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Contratto a termine

diritto



Contratto a termine


Nel nostro ordinamento la forma tipica di rapporto di lavoro è quella a tempo indeterminato (art. 1, D.Lgs.), tuttavia è consentito al DDL di fissare una scadenza alla durata del contratto. Fino all'emanazione del D.Lgs. 368/2001, tale possibilità era ammessa solo in presenza di alcune situazioni imprevedibili e straordinarie tassativamente elencate dai CCNL e dalla L. 230/1962. Il D.lgs. 368/2001 ha profondamente innovato la disciplina, stabilendo che può essere apposto un termine al contratto di lavoro per ragioni di ordine tecnico (ad es. specializzazioni diverse di quelle presenti nell'organico aziendale), produttivo e organizzativo (es. per far fronte a picchi produttivi) e sostitutivo (per sostituire lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto di lavoro). Non si tratta, però, di un'estensione incondizionata dei casi in cui è ammesso un termine, poiché grava sul datore di lavoro l'onere di provare le ragion 333f51d i giustificatrici del termine.

L'art. 3  del decreto stabilisce una serie di casi in cui è sempre vietato costituire un rapporto a termine finale:

  1. per sostituire lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
  2. salva diversa previsione degli accordi sindacali, presso unità produttive in cui si sia proceduto, nei 6 mesi precedenti, a licenziamenti collettivi di personale addetto alle stesse mansioni oggetto del contratto a termine;
  3. nelle unità produttive nelle quali sia in atto una sospensione dei rapporti o una riduzione dell'orario, con diritto al trattamento d'integrazione salariale, che riguardino lavoratori adibiti alle mansioni oggetto del contratto a termine;
  4. da parte di aziende che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi di cui all'art. 4 del D.Lgs. 626/94.

Costituzione del rapporto: nei suoi tratti essenziali la costituzione del rapporto non diverge da quella del contratto a tempo indeterminato; tuttavia, data l'esigenza di far risaltare il termine come elemento caratterizzante tale fattispecie contrattuale, il decreto prescrive che il contratto deve avere forma scritta (eccezion fatta per i contratti di durata non superiore ai 12 gg.) con l'indicazione della durata e delle ragioni giustificatrici della sua apposizione. L'assenza o l'incompletezza della scrittura comportano l'inefficacia della clausola appositiva del termine e non la nullità dell'intero contratto che, pertanto, si considera a tempo indeterminato. Stipulato l'atto in forma scritta, e sul presupposto che sia valido ed efficace, una copia dovrà essere consegnata al lavoratore e un'altra al Centro per l'impiego territorialmente competente entro il giorno antecedente a quello dell'instaurazione.



Durata e proroga: la legge non stabilisce una durata massima, solo per i dirigenti è fissato il limite massimo di 5 anni. Viene invece disciplinata espressamente la proroga. In tema di proroga l'art. 4 dispone, anzitutto, che è ammessa solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a 3 anni e che la proroga è ammessa una sola volta e quando sia richiesta da "ragioni oggettive e si riferisca alla stessa attività lavorativa" per la quale il contratto è stato stipulato a termine. In ogni caso deve essere rispettato il limite massimo dei 3 anni. Spetta al datore di lavoro provare l'esistenza delle ragioni giustificatrici la proroga, in mancanza il rapporto si trasforma a tempo indeterminato dalla scadenza del termine.

Diversa dalla proroga è l'ipotesi prevista dall'art. 5: continuazione del rapporto oltre la scadenza del termine originariamente prefissato o successivamente prorogato. Detta continuazione non è in sé illecita, comporta solo un ulteriore obbligo a carico del DDL che dovrà retribuire le giornate di prosecuzione con un maggiorazione del 20% per i primi 10 gg., del 40% per ciascun giorno ulteriore(entro i limiti massimi di 20 o 30 giorni, rispettivamente per i contratti di durata inferiore o superiore al semestre). In questo modo la validità del contratto è preservata per un periodo predeterminato: c.d. periodo di tolleranza. Se il rapporto di lavoro continua oltre il 20°giorno in caso di contratto di durata inferiore a 6 mesi, nonché decorso il periodo complessivo di cui al comma 4-bis, ovvero oltre il 30° giorno negli altri casi, il contratto si considera a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini.

