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ATTI E NEGOZI GIURIDICI - I FATTI GIURIDICI E LA LORO CLASSIFICAZIONE

diritto



ATTI E NEGOZI GIURIDICI


I FATTI GIURIDICI E LA LORO CLASSIFICAZIONE.


Gli effetti sul pino del diritto si verificano sulla base di eventi che accadono nel mondo reale, della storia, ai quali una norma riconduce determinati EFFETTI GIURIDICI.

Si dice FATTO GIURIDICO qualsiasi fatto storico che, in quanto assunto dalla norma come presupposto per la produzione di determinati effetti giuridici, diventa rilevante per il diritto.

Il fatto giuridico è individuato mediante la sintesi, effettuata dalla norma,di un fatto storico con determinati effetti giuridici. Ad es.:la morte di una persona è, in sé considerata, un fatto storico unitario: ma sul piano del diritto come presupposto dell'apertura della successione ereditaria è un fatto giuridico.

Il FATTO STORICO ed il FATTO GIURIDICO si pongono concettualmente su 2 piani paralleli fra di loro non comunicanti:



  • il primo si colloca nel mondo reale della storia,
  • il secondo in quello del diritto, dove rilevano soltanto gli effetti giuridici prodotti sulla base della norme giuridiche.

Nella dottrina moderna vi è una generale classificazione dei fatti giuridici, in cui distingue fra ATTI GIURIDICI e FATTI GIURIDICI in senso stretto.:

  • Gli ATTI GIURIDICI sono i fatti che -posti in essere dall'uomo-vengono valutati in base alla coscienza ed alla volontà dell'agente;
  • tutti gli altri fatti giuridicamente rilevanti sono FATTI GIURIDICI in senso stretto.

All'interno degli atti giuridici, si procede poi ad una fondamentale distinzione in base alla valutazione fatta dall'ordinamento dello scopo che l'agente si propone:

  • Se lo scopo perseguito è valutato positivamente e considerato meritevole di tutela, si hanno gli ATTI LECITI;
  • se invece è valutato negativamente e sottoposto a sanzioni che tendano ad evitarne la ripetizione, si hanno gli ATTI ILLECITI.

Per gli atti leciti si ha, nella dottrina moderna, una fondamentale distinzione, che si fonda sulla considerazione dell'elemento psicologico dell'agente, a seconda che si tenga conto soltanto della sfera dell 515g64f a coscienza od anche di quella della volontà. Su questa base si differenziano le DICHIARAZIONI DI SCIENZA dalle DICHIARAZIONI DI VOLONTA':

  • le prime sono dichiarazioni rappresentative od enunciative, con cui il soggetto enuncia un fatto che è a sua conoscenza;
  • le seconde sono dichiarazioni precettive: egli formula per sé e/o per altri un comando, una direttiva per l'agire.

Questa differenziazione parzialmente coincide con un ulteriore distinzione fra gli atti giuridici: quella fra NEGOZI GIURIDICI ed ATTI GIURIDICI in senso stretto:

  • Per NEGOZIO GIURIDICO s'intende ogni dichiarazione di volontà alla quale l'ordinamento giuridico ricollega effetti giuridici: La caratteristica essenziale del negozio giuridico sta nel fatto che assume particolare rilievo lo scopo pratico voluto e perseguito dalle parti, dunque gli effetti del negozio non si producono, o possono venir eliminati, quando il nesso fra negozio e scopo non sussista o sia viziato;
  • Nell'ATTO GIURIDICO in senso stretto, invece,gli effetti si producono soltanto in base alla coscienza ed alla volontà della dichiarazione, senza considerare lo scopo pratico perseguito dalle parti.

I SOGGETTI DEL NEGOZIO GIURIDICO


Fra gli elementi del negozio giuridico si distinguono ELEMENTI ESSENZIALI ed ACCIDENTALI:

  • ELEMENTI ESSENZIALI del negozio sono quelli senza di cui il negozio giuridico in generale e, più specificatamente, un dato tipo di negozio non possono venir in essere;
  • ELEMENTI ACCIDENTALI sono quelli aggiunti dalle parti agli elementi essenziali: fra questi hanno particolare rilievo alcune figure tipiche, come LA CONDIZIONE ed IL
  • TERMINE, nonché nei negozi a titolo gratuito, IL MODUS od onere.

Accanto a questa fondamentale distinzione, v'è una tradizionale tripartizione degli elementi del negozi in ESSENTIALIA, NATURALIA, ACCIDENTALIA NEGOTII.

Se gli ESSENTIALIA e gli ACCIDENTALIA NEGOTII coincidono con gli elementi essenziali ed accidentali, i NATURALIA NEGOTII non sono invece elementi, bensì effetti del negozio, che si producono in base alla volontà delle parti diretta agli elementi essenziali, senza che tali effetti debbano essere presi specificamente in considerazione e voluti dalle parti, le quali possono però escluderli con apposita clausola.


Come gli altri atti giuridici, nel negozio giuridico è necessaria la presenza di uno o più soggetti che lo pongano in essere. Perché il negozio possa avere efficacia i soggetti debbono avere determinati requisiti. E' in primo luogo necessaria la capacità di agire e le cause che totalmente o parzialmente la escludono sono: l'età (pupilli e minores), sesso (mulieres), infermità mentale (furiosi), aspetti caratteriali (prodigus).


I soggetti che pongono in essere un negozio giuridico sono le parti dello stesso. Il concetto di parte non coincide però con quello di persona che partecipa al negozio: più soggetti possono integrare una sola parte quando rappresentino un unico centro d'interessi.


A seconda del numero delle parti, si classificano i negozi giuridici in negozi UNILATERALI, BILATERALI o PLURILATERALI, in quanto il tipo di negozio preveda una oppure due o più parti:

* Esempi di negozi UNILATERALI sono, ad es., quelli testamentari o la promessa al pubblico (pollicitatio);

* Il negozio BILATERALE è l'accordo fra due o più parti volto a creare, modificare od estinguere rapporti giuridici (e si ha un negozio PLURILATERALE quando le parti, come può accadere nella società, siano più di due): se si tratta di rapporti patrimoniali, si ha la figura del contratto: in diritto romano esiste una categoria denominata CONTRACTUS, limitata però agli atti con efficacia obbligatoria, non rientrandovi quelli ad effetti reali, quali la TRADITIO o la MANCIPATIO.

