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DIRITTO INTERNAZIONALE E DIRITTO INTERNO - LE CONSEGUENZE DELLA SEPARAZIONE FRA DIRITTO INTERNAZIONALE E DIRITTI NAZIONALI

diritto



diritto internazionale

e diritto interno


diritto internazionale e diritti statali: monismo e dualismo

A partire dalla fine del secolo IXX ha preso sempre più importanza il problema del rapporto fra diritto internazionale e diritto interno degli stati. Anche perché con la fine delle prerogative del sovrano e dei detentori del potere assoluto è divenuta determinante la validità delle manifestazioni di volontà degli stati dirette alla comunità internazionale.

A partire dallo stesso periodo si vennero a formare sempre più trattati che per la loro osservanza richiedevano interventi diciascun legislatore nazionale sul suo diritto interno.

Riguardo ai rapporti fra ordinamento interno e internazionale vennero allora a formarsi delle correnti internazionali che, seppure inesattamente possono essere distinte fra:

- teorie dualiste o pluraliste, per le quali i vari ordinamenti giuridici e quello internazionale rimanevano ordinamenti distinti e autonomi;

- teorie monistiche (si pensi a quella di Kelsen) per le quali i singoli ordinamenti si risolvono in uno solo ordinamento mondiale.

Oggi la contrapposizione invero non è più estrema e radicale e vi è stato un riavvicinamento delle posizioni, per cui i sostenitori del monismo, per esempio, non sostengono più la nullità delle regole interne contrastanti con il diritto internazionale, mentre a considerazione proprie del monismo si avvicina la convenzione di Vienna laddove dispone la nullità dei trattati per violazione di norme di diritto interno sulla competenza a stipulare.




la posizione dualista e la possibile esistenza di ordinamenti separati da quello internazionale e da quelli statali

Gli autori del testo danno la loro preferenza, comunque, alle tesi pluralistiche, vedendo i vari ordinamenti giuridici, internazionale, statale e altri, come tutti indipendenti e autonomi.

Il motivo della loro posizione non sta però in ragioni logico giuridiche che indaghino sulla esistenza negli ordinamenti interni e internazionale di una norma da cui possa essere dedotta la giuridicità dell'ordinamento internazionale o, rispettivamente, degli ordinamenti interni.

Le ragioni addotte si basano sulla concezione del diritto come nascente dalla società, sul fatto innegabile della società internazionale come società fra soggetti superiorem non riconoscentes.

Inoltre dicono non contrastare affatto con la posizione dualista le frequenti affermazioni per cui il diritto internazionale sarebbe superiore al diritto interno.

Inoltre considerano esistenti anche ordinamenti giuridici separati e autonomi rispetto sia al diritto internazionale, sia ai diritt interni dei vari stati.

Ad esempio gli ordinamenti giuridici delle varie organizzazioni internazionali.

Nel testo ci si sofferma poi sul problema della esistenza, come ordinamento giuridico separato ed autonomo, del cosiddetto diritto internazionale dei commercianti, o transnational law o lex mercatoria. La teoria che lo afferma in realtà manifesta la difficoltà con cui si riiesce con i tradizionali strumenti giuridici, ad adeguarsi alle nuove realtà dei rapporti privati internazionali, soprattutto quella che vede come protagonista le grandi multinazionali.

Tuttavia gli autori esprimono un parere negativo sulla esistenza di tale ordinamento, non sufficientemente suffragato a livello sociale ed inoltre ostante, per esempio, con le disposizioni della convenzione di Washigton del '65, relativa alle controversie tra stati in materia di investimenti. Essa prevede che in mancanza di accordo fra le parti il diritto da applicare nella composizione arbitrale delle controversie sia il diritto dello stato contraente parte della controversia...nonché i principi di diritto internazionale sulla materia. Non si ricorrerebbe al diritto interno e a quello internazionale se esistesse un diritto transnazionale riguardante proprio la materia economica.



le conseguenze della separazione fra diritto internazionale e diritti nazionali

La separazione fra diritto internazionale e diritti interni trova conferma in alcuni dati della prassi che mettono in luce le conseguenze principali di tale separazione:

la regola secondo la quale uno stato non può invocare il proprio diritto interno per giustificare l'inadempimento di un proprio obbligo internazionale, come confermato dalla Corte permanente di giustizia internazionale e dalla convenzione di Vienna sui trattati del '69;

la Corte permanente di giustizia internazionale ha affermato che dal punto di vista del diritto internazionale e della corte che ne è l'organo le leggi nazionali sono semplici fatti, manifestazioni della volontà e della attività degli stati, allo stesso titolo delle decisioni giudiziarie e delle misure amministrative. Ancora la Cassazione italiana ha affermato che le ragioni spettanti ai cittadini italiani verso lo stato italiano hanno la loro fonte esclusiva in provvedimenti normativi interni e non in accordi e convenzioni internazionali diretti a regolare esclusivamente i rapporti fra gli stati contraenti sul piano internazionale.

Sussiste il principio della relatività dei valori giuridci per cui ciò che in un ordinamento è rispettivamente vietato, permesso , lecito o illecito può non esserlo in altri, in coerenza col principio della separazione degli ordinamenti.


Quanto ora detto non scalfisce il fatto che il governo di uno stato debba comportarsi in coerenza sia con gli obblighi che nascono dal diritto internazionale, sia con quelli che gli impone il diritto interno. Entrambi gli obblighi sono giuridici oggettivamente, ma non apparteneti al medesimo ordinamento. E' lo stato che appartiene contemporaneamente a due ordinamenti diversi.


l'adempimento degli obblighi internazionali mediante modifica dell'ordinamento interno

La separazione dell'ordinamento statale da quello internazionale non è contraddetta dal fatto che in taluni casi l'adempimento degli obblighi internazionali debba o possa avvenire mediante una modificazione del proprio diritto da parte di uno stato.

Ciò non avviene frequentemente, poiché spesso l'obbligo internazionale si limita a richiedere allo stato il raggiungimento di un determinato risultato, anche se talvolta la modificazione del proprio diritto interno è il modo più pratico per raggiungere il risultato stesso.

Su distinguono allora due casi:

l'ordinamento internazionale richiede allo stato il raggiungimento di un risultato, e in tal caso lo stato adempie non emanando o modificando norme interne, ma raggiungendo quel'obbiettivo (il che può essere meglio eseguito con l'intervento sul diritto interno).

l'ordinamento internazionale pone come oggetto specifico dell'obbligo la emanazione di norme interne da parte dello stato che adempie solo in tal modo, indipendentemente dai risultati raggiunti.


l'adattamento del diritto italiano al diritto internazionale generale

La sola disposizione di carattere generale che si rinviene nel nostro ordinamento a proposito è il primo comma dello art. 10 della Cost.

L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute.

Si dice che tale norma innesta un meccanismo automatico, operando come un trasformatore permanente che provvede a creare le norme interne necessarie ad adempiere alle prescrizioni delle norme internazionali generali, senza che occorra alcun intervento del legislatore.

Il compito di accertare le modificazioni automaticamente avvenute ad opera dello art. 10 Cost. spetta a tutti gli organi preposti alla applicazione del diritto, ivi compreso il giudice nazionale.


Secondo parte della dottria tale norma costituzionale porterebbe alla automatica adesione anche degli obblighi derivanti da regole di diritto internazionale pattizio, attraverso la mediazione del fondamentale principio pacta sunt servanda.

Gli autori non condividono tale dottrina per vari motivi:

i lavori preparatori stessi della costituzione chiariscono che l'art. 10 avrebbe riguardato solo il diritto internazionale consuetudinario;

la prassi del nostro ordinamento risolve l'adattamento delle norme internazionali internazionali con appositi procediment 414c21e i;

ciò è ribadito dalla Corte Costituzionale.


Altra questione è quella se l'articolo in questione riguardi tutte le norme consuetidinarie o solamente alcune.

Infatti secondo parte della dottrina la espressione "norme...generalmente riconosciute" non si riferirebbe alle regole consuetudinarie internazionali che nell'attuale momento subiscono contestazioni da parte di consistenti gruppi di stati. Insomma la norma costituzionale opererebbe solo per le norme internazionali generali veramente pacifiche e universalmente riconosciute.

Tuttavia gli autori osservano che in realtà sono mal posti i termini stessi del problema. Non si può infatti distinguere le norme internazioni generalmente riconosciute dalle norme internazionali generali, che sono tali proprio per il riconoscimento generale, usus e opinio iuris.


Si noti comunque che il meccanismo dello art. 10 non opera nel caso sia l'Italia ad obiettare alla formazione di una determinata norma internazionale generale.

Rientrano invece nella applicazione dello art. 10 anche le consuetudini locali o regionali internazionali. Qui, ovviamente, il "generalmente riconosciute" va riferito alla cerchia sociale ristretta ove le norme sono destinate.


Riguardo al posto occupato dalle norme prodotte dallo art. 10 nella scala gerarchica dell'ordinamento italiano, secondo la Corte Costituzionale esse hanno la forza tipica di norme costituzionali, aborogando le leggi ordinarie incompatibili.

Cosa avviene invece se il contrasto è fra una norma internazionale generale immessa nell'ordinamento ed una norma costituzionale?

Il problema si è posto veramente in materia di immunità dalla giurisdizione civile degli agenti diplomatici stranieri, in contrasto con la disposizione dello art. 24 della Costituzione che prevede che tutti possano agire in giudizio per la tutela dei propri diritti.

