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William Shakespeare

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William Shakespeare.


Se il dramma può considerarsi il coronamento dell'epoca elisabettiana, nell'opera di Shakespeare si riassumono le problematiche e le potenzialità creative dell'intero Rinascimento.

La vita del massimo drammaturgo e poeta inglese è scarsamente documentata. Nato a Stratford-on-Avon, figlio di un artigiano che ricoprì anche cariche pubbliche a livello locale, frequentò il liceo (Grammar School) del paese, dove ricevette una buona istruzione di base, imparò quel "poco di latino e di greco" che il suo dotto contemporaneo Ben Jonson gli rimproverò in un noto poema dedicato alla sua memoria. La sua istruzione scolastica fu quindi piuttosto incompleta, ma la sua capacità d'osservazione e curiosità intellettuale aprirono nella sua opera gli orizzonti di un processo conoscitivo creativo proprio solo di un grande artista. Nel 1582, a diciotto anni, sposò Anne Hathaway, più anziana di lui di otto anni, dalla quale ha dei figli, però il matrimonio, stando alle allusioni che trapelano dai suoi drammi, non pare sia stato dei più felici Lo ritroviamo quindi a Londra nel 1592, attore e scrittore.

Non è noto quando o perché Shakespeare si recasse a Londra e intraprendesse la carriera teatrale. La prima testimonianza di quest'ultima è fornita da un accenno dell'opuscolo polemico (pubblicato postumo) da drammaturgo e poligrafo Robert Greene: Greene' Groatsworth of Wit Bought with a Million of Repentance (Un soldo di spirito acquistato con un milione di pentimenti, 1592); vi si parla di Shakespeare come un villano rifatto che si fa bello delle penne altrui, che presume di essere, l'unico "scuotiscena" (shakescene) del Paese. A quest'epoca dunque Shakespeare aveva già compiuto opere drammatiche. Tuttavia la prima opera a stampa dello Shakespeare non è un dramma, bensì il poemetto erotico - mitologico Venus and Adonis, pubblicato nel 1593 (anno in cui i teatri erano stati chiusi a causa di un'epidemia di peste). A esso fece seguito un altro poemetto di carattere affine, The Rape of Lucrece (Lucrezia violenta, 11594). Con questi due componimenti sembra che Shakespeare abbia inteso sia assicurarsi la protezione di un personaggio influente (sono entrambe dedicate al conte di Southampton), sia dimostrare le sue qualità di letterato "colto", cimentandosi in un genere allora in voga. Probabilmente a quest'epoca egli aveva già intrapreso la composizione di quei Sonetti che furono pubblicati nel 1609. Ma a parte pochi altri componimenti in versi occasionali, dal 1594 in poi la produzione shakespeariana è di carattere drammatico.



Riapertisi in quell'anno i teatri dopo la peste, le compagnie si riorganizzarono e Shakespeare entrò a far parte, come attore, fornitore di copioni, e sharer (cioè compartecipe alle spese e agli utili) del complesso Chamberlain's Men (servi del lord Ciambellano). Dapprima i Chamberlain's Men si esibivano nel teatro che per antonomasia era appunto chiamato Theatre, ma nel 1599 si fecero erigere un edificio apposito, il Globe, che rimase la loro sede permanente per gli spettacoli pubblici fino a che non fu distrutto da un incendio nel 1613 durante una rappresentazione dello Enrico VIII di Shakespeare con il prosperare della compagnia anche le condizioni economiche di Shakespeare migliorarono, ed egli investì in proprietà terriere e case nella nativa Stratford (è del 1597 l'acquisto del New Place, la casa ove si ritirò e morì).

