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LINEE-GUIDA PER LA BIOINDICAZIONE DEGLI EFFETTI DELL' INQUINAMENTO

biologia



LINEE-GUIDA PER LA BIOINDICAZIONE DEGLI EFFETTI DELL' INQUINAMENTO TRAMITE LA BIODIVERSITA' DEI LICHENI EPIFITI

Riassunto

Viene presentata una metodogia per il biomonitoraggio degli effetti dell'inquinamento da gas fitotossici (principalmente SO2 ed NOx) tramite l' uso di licheni epifiti, basata su una misura di biodiversità, intesa come somma delle frequenze delle specie in un reticolo di rilevamento a dieci maglie di dimensioni fisse. Si allega una scala per interpretare i valori di biodiversità in termini di deviazioni da situazioni "normali", valida per l'Italia submediterranea. Si includono suggerimenti sulle strategie di campionamento, sulla elaborazione dei dati, e sulla presentazione dei risultati.

Parole chiave: biodiversità, bioindicazione, inquinamento, licheni.

1. Generalità

Il metodo qui proposto si basa su una misura della biodiversità lichenica su tronchi d'albero, definita come la somma delle frequenze delle specie presenti entro un reticolo a dieci maglie di area costante. Esso deriva da que 353j99d llo sviluppato da Herzig & Urech (1991) per il territorio svizzero. La differenza principale consiste nelle dimensioni delle maglie del reticolo, che nel metodo svizzero variano con il diametro del tronco. Un campionamento su aree costanti trasforma il terminologicamente ambiguo "Indice di Purezza Atmosferica" (Index of Air Purity, I.A.P.) in una semplice misura di biodiversità (v. Badin & Nimis, 1996; Nimis 1999). Un metodo simile è quello proposto da Wirth (1995), in cui si adotta un reticolo a maglie quadrate di 10 cm. Queste misure di biodiversità dipendono dalle due principali reazioni delle comunità licheniche all'inquinamento da gas fitotossici, in primo luogo SO2 ed NOx, (v. Nimis et al. 1990): a) diminuzione nel numero di specie, b) diminuzione della loro copertura/frequenza. Questa metodica , proposta da Nimis et al. (1989) è stata ampiamente adottata in Italia, sia su aree ristrette che a scala regionale, come nel caso dell'intera Regione del Veneto, che è stata soggetta a monitoraggio due volte nell'arco di cinque anni (Nimis et al. 1991, Morandi 1998). I dati hanno dimostrato un'alta predittività rispetto a misure strumentali di inquinamento e a dati epidemiologici (Cislaghi et al. 1996; Cislaghi & Nimis 1997). Essendo i licheni molto sensibili a sostanze gassose prodotte da combustioni generiche, i patterns geografici di biodiversità lichenica riflettono spesso quelli di molte altre sostanze gassose, o sotto forma di particellato molto fine, emesse assieme alle prime (Cislaghi & Nimis, 1997). Si utilizzano licheni epifiti, in quanto le scorze d'albero sono geneticamente omogenee, il che riduce la variabilità di parametri ecologici indipendenti dall'inquinamento (p. es. tenore in basi, capacità idrica ecc.), che potrebbero influenzare i valori di biodiversità.



I limiti principali di questa metodica sono i seguenti:

  1. non è applicabile in aree con scarsità di alberi adatti al campionamento,
  2. non permette di discriminare gli effetti dell'inquinamento in aree molto inquinate con assoluta assenza di licheni (deserto lichenico),
  3. non è ancora applicabile in alcune parti d'Italia (fascia Mediterranea arida), causa la carenza di studi di calibrazione,
  4. non permette sempre di stabilire una relazione univoca e quantitativa tra biodiversità lichenica e concentrazioni di specifici inquinanti, a causa degli effetti sinergici di più inquinanti sui licheni,
  5. non permette di rilevare immediatamente fenomeni acuti di inquinamento, in quanto la reazione dei licheni richiede un certo tempo per essere apprezzabile.