Gli autori al proposito non condividono la posizione assunta dalla nostra Corte Costituzionale che considera il contrasto solo apprente e risolvibile con la applicazione del criterio di specialità che non integra la incompatibilità fra le deroghe alla giursdizione derivanti dalla immunità diplomatica e le norme costituzionali. Le due posizioni non condivise ivi espresse sono:

- che non vi potrebbe essere incompatibilità fra norme generali internazionali antecedenti alla costituzione e la costituzione stessa, ma solo fra costituzione e norme generali ad essa successive;

- l'accettazione del fatto che una persona possa vedersi rifiutata dal giudice italiano una decisione di merito su di un suo diritto per il solo fatto che la controparte sia un agente diplomatico straniero.

In realtà si configurerebbe certamente un danno ingiusto che almeno dovrebbe portare ad un obbligo di indenizzo come previsto in disegni di legge governativi in tema di impossibilità di esecuzione su beni di stati esteri.

Altrettanto criticabile ad avviso degli autori una sentenza della Corte di Cassazione del 1986 sulla immunità della giurisdizione di cui godono le organizzazioni internazionali che sottrae le relative controversie dalla giurisdizione del giudice italiano, restando, secondo la cassazione, le possibilità di intervento sul piano internazionale dello stato per conseguire convenzionalmente la tutela dei relativi rapporti. Il risultato iniquo sarebbe quello che, in tal modo, alla sentenza, che l'organo giudiziario è obbligato a rendere a chi gli chieda di tutelare un prorpio diritto, viene ad essere sostituita un'attività puramente discrezionale dell'organo esecutivo.


la ratifica dei trattati internazionali secondo la costituzione italiana

Innanzitutto vediamo il tema della competenza a stipulare i trattati internazionali e delle procedure da seguire a riguardo.

Si è visto che nel diritto internazionale generale non esistono norme relative alla determinazione degli organi degli stati competenti a stipulare trattati e delle procedure di diritto interno relative. Gli stati sono liberi di determinarsi come vogliono a proposito attraverso le loro disposizioni di diritto interno, delle quali il diritto internazionale prende semplicemente atto.

Vediamo le disposizioni più importanti a riguardo della Costituzione italiana:

L'art. 87, 8° comma dispone che il Presidente della Repubblica, capo dello stato e rappresentante della unità nazionale, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione dell camere. I casi in cui tale autorizzazione è necessaria sono disposti dallo art. 80 Cost.

L'art. 80 Cost. dispone che le Camere autorizzano con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedano arbitrati o regolamenti giudiziari, o importino variazioni del territorio ed oneri alle finanze o modificazioni alle leggi.

Il termine ratifica va qui inteso in senso ampio, come riferibile ad ogni e qualsiasi atto mediante il quale venga espresso il consenso dello stato ad essere vincolato sul piano internazionale.

Si tratta di un orientamento molto diffuso nelle moderne costituzioni che tende a riconoscere al capo di stato, se non lo jus repraesentationis omnimodae, almeno il ruolo di organo principale delle relazioni internazionali.

Tuttavia la ratifica di un trattato internazionale è un atto del presidente della repubblica sono dal punto di vista formale, perché in senso sostanziale è sempre atto del potere esecutivo, che il capo di stato si limita a fare proprio per assolvere le funzioni attribuitegli dalla costituzione. Si presuppone infatti in ogni caso una specifica iniziativa al riguardo da parte del governo, ed infatti, ai sensi dello art. 89 Cost. nessun atto del presidente della repubblica è valido se non controfirmato dai ministri competenti che se ne assumono la responsabilità. Al governo pur sempre così spettano le determinazioni sostanziali in ordine alla negoziazione e alla conclusione dei trattati, la loro ratifica e l'apposizione di riserve.


l'autorizzazione delle camere alla ratifica di alcune categorie di trattati

Abbiamo visto la necessità di autorizzazione delle camere prevista dallo art. 80 Cost. e 87 Cost.

In armonia con la linea di tendenza del controllo democratico sulla conduzione della politica estera del governo anche il parlamento è chiamato a partecipare alle stipulazioni internazionali.

Per autorizzazione si intende un atto con il quale un organo esprime il suo apprezzamento su un atto da compiersi da un altro organo come condizione all'esercizio da parte di quest'ultimo della sua competenza a compierlo.

Si noti che per quanto la autorizzazione alla ratifica sia un atto necessario ai fini della ratifica dei trattati, l'avvenuta autorizzazione non obbliga poi il potere esecutivo o il capo dello stato ad eseguire effettivamente quanto autorizzato, e le modalità di esecuzione. Pertanto e per es. la Corte Costituzionale ha ritenuto legittima la legge di autorizzazione alla ratifica che non aveva fissato alcun termine per procedere alla ratifica in oggetto.


Non sempre la autorizzazione delle camere alla ratifica riveste la forma della legge ordinaria. Se l'adempimento degli obblighi internazionali conseguente alla ratifica del trattato imponesse la modifica della Costituzione sarà necessario che la autorizzazione alla ratifica stessa sia fatta con leggi costituzionali.

Di solito però il disegno di legge che autorizza la ratifica di trattati internazionali deve essere approvato da ciascuna camera con la procedura normale di esame e di approvazione diretta, cioè in seduta plenaria senza adito alle commissioni permanenti in sede legislativa.


Si ricordi che per le leggi di autorizzazione a ratificare trattati internazionali non è ammesso referendum abrogativo. Si capisce perché. Infatti altrimrnti vi sarebbe il pericolo che con la abrogazione lo stato italiano diventasse inadempiente e responsabile nei confronti degli altri contraenti.


la più precisa portata da attribuire alla autorizzazione alla ratifica

Nella relazione su i rapporti internazionali nella futura costituzione presentata da Ago e Morelli alla Commissione per gli studi attinenti alla riorganizzazione dello stato, istituita presso il Ministero per la Costituente, la previa autorizzazione del parlamento avrebbe dovuto essere richiesta non solo per la stipulazione, ma anche per la denuncia o recesso dei trattati. Sebbene si trattasse di una posizione ragionevole non fu accolta né dalla maggioranza della suddetta commissione e neppure dalla Assemblea costituente.


Inoltre la necessaria autorizzazione per la ratifica riguarda tutti gli atti previsti dalle norme in questione, siano essi complessi o meno e anche le dichiarazioni di riconoscere come obbligatoria la giurisdizione della Corte internazionale di giustizia e quella di accettazione della giurisdizione della Corte europea dei diritti dell'uomo. Ma in pratica non vi si fa sempre ricorso.

In definitiva allora l'art. 80 della costituzione va letto come riconoscente al governo un certo margine di discrezionalità nel valutare se sia o meno necessario sottoporre alla autorizzazione delle camere anche gli atti internazionali ora citati, dotati di una loro posizione di autonomia.


Si osservi anche che il capo dello stato, su iniziativa del governo, può formulare al momento della ratifica del trattato delle riserve. Secondo parte della dottrina per esse non vi è bisogno di previa autorizzazione delle camere, ma esistono posizioni opposte, che si basano sul fatto che in questo modo il parlamento può non sapere addirittura in contenuto esatto del trattato con cui l'Italia andrà a vincolarsi.


la stipulazione di trattati internazionali in forma semplificata e il vigente sistema costituzionale

Sappiamo che accanto ai trattati internazionali stipulati in forma solenne la pratica degli stati conosce anche la possibilità di stipulare i trattati in forma semplificata:

attraverso la mera sottoscrizione apposta, senza riserva di ratifica, dal rappresentante dello stato in calce allo strumento scritto su cui è incorporato iltrattato;

mediante lo scambio, sempre senza la predetta riserva, di due o più documenti scritti, tra loro connessi e costituenti il trattato.

Secondo una tesi diffusa la prassi dell'esecutivo circa la stipulazione di trattati in forma semplificata, prassi talvolta seguita, troverebbe il suo fondamento non nel testo della costituzione, bensì in una norma consuetudianria integrativa della costituzione stessa, norma che si sarebbe formata proprio grazie a tale prassi. Secondo gli autori tale posizione non può essere accolta perchè va contro al nostro modello di costituzione rigida che non ammetterebbe modificazioni o avvenimenti creativi a livello costituzionale senza la opportuna e costituzionale modalità di revisione aggravata.

In realtà non vi sono problemi ad ammettere il ricorso della stipula nella forma semplificata da parte del presidente della repubblica o dei ministri da lui a ciò delegati per le loro materie, laddove non si rientri nelle materie che abbisognano di autorizzazione del parlamento.

Per le materie in cui invece lo art. 80 preveda la necessaria autorizzazione, tutte le volte che l'esecutivo stipulasse in forma semplificata trattati compresi in tali categorie, esso compirebbe, consapevolemente o meno, una manifesta violazione della costituzione. Al fine di sanare tali situzioni si fa in genere ricorso a leggi di approvazione successiva, contestuale o meno alla legge di esecuzione del trattato, ovvero con la approvazione successiva di un trattato in occasione della approvazione del bilancio del ministero degli affari esteri.


Un'altra questione importante è quella della ammissibilità nel nostro ordinamento giuridico dei cosiddetti trattati internazionali segreti, conclusi dall'esecutivo senza che ne sia data comunicazione del testo al parlamento, oppure la stipulazione di trattati con clausole diverse o aggiuntive rispetto a quelle sottoposte alle camere. In tali casi ciò avviene sempre attraverso la stipula in forma semplificata.

