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IL RAPPORTO DI PUBBLICO IMPIEGO

diritto



Il rapporto di pubblico impiego


Gli elementi caratteristici del rapporto di pubblico impiego

Il rapporto di lavoro pubblico tradizionalmente è stato fatto rientrare nell'ampia categoria dei rapporti di lavoro speciali, trattandosi di una relazione che intercorre tra lo Stato o un ente pubblico non economico e un soggetto privato

Il rapporto di pubblico impiego è un rapporto di lavoro dipendente che si distingue dal rapporto di impiego privato in ragione di alcuni caratteri peculiari che la dottrina dominante (VIRGA) individua:

  • nella natura pubblica dell'ente datore di lavoro;
  • nella continuità;
  • nella professionalità
  • nell'inserimento del lavoratore nell'organizzazione dell'ente;
  • nella predeterminazione della retribuzione.

Sembra lecito ritenere che questi criteri siano idonei a differenziare il rapporto di pubblico impiego dal rapporto di lavoro privato anche a seguito dell'emanazione del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modifiche (disciplina oggi integrata nel D.Lgs n. 165/2001 recante "norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche") con il quale fu realizzata la c.d. privatiz 949c22j zazione del pubblico impiego e la riforma della dirigenza pubblica. L'art. 2, co. II, del D.Lgs. 29/1993 citato, nel testo sostituito dall'art. 2, D.Lgs. 546/1993, disponeva che "I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II del libro V del Codice Civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, salvi i limiti stabiliti dal presente decreto per il perseguimento degli interessi generali cui l'organizzazione e l'azione amministrativa sono indirizzate". Con tale disposizione venne realizzata dunque una ridefinizione del sistema delle fonti della disciplina del rapporto di pubblico impiego che può sintetizzarsi nella sottrazione di tale rapporto allo specifico corpus normativo vigente con la correlativa graduale sua riconduzione sotto la disciplina del diritto comune e con la sua contrattualizzazione. Si fa eccezione, tuttavia, per alcune categorie che restano escluse dalla privatizzazione: magistrati ordinari ed amministrativi, avvocati e procuratori dello Stato, personale militare e delle forze di polizia, dirigenti generali ed equiparati, personale delle carriere diplomatica e prefettizia.



Il Dlgs 165 del 2001 costituisce oggi il testo normativo di riferimento per la disciplina dei pubblici uffici e del lavoro nelle Pubbliche Amministrazioni ed è pertanto utile fornire una sintesi della sua articolazione:

  • titolo I: dedicato ai principi generali ispiratori della riforma e ordinatori delle restanti disposizioni del decreto (managerialità, efficienza e produttività dell'amministrazione);
  • titolo II: vi sono enunciate regole di trasparenza dell'azione amministrativa ed è contenuta la disciplina dei dirigenti dei quali, atteso il principio di separazione tra indirizzo politico e amministrazione concreta, vengono specificate le attribuzioni gestionali unitamente alle relative responsabilità;
  • titolo III: relativo alla contrattazione collettiva e rappresentatività sindacale;
  • titolo IV: vi sono le norme che, unitamente alle disposizioni del codice civile e delle leggi speciali, disciplinano il rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti soprattutto in relazione a quei profili che conservano alcuni elementi di specialità rispetto alla disciplina privatistico;
  • titolo V: in materia di controllo e di razionalizzazione della spesa per il personale della P.A. che deve essere contenuta entro i vincoli di disponibilità stabiliti con la legge di bilancio;
  • titolo VI: sancisce la definitiva competenza in materia giurisdizionale del giudice ordinario e fornisce le necessarie norme di raccordo per l'applicazione del rito del lavoro di cui all'art. 410 e segg. c.p.c. al contenzioso del pubblico impiego;
  • titolo VII: termina il provvedimento e, attraverso una serie di disposizioni abrogative, provvede a chiarire il quadro normativo vigente.

L'accesso al pubblico impiego

Differenze notevoli fra la disciplina del pubblico impiego e quella del lavoro privato permangono, anche a seguito della c.d. privatizzazione, in materia di assunzione, che nel settore pubblico avviene, di regola, mediante concorso (art. 97, co. III, Cost.). Più precisamente il D.Lgs 165/2001 dispone che l'assunzione avvenga:

mediante procedure selettive (concorso pubblico), che può essere per esami, per titoli, per titoli ed esami, per corso-concorso o per selezione, e deve svolgersi con modalità che ne garantiscano l'imparzialità, la tempestività, l'economicità e la celerità di espletamento, ricorrendo, ove necessario, all'ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione;

mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento per le qualifiche ed i profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo (si tratta, in pratica, dei posti dalla prima alla quarta qualifica funzionale), fatti salvi gli ulteriori requisiti prescritti per specifiche professionalità;

mediante assunzione obbligatoria dei soggetti appartenenti a categorie protette ai sensi della legge sul diritto al lavoro dei disabili (L. 68/99).