Sulle qualità di Shakespeare attore non si hanno testimonianze precise: le parti di protagonista nei suoi drammi erano in genere sostenute da Richard Burbage, mentre allo scrittore erano apparentemente riservati i ruoli di persone autorevoli dal fraseggiare solenne e ben tornito, come sovrani e simili. Nel 1594 compariva per la prima volta a stampa, ma anonimo, un dramma di Shakespeare, il Titus Andronicus (Tito Andronico). Da tale data in poi furono pubblicate diverse altre sue opere, eppure alla morte dell'autore neppure metà dei suoi drammi erano apparsi in forma di libro, e di nessuno di essi egli aveva curato personalmente la stampa. In tali condizioni è impossibile stabilire con certezza l'ordine di composizione dei drammi, tanto più che anche la documentazione relativa alle rappresentazioni è lacunosa. Si ha certezza soltanto per quel che riguarda un gruppo di drammi composti prima del 1598, ossia nel periodo giovanile dell'attività shakespeariana, poiché in quell'anno essi furono elencati nell'opera Palladis Tamia di Francis Meres. Essi sono: The Two Gentlemen of Verona (I due gentiluomini di Verona), The Comedy of Errors (La commedia degli errori), Love's Labour's Lost (Pene d'amor perdute), un misterioso Love's Labour's Won (perduto, a meno che, come vogliono alcuni, sia da identificare con The Taming of the Shrew (La bisbetica domata), o con All's Well That Ends Well (Tutto è bene quel che finisce bene), The Merchant of Venice (Il mercante di Venezia), A Midsummer night's Dream (Il sogno di una mezza estate), Richard II (Riccardo II), Richard III (Riccardo III), Henry IV (Enrico IV), King John (Re Giovanni), Titus Andronicus (Tito Andronico), Romeo and Juliet (Romeo e Giulietta). L'elenco testimonia la straordinaria versatilità del giovane Shakespeare, che si era già cimentato in tutti i generi drammatici che godevano a suo tempo d qualche popolarità: dal dramma di orrori di tipo cosiddetto senechiano (Titus Andronicus) alla tragedia romantica (Romeo and Juliet), dalla <<cronaca>> storica (King John) alla più approfondita indagine del personaggio che la storia ha tramandato (Richard II), dalla commedia plautica (The C. of Errors) a quella avventurosa sentimentale (The Two Gentlemen), dall'arcadico - eufuistica (Love's Labour's Lost) alla fiabesca (A Midsummer Night's), fino alla tragicommedia del The Merchant of Venice. Tale varietà, se da un lato rivela i fini sperimentali e commerciali dell'autore, che fornisce alla sua compagnia ogni <<genere>> di spettacolo che possa interessare il suo pubblico, dall'altro è indicativa della natura del suo genio, in grado di attingere a ogni fonte, trasformando i modelli cui si spira e al tempo stesso serbando le distinzioni stilistiche. La ricerca di fonti e di influenze formative diventa, nel suo caso, affatto inoperante: dal mito classico alla novellistica rinascimentale, dalla storia d'Inghilterra alla leggenda nordica, tutto diviene <<fonte>> di espressione teatrale. Non v'è alcun tentativo di rispetto storico: v'è semmai l'istintiva intenzione di un certo gusto o tono dell'originale. Sul piano stilistico non mancano gli echi di contemporanei e predecessori: è anche vero che il teatro popolare elisabettiano era spesso opera di collaborazione e non v'è ragione di negare che a diversi dei drammi che vanno sotto il nome di S. avessero collaborato altri scrittori. Anche se affiori qua e là la sonorità e sensualità del verso di Marlowe, o l'eleganza concettistica degli University wit, il gusto per la rappresentazione degli orrori di un Kyd, o la volgarità farsesca degli scrittori di intrattenimenti popolari, v'è una vitalità drammatica costante e sostenuta, una singolare sapienza nel porre sulle labbra del personaggio la battuta significativa e illuminante. Shakespeare rivela pure in alcune di queste opere un singolare genio per la contaminazione dei generi, che arricchisce il loro significato umano, e che porta a risultati di assoluta originalità. È il caso, per esempio, del A Midsummer Night's Dream (Sogno di una notte di mezz'estate), in cui elementi liberamente derivati dal folklore magico si innestano su una trama elegante, tipica della commedia di corte, cui si aggiunge a sua volta un gusto per la farsa popolaresca. E in altri di questi primi drammi si incontrano personaggi di una consistenza umana che va bene al di là di quella dei pur giganteschi protagonisti delle tragedie di un Marlowe: se Richard III è ancor troppo legato al tipo convenzionale del malvagio mostruoso, se Romeo and Juliet rientrano ancora nella convenzione della novellistica amorosa, la prorompente vitalità di Falstaff, nelle due parti dell'Henry IV, e la sottile problematica psicologica, nella figura del protagonista del Richard II, sono raggiungimenti nuovi per l'arte drammatica.