Innanzitutto il trattato segreto sarà senz'altro illegittimo nel caso che riguardi le materie per le quali lo art. 80 Cost. prevede la autorizzazione del parlamento.

Integrano la questione la legge n.839 del 1984 che ha escluso la segretezza anche per gli accordi in forma semplificata disponendo la pubblicazione e l'inserimento integrale del testo di tutti gli accordi nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti.

Tale legge va poi integrata con la legge n. 801 del '77 disciplinante il segreto di stato e che può sostenersi assumere il valore di lex specialis. In essa si dispone che sono coperti da segreto di stato gli atti, i documenti, le notizie, le attività e ogni altra cosa la cui diffusione sarebbe idonea a recare danno alla integrità dello stato democratico, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento, al libero esercizio degli organi costituzionali, all'indipendenza dello stato rispetto agli altri stati e alle relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa militare dello stato.

Dunque il trattato segreto potrebbe ammettersi soltanto qualora esso, oltre a non riguardare una materia ex art. 80 Cost., rischi in caso di sua diffusione di recare pregiudizio ad una delle esigenze elencate in via eccezionale nella legge n.801 del 1977.


le attività di rilievo internazionale delle regioni italiane

La competenza a stipulare trattati internazionali non rientra fra le attribuzioni delle regioni italiane. Al massimo il DPR n.616 del '77 ammette attività promozionali relative alle materie di loro competenza solo ed esclusivamente previa intesa con il governo e nell'ambito degli indirizzi e degli atti di coordinamento esercitati dallo stato.

Coerentemente a tale impostazione troviamo diverse sentenze della Corte Costituzionale che ha anche annullato alcuni accordi conclusi da regioni italiane con enti territoriali stranieri 8fra gli altri il referendum sardo del '88 sulla presenza in sardegna di basi militari straniere.

Essa ha invece riconosciuto la legittimità delle cosiddette attività di mero rilievo internazionale delle regioni, aventi in genere finalità di studio o di informazione in materie tecniche oppure la previsione di partecipazioni a manifestazioni dirette ad agevolare il progresso culturale o economico in ambito locale, ovvero, infine, l'enunciazione di propositi diretti ad armonizzare unilateralmente le rispettive condotte. In ogni caso previo indispensabile assenso del governo, che ha potere di diniego in caso di mancata armonia con l'indirizzo politico generale.


Si può anche segnalare un sia pure limitato ruolo delle regioni e di altri enti autonomi italiani in materia di attività di rilievo transfrontaliero, essendo l'Italia divenuta parte della Convenzione europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali (Madrid '80) e che intende rafforzare e sviluppare i rapporti di vicinato tra collettività o autorità territoriali con la conclusione di accrodi e intese utili in tale senso. La legge di esecuzione della convenzione subordina tali attività ad accordi bilaterali presi con gli stati confinanti contenenti la indicazione delle materie che possono essere oggetto di accordi e intese, ed in oltre pone la condizione che non si rechi pregiudizio agli interessi politici ed economici nazionali, alla difesa e all'ordine e alla sicurezza pubblici.

Una legge del '91 prevede ancora particolari norme per la cooperazione fra la regione Friuli Venezia Giulia, nell'ambito della collocazione del suo territorio, e alcuni paesi (Austria, Paesi dell'europa centrale e balcanica e Unione sovietica).


l'adattamento del diritto italiano ai trattati internazionali tramite il procedimento dell'ordine di esecuzione

Vediamo ora i procedimenti attraverso i quali l'Italia adegua il proprio ordinamento interno agli obblighi contenuti nei trattati internazionali.

Non si rinviene nel nostro ordinamento giuridico alcuna disposizione di carattere generale che preveda la adozione di un determinato meccanismo per l'adattamento del diritto interno agli obblighi preisti da norme internazionali convenzionali.

Nella pratica il procedimento più seguito è quello del cosiddetto ordine di esecuzione: ossia nella emanazione di un atto legislativo, senza formulare direttamente norme materiali di diritto necessarie per la attuazione del trattato, e limitandosi a dare piena e intera esecuzione al trattato stesso, di cui viene integralmente riprodotto in allegato il testo. Nella pratica spesso l'ordine di esecuzione è contenuto nel medesimo provvedimento che contiene anche la autorizzazione alla ratifica del trattato da parte delle Camere al Capo dello stato.

Si pone così in essere un meccanismo del tutto analogo a quello dello art. 10 della costituzione già visto per le norme generali del diritto consuetudinario internazionale.

Ovviamente per le modificazioni del trattato, causate per esempio dalla ratifica con riserva di determinati stati, si riferiscono automaticamente anche alla normativa in vigore in Italia. Per es. trattato sulla estradizione. Si aggiunge un altro stato e automaticamente le stesse norme vengono a valere anche per la estradizione nei confronti di quello stato.

L'ordine di esecuzione sarà poi un atto di legislazione ordinaria, costituzionale, a secondo della natura delle norme interne che per effetto dell'ordine di esecuzione stesso vengono ad essere modificate, con le relative conseguenze necessarie per quanto attiene alla gerarchia di tali norme. Manca infatti una disposizione che per esempio esiste nell'ordinamento francese la quale stabilisce la superiorità gerarchica delle norme derivanti da trattati o accordi ratificati dopo la loro pubblicazione e a condizione di reciprocità con gli altri paesi.

Ma in tal modo può accadere in Italia che una lex posterioris causi la abrogazione o la modificazione di una norma di tale tipo determinanco così la inadempienza internazionale.

Per la mancanza di una norma analoga a quella francese non si ritiene di potere considerare le leggi in questione dotate di forza di resistenza speciale. Piuttosto vengono in aiuto il criterio di specialità e una presunzione di conformità dell'ordinamento interno agli obblighi internazionali. Presunzione e criterio che possono essere superati dimostrando le gravi ragioni d'ordine interno per le quali lo stato abbia voluto sottrarsi agli obblighi internazionali.


Si ricorda ancora che qualora sia dato con legge, l'ordine di esecuzione potrà ovviamente essere sottoposto al giudizio della Corte Costituzionale (viene ricordata una sentenza del '79 relativa ad un accordo di estradizione verso la Francia in cui si contemplava la estradizione anche per reati che in quel paese prevedevano la pena di morte e che implicavano la violazione dello art. 27 Cost.


il c.d. procedimento ordinario di adattamento alle regole internazionali non self-executing

Abbiamo visto i due meccanismi di adattamento del diritto italiano alle regole internazionali:

- per quelle generali ex art. 10 Cost.;

- per quelle convenzionali mediante l'ordine di esecuzione.

Essi possono funzionare solo in presenza di una condizione:

che le norme internazionali in questione siano self - executing.

Una norma internazionale è self-executing quando contiene in sé tutti gli elementi idonei a consentire, a chi debba applicare le norme interne di adattamento, di ricavare, dal contenuto della norma internazionale, il contenuto delle norme interne che servono a dare esecuzione alla norma internazionale.

In tali casi occorre che il contenuto specifico delle norme fa applicare sia determinato e la applicazione di quei meccanismi automatici non è più possibile.

In sostituzione ad essi opera allora il cosiddetto:

procedimento ordinario di adattamento, dove l'aggettivo ordinario indica che in ogni caso si sarebbe potuto ricorrere ad esso, sebbene i mezzi già visti siano più semplici e veloci. Esso consiste nella emanazione di un provvedimento legislativo che direttamente e specificamente formula le norme idonee a porre nell'ordinamento italiano tutte le modifiche necessarie per adempiere all'obbligo internazionale.

Si tratta di norme che non si distinguono in nulla dalle altre norme interne e, importantissimo, non sono influenzate dalle vicende della norma internazionale, cui, talora, non fanno neppure riferimento. La loro stessa entrata in vigore segue solo le prescrizioni della vacatio legis, senza dipendere dalla entrata in vigore della norma internazionale. Ancora la estinzione o la modificazione della norma internazionale non provoca influenze sulle norme di adattamento interne emanate.

In una sentenza del 1981 la Corte internazionale ha precisato che il referendum abrogativo è inammissibile anche per le norme di adattamento in via ordinaria a un trattato internazionale, purché nell'emanazione di esse non vi sia margine di discrezionalità quanto alla loro esistenza e al loro contenuto.


l'adattamento al diritto delle comunità europee: il primato del diritto comunitario

L'adattamento del diritto italiano ai trattati istitutivi delle tre Comunità Europee e alla normativa da loro di conseguenza emanata (c.d. diritto comunitario derivato) costituisce ovviamente un tema di particolare importanza.

L'Italia ha provveduto all'adattamento del suo diritto interno ai trattati istitutivi attraverso ordine di esecuzione dato con legge.

E' però importante notare che la Corte Costituzionale ha ritenuto che i trattati istitutivi della Comunità europea rientrino nella previsione dello art. 11 Cost.

Ciò vale a dotare alle norme che li rendono esecutivi di una forza giuridica particolare, una speciale copertura costituzionale che è stato il risultato di un processo di elaborazione teorica svoltasi nel tempo, testimoniato dalle sentenza della Corte stessa che erano all'inizio partite proprio nel senso posto a quello al quale infine sono approdate.

