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POLITECNICO DI MILANO - FACOLTA' DI ARCHITETTURA LEONARDO

architettura



POLITECNICO DI MILANO - FACOLTA' DI ARCHITETTURA LEONARDO

A.A. 2000/2001 CORSO DI "FONDAMENTI DI TECNOLOGIA"



"Elementi e teoria dell'architettura. Lezione d'apertura del corso di Teoria dell'architettura", Julien Guadet, 1894



Il testo riportato è il discorso con cui il professor Guadet introduce al corso di teoria dell'architettura gli studenti della scuola di Belle Arti di Francia. Riferendosi alla particolare fama liberale della scuola, il centro del suo discorso è che egli non deve (e non vuole) spiegare la sua teoria dell'architettura, ma una teoria generale ed incontestata.



Il concetto di classico è, secondo l'autore del testo, basilare, primario, poiché rappresenta l'"equilibrio stabile", contrapposto al capriccio e alla fantasia (insopportabili se non sono giustificati dal talento) ma nonostante l'architettura non possa essere separata dal proprio contesto storico, questo non deve rinchiuderla: qui il Guadet sottolinea come, in tutto il mondo (fuorché in Francia) l'architettura sia cristallizzata nella subordinazione all'archeologia, e conclude affermando il diritto alla libertà dell'arte; si 959f56j tratta di un senso della parola classico che egli stesso definisce "ampio e severo".

Per quanto riguarda la suddivisione del corso, essa, dopo una breve spiegazione dei principi generali dell'arte, si svolge in tre argomenti principali: gli elementi dell'architettura ("muri, porte, finestre, pilastri, colonne, volte, soffitti, scale"), gli elementi della composizione ("comporrete con profitto soltanto a condizione di conoscere tutti i diversi tipi di sale, di porticati, di vestiboli, etc.; le possibilità delle trabeazioni e dei padiglioni, degli interni e degli esterni"), ed infine, argomento forse troppo vasto per essere trattato, la composizione stessa.

Per quanto riguarda i principi direttivi, l'autore insiste sull'importanza dei riferimenti e degli elementi guida che gli studenti possono seguire: al di là della validità o meno degli ordini, Guadet si riferisce in particolare al programma e alla sincerità costruttiva, ovvero un modo di intendere la costruzione come struttura che deve essere in primo luogo espressione sincera di se stessa, priva di falsità, interpretazione che non è solo privilegio dell'antichità ma fa parte, anche se spesso celata, dell'architettura contemporanea (a questo scopo egli porta numerosi esempi, soffermandosi sulla cattedrale di Notre Dame e sulle contraddizioni che essa rappresenta).




"Funzionalismo oggi", Theodor W. Adorno, 1958-1967



Si tratta di un brano critico sul "pesante" argomento del funzionalismo, soprattutto riferito alle esperienze e teorie di Adolf Loos. In particolare, il nucleo attorno a cui ruota il brano è il dibattito sul movimento antiornamentale e sull'arte priva di finalità pratica. Bisogna aggiungere però che l'autore non si schiera con Loos né contro di Loos, cerca di visualizzare il suo discorso in chiave critica analizzando in particolare i concetti di "forma", "funzione", "simbolo", il diritto all'ornamento, la funzione interpretata come sublimazione dei fini.

Se è vero che nell'opera d'arte sono elementi costitutivi la ricerca del necessario e la resistenza al superfluo, è altrettanto vero che recentemente la tradizione non si pone più come canone, non stabilisce più se in una certa opera questi elementi siano rispettati o no: tocca quindi all'opera stessa verificarsi da sé, secondo la propria logica. Criticare l'ornamento significa criticare qualcosa che ha perso il suo significato, simbolico o funzionale, ma che cerca di sopravvivere: tuttavia, la questione del funzionalismo non coincide con quella di funzione pratica; non vi è un contrasto netto tra arti prive di scopo e arti con un fine.

L'autore spinge ora a riflettere sulla separazione, drastica al tempo di Loos, tra "funzionale" ed "esteticamente autonomo": in realtà, è sbagliato caricare di velleità artistiche gli oggetti pratici tanto quanto lo è cercare di svalutare l'arte per l'arte. Non è possibile separare in modo radicale ciò che nell'arte ha scopo pratico e ciò che non è legato a nessun fine: così, come l'oggetto pratico viene reso "artistico" per mezzo dell'ornamento, allo stesso modo talvolta all'arte priva di finalità viene associato un fine (es. l'intrattenimento): la finalità senza fine è la sublimazione dei fini; non esiste una funzionalità pura opposta all'estetico.

La critica dell'ornamento nasce dalla cultura borghese: secondo la morale borghese, il piacere è energia sprecata. L'ornamento è forza - lavoro sprecata e quindi spreco di salute. Inoltre esso è spreco di materiale. In totale, spreco di capitale.