Fra i negozi unilaterali hanno una posizione particolare le dichiarazioni recettizie, in cui, la dichiarazione unilaterale della parte deve essere portata a conoscenza di un destinatario determinato, perché essa abbia efficacia.


Nel diritto romano, in alcuni negozi formali, la dichiarazione viene emessa solo da una parte, mentre l'altra parte è presente, e deve essere in grado di percepire la dichiarazione della controparte, ma tace, come accade nella MANCIPATIO e nell'IN IURE CESSIO, nella DOTIS DICTIO e nella PROMISSIO IURATA LIBERTI. Dal punto di vista moderno si tratta di un silenzio da valutarsi come manifestazione tacita di volontà diretta all'adesione al negozio. 





LA MANIFESTAZIONE DELLA VOLONTA' E LA SUA FORMA..


La struttura del negozio giuridico consiste nella manifestazione di volontà delle parti. La volontà si manifesta mediante la DICHIARAZIONE. Si distingue fra NEGOZI DICHIARATIVI e NON DICHIARATIVI, o meglio fra DICHIARAZIONI NEGOZIALI (DICHIARAZIONI ESPRESSE) e COMPORTAMENTI NEGOZIALI NON DICHIARATIVI (DICHIARAZIONI TACITE), dato che nei negozi bilaterali a forma libera una parte può manifestare la propria volontà mediante una dichiarazione, l'altra mediante un comportamento non dichiarativo.

Si ha DICHIRAZIONE ESPRESSA, quando l'assetto d'interessi, voluto dalle parti, viene manifestato mediante l'impiego di una struttura di discorso, verbale o scritta.;

DICHIARAZIONI TACITE sono tutte le altre in cui l'adesione al contenuto precettivo nel negozio viene manifestata in modo diverso che mediante una dichiarazione espressa, in quanto dal comportamento tenuto si ricava in modo in equivoco la volontà della parte diretta in tal senso. La dichiarazione tacita può anche consistere nella stessa attuazione al contenuto precettivo de negozio, ed allora si può parlare di negozi d'attuazione, come nel caso dell'occupazione della res nullius.

Nei negozi unilaterali è sufficiente che l'unica parte emetta la dichiarazione o tenga il comportamento concludente perché il negozio venga in essere.

Nel negozio bilaterale, è invece necessario che esistano e s'incontrino le manifestazioni di volontà di entrambi le parti.


LA FORMA del negozio è il modo in cui la dichiarazione negoziale od il comportamento concludente s presentano nella realtà esterna, senza di che il negozio stesso non può avere effetti.

La forma assume particolare interesse nei negozi a forma vincolata che si contrappongono a quelli a forma libera. Nei primi, l'ordinamento fissa vincoli e modalità in relazione al modo in cui il negozio deve essere posto in essere, mentre nei secondi lascia alle parti la libertà di scegliere la forma che ritengono più opportuna.

Fra gli atti natura patrimoniale, negozio a forma libera è il PACTUM con il quale la vittima di un DELICTUM rinuncia ad esperibile l'azione penale contro l'offensore:nell'ambito dei negozi traslativi, la TRADITIO, atto di trasferimento delle RES NEC MANCIPI, è negozio a struttura reale, che prevede la consegna materiale della cosa.


Tutti gli altri negozi patrimoniali hanno forma verbale o gestuale. Questi aspetti coesistono nei c.d.GESTA PER AES ET LIBRAM, che come MANCIPATIO, servono a trasferire la proprietà di una cosa o il MANCIPIUM su una persona libera; come NEXUM e SOLUTIO PER AES ET LIBRAM, a creare una responsabilità e ad estinguerla. Una forma verbale, che crea una responsabilità contrattuale, è quella della SPONSIO. Originariamente un giuramento.

L'IN IURE CESSIO è un'applicazione indiretta del processo delle LEGIS ACTIONES a fini negoziali ed ha quindi anch'essa una forma verbale e gestuale.


Probabilmente, già nel II sec. a.C. a Roma le transazioni più importanti venivano documentate per iscritto, ma tale documentazione ha soltanto una funzione probatoria e non costitutiva.

Per DOCUMENTO COSTITUTIVO , s'intende quello la cui redazione è prevista come forma vincolata per un certo tipo di negozi.

Si distingue un latro tipo di documento costitutivo, quello DISPOSITIVO, in cui -oltre ad avere funzione costitutiva-l'atto scritto è necessario per far valere i diritti nascenti dal negozio in esso documentato, i quali sono incorporati nel documento stesso: è ciò che, attualmente, accade per i titoli cambiari.


Il tipico documento probatorio romano è, nel periodo classico, la TESTATIO, in cui in modo più o meno analitico, vengono descritte, in terza persona, le attività svolte dalle parti, ivi comprese le loro

dichiarazioni. Si tratta quindi di un documento in forma oggettiva e di un documento testimoniale, perché è essenziale che i fatti documentati avvengano alla presenza di 5 testimoni,i quali -sigillando le tavolette cerate- garantiscono l'autenticità del documento e la veridicità di quanto in esso attestato.

La TESTATIO, redatta su 2 o più tavolette cerate, prevede poi una doppia scrittura: l'una aperta (SCRIPTURA EXTERIOR), che permette di consultarne in ogni occasione il contenuto; l'altra chiusa (SCRIPTURA INTERIOR), che, aperta in caso di contestazioni, permette il controllo dell'autenticità del documento stesso. La forza probatoria de documento sta nella possibilità di richiamare i testimoni perché riconoscano, prima della di sigillatura, i loro sigilli.

Viene introdotto a Roma un altro tipo di documento: il CHIROGRAPHUM (dal greco: scritto di proprio pugno). Si tratta di un documento in forma soggettiva, in cui la parte espone, in prima persona, il contenuto del negozio o della dichiarazione: la forza probatoria dipende dall'autografia della parte. Anche il chirografo, scritto su tabulae ceratae presenta una scriptura exterior ed una interior, sigillata da colui che emette il documento stesso.


Dopo vi furono mutamenti profondi in materia, introdotti nel tardo-antico, il documento assolveva praticamente ad una funzione costitutiva. Si ha anzitutto una rapida decadenza delle forme tipiche del ius civile: scompaiono i gesta per aes et libram, nonché le OBLIGATIONES LITTERIS CONTRACTAE del periodo classico; di quelle VERBIS CONTRACTE rimane formalmente in vita solo la STIPULATIO, rapidamente degenerata ad atto a forma scritta, ed anche il testamento diviene un negozio a forma esclusivamente scritta.Successivamente Giustiniano ammette per molti negozi l'alternativa fra la conclusione mediante un atto scritto (IN SCRIPTIS) o senza di esso (SINE SCRIPTIS).