In una fase intermedia essa sostenne che le norme anteriori a quelle comunitarie vengono abrogate da queste ultime, mentre in caso di contrasto fra queste e norme successive è necessario sollevare la questione della loro legittimità alla Corte Costituzionale. Un sistema lento e macchinoso.

Nella fase finale, dopo che la Corte di Giustizia delle comunità europee aveva dissentito con l'orientamento della nostra Corte Costituzionale a favore della applicazione integrale del diritto comunitario da parte del giudice nazionale, anche in caso di esistenza di qualsiasi altra norma in contrasto, è stato sancito anche dalla Corte Costituzionale il primato del diritto comunitario sul diritto interno, tramite la protezione dello art. 11 Cost. e con la considerazione che si tratta di norme appartenenti ad un diritto diverso da quello interno. E' per questo ultimo motivo che esse hanno l'effetto non di abrogare la norma interna incompatibile, bensì di impedire che tale norma venga in rilievo per la definizione della controversia innanzi al giuice nazionale.


Coerentemente con la posizione sopra esposta la Corte Costituzioanale nel '83 ha sentenziato escludendo sia possibile sottoporre le norme comunitarie a giudizio di costituzionalità, facendo sempre salva la possibilità di controllare la osservanza dei principi fonadamentali dell'ordinamento italiano e dei diritti inalienabili della persona umana (contrasto definito "pur sempre possibile" benché "sommamente improbabile").

segue: l'adattamento agli atti derivati dai trattati istitutivi delle comunità europee

La legge che ha dato esecuzione in Italia al trattato istitutivo della C.E.E. ha comportato il recepimento anche dello art. 189 di tale trattato, il quale definisce gli atti aventi natura normativa che gli organi comunitari - il Consiglio e la Commissione - possono adottare per l'assolvimento dei loro compiti. Di conseguenza per una serie di importanti materie che rientrano nella competenza comunitaria la funzione legislativa non è più esercitata dalle due Camere ma dalle istituzioni di una organizzazione internazionale di cui l'Italia è parte.

Vediamo i singoli atti comunitari:

il regolamento: ha portata generale ed è obbligatorio in tutti i suoi elementi ed è direttamente applicabile in ciascuno degli stati membri. Dunque per effetto del solo ordine di esecuzione dei trattati CEE il nostro ordinamento risulta automaticamente modificato per adeguarsi ai regolamenti. Non occorrono appositi atti interni di recezione o di adattamento: i regolamenti sono pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee ed entrano in vigore, in tutti gli stati membri, alla data da essi stabiliti, ovvero in mancanza, nel ventesimo giurno successivo alla pubblicazione.

Ovviamente ciò non vale per i regolamenti che debbano essere integrati dal legislatore nazionale per la loro applicazione, come quelli non self-executing, o, secondo la dizione della Corte Costituzionale, che non presentano completezza di contenuto dispositivo.

la direttiva: essa vincola lo stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi. Essa sarà allora normalmente e tipicamente non self-executing e l'ordinamento italiano vi si adatta in genere attraverso il metodo ordinario, attraverso leggi (spesso decreti legislativi in base a leggi di delega) o atti amministrativi.



Però, se si dovesse trattare di una direttiva particolarmente dettagliata e contenente tutti gli elementi necessari alla vigenza, nulla impedisce che possa adottarsi l'adattamento automatico.

Tuttavia anche in caso di direttiva non dettagliata i cui risultati indicati siano incompatibili con normativa interna vigente, quest'ultima risulta automanticamente abrogata senza attendere apposito provvedimento di adattamento interno.

la decisione: la decisione è obbligatoria in tutti i suoi elementi per i destinatari da essa designati e l'ordinamento interno potrà ritenersi automanticamente adattato, nei limiti in cui essa sia self-executing.


Ancora si tenga presente che è previsto che entro il 31 gennaio di ogni anno il ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie verifichi lo stato di conformità dell'ordinamento interno all'ordinamento comunitario e sottoponga al Consiglio dei ministri, di conderto con il ministro degli affari esteri e gli altri ministri interessati, un disegno di legge (detta legge comunitaria) recante le disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dalla appartenenza dell'Italia alle Cominità europee.


Infine, per quanto attiene la competenza comunitaria a stipulare trattati internazionali si osservi che in conseguenza all'ordine di esecuzione si avrà anche l'adattamento del diritto interno alle disposizioni del trattato internazionale concluso con la C.E.E.

Importante è ricordare che la Corte di Giustizia delle Comunità Europee ha più volte ammesso in via di principio, e talora applicato in casi specifici, l'idea che i privati possano invocare davanti a giudici nazionali degli stati disposizioni self-executing di accordi conclusi sa una delle tre Comunità.


adattamento al diritto internazionale e comunitario e competenze regionali

Anche le regioni, come qualsiasi altro organo in cui si articola lo stato sono tenute ad osservare gli obblighi derivanti dal diritto internazionale, come confermato dai singoli statuti regionali.

Come noto allo art. 117 Cost. è disciplinato il potere normativo delle regioni per le materie ivi indicate, nell'ambito dei limiti stabiliti dai principi fondamentali stabiliti dallle leggi dello stato (cosiddette leggi quadro) sempreché le norme stesse non siano in contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre regioni.

Per quanto attiene alle norme internazionali generali consuetudinarie self-executing non vi sono problemi dato l'automatico adeguamento ex art. 10 Cost. Per quelle non self-executing si pongono gli stessi problemi che ora si analizzeranno riguardanti le norme derivanti da trattati internazionali.

Per le norme derivanti da trattati internazionali non vi sono proprio dubbi nel ritenere che l'emanazione dell'ordine di esecuzione spetti in ogni caso al potere centrale. Ma se si tratta di norme non self-executing a seconda del carattere più o meno preciso dell'obbligo si potrà eventualmente avere anche l'intervento delle regioni (per es. nella citata convenzione sulle zone umide habitat di uccelli acquatici che impone la designazione di almeno una zona umida può essere determinante, sulla estensione e la determinazione della zona stessa, l'intervento della regione). Tutto ciò non toglie che la competenza sia solo ed esclusivamente dello stato, perché d'altra parte è allo stato che verrebbe imputata la inadempienza e di conseguenza la responsabilità internazionale di essa.

Dopo varie prese di posizione della Corte Costituzionale i rapporti fra stato e regione in materia di normativa internazionale si possono chiarire con la valutazione del D.P.R. n.616 del '77, il quale dispone che nelle materie di loro competenza le regioni svologono le funzioni amministrative relative alla applicazione dei regolamenti della C.E.E., mentre la competenza alla attuazione delle direttive spetta alle regioni quando le direttive siano fatte proprie con legge dello stato che indica espressamente le norme di principio.

Se poi la regione è inattiva lo stato può intervenire in sua sostituzione.


Un ampliamento del potere delle regioni nella attuazione della normativa comunitaria si è invece avuta con la legge n.86 del '89, attraverso la quale si è acconsentito che le regioni a satuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano possano dare immediata attuazione alle direttive comunitarie ma solo per le materie di competenza esclusiva. Per quelle di competenza concorrente possono dare attuazione alle direttive dopo la entrata in vigore della prima legge comunitaria successiva alla notifica della direttiva. Rimane comunque stabilito anche per le materie di competenza esclusiva il limite dell'adeguamento alla legge dello stato. In tale legge è poi ribadito il diritto di intervento dello stato in caso di inerzia della regione od anche di altri enti pubblici.

Rimane infine prerogativa del potere esevutivo la attività di indirizzo e coordinamento delle regioni nelle materie cui hanno riguardo le direttive. A proposito dell'adeguato coordinamento tra i vari enti la legge n.183 del '87 ha istituito nell'ambito della presidenza del consiglio dei ministri un Dipartimento per il coordinamento delle politiche comunitarie, cui spetta anche il compito di provvedere al coordinamento delle attività delle regioni in sede comunitaria.

La promozione e la coordinazione della azione del governo spetta al Presidente del Consiglio, il quale, su proposta del Ministro per il coordinamento delle politiche comunitarie convoca almeno ogni 6 mesi una sessione speciale della Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le provincie autonome.



II) QUADRO SINTETICO DELLE FUNZIONI DI PRODUZIONE, ACCERTAMENTO ED ATTUAZIONE COATTIVA DEL DIRITTO INTERNAZIONALE


a)Fonti del diritto internazionale:


1°-grado:Norme Consuetudinarie


2°-grado:Accordi


3°-grado:Procedimenti previsti da accordi


b) Per quanto riguarda il terzo grado, normalmente NON ha potere vincolante, bensì è una RACCOMANDAZIONE.

A volte però (per es. CEE)si registrano casi in cui tali procedimenti contengono forza vincolante.


c ) Nel diritto internazionale l'ARBITRATO è la regola.


d) L'unico mezzo per assicurare coattivamente l'osservanza delle norme nel D.I. è l'AUTOTUTELA.


e) Pur riconoscendone l'autorità, il D.I. non deve essere così POTENTE da compromettere i valori fondamentali della comunità statale(di solito costituzionalmente protetti).


III) LO STATO COME SOGGETTO DI DIRITTO INTERNAZIONALE. ALTRI SOGGETTI E PRESUNTI TALI.


a) STATO:


-COMUNITA': insieme di persone che vivono nella stessa terra e che sono soggetti alle stesse leggi


-ORGANIZZAZIONE: insieme di TUTTI gli organi che partecipano all'esercizio del governo


=> il soggetto al quale si riferisce il D.I. è lo STATO-ORGANIZZAZIONE


b) Criteri fondamentali per attribuire soggettività ai governi:


EFFETTIVITÀ: il governo esercita effettivamente il proprio potere su di una comunità TERRITORIALE.


