanzia generica (insolvenza del debitore);

garanzie speciali 1186 (diminuzione delle garanzie date; mancata concessione delle garanzie promesse).

Il creditore può esigere immediatamente la prestazione se il debitore è divenuto insolvente, senza una previa pronuncia costitutiva del giudice. Di minore rilievo sono gli altri due casi in cui si richiede la colpa del debitore. Il concetto di diminuzione delle garanzie per fatto imputabile al debitore presuppone che quest'ultimo sia tenuto a prestare o a ricostruire una garanzia specifica secondo il parametro della sicurezza del creditore.

Quando il termine è posto a favore del creditore o di entrambe le parti del rapporto, non sorgono problemi particolari (1184). Nel primo caso il debitore non può adempiere prima della scadenza; il creditore può anche esigere subito la prestazione. Se il termine è posto a favore di entrambe le parti, l'applicazione contestuale di regole opposte può provocare una sorta di rigidità del termine. Se il termine non è determinato a data fissa bensì con riguardo a intervalli convenzionali di tempo si seguono, ai fini del computo, del momento iniziale e del momento finale, i criteri dettati dagli art. 1187 e 2963: non si tiene anche qui conto del giorno iniziale e si dà invece rilievo all'ultimo istante del giorno finale, con proroga automatica al giorno non festivo successivo se la scadenza si ha in un giorno festivo; inoltre, il termine a mesi comporta che la scadenza si abbia nel giorno corrispondente a quello del termine iniziale.

B) IL LUOGO

Il luogo del pagamento può essere diverso da quello in cui perviene o è ricevuta la richiesta proveniente dal creditore. I criteri che la legge detta sono subordinati alla volontà del creditore e del debitore. La regola fondamentale è nel senso che il pagamento debba eseguirsi, la dove le parti abbiano pattuito che debba eseguirsi. Chi afferma che l'esistenza di una convenzione ha l'onere di provarla. Ove il titolo nulla preveda è necessario accertare se nel settore esistano regole di carattere consuetudinario. In mancanza si potrà desumere il luogo dalla natura della prestazione ovvero da altre circostanze (1182). Le regole fissate dal codice all'art. 1182 sono di carattere suppletivo: subentrano in mancanza dell'accordo delle parti ovvero degli usi. Si danno per legge tre ordini di possibilità:

che la prestazione debba eseguirsi in un luogo diverso dal domicilio del debitore o del creditore;

che debba eseguirsi al domicilio del creditore (obbligazioni portables);

che l'adempimento debba avvenire al domicilio del debitore (obbligazioni querables).