I principali vantaggi sono:

  1. possibilità di ottenere rapidamente, a bassi costi, e con un'alta densità di campionamento, mappe degli effetti biologici di gas fitotossici a diverse scale territoriali,
  2. possibilità di individuare aree con potenziale superamento dei limiti-soglia per alcuni importanti inquinanti primari (soprattutto SO2, e/o NOx), per una localizzazione ottimale degli strumenti di misura dell'inquinamento,
  3. possibilità di stimare l'effetto sinergico di inquinanti di rilevanza biologica, anche per la salute umana,
  4. possibilità di individuare patterns di trasporto a lunga distanza e deposizione di inquinanti emessi in forma gassosa, o di particellato fine, assieme ad SO2, e/o NO2, e di validare eventuali modelli diffusionali,
  5. possibilità di valutare, su lunghi periodi di tempo, l'efficacia di misure volte alla riduzione nelle emissioni di determinati inquinanti.

I dati di biodiversità possono venire interpretati in termini di deviazione da situazioni "naturali" sulla base di diverse scale di interpretazione, valide per diverse regioni bioclimatiche del Paese.

2. Strategie di Campionamento

2.1 - Obiettivi, scale territoriali e strategie di campionamento sono interrelati. Non è quindi possibile specificare rigidamente una strategia di campionamento unica. Per un adeguato trattamento statistico dei dati, e per facilitare il confronto tra studi diversi, è consigliabile effettuare - ove possibile - un campionamento sistematico, basato su una suddivisione del territorio in Unità Geografiche Operazionali (OGUs), preferibilmente di forma regolare (quadranti).

2.2 - Sono preferibili griglie di campionamento già utilizzate a scala nazionale e/o internazionale. Di seguito (punti 2.3-2.7) si presenta un esempio, non vincolante, avente come base di riferimento il sistema di campionamento utilizzato per l'inventario Nazionale Forestale (IFN). Esso è costituito da una rete di punti in una maglia di 3x3 km. Di questi, un sottocampione selezionato secondo una maglia di 15x18 km afferisce alla rete europea EU-UN/ECE per il rilevamento dei danni alle foreste causati dall'inquinamento atmosferico sotto gli auspici dell'"EU Scheme on the protection of forests against atmospheric pollution" e "CLRTAP - Convention on Long-Range Transboundary Air Pollution". La rete di base di 3x3 km consente quindi la selezione di OGUs di forma ed area diversa, sia regolari (3x3, 6x6 km, ecc.), che allungati nel senso della latitudine (3x6, 3x9 km, ecc.), o della longitudine (6x3, 9x3 km, ecc.).

2.3 - Per indagini a scala territoriale ampia (generalmente regionale o provinciale) si consigliano OGUs di 9x9 km, o di 3x3 km. Le stazioni (unità) di campionamento, individuate all'intersezione dei punti di tali reticoli, hanno un'area prefissata di 1 km2 definita da un quadrato di 1 km centrato sull'intersezione di cui sopra, che rappresenta le coordinate della stazione.

2.4 - Il primo albero selezionato per il campionamento sarà quello (con caratteristiche adeguate, v. oltre) più vicino alle coordinate della stazione; gli altri saranno i più vicini all'ultimo albero campionato.

2.5 - Se all'interno della stazione non ci sono sufficienti alberi idonei, la ricerca, sempre su superfici di 1 km2, andrà effettuata all'intersezione distante 3 km da quella prefissata per i quadranti di 9 km di lato, o di 1 km per i quadranti di 3 km di lato, iniziando da quella posta a Nord. Se anche questa non fosse idonea, si passa all'intersezione posta Est, e così via in senso orario (N-E-S-O). La prima stazione che soddisfa le condizioni richieste diventa la nuova stazione, con nuove coordinate.

2.6 - Se non è possibile effettuare il campionamento, la stazione verrà trattata come dato mancante.

2.7 - Per indagini a scala territoriale più ristretta (aree comunali, urbane, ecc.) vanno utilizzati OGUs di 1x1 km, 500x500 m o 250x250 m In questi casi le coordinate della stazione corrispondono al centro del quadrante, e la ricerca degli alberi va effettuata all'interno dell'intera superficie degli OGUs, iniziando dal centro.

2.8 - E' possibile utilizzare OGUs di dimensioni diverse quando gli obiettivi richiedano diversi gradi di dettaglio; si consiglia una più alta densità di campionamento in aree geomorfologicamente complesse.