INDIPENDENZA: l'organizzazione del governo non deve dipendere da un altro stato.

(N.B.:il RICONOSCIMENTO non è fondamentale perché appartiene alla sfera degli atti politici).


c) Problema particolare degli insorti: non sono soggetti al D.I., a meno che non riescano a costituire una organizzazione di governo che eserciti  su di una parte di territorio.


d) NON sono soggetti al D.I. i singoli individui poiché la loro personalità è confinata agli ordinamenti sottostanti(di diritto interno).





IV)IL DIRITTO INTERNAZIONALE GENERALE.

LA CONSUETUDINE E I SUOI ELEMENTI COSTITUTIVI


a) Le NORME che vincolano TUTTI gli Stati (anche quelli che non hanno partecipato alla loro formazione) HANNO NATURA CONSUETUDINARIA.

=>CONSUETUDINE INTERNAZIONALE: comportamento costante ed uniforme tenuto dagli Stati.

E' caratterizzata da due elementi:


RIPETERSI DEL COMPORTAMENTO ( "diuturnitas " o " prassi")


CONVINZIONE DELL'OBBLIGATORIETÀ' del comportamento("opinio juris ac necessitatis)



b) Quali organi dello Stato concorrono nel procedimento di formazione della norma consuetudinaria?

Non solo quelli del potere esterno, ma più in generale TUTTI gli organi statali

=>possono concorrere sia gli atti ESTERNI che gli atti INTERNI di uno Stato (questi ultimi concorrono soprattutto alla formazione delle norme consuetudinarie che sono destinate a ricevere applicazione all'interno dello Stato).


c) Le norme consuetudinarie si impongono anche agli stati di nuova formazione.

C'è chi non accetta questa tesi.

=> soluzione:(...)..quando una regola è fermamente e ripetutamente contestata dal più degli Stati appartenenti ad un gruppo, essa non solo non è imponibile a quelli che la contestano ,ma non è neppure da considerarsi esistente come regola consuetudinaria.


d) Esistono anche consuetudini PARTICOLARI, le quali vincolano solo una ristretta cerchia di Stati(ma N.B.: non è scomponibile in relazione ai singoli Stati).

L'unico limite che trovano è l'esistenza di un qualche organo giurisdizionale destinato a vegliare sul rispetto del trattato istitutivo al quale vengono applicate tali norme particolari.


V)I PRINCIPI GENERALI DI DIRITTO RICONOSCIUTI DALLE NAZIONI CIVILI


a) ART. 38 Corte Internazionale di Giustizia: annovera tra le fonti i principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili; (n.b. : promanano dai principi statali ).

Sono necessari 2 requisiti perché i principi statali possano essere applicati a titolo di principi generali di diritto internazionale :


1-devono esistere ed essere uniformemente applicati nella più gran parte degli Stati.


2-devono essere sentiti come obbligatori anche dal punto di vista internazionale.


=> così strutturati i principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili non costituiscono altro che una categoria sui generis di norme consuetudinarie internazionali;

l'opinio juris dovrà essere accertata volta per volta.


b)Lo Stato che nel suo ordinamento non avesse mai considerato tali principi, accolti invece dalla maggior parte degli Stati, potrà farne applicazione ,laddove il suo ordinamento interno imponga l'osservanza al Diritto Internazionale.


c)Alla categoria dei principi generali possono benissimo appartenere quei diritti che derivano dalle situazioni tipiche del diritto interno(=> non solo disciplinano rapporti tra Stati, ma anche, per es., tra Stati e stranieri, Stati e loro sudditi...).


VI)ALTRE PRESUNTE NORME GENERALI NON SCRITTE


a) Una parte della dottrina ha tentato di porre addirittura al di sopra delle norme consuetudinarie un'altra categoria di norme generali NON scritte: I PRINCIPI. Secondo tali autori i principi si dividerebbero in FORMALI(per quanto riguarda l'osservanza delle consuetudini e degli accordi) e MATERIALI(disciplinano direttamente i rapporti tra Stati).Questi ultimi verrebbero di fatto decisi dagli Stati più potenti, i quali, in virtù del potere esercitato, avrebbero la possibilità di ricostruirli indipendentemente dall'uso.

E' proprio da quest'ultimo punto che deriva la critica che rende inaccettabili tali principi: sarebbero infatti privi degli elementi di stabilità e continuità(dato che verrebbero imposti all'inizio, ma non sarebbero più seguiti successivamente).


b) Si ritiene che all'equità (comune sentimento del giusto e dell'ingiusto )NON possa ricorrere il giudice internazionale nel risolvere le questioni.

Purtuttavia si ritiene che l'equità sia elemento importante nel procedimento di formazione del D.I.


VII)INESISTENZA DI NORME GENERALI SCRITTE.

A) IL VALORE DEGLI ACCORDI DI CODIFICAZIONE


a)Non esistendo nell'ambito della Comunità internazionale un'autorità dotata di poteri legislativi, il TRATTATO E' L'UNICO STRUMENTO adoperabile per la trasformazione del diritto NON scritto in diritto scritto.

Passi in avanti si sono fatti con la "Commissione di diritto internazionale delle Nazioni Unite".

Tale Commissione, formata da individui che vi siedono a titolo personale, ha il compito di provvedere alla preparazione di testi di codificazione delle norme consuetudinarie relative a determinate materie.

GLI ACCORDI DI CODIFICAZIONE VINCOLANO GLI STATI CONTRAENTI, MA SOLO LORO .


b) Ricambio delle norme codificate: in teoria gli accordi di codificazione sono stipulati per una durata illimitata.

Tuttavia nulla vieta che il diritto consuetudinario successivo abroghi quello pattizio anteriore; è però necessario dimostrare che la norma abrogatrice si sia formata con il concorso degli Stati contraenti, e che questi la intendano come applicabile anche nei rapporti inter sè.


VIII) LE DICHIARAZIONI DI PRINCIPI DELL'ASSEMBLEA GENERALE DELL'O.N.U.


a) Valore delle dichiarazioni di principi emanate dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite: non sono vincolanti .Sono RACCOMANDAZIONI.

Rivestono tuttavia un ruolo ormai importante ai fini dello sviluppo del diritto internazionale.


IX)I TRATTATI.

PROCEDIMENTO DI FORMAZIONE E COMPETENZA A STIPULARE


a) Trattato(o convenzione, o patto, o accordo):l'incontro delle volontà di due o più Stati, dirette a regolare una determinata sfera di rapporti riguardanti questi ultimi.

Possono dar vita sia a regole MATERIALI(norme che  disciplinano direttamente i rapporti tra i destinatari)che a regole FORMALI(norme che si limitano ad istituire fonti per la creazione di ulteriori norme).


b)I trattati sottostanno ad una serie di norme consuetudinarie che ne disciplinano il procedimento di formazione nonché i requisiti di validità ed efficacia.

IL COMPLESSO DI TALI NORME COSTITUISCE IL DIRITTO DEI TRATTATI.

N.B.: Convenzione di Vienna ('69) sul diritto dei trattati :si occupa di accordi stipulati tra Stati.

La Convenzione è largamente riproduttiva del diritto consuetudinario (le norme innovative non hanno però valore retroattivo; in più:

le norme innovative della C.d.V. devono applicarsi anche nel caso di accordi multilaterali cui partecipino Stati terzi, ovviamente solo nei rapporti tra Stati legati dalla Convenzione).


c) Nel diritto internazionale vige la più ampia libertà in materia di forma e di procedura di un accordo =>l'accordo può risultare da ogni genere di manifestazione di volontà degli Stati, purchè di identico contenuto e purchè dirette ad obbligarli.


d) PROCEDIMENTO (NORMALE O SOLENNE) DI FORMAZIONE DEI TRATTATI:


NEGOZIAZIONE: di competenza dei plenipotenziari,   e che consiste nella predisposizione dell'accordo


FIRMA:

non più unanimità, bensì, magari combinata con quest'ultima, la maggioranza (soprattutto se gli Stati sono molti)

non comporta ancora alcun vincolo per gli Stati.


RATIFICA:da parte dell'organo ad esso preposto (una volta il Capo dello Stato),che

significa che i plenipotenziari si sono attenuti al mandato ricevuto.


Per quanto riguarda l'Italia:


ART.(COST.) N° 80,87,89:


80: è il PDR a ratificare, previa, quando occorre, l'autorizzazione delle Camere.


87: casi in cui è necessaria l'autorizzazione delle Camere :per politica, regolamenti giudiziari, variazioni di territorio, oneri finanziari, modificazioni di leggi


89: nessun atto del PDR è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità.


PER L'ITALIA QUINDI la ratifica è di competenza dell' ESECUTIVO con l'aggiunta, a volte, del LEGISLATIVO (ADESIONE(=RATIFICA):ratifica di un trattato predisposto da altri. E' possibile solo se il trattato è aperto).


SCAMBIO DELLE RATIFICHE: atto col quale la volontà dell'organo ratificante viene portata a conoscenza delle controparti.

