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Schematizzazione - L'origine delle specie

biologia



Schematizzazione - L'origine delle specie


INTRODUZIONE:


* Considerando l'origine delle specie, le affinità tra organismi viventi, le loro relazioni embriologiche, la distribuzione geografica, la successione geologica; si può giungere alla conclusione che le specie non sono state create indipendentemente una dall'altra, ma sono derivate da altre specie.

* Per accettare questa conclusione è necessario dimostrare in che modo le innumerevoli specie che abitano questo pianeta si siano modificate, ed abbiano acquistato quella perfezione di struttura e coadattamento, che permette loro la sopravvivenza

* L'uomo è in grado di intervenire sugli animali domestici e le piante coltivate attraverso la sua azione selettiva, a volte ben diversa da quella naturale, creando e accumulando nuove variazioni.

* In ogni specie nascono più individui di quanti non ne possano sopravvivere per aumentare le possibilità di "vincere" la lotta per l'esistenza.

* Ogni essere che subisca una variazione a proprio vantaggio in condizioni di vita complesse e spesso variabili, avrà una maggiore probabilità di sopravvivere e di essere, così, selezionato naturalmente.

* La selezione naturale provoca inevitabilmente l'estinzione di molte forme di vita meno perfezionate, e porti ad una divergenza di caratteri.

* A favore della teoria della variazione si presentano alcune evidenti e gravi difficoltà:

_ Le difficoltà relative alle transizioni, cioè al modo in cui un individuo o un organo semplici possono cambiare o perfezionare in un individuo altamente sviluppato o in un organo di elaborata struttura.



_ La questione dell'istinto, cioè delle facoltà mentali degli animali.

_ L'ibridismo, cioè la sterilità degli incroci fra diverse specie e la fecondità di quelli tra diverse varietà.

_ L'incompletezza dei dati geologici.

* Le specie non sono immutabili ma, anzi, quelle che appartengono ad uno stesso genere sono dirette discendenti di altre specie, oggi generalmente stinte, così come quelle di una varietà di una qualsiasi specie sono discendenti di quella specie.


LA VARIAZIONE ALLO STATO DOMESTICO


* Le condizioni di vita agiscono in due modi: direttamente, sull'intero organismo o soltanto su certe parti di esso, e indirettamente, influendo sul sistema riproduttivo.

* Lo stato diretto dipende da due fattori: la natura dell'organismo e quella delle condizioni esterne. La prima sembra essere più importante, gli effetti sulla discendenza possono essere definiti quando tutti o quasi i discendenti di individui, esposti a determinare condizioni durante diverse generazioni, risultano modificati allo stesso modo. Il cambiamento delle condizioni produce variabilità indefinita, che si osserva negli innumerevoli piccoli particolari che distinguono gli individui della stessa specie e che non possono attribuirsi all'eredità d'antenati.

* L'azione indiretta, che si esercita attraverso il cambiamento delle condizioni di vita, dipendente

dall'estrema sensibilità dell'apparato riproduttore a ogni cambiamento; soprattutto in cattività, tale apparato agisce irregolarmente e produce discendenti, in qualche modo, diversi dai loro genitori.

* La variabilità è regolata da numerose leggi tra cui quella della variazione correlata: cambiamenti importanti dell'embrione o della larva comportano cambiamenti nell'animale adulto.

* Se l'uomo insiste nel selezionare, e quindi nello sviluppare, una qualsiasi particolarità, modificherà quasi certamente e senza volerlo altre parti della struttura, a causa delle misteriose leggi della correlazione.

* Quando una qualsiasi deviazione della struttura si presenta spesso e viene notata nel padre e nel figlio, non si può escludere che essa sia dovuta a una stessa causa che abbia agito su entrambi; ma quando, fra individui evidentemente esposti alle stesse condizioni, una qualche deviazione assai rara, dovuta a un eccezionale concorso di circostanze, appare nel genitore e riappare nel figlio, la semplice teoria della probabilità quasi ci costringe ad attribuire questa ricomparsa all'eredità.

* Se consideriamo le varietà ereditarie o le razze di animali domestici e di piante coltivate, e le confrontiamo con le specie più affini, notiamo generalmente una minore uniformità di carattere nelle razze domestiche che non nelle specie vere.

* Le razze domestiche della stessa specie differiscono l'una dall'altra nello stesso modo in cui allo stato di natura differiscono le specie strettamente affini del medesimo genere, ma in molti casi le differenze sono meno accentuate.

* Gli individui che discendono da un primo incrocio fra due razze pure presentano caratteri abbastanza uniformi e, talvolta, addirittura identici; ma quando questi ibridi vengono incrociati fra loro per diverse generazioni, è difficile trovarne due uguali.



* Una delle caratteristiche più notevoli delle nostre razze domestiche è il loro adattamento in funzione non del benessere dell'animale, ma del vantaggio o del capriccio dell'uomo. La chiave del problema sta nel potere dell'uomo d'operare una selezione accumulativa: la natura fornisce variazioni successive, e l'uomo le accumula nelle direzioni che gli sono utili. Da questo punto di vista si può affermare che egli si è fabbricato le razze che gli sono vantaggiose.

* La selezione inconscia deriva dal desiderio di ciascuno di possedere e moltiplicare i migliori individui d'ogni specie. Ognuno cerca di ottenere la discendenza dai migliori individui, senza avere l'intenzione di cambiare la razza in modo permanente. Tuttavia questo processo finirebbe per modificare e migliorare qualsiasi razza.

* L'uomo non è in grado di prevedere le trasformazione subite da una specie e il "risultato finale" ottenuto attraverso una selezione continuata, in parte inconscia, e in parte metodica.

* Un alto grado di variabilità, che fornisce il materiale su cui la selezione opera è una delle circostanze di successo per la selezione dell'uomo (quando gli individui sono pochi, riescono tutti a riprodursi, qualunque sia la loro qualità, e questo impedisce la selezione). La condizione più importante è che l'animale sia apprezzato dall'uomo, tanto da richiamare tutta la sua attenzione sulle deviazioni anche minime della propria qualità o struttura.


STATO DI NATURA


* Le varietà non possono distinguersi dalle specie se non, primo, per la scoperta di forme intermedie di collegamento e, secondo, per una certa non definita somma di differenze fra di loro. Infatti due forme leggermente diverse tra loro sono classificate come varietà, nonostante si possano considerare molto vicine; ma il numero di differenze ritenuto necessario per distinguere due specie non è stabilito.

* Nei generi grandi le specie possono essere molto simili, ma in modo ineguale, formando piccoli gruppi intorno ad altre specie.

* Le specie dei grandi generi presentano forti analogie con le varietà. Noi possiamo capire queste analogie, se supponiamo che le specie siano un tempo esistite come varietà e come tali abbiano avuto origine.

* Le specie più fiorenti o dominanti dei generi più grandi di ogni classe sono quelle che produco in media il più gran numero di varietà; e che le varietà, tendono a divenire specie nuove e distinte.

* I generi più grandi hanno la tendenza ad accrescersi e, in tutta natura, le forme di vita attualmente dominanti manifestano la tendenza a dominare sempre di più, lasciando discendenti a loro volta modificati e dominanti. Ma questi generi tendono anche a suddividersi in generi minori così che le forme di vita si suddividono in gruppi subordinati ad altri gruppi.






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