IL CONTENUTO E LA CAUSA DEL NEGOZIO


La manifestazione di volontà, che ne integra la struttura, ha per oggetto il contenuto precettivo del negozio, l'assetto d'interessi voluto dalla parte o dalle parti.

In linea di massima, la volizione delle parti stesse si limita allo scopo pratico perseguito col negozio mentre è l'ordinamento che produce gli effetti giuridici più opportuni perché tale scopo venga raggiunto.

In generale, il CONTENUTO DEL NEGOZIO deve essere possibile, determinato e lecito.


Collegato al contenuto del negozio è la CAUSA. La causa è esplicitamente prevista dall'ART. 1325 cod.civ. come requisito per la validità del contratto e cioè del negozio giuridico bilaterale (o plurilaterale) a contenuto patrimoniale. Nel contratto la causa riguarda lo scopo perseguito dalle parti con il negozio ossia la funzione economica a cui adempie il negozio.


La nozione di causa viene utilizzata ai fini della distinzione fra NEGOZI CASUALI E NEGOZI ASTRATTI:

  • Nei NEGOZI CAUSALI, l'ordinamento produce gli effetti giuridici in relazione alla funzione economico-sociale tipica del negozio stesso, ed in quanto su di essa si sia formato l'accordo delle parti;
  • Nei NEGOZI ASTRATTI, invece, gli effetti giuridici si producono senza prender in considerazione tale funzione e si ricollegano all'adibizione di una certa forma.

Nella dottrina moderna del negozio si distingue fra ASTRAZIONE PROCESSUALE e SOSTANZIALE:

  • Nella prima, la parte contro cui viene fatto valere il negozio può opporre la mancanza od i vizi dell'assetto d'interessi sottostante;
  • Nella seconda, tale mancanza o tali vizi sono irrilevanti. Attualmente fra le parti si può avere solo l'astrazione processuale, nel sistema romano anche quella sostanziale.

L'INTERPRETAZIONE DEL NEGOZIO GIURIDICO.


L'INTERPRETAZIONE DEL NEGOZIO GIURIDICO designa le tecniche giuridiche per assegnare significanti rilevanti all'intero negozio o alle singole sue clausole.

Si usa contrapporre l'interpretazione individuale e soggettiva all'interpretazione tipica od oggettiva, a seconda che si assuma come prevalente il valore dato alla dichiarazione da colui che l'ha emessa o quello che essa ha comunemente nella cerchia di parlanti che viene in considerazione.


Alle origini, allorché imperava la solennità dei CERTA VERBA, rilevava solo il significato oggettivo di questi ultimi. Nelle XII tavole, l'accento cade sui verba e non sulla volontà. E ciò valeva sia per  negozi inter vivos che per quelli mortis causa.


IN base ad una graduale evoluzione, si giunse, agli inizi del periodo classico, ad una disciplina per cui, nei negozi causali inter vivos il significato delle dichiarazioni negoziali era identificato sulla base dell'ID QUOD ACTUM EST (quello che si è concluso o convenuto, la comune intenzione delle parti dell'ART 1362 cod.civ.).

Per individuare L'ID QUOD ACTUM EST si parte dal valore oggettivo della dichiarazione nelle circostanza di fatto in cui essa è stata emessa.

Se non vi è invece la comune intenzione delle parti e non risultasse neppure che le parti stesse avessero dato alla dichiarazione un diverso significato, si poteva procedere:

  • all'interpretazione sulla base del CRITERIO AMBIGUITAS CONTRA STIPULATOREM, in cui fra i vari significati si deve scegliere il meno vantaggioso per chi ha predisposto la dichiarazione negoziale su cui hanno concordato le parti;
  • all'interpretazione CONSERVATIVA, si preferisce il significato che permette l'efficacia del negozio a quella che la esclude;
  • a quella secondo gli USI CONTRATTUALI;
  • a quella secondo BUONA FEDE;
  • ed infine può darsi che il processo interpretativo finisce con un nulla di fatto e il negozio non produce effetti, perché non se ne può determinare il contenuto.

Nei negozi astratti si deve tener conto che vi sono 2 diversi piano su cui si può svolgere l'interpretazione:

  • quello dei certa verba dei negozio solenne ed astratto;
  • e quello dell'accordo sottostante, la CONVENTIO.

Per accertare la portata del negozio formale sul piano del diritto civile ci si limita alla valutazione dei certa verba, e solo quando questi ultimi siano ambigui, si può tener conto della conventio anche come criterio interpretativo per individuare gli effetti del negozio solenne.

In seguito soluzione diverse vengono praticate nei negozi mortis causa. Era così aperta la via per l'interpretazione soggettiva, in cui era decisivo il significato attribuito dal testatore alla propria dichiarazione, anche se questo fosse diverso dal valore oggettivo dei verba adoperati ma già nel I sec. a.C., si tiene sempre più conto del significato dato dal testatore alle parole adoperate.

Successivamente l'effettiva volontà del testatore è efficace solo nei limiti in cui essa appaia compatibile con i verba adoperati. 









INVALIDITA' ED INEFFICACIA DEL NEGOZIO GIURIDICO.


L'assetto dato ai propri interessi dalle parti può essere affetto da vari vizi che, in modo differenziato, ne producono l'inefficacia.

Le categorie dell'INVALIDITA' sono:

  • la NULLITA e;
  • l'ANNULLABILITA'

In ordine ai vizi del negozio si contrappongono 2 situazioni.

* L'atto non produce, in alcun modo, effetti: si ha la completa inefficacia o la NULLITA' del negozio stesso.

* L'atto raggiunge -almeno in via provvisoria- i propri effetti, che possono però venir rimossi su iniziativa di chi vi abbia interesse: si ha la figura del negozio ANNULLABILE, l'efficacia del quale è eliminata a causa di un vizio afferente, fin dall'origine, agli elementi essenziali dello stesso.


Nell'esperienza romana il problema dell'invalidità del negozio è condizionata dall'esistenza dei due sistemi normativi che concorrono a formare il complessivo ordinamento. Per lo ius civile, l'unica alternativa è quella fra negozio valido, che produce definitivamente i suoi effetti, e negozio nullo, che non li produce.