Può avvenire mediante SCAMBIO(=> l'accordo si

perfeziona automaticamente)o DEPOSITO(via via

che le ratifiche vengono depositate l'accordo

si forma tra gli Stati depositanti; è, di solito,

previsto un numero minimo di partecipanti).


E' però possibile utilizzare altri procedimenti diversi; si distinguono allora a seconda che sfocino nella ratifica(=> il metodo è fondamentalmente uguale a quello solenne),o a seconda che si utilizzi una manifestazione di volontà diversa delle parti.

Una delle più importanti tra questa seconda categoria è sicuramente la prassi che porta all'accordo in forma semplificata: tale accordo entra in vigore per effetto della sola sottoscrizione del Testo da parte dei plenipotenziari quando:


il trattato prevede che la firma avrà tale effetto


2) è in altro modo stabilito che gli Stati partecipanti ai negoziati abbiano convenuto di attribuire tale effetto alla firma


3) l'intenzione dello Stato di dare tale effetto alla firma risulta dai pieni poteri del suo rappresentante o è stato espresso nel corso della negoziazione; si può quindi affermare che in tale categoria ricadano tutti quegli accordi che NON prevedono la ratifica.




e) (N.B.)Accordi in forma semplice in Italia: la stipulazione in forma semplice è da escludere solo per materie di cui all'art.80;in tutti gli altri casi l'Esecutivo è libero di decidere se stipulare direttamente o far ratificare dal Capo dello Stato.


f) problema: se l'Organo che stipula l'accordo NON ha

competenza o comunque non segue forme o procedure previste dal diritto interno, che conseguenze ne derivano?

Risposta: è sicuramente da ritenere invalido un trattato in caso di mancato intervento di un organo dotato di potere decisionale effettivo.

In più: una simile intesa acquisterà valore di vero e proprio accordo internazionale in senso giuridico nel momento in cui l'organo messo da parte manifesti esplicitamente o implicitamente il suo assenso, e purchè esso adoperi lo stesso strumento formale previsto dalla Costituzione per il suo intervento.

(Per le Regioni: è PRECLUSO il diritto a stipulare accordi internazionali...MA: è loro riconosciuta la competenza ad eseguire gli accordi).


g) Per quanto riguarda la competenza degli organi delle organizzazioni internazionali a stipulare accordi, bisogna rifarsi allo Statuto, o a eventuali regole consolidate dalla prassi delle organizzazioni.


X)INEFFICACIA DEI TRATTATI NEI CONFRONTI DEGLI STATI TERZI.

L'INCOMPATIBILITÀ' TRA NORME CONVENZIONALI.


a) E' inefficace il trattato internazionale nei confronti degli Stati non contraenti.

Nel caso in cui gli Stati si impegnino a tenere comportamenti vantaggiosi per Stati terzi, c'è da dire che finchè tali Stati terzi non partecipino a quegli accordi, le parti contraenti saranno sempre libere di revocarli.

In più: il consenso di tali Stati terzi si presume finchè non vi siano indicazioni contrarie e sempre che il trattato non disponga altrimenti.


b)Per quanto riguarda il problema dell'incompatibilità fra le norme convenzionali, valgono due principi:


1-SUCCESIONE DEI TRATTATI NEL TEMPO


2-INEFFICACIA DEI TRATTATI PER I TERZI


(N.B.: due o più parti di un trattato NON possono concludere un accordo mirante a modificarlo, sia pure nei loro rapporti reciproci, quando la modifica è vietata nel trattato multilaterale o pregiudica la posizione delle altre parti contraenti o, ancora, è incompatibile con la realizzazione dell'oggetto e dello scopo del trattato nel suo insieme.

E' possibile ovviare a queste problematiche introducendo nei trattati CLAUSOLE DI COMPATIBILITA' o SUBORDINAZIONE).







XI)LE RISERVE NEI TRATTATI


a)A parte tutta l'evoluzione storica e le varie tendenze in tema di "riserve", oggi si possono riconoscere valide le seguenti considerazioni:


1-le riserve sono ammissibili se NON sono espressamente vietate dal trattato, o incompatibili con l'oggetto o lo scopo di quest'ultimo


2-l'accetazione di una riserva (manifestata in qualsiasi modo),da parte di un altro Stato contraente, elimina ogni questione nei rapporti tra gli Stati in questione


3-l'obiezione avanzata contro una riserva impedisce il formarsi del vincolo contrattuale tra gli Stati in questione, salvo che all'obiezione si accompagni una chiara volontà in tal senso


4-le riserve inammissibili comportano la non partecipazione del loro autore al trattato, salvo che lo stesso autore abbia manifestato una volontà contraria .


b)Disciplina della competenza a formulare le riserve nell'ordinamento italiano:


1-la riserva aggiunta dal Governo e dichiarata all'atto del deposito della ratifica è valida per il diritto costituzionale, quindi è valida anche per il diritto internazionale


2-se il Governo NON tiene conto di una riserva formulata dal legislativo, allora è valido lo stesso principio della competenza (già visto in precedenza):per la parte coperta dalla riserva sarà configurabile una violazione grave del diritto interno, e quindi lo Stato non resta impegnato per quella parte finchè il Parlamento non revochi espressamente o implicitamente la riserva.


XII)L'INTERPRETAZIONE DEI TRATTATI


a)Esistono due metodi dei quali espongo adesso, ma è necessario dire che di fatto il primo è stato tendenzialmente abbandonato:


I° -il primo è definito come METODO SUBIETTIVISTICO e, affondando le radici nel regime dei contratti interni, stabiliva che nell'interpretare un trattato era assolutamente necessario ricercare la volontà effettiva delle parti,piuttosto che rifarsi alla volontà dichiarata


II° -il secondo metodo, oggi l'unico seguito dalla maggior parte dottrina, è definito METODO OBIETTIVISTICO, e, in contrapposizione al primo, detta che è corretto..." attribuire al trattato il senso che è fatto palese del suo testo, che risulta dai rapporti di connessione logica intercorrenti tra le varie parti del testo, che si armonizza con l'oggetto e la funzione dell'atto, quali dal testo sono desumibili(...)".


Oltre a questo vi sono alcune regole valide quali quelle che attribuiscono la migliore interpretazione alla parte più onerata o al contraente più debole,oppure quella che comunque permetta di assegnare una funzione alle norme.


b)E' inoltre opinione comune che sia ormai necessario abbandonare l'interpretazione restrittiva a favore di quella estensiva e analogica.

Questo perchè si ritiene che la prima sia eccessivamente limitativa delle sovranità e libertà degli Stati.

Di parere opposto, ma proprio perché estrema, anch'essa rifiutata, è la TEORIA DEI POTERI IMPLICITI, secondo la quale ogni organo disporrebbe non solo dei poteri espressamente attribuitigli dalle norme costituzionali ,ma anche di tutti i poteri necessari per l'esercizio dei poteri espressi.

L'unico caso in cui tale teoria può essere utilizzata  è quello in cui si resti nei limiti di una interpretazione estensiva, e qualora comunque serva per garantire ad un organo il pieno esercizio delle funzioni che il trattato istitutivo dell'organizzazione gli assegna.

E' Infine opinione diffusa ormai quella di rifiutare le interpretazioni UNILATERALISTCHE, le quali permetterebbero ad ogni trattato di assumere significati diversi a seconda dello Stato contraente

=>PER CHIARIRE IL SIGNIFICATO DI UNA DISPOSIZIONE PATTIZIA NON E' POSSIBILE RICORRERE ALLE NORME DI DIRITTO INTERNO PROPRIE DI CIASCUNO STATO CONTRAENTE.


XIII)LA SUCCESSIONE DEGLI STATI NEI TRATTATI


a)Esistono tre ipotesi.


1-distaccamento di una parte di Stato da un

altro


2-smembramento:uno Stato si estingue e sul

suo territorio si formano due o più Stati

nuovi


3-mutamento di Governo nell'ambito di una

Comunità statale, senza che il territorio

subisca mutamenti o diminuzioni


Il problema è quindi il seguente:


COSA SUCCEDE AI DIRITTI E OBBLIGHI INTERNAZIONALI CHE FACEVANO CAPO ALLO STATO PRECEDENTE ?


Disposizioni di carattere generale:


I°) Lo Stato che in qualsiasi modo si sostituisce ad un altro nel Governo di una Comunità internazionale è vincolato dai trattati o dalle clausole di un trattato di NATURA REALE (i cosiddetti trattati LOCALIZZABILI).

(Esempi: servitù, libertà di navigazione, smilitarizzazione di determinate aree...).

UNICO LIMITE: ACCORDI CON PREVALENTE CARATTERIZZAZIONE POLITICA.


II°) Lo Stato che subentra nel Governo di un territorio NON è, in linea di principio, vincolato dagli accordi conclusi dal predecessore(principio della TABULA RASA).


b)Vari casi e conseguenze:


IPOTESI

1-A:una parte di territori si aggiunge(per cessione o per conquista)ad un altro Stato=>

*tabula rasa per accordi precedenti

*subentra negli accordi vigenti nello Stato "ampliato".


1-B:una parte si stacca e da questa si formano nuovi Stati=>

*tabula rasa,salvo nuovo accordo con controparti

(se il nuovo accordo avviene mediante NOTIFICAZIONE DI SUCCESSIONE allora ha valore retroattivo; se avviene mediante ADESIONE acquista valore ex nunc).


2:smembramento (se nessuno degli Stati formati mantiene la forma di Governo precedente) per distacco:

*tabula rasa salvo notifica.