Un criterio indipendente dal riferimento al domicilio del creditore o del debitore è previsto per le prestazioni di consegnare una cosa certa e determinata: in tal caso il luogo dell'adempimento corrisponde a quello in cui la cosa si trovava quando l'obbligazione è sorta (1182 comma 2). Un'importante deroga alla regola relativa alla consegna di una cosa certa e determinata si ha nell'ipotesi della vendita di cose mobili. Difatti, la disposizione generale non si applica se le parti non erano a conoscenza del luogo in cui si trovava la cosa al tempo della nascita dell'obbligazione. In tal caso il luogo della consegna è il domicilio del venditore o la sede della sua impresa, sempre con riguardo al tempo della vendita (1510). Una possibile dissociazione tra il luogo dell'esecuzione e il luogo della nascita dell'obbligazione può aversi nel caso del deposito. La cosa depositata deve essere restituita nel luogo in cui doveva essere custodita. Non è detto che la consegna della cosa o la nascita dell'obbligazione siano avvenute in un tale luogo. Tra le ipotesi più discusse merita particolare menzione inoltre, nel caso di contratto estimatorio, la restituzione delle cose in luogo del pagamento del prezzo. La prestazione restitutoria è rimessa alla scelta del debitore e non è un semplice surrogato del pagamento del prezzo. Sembra che debba applicarsi la regola di chiusura posta dall'art. 1182 comma 4: la restituzione avverrà al domicilio del debitore. Quanto ai problemi interpretativi che hanno per oggetto la determinazione del momento di nascita dell'obbligazione, il più noto si riferisce alla restituzione dei recipienti vuoti dopo l'utilizzazione del contenuto da parte del debitore. Se il debitore, come spesso accade, consuma il contenuto dei recipienti presso il suo domicilio, tale sarebbe anche il luogo in cui il creditore avrebbe l'onere di recarsi per ritirare i contenitori. Un tale orientamento lascia perplessi, poiché confonde il momento della nascita dell'obbligazione di restituzione dei recipienti con il momento in cui la prestazione scade. Devono adempiersi al domicilio che il creditore ha al tempo della scadenza dell'obbligazione le prestazioni che hanno per oggetto una somma di denaro (1182 comma 3). Nel passato anche le obbligazioni pecuniarie dovevano essere eseguite al domicilio del debitore secondo una scelta ancora attuale in Francia. La nuova regola presuppone che vi sia corrispondenza tra il domicilio che il creditore aveva al momento in cui l'obbligazione è sorta e il domicilio che egli ha al tempo della scadenza o che comunque la diversità dei domicili del creditore non sia tale da rendere più gravoso per il debitore l'adempimento. Altrimenti il debitore può dichiarare che intende soddisfare al proprio domicilio: l'obbligazione pecuniaria in tal caso assume il carattere di un'obbligazione querable. Deve ancora ricordarsi che per l'obbligazione pecuniaria si suole intendere un'obbligazione provvista del requisito della liquidità oltre che dell'esigibilità. E' necessario che la misura nominale sia determinata nel suo preciso ammontare. Nei casi in cui l'oggetto dell'obbligazione non sia fin dall'origine e in via esclusiva precisamente quantificato in denaro il luogo di adempimento, anche ai fini della competenza, va determinato ai sensi del comma 2 dell'art. 1182. All'ipotesi del debito pecuniario già determinato suole essere nondimeno equiparata l'altra relativa alla determinazione non ancora compiuta eppure possibile in base a una normale operazione contabile. L'individuazione della somma dovuta è allora implicita in base agli elementi indicati nel titolo. Un altro caso molto significativo in cui invece l'obbligazione sia stata giustamente considerata portable si è avuta in materia di pagamento degli utili che spettano al socio creditore. Risponde a una finalità immanente al contratto di vendita, ossia allo scopo di dare un  adeguato rilievo al fenomeno dello scambio, la regola fondata sul nesso tra la consegna della cosa venduta e il pagamento del prezzo. Un'importante deroga legale al carattere portable dei pagamenti di somme di denaro si riferisce ai debiti dello stato e degli altri enti pubblici territoriali che, per tradizionali e palesi esigenze di natura pratica, si eseguono di regola presso le sedi delle tesorerie. La regola di chiusura o finale prevede l'esecuzione nel domicilio del che il debitore abbia al tempo della scadenza e ricomprende ipotesi residuali (1182 comma 4). Dopo quel che si è accennato nell'analizzare le disposizioni precedenti, è evidente che l'area dei pagamenti da eseguirsi al domicilio del debitore (querables) includa in generale, oltre alle prestazioni di cose generiche diverse dal denaro, le prestazioni di fare. Deve nondimeno tenersi presente che la categoria tra tutte più ampia è costituita dalle prestazioni di lavoro subordinato, che di norma si eseguono nei locali dell'azienda di cui il datore di lavoro è imprenditore.

Il primato delle clausole convenzionali sui criteri legali rende opportuno un accenno ai patti più ricorrenti. Talvolta le parti si accordano nel senso di eseguire il pagamento nel luogo di arrivo della merce; ovvero nel senso di collegare il pagamento alla presentazione della fattura, con la conseguenza che il luogo dell'esecuzione in tal caso coincide con il domicilio del debitore. Molto diffusa è la clausola di pagamento a mezzo tratta. Sono numerose le decisioni in cui i giudici hanno affermato che le parti, nel prevedere un pagamento con titoli cambiari, abbiano indicato una modalità di pagamento non esclusiva delle regole generali sul luogo di definitiva esecuzione delle obbligazioni pecuniarie.