Diversa è la situazione quando il pretore sancisce sul piano del ius honorarium l'invalidità di un negozio efficace secondo il diritto civile. Si viene a riprodurre lo schema operativo del negozio annullabile su cui fonda la configurazione della dottrina attuale. Il negozio giuridico, che produce sul piano del diritto civile i propri effetti, è impugnabile sul piano dell'ordinamento pretorio: l'eliminazione degli effetti del negozio stesso dipende dall'iniziativa della parte interessata; qualora tale iniziativa manchi, continua l'efficacia del negozio sul piano del diritto civile.


LA DIVERGENZA FRA VOLONTA' E DICHIARAZIONE


L'invalidità del negozio, nelle forme della nullità civile o dell'invalidazione pretoria, si può avere -oltre che per l'assenza della forma vincolata prescritta dall'ordinamento- per cause che attengono al rapporto fra VOLONTA' e MANIFESTAZIONE, alla capacità delle parti ed al processo formativo della volontà, al contenuto ed alla causa del negozio.


La divergenza fra volontà e manifestazione può essere INCONSAPEVOLE e CONSAPEVOLE:

  • Nel primo caso, si ha la figura dell'errore-ostativo, che viene tradizionalmente trattato insieme all'errore-vizio, che afferisce invece al processo di formazione della volontà delle parti;
  • Nel secondo caso si hanno le figure della RISERVA MENTALE e della SIMULAZIONE.

La RISERVA MENTALE si ha, allorché, la parte di un negozio emette una dichiarazione non volendo il contenuto precettivo così manifestato e non appalesa, però, all'esterno questo atteggiamento della sua volontà. Sia nei negozi bilaterali sia in quelli unilaterali, sia nei negozi inter vivos sia in quelli mortis causa, la riserva mentale è ininfluente nella nostra attuale esperienza giuridica ed in quella romana.


Diversa rilevanza ha la SIMULAZIONE, l'accordo fra le parti di un negozio bilaterale, in base al quale il negozio che le parti mostrano di voler concludere (IL NEGOZIO SIMULATO) non deve avere effetti: o perchè, in realtà, le parti non vogliono concludere alcun negozio, ed allora si ha la SIMULAZIONE ASSOLUTA, o perché ne vogliono concludere uno diverso (IL NEGOZIO DISSIMULATO), ed allora si ha la SIMULAZIONE RELATIVA.

Accanto alla simulazione relativa va ricordato il caso dell'interposizione fittizia di persona, in cui come parte di un negozio giuridico bilaterale figura un soggetto, mentre in realtà il negozio viene stipulato con un soggetto diverso.


Altro fenomeno avvicinato spesso alla simulazione è quello dei c.d. NEGOZI IMMAGINARI.

Il termine è adoperato dai romani, e soprattutto da Gaio, che chiama IMAGINARIA VENDITIO la MANACIPATIO al di fuori dello scopo originario di formalizzare un'effettiva compravendita e definisce IMAGINARIA SOLUTIO sia L'ACCEPTILATIO sia la SOLUTIO PER AES ET LIBRAM, negozi che servono in epoca classica alla remissione del debito.

Nei negozi immaginari si ha una fattispecie in cui la forma adibita dalle parti è usata per uno scopo negoziale differente da quello indicato nella forma stessa. Il modo in cui ciò avviene è, però, diverso da quello della simulazione relativa, poiché qui era palesemente adibita una forma configurata per raggiungere un effetto giuridico per uno scopo determinato al fine di ottenere l stesso effetto per uno scopo diverso.



I VIZI DELL'ELEMENTO SOGGETTIVO. INCAPACITA' ED ERRORE.


L'incapacità delle parti ed i vizi dell'elemento soggettivo influiscono sul processo di formazione della volontà. L'assenza o la minorazione della capacità d'agire produce, per lo ius civile, la nullità del negozio nel caso degli impuberi, delle donne, dei furiosi e dei prodigi. Per i minores XXV annis, si ha, invece, un'invalidità pretoria di negozi civilmente validi.


Fra i vizi della volontà vi sono: l'ERRORE, IL DOLO e la VIOLENZA.

Nel negozio giuridico, per ERRORE si intende qualsiasi falsa rappresentazione della realtà. Essa incide sul negozio in 2 modi: può darsi che la parte cada in errore sulla portata della propria dichiarazione e, nei negozi bilaterali, della dichiarazione altrui. Es(io credo di dichiarare di vendere il fondo corneliano, ma la mia dichiarazione, nel suo valore oggettivo si riferisce al fondo semproniano; la dichiarazione della controparte è oggettivamente rivolta all'acquisto del fondo semproniano , ma io l'intendo come riferita a quello del fondo corneliano.).

Qui l'errore -che viene detto ostativo- porta ad una divergenza inconsapevole fra volontà e dichiarazione.

La falsa rappresentazione può, invece, aver influito sul processo di determinazione causale, senza che si sia prodotta una divergenza fra volontà e dichiarazione. In questo caso è la volontà che si è formata in base ad una falsa rappresentazione della realtà Es.(se tizio intende acquistare l'unica botte che seio ha nella sua cantina, credendo che contenga vino, ed invece essa contiene aceto, l'accordo sulla res, l'oggetto del contratto (la botte), si è formato, ma la volontà di Tizio è viziata dall'errore sul contenuto della botte stessa. Si tratta, in questo caso, dell'ERRORE-VIZIO od ERRORE MOTIVO.


Nei negozi formali ed astratti l'errore ostativo di una delle parti non ha rilevanza sul piano del diritto civile, in quanto inficia l'accordo sull'assetto d'interessi sottostante: di tale potrà tenersi conto solo sul piano del diritto onorario.

Nei negozi causali l'errore ostativo produce la nullità dell'atto, perché viene a mancare l'accordo delle parti. Esso può vertere su tutti gli elementi essenziali del negozio: soggetti, contenuto e causa.

  • L'errore sul soggetto, e quindi sulla controparte del negozio, si ha quando si crede di emettere la dichiarazione nei confronti di Caio, mentre oggettivamente la dichiarazione  risulta rivolta a Tizio, che l'accetta; oppure si crede che la dichiarazione provenga da Mevio, ed invece essa proviene da Sempronio, e la si accetta in quanto proveniente dal primo. L'errore ostativo sulla persona produce la nullità perché impedisce l'identificazione delle parti del negozio.
  • L'errore sul contenuto del negozio può riguardare anzitutto l'oggetto del negozio stesso: è l'ERROR IN CORPORE della terminologia romana. Nel diritto romano L'ERRORE SULLA CAUSA è l'errore sul tipo di negozio che le parti vogliono porre in essere, L'ERROR IN NEGOTIO dei giuristi romani. Se ad es., una parte, che vuole trasferire la proprietà della cosa a titolo di vendita, emette una dichiarazione che, oggettivamente, appare rivolta al trasferimento a titolo di donazione, e che come tale viene accettata, non viene in essere né un mutuo né una donazione, e non si verifica alcun passaggio della proprietà.