(Esistono anche:    INCORPORAZIONE: tutto uno Stato confluisce in un altro

=>come ipotesi 1-A

FUSIONE: due o più Stati si estinguono e danno vita ad uno nuovo

=>è libero da impegni pattizi

N.B.: queste due ipotesi non presentano le soluzioni indicate nel caso in cui si dia vita ad una organizzazione di tipo federalistico, con il quale ognuno mantiene un elevato grado di autonomia)


3: mutamento di Governo: successione dei diritti e degli obblighi da parte del successore (salvo per i trattati incompatibili con nuovo regime)


c) problema della successione nel debito pubblico:

non succede; tabula rasa fuorchè per debiti localizzabili, cioè per debiti contratti con esclusivo riguardo al territorio oggetto del cambiamento di sovranità.


XIV)CAUSE DI INVALIDITA' E DI ESTINZIONE NEI TRATTATI


a) La disciplina di tale materia è costituita da quella particolare categoria di norme consuetudinarie formata dai principi generali del diritto


b) Cause di invalidità:(classici vizi della volontà)errore essenziale, dolo, corruzione dell'organo stipulante, violenza esercitata sull'organo stipulante...


c) Cause di estinzione: condizione risolutiva, termine finale, denuncia, recesso, inadempimento, sopravvenuta impossibilità dell'esecuzione, abrogazione...


d) Problema della violenza: ART. 52 CONVENZIONE DI VIENNA: è nullo qualsiasi trattato la cui conclusione sia stata ottenuta con la minaccia o con l'uso della forza(armata) in violazione dei principi della Corte delle Nazioni Unite(non sono ivi incluse però pressioni politiche o economiche ancorchè illecite).


e) Problema dei trattati ineguali: NON sono invalidi, però, di fatto, si ricorre ad interpretare in modo restrittivo certe clausole particolarmente favorevoli agli Stati vincitori(evidentemente si stipulano in caso di guerre...)


f) Clausola di estinzione importante: clausola SIC REBUS STANTIBUS: si ritiene che il trattato si estingua in tutto o in parte per il mutamento delle circostanze di fatto esistenti al momento della stipulazione (purchè si tratti di circostanze essenziali, senza le quali i contraenti non si sarebbero indotti al trattato o ad una sua parte).


g) Effetto della guerra sui trattati: si considerano estinte soltanto quelle convenzioni che, per la loro stessa natura, per la materia di cui si occupano e per gli interessi che tutelano, siano incompatibili con lo stato di guerra; si dovrà quindi verificare volta per volta se la guerra abbia determinato un mutamento radicale delle circostanze esistenti al momento della conclusione del trattato.


h) Automaticità operativa delle cause di invalidità e di estinzione: il problema non è relativo a quelle cause per le quali l'automaticità opera per definizione, o a quelle per le quali l'automaticità è esclusa a priori, bensì per la maggior parte delle cause la cui automaticità NON è ben definita;

l'automaticità va in linea di massima riconosciuta, ma ha come limite il fatto che deve essere circoscritta al caso concreto.


i) Denuncia :con tale atto formale si esplica la volontà dello Stato di sciogliersi una volta per tutte dal vincolo contrattuale. Deve essere operata dagli Organi competenti a manifestare la volontà dello Stato in ordine ai rapporti internazionali.

l)Procedura per far valere l'invalidità o l'estinzione:

lo Stato in causa deve notificare per iscritto alle controparti.

Se dopo minimo tre mesi non vengono manifestate obiezioni, con un atto comunicato alle parti (firmata da chi ha il potere di farlo) si dichiara di non essere più vincolati dal trattato:

In caso di obiezioni si deve cercare con mezzi pacifici una soluzione alla controversia entro 12 mesi.

Se non si trovano soluzioni, ci si deve rivolgere ad una commissione (dell'ONU),il cui parere è meramente esortativo => di fatto permane una situazione di paralisi perpetua.


XV)LE FONTI PREVISTE DA ACCORDI

IL FENOMENO DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI

A)LE NAZIONI UNITE


a) I trattati possono contenere, oltre alle regole materiali, anche regole FORMALI o STRUMENTALI: si tratta di regole che istituiscono ulteriori procedimenti o fonti di produzioni di norme.

Esempio più importante :in tutti i casi in cui un'organizzazione internazionale è abilitata dal trattato che le dà vita ad emanare decisioni vincolanti per gli Stati membri si è in presenza di una fonte prevista da accordo (detta anche fonte di terzo grado).

Però (N.B.) nella sostanza le organizzazioni internazionali sono scarsamente dotate di effettivi poteri vincolanti; la loro è per lo più un'attività di predisposizione di PROGETTI DI CONVENZIONI, nei confronti dei quali gli Stati membri hanno la più ampia libertà di aderirvi; sono quindi atti con valore meramente esortativo: RACCOMANDAZIONI.


B )ONU(1945):Organi principali: Assemblea Generale, Consiglio di sicurezza, Consiglio Economico e Sociale, Consiglio di Amministrazione Fiduciaria, Corte Internazionale di Giustizia, Segretario Generale.


CONSIGLIO DI SICUREZZA:15 membri(5 fissi+10 con durata biennale);competenza limitata(solo mantenimento della pace),ma è il più importante perchè in alcuni casi ha poteri vincolanti (azioni belliche o sanzioni)


ASSEMBLEE GENERALE: sono rappresentati tutti gli Stati; ha competenze vastissime, ma pochi poteri vincolanti(vota con maggioranza dei due terzi la ripartizione delle spese ONU)


CORTE INTERNAZIONALE DI GIUSTIZIA:15 giudici siedono a titolo individuale; riveste la funzione di dirimere le controversie tra Stati, oltre a quella di esercitare funzioni consultive (che non rientrano nella categoria dei pareri vincolanti).


c)Principi fondamentali dell'ONU:


I°->non deve intervenire in questioni che appartengono essenzialmente alla competenza interna di uno Stato


II°->competenze:


1:mantenimento della pace


2:sviluppo delle relazioni amichevoli tra gli Stati fondati sul rispetto del principio dell'uguaglianza, dei diritti e del principio dell'autodeterminazione dei popoli


3:collaborazione in campo economico, culturale ed umanitario


III°->l'attività principale dell'ONU è costituita dalla emanazione di raccomandazioni e dalla predisposizione di progetti di Convenzioni.


XVI) B)GLI ISTITUTI SPECIALIZZATI DELLE NAZIONI UNITE


a)Si tratta di organizzazioni di carattere economico-sociale che si pongono in posizione autonoma rispetto alle NAZIONI UNITE, ma che ad essa si legano mediante accordi.

Le relazioni che ne promanano prevedono scambi di rappresentanti, osservatori, documenti, ricorso a consultazioni in caso di necessità, il coordinamento di rispettivi servizi tecnici, l'impegno della istituzione specializzata di prendere almeno in esame le raccomandazioni dell'ONU...

La funzione di tali istituti è, per lo più, quella di esprimere raccomandazioni; in alcuni casi però emanano a maggioranza decisioni che divengono vincolanti se gli Stati non manifestano entro un certo periodo di tempo la volontà di ripudiarle.


b)Tali istituti specializzati sono:


1) FAO(Food and Agricultural Organization)

Struttura: Conferenza:-si riunisce ogni due anni

-ogni Stato ha un delegato

Consiglio:-18 membri eletti in seno alla Conferenza

Direttore Generale:funzioni molto ampie


2) ILO(International Labour Organization)

Struttura: Conferenza Generale:-4 delegati per Stato(2 per Governo,1 per lavoratori e 1 per datori di lavoro

Consiglio di Amministrazione

Ufficio Internazionale del Lavoro

Direttore Generale: funzioni di segretario


Funzioni:

- emanazione raccomandazioni

- progetti di convenzioni

Poteri :per quanto riguarda la seconda funzione (^),gli Stati membri possono ratificare o meno, ma hanno l'obbligo di presentarli comunque agli organi competenti


3) UNESCO (United Nations Educational Scientific and

Cultural Organization)



Struttura: Conferenza Generale:max 5 persone per Stato, ma un solo voto

Comitato esecutivo:18 membri

Segretario


Funzioni :

garantire l'istruzione,conservare il patrimonio artistico e scientifico...

Poteri: come ILO


4) ICAO(International Civil Aviation Organization)

Struttura: Assemblea:un voto per Stato

Consiglio:21 Stati eletti con criterio di importanza per quanto riguarda i voti, le superfici sorvolate e la rappresentatività geografica

Segretario Generale


Funzioni:

emana le disposizioni sul traffico aereo (maggioranza dei 2/3;in vigore per tutti dopo tre mesi dall'adozione)


5) WHO (World Health Organization)

Funzioni: l'assemblea può emanare(magg.2/3) regolamenti

in tema di procedure per evitare epidemie, di

caratteristiche dei prodotti farmaceutici... .

Tali regolamenti entrano in vigore per tutti,

fuorchè per chi comunica il dissenso


6) IMO(International Marittime Organization)

Funzioni :problemi di sicurezza dei traffici marittimi


Potere: emette raccomandazioni per le quali non esiste

però neppure l'obbligo di sottoporre a ratifica


7) ITU (International telecomunication Union),8) WMO (World

Meteorological Organization),9) UPU (Universal Postal

Union)

Per l'ITU:è dotata di potere vincolante, quindi i suoi

regolamenti hanno forza di trattato internazionale


10) IMF (International Monetary Found),11) IBRCD (International Bank for Reconstruction and Developement),

12) IFC (International Finance Corporation), 13) IDA (International Developememt Association)

E' importante l'IMF

Struttura: Consiglio dei Governatori(organo deliberante)

è composto da 1 Governatore+1supplente perS tato.