2.9 - Per obiettivi particolari, o per situazioni con scarsità di alberi idonei, si possono adottare altri tipi di campionamento (lungo transetti per studi di gradiente, campionamento preferenziale, ecc.). In particolare, un campionamento preferenziale può essere adeguato:

  1. quando l'obiettivo si limita alla descrizione della situazione in un singolo punto,
  2. quando l'obiettivo richiede un'alta densità di campionamento in situazioni con scarsità di alberi adatti (il che richiede una ricerca esaustiva degli alberi su tutta la superficie degli OGUs),
  3. quando l'obiettivo è la comparazione di una serie di siti a rischio già precedentemente individuati,
  4. quando l'obiettivo è il ri-campionamento di un'area originariamente campionata in modo preferenziale, per evidenziare variazioni temporali.

In questi casi, tuttavia, l' analisi statistica dei dati ed il confronto con altri studi possono divenire problematici.

2.10 In casi specifici può essere consigliata l'adozione di:

  1. un campionamento sistematico in una prima fase,
  2. l'elaborazione dei dati relativi a questo campionamento,
  3. un ulteriore campionamento su scala più ridotta, nelle aree con la maggiore variazione geografica dei valori di biodiversità.

3. Scelta dei forofiti

3.1 - La scelta dei forofiti (specie di albero-substrato) va effettuata dopo un'esplorazione preliminare dell'area di studio, per appurare la frequenza/distribuzione di alberi idonei.

3.2 - Le specie di albero si ripartiscono in tre gruppi, distinti in primo luogo dal pH della scorza, ma anche da altri parametri (ritenzione idrica, durezza, tipo di scorza, ecc.), come segue:

Gruppo 1) pH neutro-basico: Acer platanoides, Ceratonia siliqua, Ficus carica, Fraxinus excelsior, Fraxinus ornus, Juglans spp., Populus x canadensis, Sambucus nigra, Ulmus spp., ecc.

Gruppo 2) pH subacido: Acer pseudoplatanus, Fagus sylvatica, Olea europaea, Quercus cerris, Quercus ilex, Quercus petraea, Quercus pubescens, Tilia cordata, Tilia platyphyllos, ecc.

Gruppo 3) pH acido: Betula spp., tutte le conifere.

A fini di monitoraggio possono essere utilizzate solo specie dei gruppi 1-2, escludendo alberi con scorza facilmente esfogliabile (es.: Aesculus, Platanus); si sconsiglia l'uso di Sambucus e Robinia pseudacacia, con elevata capacità idrica della scorza, e di specie di Celtis e Populus alba, che mantengono a lungo una scorza liscia scarsamente colonizzabile da licheni; l'utilizzo di Fagus è permesso soltanto nella fascia montana, e al di fuori di centri urbani. Studi basati su alberi di gruppi diversi non sono direttamente comparabili.

3.3 - Preferibilmente, va utilizzata una sola specie d'albero. Quando questo non sia possibile, si può ricorrere ad altre specie nell'ambito dello stesso gruppo. E' preferibile utilizzare alberi del gruppo 2), ed in particolare Tilia. In via eccezionale è possibile utilizzare specie di gruppi diversi, ma solo se si riesce ad individuare un congruo numero di stazioni con tutti i forofiti, per stabilire eventuali trasformazioni dei dati tramite adeguate giustificazioni statistiche.

3.4 - Gli alberi devono avere le seguenti caratteristiche:

  1. inclinazione del tronco non superiore ai 10°, per evitare effetti dovuti all'eccessiva eutrofizzazione di superfici molto inclinate,
  2. circonferenza minima di 70 cm, per evitare situazioni con flora lichenica pioniera,
  3. assenza di fenomeni evidenti di disturbo (verniciature, gravi malattie della pianta, ecc.).

3.5 - Quando all'interno della stazione sono presenti più alberi adatti (parchi, viali ecc.), vanno sottoposti a rilevamento quelli che presentano il maggior numero di specie di licheni con maggiore copertura.

3.6 - Quando non espressamente richiesto dagli obiettivi dell'indagine, sono da evitare alberi presso strade ad alto traffico, e specialmente incroci ove i veicoli stazionano con il motore acceso (p. es. presso semafori); vanno anche esclusi alberi in condizioni anormali di luminosità (p. es. tronchi fortemente ombreggiati da muri, altri alberi, ecc.), ed alberi trattati con anticrittogamici.