Allo scopo di conformare l'assunzione di personale alle effettive esigenze delle amministrazioni ed introdurre un fattore di contenimento del costo del lavoro, è previsto che in ciascuna amministrazione l'avvio delle procedure concorsuali sia subordinato alla programmazione triennale del fabbisogno di personale e, limitatamente alle amministrazioni statali, ad una preventiva deliberazione di autorizzazione del Consiglio dei Ministri.

Le tipologie contrattuali

Il D.Lgs. 165/2001 riconosce alle Pubbliche Amministrazioni la facoltà di avvalersi delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa (contratto a tempo determinato, formazione e lavoro, part-time, telelavoro ecc.). Differentemente dal privato, nel lavoro pubblico tali tipologie contrattuali non possono mai essere convertite automaticamente in rapporti lavoro a tempo indeterminato. Nelle ipotesi violazione delle norme imperative, tuttavia, il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative e le amministrazioni hanno l'obbligo di rivalsa nei confronti dei dirigenti eventualmente responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave di questi.

Incompatibilità e cumulo di impieghi

Tra le peculiarità che contraddistinguono il lavoro pubblico, rileva anche un regime di incompatibilità tra tale rapporto e altre attività di lavoro. Tale principio trova la sua ratio nell'originaria concezione dei pubblici dipendenti che l'art. 98 Cost. sancisce essere al servizio della nazione. Le disposizioni in materia di incompatibilità, infatti, non si applicano ai dipendenti pubblici in regime di tempo parziale, con prestazione lavorativa non superiore al 50%di quello a tempo pieno (legge 626 del 1996), ai quali viene così concesso l'esercizio di un'ulteriore attività lavorativa subordinata o autonoma, anche di natura professionale, che non sia in conflitto con gli interessi dell'amministrazione di appartenenza.

In materia di cumulo di incarichi il Dlgs 165/2001 riconosce, seppur con notevoli vincoli operativi, la possibilità che al dipendente pubblico siano attribuiti incarichi retribuiti ulteriori rispetto a quelli rientranti nei relativi compiti e doveri di uffici. In particolare, pur affermando in via generale il divieto in questione, si stabilisce:



le amministrazione di appartenenza possono conferire incarichi aggiuntivi in presenza di una apposita previsione legislativa o con espressa autorizzazione che tenga conto delle specifiche competenze e professionalità del dipendente incaricato;

le pubbliche amministrazioni possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti di altre amministrazione di appartenenza;

i soggetti pubblici o privati che intendono conferire un incarico a un dipendente pubblico devono preventivamente richiedere, anche per mezzo del dipendente interessato, l'autorizzazione all'amministrazione di appartenenza.

A presidio di tale disciplina vige un sistema sanzionatorio che comporta in ogni caso l'acquisizione da parte dell'amministrazione di appartenenza del compenso conferito al dipendente pubblico per incarichi illegittimamente svolti, ferma restando una eventuale responsabilità disciplinare del dipendente stesso. È inoltre prevista l'istituzione di una vera e propria anagrafe degli incarichi, mediante inoltro da parte di tutte le amministrazioni di comunicazioni sistematiche relative alla autorizzazioni e ai compensi concessi.

La contrattazione collettiva

L'assoggettamento del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici alla disciplina di cui si è detto comporta necessariamente la contrattualizzazione dello stesso Infatti, con la riforma del 1993, si attribuì il ruolo di fonte diretta e primaria di regolamentazione del rapporto ai contratti collettivi, eliminando la necessità della loro recezione in atti a carattere normativo e realizzando, al tempo stesso, una notevole semplificazione del procedimento per la loro stipula.

L'art. 40 del D.Lgs. 165/2001 stabilisce che la contrattazione collettiva si svolge su tutte le materie attinenti il rapporto di lavoro e le relazioni sindacali e si sviluppa su due livelli:

  1. contratti nazionali collettivi di comparto. Si fonda in via principale sui contratti collettivi di comparto, cioè settori omogenei o affini, determinati mediante appositi accordi tra l'Agenzia per la rappresentanza negoziale della pubblica amministrazione (ARAN) e le confederazioni sindacali maggiormente rappresentative;
  2. contratti integrativi. Stipulati dalle Pubbliche Amministrazioni nel rispetto delle materie e dei limiti prefissati dai contratti nazionali di comparto, che, quindi, si pongono come fonte normativa di grado superiore.