Le delibere vengono votate con rappresentanza

proporzionale alla quantità di capitale sottoscritta

Consiglio di amministrazione: funzioni esecutive

Direttore Generale


Funzioni:- promuovere la collaborazione monetaria internazionale, la stabilità dei cambi, l'equilibrio della bilancia dei pagamenti;

-gli Stati membri possono ricorrere alle riserve del fondo(nei limiti della quota conferita)nel caso in cui debbano procurarsi valuta estera per fronteggiare lo squilibrio nella propria bilancia dei pagamenti(tale somma deve però essere restituita entro

3-5 anni)

funzioni IBRD: concede mutui agli Stati membri


14) IFAD (International Found for Agricultural Developement)

Funzione: destinato a contribuire allo sviluppo

dell'agricoltura nei Paesi poveri con alto

deficit alimentare(mediante aiuto o prestiti)


15) WIPO (World Intellectual Property Organization)


16) UNIDO (United Nation's Industrial Deavelopement Organizatiion)

Struttura: Assemblea

Consiglio: composto da 53 membri

Segretario

Funzioni: OPERATIVE






XVII)LE COMUNITA' EUROPEE


a)CEE, CECA, EURATOM:

I loro atti non si limitano a raccomandare, ma vincolano i destinatari; rappresentano esempi più cospicui di FONTI DI NORME INTERNAZIONALI previste da accordi.

Le tre Comunità, pur essendo distinte e separate, agiscono attraverso organi comuni; ogni organo agisce peraltro ora per una, ora per l'altra.


b)Gli scopi di tali Comunità sono rispettivamente:


CECA :attuazione di un mercato comune nel settore carbosiderurgico


EURATOM: attuazione di un mercato comune dei materiali e delle attrezzature per produrre energia atomica a scopi pacifici


CEE: attuare una libera circolazione di MERCI, PERSONE, SERVIZI, CAPITALI; libera concorrenza ,politica agricola e dei trasporti comune, aiuti e incentivi ad imprese, sicurezza sociale, ravvicinamento delle legislazioni.


c)La più gran parte delle norme del trattato CEE sono elastiche, generiche e programmatiche, quindi possono restare lettera morta se gli Organi comunitari non provvedono a metterle in pratica attraverso i loro atti.


d)STRUTTURA:


COMMISSIONE: composta da 17 individui(e NON Stati)

CEE e EURATOM:poteri esecutivi

CECA:poteri decisionali effettivi


CONSIGLIO: Organo in cui sono rappresentati i 12 Stati; a seconda delle materie da discutere vi siedono esponenti diversi

CECA:funzioni consultive

CEE:emana gli atti più importanti della legislazione comunitaria (si tende all'accoglimento del principio dell'unanimità)


ASSEMBLEA (o Parlamento europeo):è formata da rappresentanti dei popoli degli Stati membri, eletti a suffragio universale e diretto. Esprime pareri e procede ad interrogazioni nei confronti degli altri Organi. Le prese di posizione del Parlamento (nei confronti degli altri Organi comunitari possono solo determinare, se difformi, la necessità che il Consiglio deliberi all'unanimità.


CORTE DI GIUSTIZIA: può essere adita anche dagli individui


e)Gli atti sono:

REGOLAMENTI-DECISIONI-DIRETTIVE


REGOLAMENTO:

(di gran lunga i più importanti) è l'atto con cui la legislazione comunitaria, nell'esercizio delle competenze e nei limiti previsti dai trattati comunitari, si sostituisce o si sovrappone alla legislazione interna dei singoli Stati membri.

Contiene norme generali ed astratte

Tali norme entrano in vigore a seguito della semplice pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Comunità, trascorsa una vacatio legis di 20 giorni(o entro un limite stabilito volta per volta).



DECISIONE:

non ha portata generale ed astratta, ma concreta


Ha forza vincolante


acquista efficacia in seguito alla notifica ai loro destinatari


DIRETTIVA:-vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere.

La forma o il procedimento non dovrebbero costituire quindi un problema,ma anzi sarebbero d'arbitrio dei singoli Stati.

L'ultima tendenza però è quella di formulare la direttiva nel modo più dettagliato possibile(l'unico arbitrio sarebbe quindi la scelta del tipo di atto interno con cui adottarle).

Sono considerate illegittime solo se la direttiva è l'unico atto vincolante che la CEE può emettere(quindi la direttiva è diversa dalle decisioni o dai regolamenti).

E' possibile sanare l'illegittimità della decisione se comunque lo Stato interessato

l'accetta.



f)RELAZIONI ESTERNE DELL CEE:è prevista la possibilità di concludere accordi sia specifici che di carattere generale.

In più:gli accordi conclusi sono vincolanti per le istituzioni delle Comunità e per gli Stati membri.

La competenza della CEE a concludere accordi internazionali nei casi contemplati dal trattato hanno carattere esclusivo(è prevista però anche la pratica delle AUTORIZZAZIONI accordate dal Consiglio ai singoli Stati membri per la conclusione di accordi con Stati Terzi, salvo nelle materie commerciali).


Infine: in tutte le materie in cui la CEE ha, in base al trattato istitutivo, competenza ad emanare atti di legislazione comunitaria, essa ha anche implicitamente la competenza a concludere accordi con Stati Terzi.

Una volta esercitata tale competenza, essa diviene esclusiva.


XVIII)D)IL CONSIGLIO D'EUROPA E GLI ORGANI EUROPEI PER LA TUTELA DEI DIRITTI UMANI


a)Consiglio d'Europa: ha lo scopo di conseguire una più stretta unione fra i suoi membri per salvaguardare e promuovere gli ideali e i principi che costituiscono il loro comune patrimonio, e di favorire il loro progresso economico e sociale.

Struttura: Comitato dei Ministri:-composto dai ministri degli esteri (o sostituti) di tutti gli Stati membri

-è l'organo dotato dei maggiori poteri


Assemblea Costitutiva:-costituita da Parlamentari nazionali

-esprime voti e raccomandazioni al Comitato


Segretariato:con a capo il Segretario generale


LAVORO PIU' IMPORTANTE:


CONVENZIONE EUROPEA PER LA SALVAGUARDIA DEI DIRITTI DELL'UOMO E DELLE LIBERTA' FONDAMENTALI

-E' divisa in due parti:


I°)di carattere SOSTANZIALE: catalogo dei diritti e libertà fondamentali


II°)di carattere PROCEDURALE: dà vita a due organi:


1-COMMISSIONE:-composta da tanti membri quanti gli Stati contraenti; vi siedono a titolo personale per sei anni

ha funzioni istruttive e di conciliazione in ordine ai ricorsi che le vengono presentati da Stati, individui, gruppi di individui.

Per i ricorsi individuali è necessario che lo Stato accetti che la competenza venga trasferita alla Commissione; tuttavia l'unico potere è quello della conciliazione


2-CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO



XIX)E) ALTRI ORGANI PER LA TUTELA DEI DIRITTI UMANI

A)Sono:

-CONVENZIONE AMERICANA SUI DIRITTI DELL'UOMO

-CARTA AFRICANA DEI DIRITTI DELL'UOMO E DEI POPOLI

-(N°2)PATTI DELL'ONU SUI DIRITTI UMANI


XX)LA GERARCHIA DELLE FONTI INTERNAZIONALI


a) La gerarchia è:

1-NORME CONSUETUDINARIE


2-TRATTATI


3-FONTI PREVISTE DA ACCORDI


b)Rapporto tra l'1 e la 2:una norma di grado inferiore può sempre derogare ad una di grado superiore se quest'ultima lo consente; quindi le norme consuetudinarie sono caratterizzate dalla loro derogabilità mediante accordo.

...MA...E' fatta eccezione per le norme cogenti (ART. 103 Carta ONU)

Es.: no all'uso della forza, non distruggere l'economia

altrui, rispetto della dignità umana, autodeterminazione dei

popoli...


c)Le norme che regolano le cause di invalidità e di estinzione dei trattati sono inderogabili.




L'ammissione dell'Italia alle Nazioni Unite fu deliberata dalla Assemblea Generale nel 1955, sulla base della domanda in tale senso che il ministro italiano degli affari esteri aveva avanzato già nel '47, cioè prima che la costituzione entrasse in vigore. L'adattamento dell'ordinamento italiano agli obblighi discendenti dalla ammissione fu operato nel '57 con legge n. 848 che ha dato piena e intera esecuzione allo statuto delle Nazioni Unite.

Ad esempio la convenzione relativa alle zone umide di importanza internazionale come habitat degli uccelli acquatici fa obbligo agli stati aderenti di designare almeno una zona umida da inserire in un apposito elenco. Essa non può ricevere alcuna applicazione prima che siano adottate le norme interne che provvedano ad una simile designazione. Altro esempio sono tutte le norme internazionali che prevedano in determinate fattispecie "pene severe".

La Corte Costituzionale non ha al proposito ritenuto corretta la prassi italiana di dare esecuzione ai singoli regolamenti con leggi o decreti legislativi.






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