3.7 - Le aree forestali sono campionabili, escludendo però alberi in vegetazione boschiva chiusa, e scegliendo quelli siti in radure, margini di formazioni forestali, e margini di strade all'interno delle stesse.

4. Rilevamento

4.1 - Il reticolo di rilevamento è di 30 x 50 cm, suddiviso in 10 unità minori di 15 x 10 cm.

4.2 - Il reticolo va posizionato verticalmente ad un'altezza di 100 cm (base del reticolo) dal suolo, con il centro nella parte del tronco ove massima è la densità lichenica, indipendentemente dall'esposizione; per fissare il reticolo al tronco vanno utilizzate delle cinghie elastiche, evitando l'uso di chiodi che potrebbero danneggiare l'albero.

4.3 - In aree particolarmente aride, e specialmente nei centri urbani, la copertura lichenica è spesso ristretta alla base degli alberi (maggiore umidità dovuta all'evaporazione dal suolo). In questi casi il rilevamento è permesso ad altezze sul tronco minori di 100 cm. Questi dati, tuttavia, non possono venire elaborati assieme a quelli previsti al punto precedente, ma vanno utilizzati separatamente, nelle forme ritenute più convenienti, per definire ulteriori zonazioni dell'area di studio.

4.4 - Nel posizionare il reticolo vanno evitate, anche se con forte copertura lichenica:

  1. parti del tronco danneggiate o decorticate,
  2. parti con presenza di evidenti nodosità,
  3. parti corrispondenti alle fasce di scolo con periodico scorrimento di acqua piovana,
  4. parti con copertura di briofite superiore al 25% (eventuali licheni muscicoli vanno comunque considerati nel calcolo della biodiversità).

4.5 - Per permettere una ripetizione dello studio, nella scheda-stazione vanno riportate, per ogni albero:

  1. esatta localizzazione dell'albero, possibilmente utilizzando un sistema satellitare, o tramite adeguato riporto cartografico eventualmente corredato da note e disegni schematici,
  2. esposizione esatta (in gradi) del centro del reticolo,
  3. altezza dal suolo della base del reticolo,
  4. circonferenza del tronco a metà reticolo.

4.6 - Vanno annotate tutte le specie licheniche (inclusi i licheni crostosi sterili) presenti all'interno del reticolo e la loro frequenza, calcolata come numero di unità in cui ogni specie è presente (i valori di frequenza di ciascuna specie variano quindi tra 0 e 10); se lo stesso individuo di una specie è presente in più di un'unità, la sua frequenza è pari al numero di unità del reticolo in cui è presente. Per ogni specie vanno inoltre annotati eventuali segni di evidente danneggiamento dei talli (decolorazione, necrosi, ecc.).

4.7 - Vanno evitati l'asporto ed il danneggiamento dei licheni entro l'area del reticolo, per permettere un'eventuale ripetizione dello studio. Se l'esatta identificazione di una specie richiede analisi in laboratorio, si consiglia di asportare un piccolo campione, quando presente, al di fuori del reticolo. Va comunque evitato l'asporto di specie incluse nella Lista Rossa dei licheni d' Italia (Nimis, 1992).

4.8 - Quando l'identificazione di certi talli sia problematica in campo e/o in laboratorio, si consiglia di includere anche questi nel calcolo della biodiversità come "Sp. nr. x", previo accertamento che non si tratti di forme danneggiate o poco sviluppate di specie già presenti nel reticolo.

4.9 - Per ogni stazione si consiglia di effettuare i rilievi su almeno 5 alberi diversi, e comunque su non meno di 3 in studi condotti su aree molto ristrette (es.: OGUs di 250 x 250 m).

5. Elaborazione dati

5.1 - Per ogni albero va calcolata la somma delle frequenze delle singole specie, ottenendo il valore di Biodiversità Lichenica del singolo rilievo (BLr).

5.2 - La Biodiversità Lichenica di una stazione (BLs) è la media aritmetica delle BLr. Per ogni valore di BLs vanno calcolati anche la deviazione standard e l' intervallo di confidenza (v. Wirth, 1995).