Dopo il 1598 Shakespeare va sempre più approfondendo la complessità umana e morale dei suoi personaggi. Lo testimonia, per esempio, il Julius Caesar, in cui l'autore, come farà poi in seguito in quasi in tutti gli altri suoi drammi, propone una complessa problematica che, se da un lato dimostra la sua profonda intuizione del predicamento umano, dall'altro prova anche la sua determinazione di non impancarsi a giudice delle azioni degli uomini. Pur seguitando a fornire negli anni successivi commedie romantiche e poetiche, egli le viene soffondendo di una vena di malinconia, e i loro stessi titoli (Come vi piace, Quel che volete), sembrano indicare quanto poco queste trame interessino ormai il poeta, volto piuttosto a esplorare ben più cupi recessi dell'animo umano: è la stagione dell'Hamlet, seguito da quelli che si sogliono definire dagli Inglesi i <<drammi problematici>> o <<commedie nere>> (Troilo e Cressida, Tutto è bene quel che finisce bene, Misura per misura), in cui il lieto fine lascia un sapore amaro, e la comicità diviene l'ironia crudele di un Tersite: studi di deformazioni dello spirito umano, di una sorta di corruzione dei sentimenti. Si è voluto attribuire questo atteggiamento malinconico e poi decisamente pessimista di S. a un qualche evento personale o a una malattia, o a ragioni politiche (su richiesta del conte di Essex, nel 1601, la compagnia di S. aveva rappresentato il Riccardo II, per eccitare gli animi in preparazione della ribellione che l'Essex aveva organizzato, e che finì con l'esecuzione capitale dell'Essex stesso). Ma è più logico pensare invece che lo Shakespeare, con la sensibilità propria dell'artista, non facesse che raccogliere e riflettere quel più generale turbamento di coscienza proprio dei primi anni del Seicento, allorché ci si rese più chiaramente conto del crollo di tutti i valori tradizionali tramandati dal Medioevo, della necessità di riscoprire l'uomo e la natura, non essendo più sufficienti le rassicuranti spiegazioni fornite dalla religione o dai credi filosofici dell'Umanesimo.

L'amarezza dell'ironia viene poi riscattata dalla luce della tragedia: Othello, Macbeth, King Lear (scritti presumibilmente fra il 1604 e il 1606) non sono più tragedie del caso (come Romeo and Juliet), o di vendetta (come in Titus Andronicus e in certa misura Hamlet): sono piuttosto esplorazioni delle colpe originarie alla natura umana, e delle esperienze che tali colpe possono riscattare. Che un fondo di amarezza rimanesse nell'animo dell'autore è dimostrato dalla misantropia di quel Timon of Athens (Timone di Atene) che Shakespeare lasciò forse incompiuto proprio perché l'atteggiamento ivi rispecchiato era troppo esclusivamente negativo. Le altre tragedie romane, composte in quegli anni (Antony and Cleopatra e Coriolano) limitano l'ampiezza dei temi trattati: l'una è un'indagine dell'amore, l'altra del concetto di nobiltà.

Nel 1608 una nuova epidemia di peste provocò ancora una volta la chiusura dei teatri, che si protrasse anche per parte dell'anno successivo. Quando essi si riaprirono, la compagnia dei King's Men, di cui S. era azionista, occupò, oltre al glorioso Globe, di carattere popolare e all'aperto, un altro teatro, cosiddetto privato, e cioè al chiuso, destinato a un pubblico più sofisticato e aristocratico. Le ultime opere di S., composte dopo il 1608 (Pericles, Cymbeline, The Winter's Tale e The Tempest), presentano caratteristiche assai diverse dalle precedenti: hanno incredibili trame avventurose e romanzesche, impiegano modi espressivi più eleganti e sofisticati, non si curano di nascondere l'artificio letterario, fanno più ampio uso di trucchi scenici (nei teatri all'aperto i trucchi, in piena luce diurna, non potevano essere che rozzi e elementari), e prevedono infine più complessi accompagnamenti musicali. Ma vi sono in esse differenze anche più profonde e interne rispetto ai drammi precedenti: v'è un costante tema: quello del ritrovamento di una persona amata (una figlia, una sposa) dopo anni di separazione dovuta in genere a colpa o leggerezza da parte del protagonista; e come la perdita della persona amata avviene in genere in scene di tempesta, così il ritrovamento è accompagnato da musica, apparizioni, interventi divini, e sembra acquistare un valore rituale. Alla colpa segue la redenzione, personificata nelle figure di fanciulle, giovani donne, innocenti coppie di amanti, da cui nascerà una nuova vita. Dopo The Tempest smise anche di scrivere drammi, limitandosi a collaborare a opere altrui. S. morì il 23 aprile 1616 ed è sepolto nella chiesa parrocchiale di Stratford-on-Avon.