L'ERRORE-VIZIO inficia uno qualsiasi fra i motivi che hanno determinato la parte a concludere il negozio. Esso invalida il negozio in quanto praticamente produce la mancata identificazione, sul piano socio-economico, della persona, della cosa e, in genere, del contenuto oggettivo del negozio.




IL DOLO NEGOZIALE.


La falsa rappresentazione della realtà può essere stata volutamente provocata dalla controparte: si è allora in presenza del DOLO NEGOZIALE. E' cioè la consapevole e fraudolenta induzione in errore della controparte.

Le fattispecie del dolo negoziale rientrato tutte nella più generale figura dell'errore-vizio, perché in esse v'è sempre una falsa rappresentazione della realtà. L'autonoma rilevanza del dolo ha dunque importanza per i casi in cui il negozio non sia già invalido in base alla generale disciplina dell'errore.


Il dolo negoziale non produceva effetti nell'antico ius civile e nei relativi negozi solenni, validi ed efficaci, purchè ne fosse stata adibita la relativa forma. La parte, di cui fosse stato con l'inganno carpito il consenso, trovò qui protezione nel ius honorarium, mediante l'EXCEPTIO DOLI e L'ACTIO DE DOLO.

Nel periodo classico, invece, il dolo rileva ipso iure nei rapporti contrattuali protetti da IUDICIA BONAE FIDEI, recepiti nel ius civile.

Al di fuori dei sudicia bonae fidei, il dolo della controparte era sempre sanzionato sul piano del diritto onorario.


Nel periodo classico, la parte di un negozio ingannata dalla controparte poteva far ricorso sia all'ACTIO DE DOLO sia all'EXCEPTIO DOLI.

L'ACTIO DE DOLO era un'azione pretoria con FORMULA IN FACTUM CONCEPTA ed ARBITRARIA, originariamente di natura penale e poi ricompressa fra le ACTIONES MIXTAE.

Essa veniva concessa solo in base ad una CAUSAE COGNITIO, e quindi ad un'istruttoria del pretore, volta a stabilire se si trattasse di un interesse degno, in astratto, di tutela ed andava esperita, come tutte le azioni penali pretorie, entro l'anno da quando l'attore aveva avuto la possibilità di esercitarla. La condanna era in simplum, commisurata all'interesse dell'attore a che il comportamento doloso non si fosse verificato (interesse negativo).

Si tratta di un'azione sussidiaria, esperibile quindi solo se non vi fosse un latro modo, per tutelare in via giudiziale la parte ingannata: essa era dunque improponibile, quando la parte potesse, a propria difesa, utilizzare anche solo l'EXCEPTIO DOLI e veniva praticamente usata, quando fosse avvenuto il trasferimento della proprietà, o quando il debitore avesse adempiuto l'obbligazione carpita con dolo.


All'INTENTIO dell'attore, fondata sul ius civile, il convenuto poteva poi opporre, con l'EXCEPTIO DOLI, il dolo della controparte commesso sia in un momento precedente al processo sia nell'intentare l'azione.

Si parla tradizionalmente, nel primo caso, di EXCEPTIO DOLI SPECIALIS SEU PRETERITI (eccezione di dolo specifico o passato), e nel secondo di EXCEPTIO DOLI GENERALIS SEU PRESENTIS (eccezione di dolo generale o presente).

Il dolo vizio della volontà negoziale era solo quello sanzionato dall'EXCEPTIO DOLI SPECIALIS.

Nell'EXCEPTIO DOLI GENERALIS, invece, il comportamento doloso non consisteva in un inganno, bensì in un contegno contrario alla bona fides oggettiva, al generico dovere di correttezza.


Il DOLUS BONUS è l'esaltazione dei pregi della propria cosa da parte di chi vuole farne oggetto di un contratto: i Romani distinguono fra cose dette dal venditore per raccomandare la propria merce e quelle dette per ingannarlo.

Il dolo deve indurre la parte in un errore determinante si fini della formazione della volontà negoziale, dunque la parte ingannata, senza tale errore, nn avrebbe concluso il negozio, o lo avrebbe fatto a condizioni diverse.



LA VIOLENZA.


La VIOLENZA è un'attività che si concreta in minacce o pressioni gravi che inducono una parte a concludere il negozio. E si distinguono 2 diversi comportamenti:

  • la VIOLENZA ASSOLUTA (fisica) e;
  • quella RELATIVA (morale). Solo quest'ultima costituisce un vizio che incide sulla formazione della volontà, poiché nella violenza assoluta è esclusa la volontarietà del comportamento negoziale.

La VIOLENZA ASSOLUTA consiste nel fatto che, in virtù dell'azione fisica di un'altra persona, un soggetto compie un atto che si presenta all'apparenza come un comportamento negoziale, dichiarativo o non dichiarativo, che non risulta però imputabile alla sua volontà.

(il caso più frequentemente fatto è che qualcuno afferri l'altrui mano e le faccia, a forza, vergare una firma su un atto scritto). La mancanza della volontarietà del comportamento esclude che l'atto possa raggiungere qualsiasi efficacia.


Nella VIOLENZA RELATIVA, il soggetto è posto nell'alternativa di compiere un determinato negozio o di subire un danno ingiusto: la dichiarazione negoziale è estorta attraverso una minaccia, e le fonti romane parlano, a tale proposito, di VIS (VIOLENZA) o di METUS (TIMORE). Anche se la violenza sia esercitata attraverso un'azione fisica si tratta sempre di violenza relativa, perché il soggetto è comunque posto nell'alternativa di continuare a subire la tortura o di aderire all'atto richiesto.

Per essere giuridicamente rilevante, la violenza morale o fisica deve consistere in una minaccia grave ed ingiusta e si deve tener distinta dalla minaccia di far valere un diritto.

Sul piano del diritto civile, il metus non poteva invalidare i negozi solenni ed astratti.

Assumono una posizione particolare i contratti tutelati da sudicia bonae fidei, il negozio estorto con violenza non produce di per sé effetti, perché l'avvalersi di un tale atto è contrario alla bona fides che regge le obbligazioni delle parti.