5.3 - Si consiglia di sottoporre le matrice delle specie e dei rilievi e/o delle specie e delle stazioni ad analisi multivariata (classificazione ed ordinamento), per individuare le principali componenti vegetazionali, i principali gradienti di variazione floristico-ecologica, e la eventuale influenza del forofita sulla vegetazione lichenica e sulla BL. Sono preferibili dati binari per la matrice di specie e rilievi, dati quantitativi per quella delle specie e stazioni. Non vengono specificati gli algoritmi da utilizzare in quanto la scelta dipende dalla struttura dei dati.

5.4 - Si consigliano almeno due elaborazioni cartografiche:

  1. Carte relative alla distribuzione delle specie più frequenti, basate sui valori medi di frequenza di ciascuna specie in ogni singola stazione,
  2. Carte della Biodiversità Lichenica delle stazioni (BLs).

5.5 - Le elaborazioni cartografiche vanno preferibilmente effettuate con programmi di cartografia computerizzata in aree più o meno pianeggianti. La scelta tra diversi programmi ed algoritmi è a discrezione dell'operatore, che comunque dovrà considerare attentamente nella scelta:

  1. la densità dei punti di rilevamento,
  2. le caratteristiche geomorfologiche dell'area di studio.

L'uso di alcuni di questi programmi, e soprattutto di quelli che non permettono un'analisi di tipo geostatistico dei dati, non è consigliabile in aree a geomorfologia complessa. Ad esempio, in un'area montagnosa con pochi punti di campionamento in valli separate da alte montagne, l'utilizzo di questi algoritmi è sconsigliabile, ed è preferibile limitare la visualizzazione del dato (v. oltre) a singolo punto-stazione.

6. Interpretazione e presentazione dei risultati

6.1 - Nella valutazione dei valori di BLs a fini di biomonitoraggio, si propone la seguente scala, ricavata da numerosi studi precedenti svolti in Italia, divisa in sette classi che esprimono il grado di deviazione da condizioni "naturali" (non inquinate):

1) naturalità molto alta: valori di BLs maggiori di 50.

2) naturalità alta: valori compresi tra 41 e 50.

3) naturalità media: valori compresi tra 31 e 40.

4) naturalità bassa/alterazione bassa: valori compresi tra 21 e 30.

5) alterazione media: valori compresi tra 11 e 20.

6) alterazione alta: valori compresi tra 1 e 10.

7) alterazione molto alta: BLs pari a 0 (deserto lichenico) .

Questa scala è valida per aree site nella fascia submediterranea (vegetazione potenziale: boschi con querce decidue). Scale relative alla fascia mediterranea, a quella montana (vegetazione potenziale: boschi di faggio), o a eventuali ulteriori suddivisioni fitoclimatiche del Paese verranno introdotte non appena sufficientemente calibrate sulla base dei progressi della ricerca.

6.2 - La presentazione cartografica dei risultati ha due scopi principali:

1) fornire una suddivisione del territorio in aree con biodiversità lichenica diversa, ove le differenze tra fasce devono essere statisticamente significative;

2) visualizzare la struttura dei dati, evidenziando eventuali patterns geografici.

Per il primo scopo, il più rilevante a fini applicativi, non è sempre possibile suddividere il territorio in fasce corrispondenti esattamente alle classi riportate al punto precedente. L'ampiezza delle fasce dipende infatti dalla variazione della BLs nella specifica area di studio dal numero di alberi esaminati per ogni stazione. Per fornire un prodotto affidabile, l'ampiezza delle fasce deve essere tale che fasce non contigue siano statisticamente diverse. Un esempio di definizione corretta dell'ampiezza delle fasce, proposto da Wirth (1995), viene riportato nel punto seguente.

6.3 - L'ampiezza delle fasce è determinata sulla base della deviazione standard media di tutte le stazioni. Questa è pari a:

e l'ampiezza delle fasce tp si ricava dalla seguente formula:

dove:

Fij è BLr dell'albero i nella stazione j

BLj è BLs della stazione j

Sp è la deviazione standard media di tutte le stazioni

np è il numero medio di rilievi per stazione

m è il numero di stazioni

tp è il valore critico della distribuzione di Student per np-1 gradi di libertà.