S. non curò di persona la pubblicazione di nessuna delle sue opere. Prima del 1616, anno della sua morte, ne uscirono a stampa 16, separatamente e in diverse redazioni, in piccoli volumi in-quarto (cioè un foglio da stampa, piegato 4 volte, così da ottenere 16 facciate); molti, se non tutti i volumi, erano stati pubblicati senza il consenso dell'autore, trascritte clandestinamente in teatro durante le recite. Nel 1623, due attori della compagnia cui aveva appartenuto S., John Heminge ed Henry Condell, raccolsero tutti i drammi di S. a loro noti, editi e inediti, e li pubblicarono in un volume in- folio (cioè su un foglio di stampa piegato in 2: si hanno così 4 facciate, solitamente scritte su due colonne). Questo primo in-folio conteneva 36 lavori. L'in-folio comprende 16 dei 17 drammi pubblicati negli in-quarto (manca il Pericle) e altri 20 fino allora inediti: La tempesta, I due gentiluomini di Verona, Misura per misura, La commedia degli errori, Come vi piace, La bisbetica domata, Tutto è bene quel che finisce bene, La dodicesima notte, Il racconto d'inverno, Re Giovanni, le tre parti dell'Enrico VI, Enrico VIII, Coriolano, Timone d'Atene, Giulio Cesare, Macbeth, Antonio e Cleopatra, Cimbelino. Heminge e Condell sostengono di essersi basati per la loro edizione sui manoscritti dell'autore; ma la loro affermazione è manifestamente falsa: in molti casi essi non fanno che riprodurre i testi già pubblicati in-quarto, altrove si giovano di copioni di scena. La stessa stampa dell'in-folio dovette subire varie interruzioni, e la revisione ne fu assai poco curata: vi sono passi ovviamente corrotti, ripetizioni di frasi, refusi tipografici, errate didascalie; taluni drammi sono suddivisi in scene e altri no, alcun hanno abbondanza di didascalie mentre altri ne sono quasi del tutto privi, e la stessa punteggiatura e le peculiarità ortografiche variano molto sensibilmente di dramma in dramma. È impossibile stabilire con certezza l'ordine di composizione dei drammi, tanto più che anche la documentazione relativa alle rappresentazioni è estremamente lacunosa. Tuttavia è ben vero che, nell'assoluta mancanza di manoscritti, l'in-folio del 1623 è il testo più autorevole che ci sia pervenuto delle opere shakespeariane. 

I drammi di S. possono essere divisi, in parte per l'argomento, in parte per la cronologia, in 4 periodi:

periodo (1590-95) che comprende anche i drammi storici Henry VI, Richard III;

periodo (1596-99); " " " " " Richard II, Henry IV, Henry V;

periodo (1600-08) che comprende le tragedie e i drammi romani;

periodo (1608-11)  " " gli ultimi drammi.


Drammi storici.

Shakespeare esordisce in teatro con tre drammi storici: a parte King John (Re Giovanni), opera certamente giovanile, ed Henry VIII (Enrico VIII), che è probabilmente l'ultimo dramma cui abbia posto mano Shakespeare in età matura, forse con un collaboratore, i drammi storici possono essere raggruppati in due tetralogie:

La prima in ordine di composizione comprende le tre parti dell'Henry VI (Enrico VI) e il Richard III (Riccardo III), e tratta perciò del periodo agitato della lotta fra le case di York e di Lancaster (guerra delle due rose) dal 1455 al 1485. Appartengono al primo periodo.

