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La variante generale al P.R. G. - Quartieri e residenza nella pianificazione dello sviluppo urbano

architettura



La variante generale al P.R. G.


Quartieri e residenza nella pianificazione dello sviluppo urbano.




Premessa


Questo capitolo, lungi dal voler esaminare le vicende che portarono, nel 1976, alla definitiva adozione della variante generale al P.R.G. redatta dall'equipe Quaroni, si limita ad analizzare, sulla scorta della relazione e delle tavole del piano, le linee di programmazione oggi esistenti nel campo dell'edilizia residenziale a Bari.


Si pone oggi, infatti, per quanti non intendono rimanere spettatori della gestione della città, il problema di approfondire la conoscenza di tutti quegli strumenti di pianificazione che costituiscono dei dati 636d31g di fatto dai quali è, comunque, necessario partire per disciplinare lo sviluppo della città e operare delle precise scelte di politica della casa.


Il piano Quaroni è, certamente, fra questi strumenti uno dei più importanti. L'esame delle sue caratteristiche non può, mi pare evidente, essere condotto secondo una lettura esclusivamente tecnica.




L'urgenza dei problemi della città e l'aggravarsi delle contraddizioni non solo locali nel campo della «questione casa» rende inevitabile una lettura critica del piano, fortemente condizionata dalla necessità, oggi indifferibile, di avviare finalmente un meccanismo di sviluppo residenziale, diverso da quello degli anni passati, per Bari ed il suo territorio.


Il taglio di questo capitolo è perciò, fortemente parziale, infatti da un lato non si esamina la dinamica che ha portato al piano com'è oggi, non si indaga sui committenti e sui responsabili delle scelte e degli indirizzi che poi sono stati tradotti nello strumento urbanistico; dall'altro si analizza il piano in uno solo dei suoi aspetti (quello della residenza) toccandone, solo di sfuggita, altri come per esempio, la produzione.


Nonostante questi limiti, che vedo con chiarezza, ritengo comunque che il capitolo mantenga una sua validità se viene visto come ulteriore elemento di -una ricerca e di una riflessione su Bari che, per fortuna, sono cominciate, da qualche anno, nella città.


Per ciò che concerne il piano Quaroni molti elementi per una conoscenza della sua storia, per un'analisi delle condizioni economiche sociali e politiche della città nel periodo della sua redazione possono essere trovati nel volume «Bari - Questione urbana e piano regolatore» edito dall'Istituto Gramsci - Sezione Pugliese nel marzo 1978


Il capitolo, allora, visto come ulteriore contributo ad un lavoro di analisi che dovrà ancora andare avanti, penso debba essere considerato come il tentativo di estendere, anche e soprattutto ai «non specialisti», una conoscenza di base di ciò che è il piano Quaroni. E' necessario infatti che, nel futuro, le questioni urbanistiche diventino, sempre più, oggetto di, impegno e di, lotta per larghe masse di cittadini, per i diretti interessati che finora, per insufficiente conoscenza, troppo poco hanno inciso. sui meccanismi di pianificazione della città.


Nella relazione al P.R.G. il problema della residenza viene suddiviso in vari paragrafi: «Centro Storico, Borgo Murattiano, tra la ferrovia e l'anello ANAS, frazioni, nuove espansioni, espansione a mare»



I. Centro storico


La problematica che sottende tutte le indicazioni del piano su Bari vecchia è quella relativa al superamento della separazione fra questa parte della città e la zona murattiana. Si afferma: «... La soluzione (ai problemi di Bari vecchia) non potrà dirsi raggiunta finché non si troverà il modo di integrare il centro antico con la città nuova, sia visualmente, sia come comunità di vita ... Si prospettano soluzioni per «... innestare meglio il nucleo storico nell'angolo Nord-Est del quadrilatero murattiano...» Il piano evidenzia quasi esclusivamente il problema dell'integrazione fra Bari vecchia e il quartiere murattiano e questo appare un notevole limite e un elemento di pericolosa ambiguità.


Che significato può avere, in concreto, l''integrazione' tra queste due parti di città se, come pure si riconosce nella relazione, il principale problema che si pone è quello della speculazione edilizia e della conseguente espulsione dei ceti popolari? Si parla della necessità di mantenere l'ambiente socio-economico ma questa appare una formula ripetuta con poca convinzione in quanto, nella relazione, non si trova alcuna proposta finalizzata a raggiungere questo scopo. Ben altra attenzione viene posta alle questioni formali e di disegno connesse al problema dell'integrazione. Si afferma fra l'altro: «... Ben poco si vede dell'antico cuore di Bari dal resto della città; manca pure un sistema di percorsi vivi tra le due parti .... Esistono partì per le quali può essere proposta senza preoccupazione la demolizione, per sostituirle con strutture moderne e con verde...