Al di fuori dei rapporti tutelati da iudicia bonae fidei, era necessario l'intervento del pretore.

Nell'editto adrianeo, la tutela pretoria contro la violenza prevede un RESTITUTIO IN INTEGRUM, L'ACTIO QUOD METUS CAUSA GESTUM ERIT (l'azione in relazione a quanto è stato fatto a causa di violenza) e l'EXCEPTIO METUS.



L'ACTIO QUOD METUS CAUSA è un'azione pretoria, con FORMULA IN FACTUM CONCEPTA ed ARBITRARIA, di natura originariamente penale e poi ricompressa fra le ACTIONES MIXTAE: essa va esperita entro un anno da quando la parte interessata ha avuto la possibilità di esercitarla, e porta ad una condanna al QUADRUPLUM  , commisurato in un primo momento al valore della cosa estorta, e poi all'interesse dell'attore a che l'estorsione non fosse avvenuta. Proprio perché si tratta di un'azione arbitraria, il convenuto poteva evitare l'onerosa condanna, soddisfacendo l'interesse dell'attore sulla base del IUSSUM DE RESTITUENDO emanato dal giudice privato.

A differenza dell'ACTIO DE DOLO, l'ACTIO QUOD METUS CAUSA non ha natura sussidiaria, e quindi può essere esperita anche se sussistano altri mezzi giudiziari a tutela della parte che ha subito la violenza.


Anche se il negozio fosse avvenuto a causa della violenza esercitata da un terzo, il contraente il cui consenso era stato estorto poteva opporre L'EXCEPTIO METUS alla controparte, ancorché ignara del fatto.


La minaccia deve essere, anzitutto attuale e portata seriamente: non basterebbe quindi il semplice sospetto o timore di una violenza futura. Essa deve consistere in un danno serio alla persona della parte o dei suoi familiari.



L'ILLICEITA' DEL NEGOZIO.


Il negozio può esser INVALIDO perché ILLECITO:

ciò può dipendere dal fatto che il negozio stesso violi un divieto di legge o, comunque una norma inderogabile, o dalla contrarietà del negozio stesso al buon costume.


Nell'esperienza romana esiste una serie di divieti posti da statuizioni normative espresse: LEGES ROGATAE o SENATUSCONSULTA con effetti civili. In questo caso il negozio è colpito da nullità e non produce effetti già sul piano del diritto civile.

Se il divieto colpisce lo scopo perseguito attraverso la CONVENTIO sottostante al negozio astratto, quest'ultimo non risulta vietato dalla legge e non si verifica la nullità sul piano del diritto civile, dunque l'invalidità può aversi solo in base al ius honorarium.


Invece, una diversa situazione si ha quando sia vietato l'effetto del negozio astratto in sé considerato, indipendentemente dal contenuto e dalle modalità dell'assetto d'interessi sottostante, come accade nell'ORATIO SEVERI che sancisce la nullità delle alienazioni di fondi del pupillo, anche se fatte dal o con l'assistenza del tutore, ove manchi la prescritta autorizzazione del pretore: in questo caso è l'effetto traslativo in sé considerato ad essere preso di mira, dunque è nulla non solo la traditio ma anche la mancipatio (o l'in iure cessio).


Già nelle fonti romane si accenna all'ato compiuto in frode ad un divieto di legge, la FRAUS LEGI FACTA.

I Giuristi tendono a profilare come FRAUS LEGI gli atti che non rientrano direttamente nel tenore letterale del divieto, ma che -in casi gravi- vengono colpiti dalla nullità in quanto fatti in frode alla legge.


Sono illeciti anche i negozi contrari al buon costume (CONTRA BONOS MORES). L'ILLICEITà può riguardare anzitutto l'oggetto in senso stretto del negozio, quando ad es, si promette una prestazione illecita (il sicario assume l'obbligazione di uccidere una persona)

Altre volte è invece la causa a produrne l'illiceità, in quanto lo scopo concretamente perseguito va contra bonos mores.




LA CONDIZIONE


Fra gli elementi accidentali del negozio la dottrina ha elaborato un teoria generale solo per la CONDIZIONE, il TERMINE ed il MODO.


LA CONDIZIONE è uno degli strumenti più efficaci messi a disposizione delle parti per adattare alle concrete necessità della vita reale i singoli tipi di negozio. Essa colega l'efficacia del negozio stesso all'avverarsi di un evento futuro ed incerto: le parti vogliono porre immediatamente in essere un determinato assetto d'interessi, destinandolo però, ad aver efficacia o definitiva efficacia solo se si verificherà la situazione dedotta nella clausola.

Si riscontrano alcune distinzioni. Innanzitutto quella fra le CONDIZIONI AFFERMATIVE e NEGATIVE. Nella generica allusione ad un fatto futuro ed incerto si ricomprende sia il verificarsi sia il non verificarsi di un evento:

  • Nelle CONDIZIONI AFFERMATIVE se ne prende in considerazione il verificarsi:(se la nave verrà dall'asia);
  • Nelle CONDIZIONI NEGATIVE il mancato verificarsi: (se la nave non verrà dall'asia).

Poi si distingue fra CONDIZIONI SOSPENSIVE e RISOLUTIVE:

  • La CONDIZIONE SOSPENSIVA subordina l'inizio degli effetti del negozio al verificarsi di un fatto futuro ed incerto;
  • La CONDIZIONE RISOLUTIVA subordina ad esso la cessazione degli effetti stessi

Si distingue poi fra CONDIZIONI CASUALI, POTESTATIVE e MISTE.

  • Le CONDIZIONI CASUALI sono quelle il cui avveramento dipende esclusivamente dal caso, ivi compresa la volontà del terzo, non coinvolgendo quella di una delle parti del negozio;
  • Nelle CONDIZINI POTESTATIVE l'avveramento dipende dalla volontà di una delle parti del negozio;
  • Mentre nelle CONDIZIONI MISTE esso dipende congiuntamente dalla volontà di una delle parti e dal caso.

Fra le condizioni potestative si distinguono poi, quelle MERAMENTE POTESTATIVE, in cui la volontà della parte di dar effetto o di non dare effetto al negozio non dipende da una scelta che abbia una qualche importanza sul piano socio-economico: in qualsiasi modo formulata, essa equivale sempre a quelle "se vorrò" o se vorrai". Il negozio è nullo, perché l'efficacia non ne può esser subordinata ad una futura e totalmente discrezionale volizione della parte.