La seconda tetralogia comprende il Richard II (Riccardo II), le due parti dell'Henry IV (Enrico IV) e l'Henry V (Enrico V), e copre gli anni 1398-1420, la deposizione di Riccardo II, le lotte interne che ne seguirono, e la fortunata guerra contro la Francia che si risolve con la vittoria di Azincourt e l'alleanza matrimoniale fra i sovrani d'Inghilterra e di Francia. Le tre opere appartengono al secondo periodo. Sostanzialmente la fonte di tutti i drammi storici è rappresentata dalle Chronicles of England, Scotland and Ireland di R. Holinshed (1577), ma l'interpretazione dei fatti stessi è personale. Attraverso questi drammi egli espresse costantemente l'idea che lo Stato poteva sopravvivere solo grazie alla lealtà e fedeltà dei sudditi e che questa virtù doveva essere in grado supremo l'attributo del sovrano stesso.


The life and Death of King John (Re Giovanni): l'argomento riguarda gli avvenimenti storici del regno di Giovanni (1199-1215), benché non parli del principale, la concessione della Magna Carta; sostanzialmente, in termini di esaltazione nazionalistica, il dramma si impernia sulla lotta fra Giovanni e la Chiesa di Roma. Il personaggio più vivo è quello del bastardo Faullconbridge, per il suo rozzo gusto dell'intrigo, mentre per efficacia drammatica spicca la scena cupamente patetica dell'uccisione del giovane principe Arturo.


Henry VI (Enrico VI): la stesura dei drammi dovrebbe risalire agli anni 1590-91, e probabilmente la seconda e terza parte precedettero la prima. Certamente S. non è il solo autore. L'Enrico conserva molto della schematicità delle primitive rappresentazioni storiche popolari, benché la sequenza degli eventi abbia una sua efficacia, e alcuni soliloqui una dignità e una profondità di pensiero poco comuni in simili spettacoli.


Richard III (Riccardo III): pubblicato nel 1597, deve risalire a qualche anno prima di tale data. Tutto il dramma si accentra intorno alla figura del protagonista, gigantesca e deforme, incarnazione tipica del machiavellico, prefigurato nei drammi di Marlowe. L'influenza di quest'ultimo scrittore è manifesta anche nello stile, nei luoghi soliloqui in versi sonori e vigorosamente ritmati, nel gusto del macabro portato a proporzioni erotiche. Il dramma narra le macchinazioni di Riccardo per impadronirsi del potere, icasticamente raffigurante in scene e effetto, quali il corteggiamento da parte di Riccardo della vedova del principe di Galles da lui ucciso, le visioni notturne di Clarence, fratello maggiore di Riccardo, poco prima che questi gli dia la morte, l'uccisione dei figli fanciulli del re Edoardo IV.


Richard II (Riccardo II): composta quasi certamente nel 1595, si impernia anch'essa sulla figura del protagonista, che però è tratteggiata con assai maggior sottigliezza che non quella di Riccardo III. Il re appare debole e frivolo, e al tempo stesso pensoso e tormentato, e la sua figura ha qualche analogia con l'Edoardo II del Marlowe. Il personaggio matura nel corso del dramma: la leggerezza quasi estetizzante iniziale si trasforma in senso di colpa, e insieme di impotenza, fino a culminare nella scena della deposizione del sovrano, in cui egli presenta tutta la sua dolente umanità, non tanto preoccupato per la sorte della sua persona, quanto per quella del principio della sovranità che egli incarna. Si è voluto vedere nelle incertezze, nei dubbi, nel senso di impotenza di questa figura, una prefigurazione di Amleto. Il linguaggio rimane quello elegante e concettoso, ricco di ogni artificio retorico, che caratterizzava lo stile eufuistico. E tuttavia è egualmente pregnante per la ricchezza delle immagini che spesso acquistano il valore di figurazioni simboliche della condizione umana.