Lo stesso art. 5 prevede, poi, la fattispecie della successione (o c.d. reiterazione) di più assunzioni a termine dello stesso lavoratore. In dettaglio, il DDL può stipulare un nuovo contratto a termine con lo stesso lavoratore, purchè dalla data di scadenza siano trascorsi 10 giorni se in contratto iniziale ha una durata fino a 6 mesi, 20 giorni nel caso di durata superiore a 6 mesi. Il mancato rispetto dei suddetti intervalli comporta l'invalidità e quindi la conversione a tempo indeterminato solo del secondo contratto. L'art. 5 co. 4°, considera la più grave ipotesi di una successione di più assunzioni a termine consecutive senza soluzione di continuità: in questo caso scatta la conversione a tempo indeterminato sin dalla data di stipulazione del 1° contratto (cioè, ex tunc).

E' stato aggiunto il co.  4-bis: ferma restando la disciplina della successione di contratti di cui ai commi precedenti, qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i 36 mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l'altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato. In deroga a quanto disposto dal primo periodo del presente comma, un ulteriore successivo contratto a termine fra gli stessi soggetti può essere stipulato per una sola volta, a condizione che la stipula avvenga presso la direzione provinciale del lavoro competente per territorio e con l'assistenza di un rappresentante di una delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato. Le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale stabiliscono con avvisi comuni la durata del predetto ulteriore contratto. In caso di mancato rispetto della descritta procedura, nonché nel caso di superamento del termine stabilito nel medesimo contratto, il nuovo contratto si considera a tempo indeterminato.

4-ter. Le disposizioni di cui al comma 4-bis non trovano applicazione nei confronti delle attività stagionali, nonché di quelle che saranno individuate dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi (pertanto, in riferimento a tali attività non esiste un limite di durata complessivo).

4-quater. Il lavoratore che, nell'esecuzione di uno o più contratti a termine presso la stessa azienda, abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a 6 mesi ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi 12 mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine.

4-quinquies. Il lavoratore assunto a termine per lo svolgimento di attività stagionali ha diritto di precedenza, rispetto a nuove assunzioni a termine da parte dello stesso datore di lavoro per le medesime attività stagionali.

4-sexies. Il diritto di precedenza di cui ai commi 4-quater e 4-quinquies può essere esercitato a condizione che il lavoratore manifesti in tal senso la propria volontà al datore di lavoro entro rispettivamente 6mesi e 3 mesi dalla data di cessazione del rapporto stesso e si estingue entro un anno dalla data di cessazione del rapporto di lavoro». La novità rispetto alla precedente normativa (che sul punto viene esplicitamente abrogata) è costituita dalla previsione ex lege del diritto di precedenza: sino al 31/12/2007, al contrario, la definizione delle ipotesi di applicazione di tale diritto era rimessa alla contrattazione collettiva.


Diritti del lavoratore

L'art. 6 stabilisce che: al lavoratore con contratto a termine spettano le ferie e la gratifica natalizia o la 13^mensilità, il TFR ed ogni altro trattamento in atto nell'impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili (inquadrati, cioè, nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dai contratti collettivi), ed in proporzione all'orario di lavoro prestato (pro rata temporis).

L'art. 7 prevede, invece, il diritto del lav. a termine di ricevere una formazione adeguata alle mansioni oggetto del contratto, al fine di prevenire i rischi specifici connessi all'esecuzione del lavoro. Infine, l'art. 9 prevede un diritto all'informazione circa i posti vacanti a tempo indeterminato che si rendessero disponibili nell'impresa al fine di garantire loro le stesse possibilità di ottenere posti duraturi che hanno gli altri lavoratori.


Computo dei lavoratori a termine

L'art. 8 utilizza un criterio oggettivo, infatti, ai fini dell'applicabilità dell'art. 35 della L. 300/1970 essi sono computabili solo se il contratto ha durata superiore a 9 mesi.