LE MODALITA' SOGGETTIVE. IL DESTINATARIO DELLA PRESTAZIONE

L'adempimento presuppone che sia soddisfatto l'interesse del creditore, quale è dedotto nell'obbligazione. Il rapporto si estingue in maniera regolare quando il creditore consegna direttamente la prevista utilità per effetto dell'esatto compimento della prestazione: una disposizione in tal senso è espressamente prevista nel codice civile tedesco. Nel caso in cui la prestazione è rivolta alla persona del creditore non sempre è necessario né sempre è possibile che egli stesso la riceva. Nel linguaggio del codice si usa la generica denominazione di destinatario. L'identificazione del destinatario legittimato a ricevere e l'esecuzione in sue mani della prestazione contribuiscono a determinare il contenuto dell'obbligo, con riguardo alla direzione soggettiva dell'adempimento. Una prestazione quantitativamente e qualitativamente regolare e tale anche nelle modalità di tempo e di luogo sarebbe sempre non dovuta se fosse ricevuta da un soggetto non legittimato. Costui dovrebbe restituirla secondo la regola della ripetizione dell'indebito (2033). A sua volta, chi l'ha eseguita dovrebbe nuovamente porla in essere nei confronti del vero destinatario legittimato a riceverla. L'ipotesi più semplice si riferisce al caso in cui il pagamento debba essere fatto al creditore in persona (art. 1188). Al debitore incombe l'onere di accertare la capacità legale di ricevere la prestazione (1190). Quando il creditore abbia un rappresentante, legale o volontario, quest'ultimo è legittimato a ricevere il pagamento in nome e nell'interesse del creditore. Se la rappresentanza ha fonte volontaria, l'atto che conferisce la legittimazione rappresentativa deve attribuire al rappresentante la facoltà di ricevere la prestazione considerata nella sua specificità. Una procura generale giustificherebbe soltanto la legittimazione a ricevere pagamenti rientranti nella categoria degli atti di ordinaria amministrazione. Le riscossioni di capitali, in quanto atti eccedenti l'ordinaria amministrazione richiederebbero un'investitura che contempli espressamente tali ipotesi, ossia una procura speciale. Nel caso della rappresentanza legale, fermo restando il carattere non liberatorio del pagamento eseguito al creditore, l'atto di riscossione dei capitali presuppone l'autorizzazione del giudice cautelare. Il destinatario nei confronti del quale il pagamento ha un'efficacia liberatoria può limitarsi ad agire, a differenza del rappresentante, nell'interesse o per conto del creditore, ma in nome proprio, non già in nome di lui. La legge usa una formula ancor più generica: si parla di persona indica dal creditore (art. 1188 comma 1). La differenza rispetto all'ipotesi della rappresentanza spesso è già nella fonte. L'indicazione è fatta nell'atto che dà vita al rapporto: il debitore si impegna a pagare al terzo indicato e, quando abbia eseguito tale prestazione, è liberato nei confronti del creditore. Deve dirsi pertanto che il riferimento al terzo, il quale resta pur sempre tale e non si trasforma in creditore, è un elemento necessario per l'individuazione della prestazione dovuta. Tale singolare configurazione del rapporto obbligatorio deriva dall'accordo stesso, che è qualificabile nei termini di un contratto con prestazione al terzo: il debitore infatti non acquista nessun diritto nei confronti del debitore ma è il destinatario dell'esatto adempimento. Può anche accadere naturalmente che la designazione del terzo risulti da un incarico successivo alla nascita del rapporto. Tale può essere anche il caso della delegazione di pagamento: difatti il debitore (delegato) è invitato a pagare al soggetto (delegatario) indicato dal creditore (delegante) quel che il delegato stesso deve al delegante e che quest'ultimo deve, a sua volta, al delegatario.