Henry IV (Enrico IV): composto quasi certamente nel 1597-98; storia del re dalla rivolta degli scozzesi alla morte. Le vicende storiche passano in secondo piano a causa dello spicco che assume una figura secondaria, quella di sir John Oldcastle (ribattezzato poi sir John Falstaff per rispetto ai discendenti della onorata famiglia Oldcastle), pavido e vantatore, compagno di dissipatezze del giovane principe Hal, il futuro Enrico V. Concepito, insieme ai suoi amici Pistol, Poins, Bardolph, madame Quickly e Dolly Tearsheet, come personaggio comico e ridicolo, Falstaff, pur nella sua furfanteria, si assicura le simpatie del pubblico come rappresentante di talune debolezze umane, e diviene estremamente patetico nelle scene finali in cui il principe Enrico, salendo al trono e ritrovando il senso della responsabilità del sovrano, lo respinge da sé. Nella prima parte dell'Enrico IV ha spicco pure la figura dell'impetuoso Percy Hotspur, il tipo del giovane rozzo, franco e bellicoso, morto poi in battaglia, mentre nella seconda parte è rappresentato con una certa sottigliezza il passaggio del principe Enrico dalla irresponsabilità giovanile al senso quasi sacro della sua missione di sovrano.


Henry V (Enrico V): che celebra le vittorie di questo sovrano, "specchio di tutti i re cristiani", sui francesi. Allusioni contenute nel dramma permettono di fissare la data di composizione al 1599. Concepito come ovvia continuazione dell'Enrico IV (viene fra l'altro descritta la morte di Falstaff dai suoi vecchi compagni di avventure), ha un tono di spiccata esaltazione nazionalistica. Le fortunate imprese del sovrano in terra di Francia, la sua sollecitudine per i sudditi e per la patria, sono celebrate con accenti di nobile e sonora retorica; le parti comiche sono assai ridotte, mentre viene inserita la grazia ironica delle scene del corteggiamento della figlia del re di Francia da parte del sovrano inglese.


Henry VIII (Enrico VIII): è l'unico dramma storico shakespeariano composto dopo il 1600. È opinione diffusa che S. si sia limitato a collaborare con alcune scene a questo dramma, che sarebbe opera di John Fletcher; va notato tuttavia che da un punto di vista linguistico, metrico e sintattico esso è vicinissimo alle ultime commedie di S. l'argomento anche in questo caso eminentemente celebrativo in senso nazionalistico, riguarda soprattutto il divorzio di Enrico con Caterina d'Aragona, le nozze con Anna Bolena, i contrasti con il duca di Buckingham, il cardinale Wolsey e l'arcivescovo Crammer, e finalmente la nascita della futura regina Elisabetta, così che l'opera si chiude con la profezia della grandezza dell'Inghilterra sotto il regno della grande sovrana.













Primo periodo (1590-1595).

Durante il primo periodo, S. sembra soprattutto teso al raggiungimento di una perfezione artistica; il suo scopo principale è la completa maestria dello strumento. Le varie forme ormai consacrate dalla pubblica approvazione vengono esplorate e variamente sperimentate mentre lo stile è in continuo miglioramento. Se nella tragedia prevale la retorica marlowiana, nella commedia egli si rifà all'eufuismo ed alle convenzioni di corte e tanto ricalca i passi altrui che le sue prime opere furono a volte considerate come rifacimenti di opere di altri autori.

A questo periodo appartengono:

Henry VI

Richard III

The Comedy of Errors (1592-93), basato sulle commedie di Plutarco.

Titus Andronicus (1593-94), tragedia influenzato da Seneca e Marlowe.

The Taming of the Shrew

The Two Gentlemen of Verona

Romeo and Juliet

Love's Labour's Lost

The Two Gentlemen of Verona e Love's Labour's Lost sono commedie e seguono per un certo verso, la traduzione delle commedie di corte di Lyly.


The Comedy of Errors (La commedia degli errori): risale probabilmente al 15492-93 e si ha notizia di una sua rappresentazione nel 1594. La trama si fonda sui Menaechmi di Plauto, con qualche scena ispirata all'Amphitruo, ed è tutta giocata sugli equivoci provocati da continui scambi di persona cui danno luogo i due gemelli Antifolo di Efeso e Antifolo di Siracusa, e i loro due servitori, anch'essi "simillimi". Quasi tutta in versi, la commedia, nella precisione del suo svolgimento in cui la comicità nasce proprio dalla prevedibilità di ciascun equivoco, ha una sua misura ed eleganza classica.