La risoluzione del problema (ai bordi) è comunque necessaria e possibile. (Bisogna alleggerire il traffico)... in modo da avere una passeggiata a mare ricca di prospettive, protetta dagli edifici del centro storico, arricchita di molti alberi e fiori, organizzata ed attrezzata di caffé, ristoranti, ritrovi ...» Basandosi su questa impostazione lo sbocco quasi obbligato è la proposta di una soluzione «architettonica» dell'area di contatto tra quartiere murattiano e Bari Vecchia. Si ipotizza di demolire la cortina ottocentesca che «copre» il nucleo storico (ma l'edilizia ottocentesca è priva di, valore storico?) e di costruire al suo posto altri volumi «.. in un contesto modernissimo che ripaghi le necessarie opere di urbanizzazione secondaria ... » Si propone quindi di «... risolvere il problema con una grande piastra, molto articolata negli spessori, che separi i traffici meccanizzati da quelli pedonali, questi ultimi guidati da strutture commerciali ed esercizi pubblici, uffici..., mostre e luoghi per la sosta ... » In conclusione, dice la relazione, va fatto a Bari quello che, nel secolo scorso si era tentato con le gallerie di Milano e Napoli. Da notare che gli accenni al recupero di parte delle spese necessarie con operazioni immobiliari nel mercato libero vengono organicamente sviluppate: si afferma infatti che (non esistendo) in Italia uno strumento legislativo (che permetta l'intervento con fondi pubblici) e poiché non è possibile pensare che questo venga fatto dai privati, troppo isolati e chiusi, incapaci di guardar lontano... occorrerebbe promuovere leggi speciali del modello di quelle che, in America, costituiscono, sulle basi di un piano approvato, le autorities, che, mettendo insieme interessi privati e responsabilità pubblica, riescono a (realizzare) operazioni di strutturazione molto complesse».


Nella relazione, a seguito di queste proposte metodologiche, si indica il ruolo che Bari Vecchia dovrà svolgere nel quadro più, generale della città.


Si afferma, infatti, che, se nel dettaglio le scelte le dovrà operare un apposito piano particolareggiato, già sono possibili de1le indicazioni: intervenendo col restauro conservativo è possibile «..dare a Bari un quartiere culturale, che possa ospitare attività varie (locali pubblici, mostre-mercato artigianali, museo delle tradizioni popolari pugliesi, istituti e centri di cultura) atte a formare, vicino al centro degli affari, un centro dedicato alle esigenze del tempo libero». Ecco, allora, che la disattenzione verso i problemi del mantenimento della popolazione originaria, della realizzazione dei servizi di quartiere, del risanamento edilizio con fondi pubblici, risulta coerente ad una visione tutta «terziaria» del centro storico e le affermazioni di voler conservare la «struttura sociale del luogo»; appaiono per lo meno, contraddittorie. così come è contraddittorio affermare che si vuole bloccare la concentrazione terziaria nella zona murattiana, mentre, appunto, se ne prevede una estensione ed una integrazione utilizzando Bari. Vecchia («centro per il tempo libero» integrato al «centro degli affari»).


Quali possibilità possono avere i ceti popolari di Bari vecchia di rimanere nel quartiere risanato quando, accanto alle strutture terziarie, si avvia, come già avviene, in modo sensibile, il risanamento speculativo?


Nel piano viene posto il problema ma viene data una risposta fatalistica: «... il problema socio-economico indotto dalle riqualificazioni dell'ambiente... condurrebbe certamente ad uno squilibrio sociale per effetto della aumentata appetibilità degli alloggi... tuttavia lo studio approfondito della zona... può condurre alla parziale soluzione (dei problemi) ... »


Mentre il piano Quaroni era in redazione gli interventi di privati e pubblici su Bari Vecchia non sono mancati: se gli speculatori privati non hanno atteso la riqualificazione del quartiere, intervenendo intanto nelle zone di bordo, gli enti pubblici hanno operato nell'ottica di una massiccia terziarizzazione del quartiere. Il Provveditorato alle Opere Pubbliche, con la libertà concessagli dalle amministrazioni di centro-sinistra, ha utilizzato i fondi delle leggi speciali 5 per realizzare strutture culturali e servizi di tipo urbano; l'Università è intervenuta, anche con i fondi della Cassa per il Mezzogiorno, per realizzare strutture didattiche e di servizio universitario. Non una casa, a tutt'oggi, è stata risanata per gli abitanti del quartiere. Tutto questo, bisogna dire, senza contraddizione con le indicazioni del P.R.G. Ma, pur tra le gravi incongruenze suaccennate, esiste una «logica» del piano Quaroni che combatte l'accrescimento abnorme della zona centrale, che pone l'esigenza di un equilibrio della città; proprio a questa logica, magari esplicitandola, sisono ispirate le forze avanzate della città e del quartiere che oggi propongono la questione di Bari vecchia in termini di lotta alla strategia del blocco di potere. Contro l'estensione ed il rafforzamento dell'area centrale si lotta perché Bari Vecchia rimanga una zona di residenza popolare, risanato con fondi pubblici e con fondi privati convenzionati, dotato di servizi di quartiere. Un'area di insediamento popolare che va risanata economicamente in tutte le attività produttive e va mantenuta proprio là dove i valori fondiari ed edilizi, tendono, proprio per la logica della rendita, a salire ai massimi valori.


Per far questo il primo passo, essenziale, è costituito dalla redazione di un piano particolareggiato da sostituire a quello vigente che non è altro che la variante al vecchio piano Petrucci. anche se si fregia del titolo di Piano Regolatore Generale della città vecchia (approvato il 23112/66).




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