In sede di contrattazione collettiva, la P.A. è rappresentata dall'Agenzia per la rappresentanza negoziale (ARAN), organismo tecnico dotato di personalità giuridica e sottoposto alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, che si sostituisce alle preesistenti delegazioni pubbliche differenziate per i singoli comparti e facilmente permeabili alle influenze politico-clientelari. Dal lato dei lavoratori negoziano i delegati delle associazioni sindacali dotate di maggiore rappresentatività.

Il procedimento di contrattazione collettiva e l'efficacia del contratto collettivo

Con vari interventi normativi, il legislatore ha inteso semplificare e rendere più spedito il procedimento di contrattazione collettiva. Attualmente il procedimento di contrattazione è disciplinato dall'art. 47 del Dlgs 165/2001 che recepisce le novità introdotte dai citati decreti legislativi. La procedura si svolge con le seguenti modalità:

prima di ogni rinnovo contrattuale i comitati di settore deliberano gli indirizzi per l'ARAN che successivamente dà avvio alle trattative;

raggiunta l'ipotesi d'accordo, l'ARAN invia il testo contrattuale al comitato di settore per acquisirne il parere che deve essere reso in 5 giorni;

se il parere è negativo, si riaprono le trattative. Se il parere è favorevole, l'ARAN trasmette la quantificazione dei costi contrattuali alla Corte dei Conti ai fini della certificazione della compatibilità del contratto con i vincoli di bilancio;

la Corte dei Conti deve deliberare entro 15 gionri la compatibilità dei costi contrattuali;

in caso di pare re positivo, oppure siano inutilmente trascorsi 15 giorni dalla richiesta di certificazione, l'ARAN sottoscrive l'accordo. In caso di esito negativo, invece, devono essere assunte le iniziative necessarie a riportare gli oneri contrattuali nei vincoli di bilancio o, in caso di impossibilità, riavviate le procedure negoziali.



In merito all'efficacia del contratto collettivo, l'art. 40 del Dlgs 165/01 dispone che le pubbliche amministrazioni adempiono agli obblighi assunti con i contratti collettivi nazionale o integrativi dalla data della sottoscrizione definitiva e ne assicurano l'osservanza nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti.

La disciplina applicabile al rapporto di lavoro

Il rapporto di lavoro è oggi disciplinato dalle disposizioni contenute nel codice civile (artt. 2094 - 2129 c.c.) e dalle leggi sul rapporto di lavoro subordinato nell'impresa. Lo Statuto dei Lavoratori si applica alle pubbliche amministrazioni a prescindere dal numero dei dipendenti.

Le eccezioni più evidenti che si riscontrano rispetto al modello normativo generale del rapporto di lavoro subordinato privato sono relative all'assunzione, alla disciplina delle mansioni e alla mobilità.

Le mansioni del dipendente pubblico

Secondo quanto disposto dall'art. 52 del D.Lgs. 165/2001, il dipendente pubblico può essere adibito normalmente solo alle mansioni per le quali è stato assunto oppure considerate equivalenti nell'ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi. Può altresì essere adibito alle mansioni corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali selettive.

Per obiettive esigenze di servizio, il prestatore di lavoro può comunque essere adibito temporaneamente a mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore con il diritto, solo per il periodo di effettiva prestazione, al trattamento previsto per tale qualifica:

a)  nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi;

b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro (escluse le ferie).

La responsabilità disciplinare

Anche la materia della responsabilità disciplinare del dipendente pubblico è stata attratta nell'operazione di privatizzazione del pubblico impiego, con assimilazione della relativa disciplina a quella privatistica. Dispone infatti l'art. 55 del Dlgs 165 del 2001 che, ferma restando la disciplina attualmente in vigore in materia di responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile, ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche con rapporto di lavoro privatizzato si applicano l'art. 2106 del codice civile e l'art. 7, commi I, V e VIII, della legge 20 maggio 1970, n. 300.

Mobilità individuale e collettiva

In materia attualmente dispongono gli artt. 30 - 34 del Dlgs 165 del 2001, i quali individuano quattro ipotesi di mobilità:

passaggio diretto di personale da una amministrazione ad un'altra;

passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attività;

scambio di funzionati  appartenenti a Paesi diversi e temporaneo servizio all'estero;

mobilità collettiva per effetto di eccedenze di personale.