Alla base della contraddizione stanno due termini: mestiere e fantasia. Di questa Loos dichiara che per gli oggetti bisognerebbe farne a meno; Le Corbusier, al contrario, la esalta. Il concetto di mestiere è altrettanto fraintendibile: il punto è non estremizzare nessuno dei due, trovare una via di mezzo. Alla via di mezzo, del resto, mira l'intero discorso: più intimamente un'opera di architettura media i due estremi - costruzione formale e funzione- e più alto è il suo livello.




"Il controllo dell'ambiente", Reyner Banham, 1969





In base ai reperti archeologici è possibile stabilire che l'uomo è sempre stato in grado di sopravvivere nelle diverse condizioni ambientali. Ma per progredire egli ha una certa necessità di benessere, di ottenere elementi come il riparo dalla temperatura e dalle precipitazioni, l'intimità, la possibilità di riunirsi. E' sempre stato possibile trovare delle soluzioni parziali (che provvedono solo ad alcuni di questi aspetti).

Per quanto riguarda le soluzioni definitive vi sono due diverse ramificazioni: la soluzione strutturale, che cioè tende a costruire strutture, e la soluzione che ha il fuoco come archetipo. Tra le due ipotesi vi sono evidenti differenze: la soluzione strutturale prevede in generale un grosso investimento di materiale e di tempo, l'altra prevede un costante e irreversibile dispendio di risorse. Anche culturalmente vi sono differenze: tra le società che adottano il primo sistema il concetto di spazio è legato all'idea di parete, di chiuso, nelle civiltà del secondo tipo lo spazio ha dei limiti vaghi, indefiniti.

Le grandi civiltà sono sempre state legate al primo tipo che perciò ha costituito la tradizione a cui si rifà l'architetto, il cui compito è di creare strutture abitabili e di conservarle: strutture massicce, perché l'idea di riparo permanente è legata a quella di spessore e di pesantezza; questo comporta comunque notevoli vantaggi ambientali, soprattutto acustici e termici.

Per quanto riguarda l'aspetto termico, ci si attiene a due modelli: il modello conservativo, che mira a trattenere all'interno dell'edificio situazioni generate in precedenza (tipico dei climi asciutti), ed il modello selettivo (tipico dei climi umidi tropicali), che al contrario cerca di filtrare e sfruttare caratteristiche dell'ambiente esterno e ad escludere o catturare determinati aspetti. L'elemento naturale con cui l'architettura ha sempre dovuto scontrarsi in maggior misura è tuttavia l'umidità, al quale la soluzione migliore si è ottenuta seguendo una terza via, favorita dalle innovazioni tecnico-scientifiche, detta modello rigenerativo.

Il modello rigenerativo ha trovato le sue migliori applicazioni nel Nord America, che era meno legata alla tradizione della costruzione massiccia, e che ha potuto creare una "tradizione alternativa" grazie ad insoliti problemi e vantaggi, tra cui l'assenza di una cultura massiccia (sia inteso come "cultura di massa" sia come "cultura della costruzione massiccia"), la migliore capacità di utilizzo delle risorse, la genialità nell'applicare attrezzature rigenerative (è il caso di F. L. Wright) e soprattutto la presenza di una cultura fin dall'inizio convinta della necessità di adottare tali attrezzature.




Le parole del processo, Nicola Sinopoli, 1997



Il testo si sofferma sul significato e sul valore di particolari espressioni utilizzate nel campo dell'architettura e dell'edilizia, sul ruolo di ciascuna componente e di ogni figura presente nell'ambito del processo. In particolare, l'autore parte dalla definizione generale di processo per poi passare dapprima alla definizione di processo edilizio: questo inizia nel momento in cui qualcuno decide di realizzare una determinata costruzione, e termina quando l'opera è stata costruita ed è a disposizione. Poi, in un secondo momento, egli passa ad analizzare le diverse fasi di elaborazione del processo suddividendole in particolare in processo di concezione del manufatto, processo costruttivo vero e proprio, e processo di esercizio. In  seguito si parla di filiera, un termine della meccanica adattato all'economia ed utile anche nell'ambito del processo edilizio per esaminare dettagliatamente sul piano economico un procedimento complesso. Successivamente l'autore definisce fasi di esecuzione (approvazione del progetto, scelta degli esecutori, esecuzione delle opere, consegna del manufatto, uso, gestione e manutenzione, esercizio, ristrutturazione e demolizione), operazioni (eventi elementari che compongono le diverse fasi), e operatori.

Per quanto riguarda appunto gli operatori l'autore spiega che non sempre si parla di singoli individui ma più spesso si ha a che fare con istituzioni, enti, organizzazioni. Egli si sofferma in particolare sul ruolo dell'utente, del progettista, del committente, dell'impresa di costruzioni, dell'industria manifatturiera dei materiali e dei componenti, e non tralascia di menzionare anche l'importanza dell'ente assicurativo, dell'autorità di controllo (locali, sanitarie, tutelanti, sicurezza.) e dei finanziatori dell'intero processo.






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