Nella dottrina moderna si contrappongono poi le CONDIZIONI PROPRIE a quelle IMPROPRIE.

Quest'ultima categoria viene in effetti adoperata in 2 significati differenti. Nel 1°, si dicono CONDIZIONI IMPROPRIE le clausole che subordinano l'efficacia del negozi giuridico ad un fatto presente o passato, che le parti non sanno se sia o meno verificato, si stia o meno verificando,(condizione riferita al presente od al passato).

Mentre nella CONDIZIONE IN SENSO PROPRIO v'è un 'incertezza oggettiva, connessa al carattere futuro ed incerto dell'evento dedotto nella clausola, qui viene a mancare lo stato di pendenza.

In un 2°significato, si parla di CONDIZIONE IMPROPRIA per indicare quei fatti, futuri ed incerti, che determinano l'inizio o la fine degli effetti del negozio non in base alla volontà delle parti, bensì ad una norma giuridica: si tratta della c.d.CONDICIO IURIS (o CONDIZIONE DI DIRITTO).

Rispetto alla condizione propria, non manca qui la pendenza, ma la subordinazione degli effetti del negozio al fatto futuro ed incerto non dipende da una clausola negoziale voluta dalle parti. (Ad es. nella DOTIS DICTIO, come modo di costituzione della dote, l'efficacia del negozio dipende dalla conclusione del matrimonio).

Diversa dalla condictio iuris è la c.d CONDICTIO TACITA, la CONDIZIONE TACITA, in cui la subordinazione degli effetti del negozio ad un fatto futuro ed incerto non si desume da una previsione espressa delle parti, bensì dalla complessiva valutazione delle circostanze della fattispecie.


Vi è inoltre la distinzione fra CONDIZIONI POSSIBILI ed IMPOSSIBILI, LECITE ed ILLECITE:

  • E' IMPOSSIBILE una condizione, se il fatto dedotto nella clausola non poteva, al momento del negozio, verificarsi (anche se dopo è divenuto possibile);
  • POSSIBILE nel caso contrario.

Si distingue fra IMPOSSIBILITA' NATURALE (se toccherò il cielo con un dito) e GIURIDICA (se acquisterai il campo marzio, una res publica che non può essere oggetto né di diritti né di negozi privati).

Illiceità delle condizione invece non coincide co illiceità del fatto dedotto nella clausola.

Il fatto può essere LECITO e la condizione ILLECITA od essere ILLECITO il fatto e la condizione LECITA.

La condizione impossibile rende nullo il negozio, perché non si può verificare l'evento a cui è subordinato l'inizio dell'efficacia dell'atto.

Nelle disposizioni testamentarie la condizione impossibile si considerava non apposta.


Nel periodo postclassico, per la fusione fra ordinamento pretorio e civile, si arriva alla regola che anche le condizioni illecite si hanno per non apposte.


Caratteristica essenziale del negozio condizionale è lo stato di pendenza fini a che si accerti se la condizione si sia verificata o sia mancata. Nella dottrina moderna si distinguono gli EFFETTI FINALI della fattispecie, che si hanno dopo l'avveramento della condizione, e gli EFFETTI PRELIMINARI, che si verificano durante la pendenza e tendono ad assicurare la produzione di quelli finali.


Avveratasi la condizione, v'è il problema di determinare il momento in cui inizino gli effetti del negozio.Al proposito si distingue tra EFFICACIA RETROATTIVA ed IRRETROATTIVA:

  • nella Prima gli effetti si considerano, sul piano giuridico, venuti in essere al momento della conclusione del negozio;
  • nella Seconda al momento in cui si è avverata la condizione.








IL TERMINE.


Il TERMINE (DIES) è una clausola che fissa una modalità temporale rispetto agli effetti del negozio, esso opera in 2 modi fondamentali:

  • come TERMINE INIZIALE (SOSPENSIVO) che fissa il momento in cui hanno inizio gli effetti del negozio;
  • come TERMINE FINALE (RISOLUTIVO), che fissa il momento in cui gli effetti del negozio debbono cessare.

E' essenziale nel termine il riferimento ad un momento futuro, in cui è però certo l'avveramento, anche se può essere incerto quando accadrà, dunque manca lo stato di pendenza che caratterizza la condizione.


Non possono essere sottoposti a termine gli ACTUS LEGITIMI, né è ammesso il termine, iniziale o finale, nell'istituzione d'erede.

Negli altri negozi è, in linea di massima, sempre opponibile il termine iniziale, mentre quello finale trova applicazione soprattutto nei rapporti di durata.



LA RAPPRESENTANZA.


Il soggetto interessato ad un negozio giuridico non sempre può o vuole compierlo personalmente: si ha così la figura della RAPPRESENTANZA, quella figura in cui qualcuno

(IL RAPPRESENTANTE) agisce per conto ed eventualmente in nome di un'altra persona

(IL RAPPRESENTATO) di cui nel negozio sono coinvolti gli interessi.


Vi è una prima distinzione fra RAPPRESENTANZA NECESSARIA (LEGALE) e RAPPRESENTANZA VOLONTARIA.

  • La Prima si ha quando il soggetto interessato al negozio sia incapace d'agire, mentre;
  • La Seconda si ha quando un soggetto capace di agire non possa o reputi più opportuno non svolgere di persona un'attività negoziale che lo riguarda. Nell'esperienza romana il tutore ed il curatore non procedono sempre in via di rappresentanza, ma anche in via di assistenza prestata dal tutore (AUCTORITAS) o dal curatore agli atti compiuti dal soggetto parzialmente incapace.

Più importante la tradizionale distinzione fra:

  • RAPPRESENTANZA DIRETTA (O PROPRIA), in cui il rappresentante agisce in nome e per conto del rappresentato, con la conseguenza che gli effetti del negozio si producono in resta a quest'ultimo e;
  • RAPPRESENTANZA INDIRETTA (O IMPROPRIA) od interposizione gestoria, dove il rappresentante agisce in nome proprio e per conto del rappresentato, con la conseguenza che glie effetti del negozio concluso dal rappresentante si producono in testa a quest'ultimo, il quale li deve poi ritrasmettere al rappresentato.

Diversa è la figura del NUNCIUS, che è una sorta lettera parlante, in quanto si limita a trasmettere la volontà della parte, senza autonomia decisionale e senza prender parte alla forma del negozio.