L'ambito dei possibili destinatari diversi dal creditore si completa con le persone autorizzate dalla legge o dal giudice (1188 comma 1). L'esempio forse più noto è costituito dalla disposizione nella quale si prevede che il debitore, al fine di sottrarsi al pignoramento dei suoi beni, possa versare l'importo dovuto, insieme con le spese della procedura esecutiva, all'ufficiale giudiziario, che consegnerà la somma al creditore. Al posto del creditore sono inoltre legittimati a ricevere pagamenti anche il curatore fallimentare e il curatore dello scomparso. Il pagamento a favore di un soggetto non legittimato può avere effetto liberatorio per il debitore in due ordini di ipotesi: quando sia eseguito in buona fede e in base a circostanze univoche a un soggetto che abbia l'apparenza di una legittimazione a ricevere (1189); quando, pur essendo eseguito a favore di un soggetto che non sia legittimato a ricevere e neppure abbia l'apparenza di una legittimazione, il creditore abbia ugualmente profittato del pagamento o l'abbia ratificato (1188 comma 2). Al primo ordine di ipotesi si riferisce la rubrica dell'art. 1189 con la denominazione pagamento al creditore apparente. A differenza della rubrica, l'art. 1189 prende in considerazione, con previsione di carattere più generale, il pagamento eseguito a chi è legittimato a riceverlo. L'applicazione della norma ai soli pagamenti al creditore apparente presuppone che si attribuisca al titolo dell'art. di legge un significato precettivo più forte del suo stesso enunciato: la formulazione legale sarebbe interpretata restrittivamente a causa della sola intitolazione della norma. La letteratura è ormai unanime nel riferire l'art. 1189 al pagamento al legittimato apparente, ovvero, sulla base di un opportuno collegamento con la rubrica dell'art. 1188, al destinatario apparente. Nella formula destinatario apparente possono ricomprendersi sia il rappresentante vero del creditore apparente sia il rappresentante apparente del creditore vero. Le massime ancora parzialmente risentono di un indirizzo tramandato, non privo d'incertezze e di equivoci. Discutibili sono le pronunce che limitano la tutela del debitore ai casi in cui la legittimazione apparente del terzo sia imputabile a un comportamento del creditore, anche omissivo. Per comprendere il fondamento dell'effetto liberatorio previsto nel caso del pagamento al creditore o al legittimato apparente deve tenersi presente che il debitore è tenuto a identificare il destinatario della prestazione e a controllarne la legittimazione secondo un criterio di ragionevolezza e sulla base della regola generale della diligenza (1176). Se l'apparenza di legittimazione ha un indubbio rilievo oggettivo, non vi è ragione di imporre al debitore ulteriori oneri di accertamento. Si è tuttavia affermato che la norma ha subito un'interpretazione correttiva, volta a salvaguardare le ragioni del creditore incolpevole: il debitore che paghi nelle mani del truffatore non è liberato, secondo i nostri giudici, per quanto fosse in buona fede, non in colpa. Tale orientamento merita approvazione poiché troverebbe conforto nella disciplina della rappresentanza apparente e della cessione del credito; difatti in quei casi il debitore sopporta le conseguenze derivanti dal suo stesso comportamento, poiché non ha saputo dare adeguata pubblicità alla modifica o alla regola del potere di rappresentanza ovvero al mutamento della titolarità del credito. La prova liberatoria è posta a carico del debitore e si basa sugli stessi elementi dello schema previsto all'art. 1189 comma 1: l'essere stato in buona fede nell'eseguire il pagamento a chi appare legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche. Occorre dimostrare: la buona fede; l'apparenza di legittimazione; il concorso di un complesso di circostanze che rafforzano un tale convincimento e escludono per il loro carattere univoco che possa valutarsi come negligente il controllo del debitore. La mala fede toglie qualsiasi rilievo alla contraria situazione di apparenza, quand'anche quest'ultima sia oggettivamente non equivoca. Se la prestazione è eseguita a favore del possessore di un titolo di credito. L'efficacia liberatoria del pagamento è esclusa, oltre che nel caso della mala fede, ove il debitore versi in colpa grave. In tal caso il debitore non ha l'onere di fornire alcuna prova liberatoria: per espressa previsione legale, il possesso del titolo integra i presupposti da cui dipende l'estinzione dell'obbligo. Il diverso contenuto dell'onere della prova nelle ipotesi degli art. 1189 e 1992 si spiega agevolmente se su considera la struttura dei fatti estintivi e modificativi che sono dedotti in giudizio. Se il pagamento avviene dietro presentazione di un titolo di credito, un tale evento è necessario e sufficiente a considerare liberato il debitore, salvo il fatto impeditivo rappresentato dal dolo o dalla colpa grave di lui: la prima prova spetta al debitore; la seconda al creditore. Se il pagamento non avviene in base alla presentazione di un titolo di credito, è necessario provare la buona fede, che qui non si presume, poiché è un momento della prova del fatto da cui deriva la liberazione del debitore.

Il pagamento eseguito a un soggetto non legittimato neppure in apparenza o rispetto al quale l'apparenza della legittimazione coesista con la negligenza o con la mala fede del debitore, di per sé non può essere liberatorio, poiché presuppone la violazione del comportamento a cui il debitore è tenuto. In tal caso il preteso pagamento è in realtà un pagamento non dovuto che deve essere restituito a colui che l'ha eseguito in base alle norme sulla ripetizione dell'indebito oggettivo. La liberazione può avvenire soltanto per fatti estranei e successivi al pagamento, quali sono la ratifica o l'approfittamento da parte del creditore (1188 comma 2). Diversa giustificazione ha l'estinzione dell'obbligazione nel caso del pagamento al legittimato apparente: l'interesse del creditore resta insoddisfatto ma il debitore non è responsabile del mancato adempimento. Il legittimato apparente riceve un pagamento che non gli spetta; e gli è imposto l'obbligo di versare al creditore quel che abbia ricevuto, senza alcun fondamento giustificativo, dal debitore liberato: si applicano le norme in materia di ripetizione dell'indebito, per espresso rinvio dell'art. 1189 comma 2. La liberazione del debitore, in seguito alla ratifica o all'approfittamento, presuppone che il debitore manifesti l'intento di eseguire un'obbligazione corrispondente a quella a cui si riferiscono la ratifica o l'approfittamento del creditore. La ratifica del debitore è la prima condizione necessaria ai fini della liberazione del debitore. Si tratta della semplice conferma del comportamento del non legittimato e quindi di una rinuncia a far valere il credito, da non confondere ovviamente con una remissione del debito. La seconda condizione necessaria alla liberazione del debitore è costituita dall'approfittamento (1188 comma 2). E' stata chiarita l'affinità soltanto apparente con il criterio del vantaggio. Il vantaggio comporta una valutazione dell'impiego che il creditore abbia fatto della prestazione ricevuta. Il profitto è nozione più vaga, che può riferirsi in senso lato al fatto che l'oggetto del pagamento sia stato ritrasferito al patrimonio del creditore. Ancora controverso è il pagamento al creditore del creditore e al gestore d'affari: non si sa se in tali casi si debba ravvisare un approfittamento automatico del creditore o piuttosto altrettante figure speciali di legittimazione a ricevere il pagamento da parte di un soggetto diverso dal creditore. La giurisprudenza sembra pervenire comunque, in entrambe le ipotesi, a una conclusione favorevole all'efficacia liberatoria del pagamento.