Una carta che suddivida il territorio in fasce la cui ampiezza è stata determinata con questa procedura va sempre allegata ai risultati.

6.4 - La visualizzazione della struttura dei dati e l'evidenziamento di pattern più fini può prescindere dai limiti imposti al punto precedente; è quindi possibile allegare anche carte diverse (p. es. carte in cui le fasce corrispondono alle classi di cui al punto 6.1.).

6.5 - Per il riporto cartografico, ad ogni classe di naturalità/alterazione viene associato un colore, come segue:

  1. blu
  2. verde scuro
  3. verde chiaro
  4. giallo
  5. arancione
  6. rosso
  7. cremisi

6.6 - Quando l'ampiezza delle fasce è minore degli intervalli delle classi, i colori rimangono gli stessi, e le suddivisioni più fini si ottengono utilizzando un tratteggio monocromatico di densità diversa. Quando invece l'ampiezza delle fasce è maggiore degli intervalli delle classi è necessario adattare le fasce alle classi nel modo più appropriato, utilizzando un tratteggio policromatico con i colori delle classi incluse in una data fascia, ed associando le espressioni verbali relative a dette classi. Di seguito si fornisce un esempio del secondo caso, con fasce di ampiezza 20 ed ampiezza 15, relativo ai colori:

BL CLASSI

FASCE (intervallo di 20)

FASCE (intervallo di 15)

>50 1 blu

50 2 verde scuro

41-45 2 verde scuro

36-40 2 verde chiaro

31-35 3 verde chiaro

26-30 3 giallo

21-25 4 giallo

16-20 4 arancione

11-15 5 arancione

6-10 6 rosso

1-5 6 rosso

0 7 cremisi

1 blu-verde scuro

1 "

1 "

2 verde chiaro-giallo

2 "

2 "

2 "

3 arancione-rosso

3 "

3 "

3 "

4 cremisi

5 blu-verde scuro

5 "

4 verde scuro-verde chiaro

4 "

4 "

3 giallo-arancione

3 "

3 "

2 rosso-arancione

2 "

2 "

1 cremisi

Nella terza colonna, il tratteggio bicromatico relativo alla fascia 5 avrà spessore uguale per i due colori, mentre per la fascia 4 il tratto verde chiaro avrà spessore doppio di quello verde scuro, e così via.

L'esempio successivo è analogo, e si riferisce alle espressioni verbali che descrivono le fasce:

BL CLASSI

FASCE (intervallo di 20)

FASCE (intervallo di 15)

>50 1 nat. molto alta

46-50 2 nat. alta

41-45 2 nat. alta

36-40 2 nat.alta

31-35 3 nat. media

26-30 3 nat. media

21-25 4 nat./alter.bassa

16-20 4 nat./alter.bassa

11-15 5 alter.media

6-10 6 alter.alta

1-5 6 alter.alta

0 7 alter.molto alta

1 nat.da alta a molto alta

1 "

1 "

2 nat.da bassa ad alta

2 "

2 "

2 "

3 alter.da bassa ad alta

3 "

3 "

3 "

4 alter.molto alta

5 nat.da alta a molto alta

5 "

4 nat.da media ad alta

4 "

4 "

3 nat. da bassa a media

3 "

3 "

2 alter.da media ad alta

2 "

2 "

1 alter.molto alta

6.7 - Oltre ai riporti cartografici, in sede di presentazione dei risultati vanno fornite anche le seguenti informazioni:

- dimensioni degli OGUs (quando il campionamento è sistematico),

- coordinate di ciascuna stazione (meglio se Gauss-Boaga),

- numero di alberi utilizzati in ciascuna stazione,

- numero medio di alberi utilizzati per stazione,

- per ciascun albero: specie di albero e valore di BLr,

- valori di BLs per ciascuna stazione, deviazione standard e limiti di confidenza,

- ampiezza delle fasce utilizzate per la carta di cui al punto 6.3.

E' inoltre consigliabile presentare anche la matrice delle specie licheniche e delle stazioni, con i valori medi di frequenza di ogni specie in ogni stazione.

6.8 - Gli operatori saranno tenuti ad adeguarsi alle procedure per il controllo della qualità dei dati che verranno specificate dall' A.N.P.A.




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