Nella rappresentanza si ha la scissione nella figura della "parte del negozio": si ha la parte in SENSO FORMALE, il rappresentante che pone in essere la forma negoziale, e la parte IN SENSO SOSTANZIALE, il rappresentato, cui sono direttamente o indirettamente destinati gli effetti del negozio.


E' opinione diffusa che l'esperienza giuridica romana non abbia conosciuto la rappresentanza diretta in quanto ad es, non hanno mai conosciuto l'agire in nome altrui.

Nell'ambito della rappresentanza necessaria, il TUTOR PUPILLI ed il CURATOR FURIOSI potevano disporre delle cose dell'incapace.


Effetti sostanzialmente identici a quelli della rappresentanza diretta si hanno nell'attività degli organi o rappresentanti delle persone giuridiche.

Anche nell'esperienza romana, gli organi delle persone giuridiche pongono in essere un'attività i cui effetti si ripercuotono direttamente nella sfera giuridica dell'ente, la c.d. RAPPRESENTANZA ORGANICA.


Un campo in cui gli atti posti in essere da una persona esplicano i loro effetti sulla sfera giuridica di un altro soggetto è quello dell'attività negoziale delle PERSONAE ALIENO IURI SUBIECTAE: i diritti nascenti da tali atti vengono direttamente acquisiti dall'avente potestà sulle stesse, mentre, sul piano civilistico, essi non possono né portare all'alienazione di diritti dell'avente potestà, né produrre obblighi a suo carico.


Una responsabilità dell'avente potestà per i contratti conclusi dal sottoposto venne introdotta dal pretore con le ACTIONES ADIECTICIAE QUALITATIS. Perché si abbia responsabilità adiettizia, è necessario che si sia formata, in testa al sottoposto, un fattispecie che -se si fosse trattato di una persona sui iuris- avrebbe dato luogo alla nascita di un'obbligazione contrattuale o più in generale da atto lecito, e che sussista inoltre una circostanza che giustifichi per il pretore la responsabilità dell'avente potestà.


In alcune fra le ACTIONES ADIECTICIAE QUALITATIS la responsabilità del pater si fonda su un'autorizzazione, generale o specifica, ad entrare in rapporti d'affari con lo schiavo (ACTIO EXERCITORIA, INSTITORIA, e QUOD IUSSU) e qui l'avente potestà risponde del debito del sottoposto per l'intero; in altre si può vedere un'autorizzazione implicita (ACTIO DE PECULIO e TRIBUTORIA) od il pater ricava, comunque, un vantaggio dal negozio compiuto dal sottoposto (ACTIO DE IN REM VERSO).


L'ACTIO EXERCITORIA e L'ACTIO INSTITORIA nascono per le esigenze del commercio.

  • La Prima si ha quando un armatore (EXERCITOR) ha preposto come magister navis un proprio sottoposto per l'utilizzazione di una nave nel commercio marittimo. Delle obbligazioni assunte dal magister navis nei limiti dela PRAEPOSITIO, l'exercitor risponde per l'intero. (IN SOLIDUM);
  • Nella Seconda, il pater prepone il sottoposto (INSTITOR) ad un'azienda commerciale, anche qui nei limiti della praepositio, il preponente risponde in solidum delle obbligazioni assunte dal sottoposto.

Un'autorizzazione esplicita si ha anche nell'ACTIO QUOD IUSSU, in cui il pater autorizza un terzo a concludere un determinato contratto col proprio sottoposto, e per tale fatto risponde in solidum per le obbligazioni nascenti dal negozio autorizzato.


L'ACTIO DE PECULIO è la più diffusa e la più importante dal punto di vista pratico fra le actiones adiecticiae qualitatis. Con il termine PECULIUM i romani designavano un insieme di beni e di diritti, attribuiti dal pater ad un sottopasto, perché di fatto questi lo amministrasse.

Il sottoposto ha il potere di amministrare il peculio e può disporre dei beni peculiari con effetti che si producono nella sfera giuridica dell'avente potestà rimasto titolare dei beni. Per i contratti posti in essere dal sottoposto nell'amministrazione del peculio, il pretore concede all'alatro contraente l'ACTIO DE PECULIO. Con essa l'avente potestà risponde nei limiti dell'attivo del peculio.


L'ACTIO TRIBUTORIA sancisce una più ampia responsabilità dell'avente potestà che abbia, anche implicitamente, autorizzato il sottoposto ad esercitare con il peculio un'attività commerciale.


Diverso da quest'ultimo (il PECULIUM PROFECTICIUM) è IL PECULIUM CASTRENSE costituito dai beni acquistati dal filiusfamilias durante il servizio militare e dagli latri beni che ha ottenuto attraverso l'utilizzazione dei primi (principio di surrogazione reale). Sul peculium castrense imperatori e giuristi sono arrivati, nel II sec. d.C., a riconoscere una piena capacità giuridica al filiusfamilias che, nei suoi limiti, può avere rapporti giuridici con qualsiasi persona, ivi compreso il proprio paterfamilias, e ne può disporre anche per testamento. Sul peculium castrense residua al pater una titolarità quiescente che si manifesta allorché il filius muoia senza aver fatto testamento, in quanto tali beni ritornano al pater stesso non per successione ereditaria, ma come beni peculiari i seguito all'estinzione del peculio stesso,in ordine ai debiti del filius, il pater risponde solo nei limiti del paculium.


L'ACTIO DE IN REM VERSO era concessa quando mancavano altri criteri per imputare all'avente potestà l'obbligazione assunta dal sottoposto. Con tale azione il pater rispondeva nei limiti in cui avesse tratto vantaggio economico dal negozio posto in essere dal sottoposto. Non si trattava di un'azione a se stante, perché la responsabilità DE IN REM VERSO era prevista insieme a quella DE PECULIO in un'unica formula.


In tutte le actiones adiecticiae qualitatis gli effetti che per noi sarebbero di rappresentanza s'innestano sul rapporto potestativo.


Nella RAPPRESENTANZA INDIRETTA (od interposizione gestoria) gli effetti del negozio si producono, interinalmente, nella sfera giuridica del rappresentante. La rappresentanza indiretta può così aver luogo solo nei negozi di natura patrimoniale, perché in quelli di carattere familiare o personale non è possibile che si abbia quella titolarità interinale degli effetti che ne è tipica.

Anche nei negozi patrimoniali, la rappresentanza indiretta non è sempre possibile.

Questo funzionamento è impedito solo quando nel contratto rilevi l'intutitus personae.




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