IL PAGAMENTO IRREGOLARE CON COSE ALTRUI

Il pagamento può non essere adeguato al fine di un'effettiva soddisfazione dell'interesse del creditore se sia bensì quantitativamente e qualitativamente conforme al contenuto dell'obbligazione, ma esistano legittime pretese che i terzi siano in grado di far valere contro il creditore sulle cose che sono oggetto della prestazione. Tale è il caso del pagamento eseguito con le cose altrui (1192). Lo schema presupposto dal codice si riferisce soprattutto ai casi in cui il trasferimento della proprietà delle cose sia l'effetto, oltre che del titolo, del pagamento stesso. Devono distinguersi due ordini di ipotesi: che il creditore consegua ugualmente la proprietà delle cose; che un tale effetto non si produca. Si ha una singolare inesattezza, concettualmente non assimilabile alle ipotesi dell'inesattezza quantitativa e qualitativa. Si tratta di un riflesso della condizione giuridica dell'oggetto della prestazione, al quale non consegue un'immediata insoddisfazione del credito ma il pericolo di un pregiudizio futuro o comunque di una contestazione destinata a un esito negativo. Il pagamento eseguito con le cose altrui può essere impugnato dal creditore che lo abbia ricevuto in buona fede, salvo il diritto al risarcimento del danno (1192 comma 2). Anche il debitore può impugnarlo per sottrarsi alla responsabilità nei confronti del terzo proprietario: ma soltanto a condizione che offra di eseguire la prestazione dovuta con cose di cui può disporre (1192 comma 1). Di impugnazione del pagamento si può parlare anche nel caso dell'incapace (1191). Nel caso di impugnazione concessa al creditore è sufficiente l'intimazione al debitore di riprendersi le cose consegnate. Cade il titolo dell'acquisto della proprietà (1153); il debitore è nuovamente nella condizione di essere tenuto a eseguire la prestazione dovuta. Egli ha diritto alla restituzione delle cose consegnate: il precedente pagamento ha perso la sua giustificazione originaria. Nell'ipotesi dell'impugnazione concessa al debitore è necessaria anche l'offerta reale, con riguardo a cose di cui il debitore possa disporre (1192 comma 1). La singolare impugnativa del debitore è stata identificata con un'azione di ripetizione condizionata all'offerta dell'esatto adempimento. Le modalità di impugnazione sono diverse, l'effetto sembra identico. Il risarcimento del danno, nel caso di impugnazione del debitore è escluso. Al debitore fanno carico le spese, salvo quelle di giustizia, che si fossero rese necessarie a causa dell'ingiustificato rifiuto del creditore di aderire all'offerta. Dubbi sono stati prospettati con riguardo al coordinamento delle norme di cui agli art. 1479 e 1192; la prima norma consente al creditore ignaro dell'altruità della cosa e al quale il venditore non abbia ancora fatto acquistare la proprietà, di chiedere la risoluzione del contratto; la seconda sembra consentire al debitore di evitare la risoluzione con l'offerta di cose di cui possa disporre. L'opinione che considera inapplicabile l'art. 1192 è stata respinta in base alla considerazione secondo cui dal sistema della vendita di cose generiche si trarrebbe un primato dell'interesse del debitore a evitare la risoluzione per il tramite di un adempimento esatto. La regola dell'art. 1192, nel prevedere una regolare rinnovazione del pagamento, sarebbe coerente con una tale ricostruzione del sistema.





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