Il trasferimento di personale, attuato a livello individuale, può avvenire:

nell'ambito dello stesso comparto o di un comparto diverso qualora sia necessario ricoprire posti vacanti in organico, con il consenso dei tre soggetti interessati, cioè dell'amministrazione di appartenenza, dell'amministrazione che in questo modo vuole ricoprire posti in organico e del dipendente;

con trasferimento del dipendente presso organismi comunitari, amministrazioni pubbliche degli Stati membri dell'Unione Europea o enti internazionali cui l'Italia aderisce. Tale trasferimento, che giuridicamente può configurarsi come distacco o missione o trasferta, si caratterizza per la temporaneità e per il permanere del rapporto di lavoro con la P.A. di appartenenza.



A tali ipotesi va'aggiunta quella del passaggio di dipendenti in caso di trasferimento di attività, che si verificano in particolare quando, anche per effetto del processo di privatizzazione, attività e servizi pubblici passano ad enti e società pubbliche o private. Al personale che passa alle dipendenze di tali soggetti ai applica l'art. 2112 c.c. e si osservano le procedure di informazione e di consultazione di cui all'art. 47, commi da 1 a 4, della legge n. 428 del 1990.

La mobilità collettiva è una procedura che si attiva nel momento in cui le pubbliche amministrazioni rilevino eccedenze di personale e trova applicazione quando l'esubero di personale riguarda almeno dieci dipendenti, numero nell'arco di un anno. Le pubbliche amministrazioni sono tenute ad informare preventivamente le rappresentanze unitarie del personale e le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale del comparto o area. Entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, a richiesta delle organizzazioni sindacali si procede all'esame della cause che hanno contribuito a determinare l'eccedenza del personale e delle possibilità di diversa utilizzazione del personale eccedente, o di una sua parte. La procedura si conclude, decorsi 45 giorni dalla data del ricevimento della comunicazione, o con l'accordo o con apposito verbale nel quale sono riportate le diverse posizioni delle parti. Conclusa la procedura in esame, l'amministrazione colloca in disponibilità il personale che non sia possibile impiegare diversamente nell'ambito della medesima amministrazione e che non sia possibile impiegare diversamente nell'ambito della medesima amministrazione e che non possa essere ricollocato presso altre amministrazioni, ovvero che non abbia preso servizio presso la diversa amministrazione che, secondo gli accordi intervenuti, ne avrebbe consentito la ricollocazione. Il collocamento in disponibilità può essere disposto, senza attivare la procedura di mobilità collettiva, anche in caso di eccedenze per un numero inferiore a dieci unità.

La riforma della dirigenza pubblica

La legge n. 145 sulla riforma della dirigenza, varata nel 2002, ha introdotto numerose novità:

il ripristino dei ruoli separati per ciascuna amministrazione dello Stato e la contestuale abrogazione del ruolo unico interministeriale dei dirigenti istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione pubblica;

la possibilità per il Governo, ad ogni inizio di legislatura, di confermare o revocare i dirigenti nominati negli ultimi sei mesi del precedente Governo. Coloro che non verranno confermati, svolgeranno "su richiesta degli organi di vertice delle amministrazioni che ne abbiano interesse, funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca o altri incarichi specifici previsti dall'ordinamento";

gli incarichi presso enti, società, agenzie possono essere confermati, revocati, modificati, rinnovati entro il termine di sei mesi dal voto di fiducia al Governo. Decorso tale termine, gli incarichi per i quali non si sia provveduto si intendono confermati fino alla loro naturale scadenza;

in deroga al Testo unico sugli impiegati civili dello Stato, i dirigenti pubblici possono, su richiesta, essere collocati in aspettativa senza assegni per svolgere attività presso enti pubblici o privati senza perdere la qualifica posseduta. Nel caso di attività presso soggetti diversi dall'amministrazione pubblica, l'aspettativa non può superare i cinque anni e non è computabile ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza.

è prevista, a determinate condizioni, l'assegnazione temporanea di personale presso imprese private; il servizio prestato dai dipendenti in tale periodo costituisce titolo valutabile ai fini della progressione in carriera.

è ammesso, infine, l'accesso di dipendenti privati allo svolgimento di incarichi internazionali.

In seguito alla legge che ha riordinato la dirigenza, il 31 luglio 2002 è stata emanata dal ministro della Funzione pubblica anche una circolare riguardante le modalità applicative.

La tutela giurisdizionale

Il naturale corollario della sottoposizione dei pubblici dipendenti alla disciplina civilistica del rapporto di lavoro subordinato è la devoluzione al giudice ordinario di tutte le controversie afferenti al pubblico impiego (art. 63 D.Lgs. 165/2001) ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro non privatizzati.

Alla giurisdizione del giudice amministrativo restano le controversie relative ai rapporti di lavoro delle categorie non contrattualizzate di cui all'art. 3 D.Lgs. 165/2001 e quelle in materia di procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni.







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