Rapporti esclusi dalla disciplina

Per particolari rapporti e settori produttivi l'art. 10 ha stabilito l'esclusione dal proprio campo di applicazione, oppure ha previsto delle discipline speciali in tutto o in parte derogatrici. Tali rapporti sono:

I contratti di lavoro temporaneo di cui alla L. 196/1997 e successive modificazioni;

I contratti di formazione e lavoro;

I contratti d'apprendistato ed in generale, tutti i rapporti con finalità formative (tirocinio e stage) che, per espressa previsione di legge non costituiscono rapporto di lavoro;

I contratti degli operai a tempo determinato nell'agricoltura, già destinatari di una disciplina speciale (D.Lgs. 375/1993);

I rapporti a termine instaurati con le aziende esercenti il commercio di esportazione, importazione, e all'ingrosso dei prodotti ortofrutticoli;

Nel settore del turismo e dei pubblici servizi, i rapporti c.d. a giornata (cioè, non superiori a 3 gg.);

I rapporti di lavoro instaurati con i dirigenti, per i quali è previsto un termine massimo di durata di 5 anni, con la facoltà per il dirigente di recedere dopo 3 anni, dando il preavviso ex art. 2118 c.c. tali rapporti sono esclusi espressamente dal campo di applicazione del decreto, eccezion fatta per l'art. 6 (principio di non discriminazione) e l'art. 8 (computo degli occupati nell'unità produttiva); quindi l'apposizione del termine è libera e non necessita di forma scritta;



Disciplina speciale, basata sulla libera apposizione del termine, è stabilita per il settore del trasporto aereo e dei servizi aeroportuali.


Limiti quantitativi

L'art. 10, co. 7 affida ai contratti collettivi l'individuazione di limitazione quantitative alle assunzioni a tempo determinato. Dette limitazioni (c.d. clausole di contingentamento), normalmente in percentuale sul numero degli occupati possono essere stabilite anche in misura non uniforme e cioè differenziata (es. per area territoriale, per qualifica professionale o in virtù della ragione giustificatrice del termine). Lo stesso co. 7, così come modificato, esclude da limiti quantitativi i contratti stipulati:

a) nelle fase di avvio di nuove attività per periodi di tempo fissati dai contratti collettivi;

b) per ragioni di carattere sostitutivo e per le attività stagionali in genere;

c) specifici programmi o spettacoli radiofonici e televisivi;

d) con lavoratori di età superiore a 55 anni.

L'esenzione dai limiti, quindi, NON si applica più :

A)    Per le c.d. punte periodiche di lavoro;

B) A conclusione di un periodo di tirocinio o stage;

C)    Per l'esecuzione di un'opera o servizio definiti o predeterminati nel tempo ed aventi carattere straordinario o occasionale;

D)    Ai contratti di durata NON superiore ai 7 mesi.



Sono, inoltre, abrogati il comma 8 (relativo alla non computabilità delle assunzioni non superiori a 7 mesi), 9 e 10 (riguardanti il diritto di precedenza ora normato dal comma 4-quater, 4-quinquies e 4-sexies dell'art. 5, D. Lgs. n. 368/2001) dell'art. 10, mentre al comma 4 (che regola i contratti a termine dei dirigenti, la cui durata non può essere superiore a 5 anni) viene premesso che si tratta di una norma « in deroga a quanto previsto dall'art. 5, comma 4-bis ».

Il regime transitorio

Si stabilisce che i contratti a tempo determinato in corso al 1° gennaio 2008 (data di entrata in vigore della legge) continuano fino al termine previsto dal contratto anche in deroga alla nuova disciplina di cui all'art. 5, comma 4-bis, D.Lgs. n. 368/2001.

Il periodo di lavoro a tempo determinato già effettuato alla data del 1° gennaio 2008 dovrà essere computato insieme ai periodi successivi di attività, ai fini della determinazione del periodo massimo di 36 mesi, solo « decorsi 15 mesi dalla medesima data » (ovverosia, a partire dal 31 marzo 2009).


Scioglimento del contratto ante tempus

Nessuna disposizione è contenuta nel D.lgs. 368/2001 in merito ad un eventuale scioglimento ante tempus. Esclusa l'applicabilità dell'art. 118 c.c. (recesso unilaterale) contraria alla stessa natura del contratto a termine, è applicabile la previsione dell'art. 2119 c.c., il quale prevede espressamente la sua applicabilità al contratto a termine. Non sembra, invece, applicabile la previsione del giustificato motivo, di cui all'art. 3, L. 604/1966 poiché l'art. 1 della stessa legge ne limita il campo di applicazione al rapporto di lavoro a tempo indeterminato. In sostanza, fatta eccezione dell'esistenza di una giusta causa il rapporto dovrà proseguire fino alla scadenza concordata.






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