Titus Andronicus (Tito Andronico): tragedia di orrori di ignota fonte. Datazione molto incerta, ma precedente al 1594. Secondo lo schema consueto, la tragedia è un susseguirsi di atroci vendette: la regina dei Goti Tamora, fatta prigioniera dai Romani, seduce e sposa l'imperatore romano Saturnino e approfitta del suo ascendente per vendicarsi, con l'aiuto del suo amante negro Aaron e dei suoi figli, del generale romano Tito Andronico: la figlia di quest'ultimo, Lavinia, viene stuprate e le vengono mozzate le mani e la lingua, i figli di Tito vengono variamente assassinati, e lui stesso ha una mano mozza. Alla fine però Tito si vendica a sua volta, uccidendo i figli di Tamora e facendo sì che la madre inconsapevole si cibi delle loro carni. La tragedia termina con una strage generale. L'autore ha attinto a varie storie di orrori, comprese quelle di Medea e di Filomena e Tereo, fondendole insieme nell'improbabile scenario della decadenza dell'impero romano (non è mai esistito alcun imperatore Saturnino); i nomi Andronico e Tamora suggeriscono che l'autore possa aver avute presenti le cronache bizantine relative all'imperatore Andronico Commeno e alla regina di Georgia, Thamar. Nonostante la mancanza di fonti precise, l'opera non è affatto originale, con il suo meccanico succedersi di atrocità, consacrate dalla tradizione teatrale senechiana.


The Taming of the Shrew (La bisbetica domata): è l'unico dramma di questo periodo che non sia elencato dal Meres: ciò ha fatto pensare che si tratti dell'opera perduta che il Meres chiama Love's Labour's Won, ma un documento rinvenuto recentemente dimostra che edizioni sia della Bisbetica domata, sia del dramma indicato dal Meres esistevano all'inizio del '700, il che esclude che i due fossero un'unica opera. Il problema è complicato dall'esistenza di una commedia pubblicata nel 1594 con il titolo The Taming of a Shrew, adespota, con trama e <<cornice>> analoga a quella di Shakespeare, ma con diversa ambientazione e nomi dei personaggi, e completamente in versi, senza dubbio shakespeariani. Se questa commedia è la fonte di quella di Shakespeare, la Bisbetica deve essere stata composta nel 1594 o più tardi; ma lo stile piuttosto rozzo farebbe pensare a una data precedente. Essa presenta comunque una singolare applicazione della tecnica del <<teatro nel teatro>>: la commedia, in versi e prosa, è preceduta da un prologo in cui uno stagnino, Christopher Sly, viene trovato addormentato e completamente ubriaco davanti a un'osteria di campagna da un signore che con il suo seguito torna da una battuta di caccia. Per fargli uno scherzo il signore ordina di trasportarlo al castello dove, al suo risveglio, tutti lo dovranno trattare con riguardo, fingendo di crederlo un gentiluomo che per 15 anni è stato malato di mente. Per aiutarlo a ristabilirsi, una compagnia di attori vaganti recita davanti a lui una commedia che è appunto La bisbetica domata. Mentre nella commedia adespota Sly ricompariva alla fine della dramma, in quella di Shakespeare, il tentativo di cornice drammatica viene abbandonato dopo la prima scena: Sly e gli altri personaggi del prologo infatti faranno ancora una breve comparsa nel primo atto per poi scomparire. Nella commedia rappresentata per lo stagnino si distinguono due trame abilmente intrecciate fra loro. Nella prima, il nobile veronese Petruchio (pron. Petruccio) decide di sposare la <<bisbetica>> Caterina, figlia maggiore di Battista, un ricco signore di Padova; egli corteggia la ragazza senza lasciarsi turbare dal suo caratteraccio e delle sue scenate, e finge anzi di trovarla mite e arrendevole. Giunto al giorno delle nozze, Petruchio comincia a <<domarla>> sottoponendola a ogni sorta di umiliazioni e maltrattamenti: si presenta all'altare in ritardo e vestito di stracci, rifiuta di partecipare alla festa nuziale e trascina via la moglie su un ronzino. Arrivati a casa, le impedisce di mangiare, di dormire, di vestirsi, sostenendo che nulla è degno di lei, la estenua fino a farle accettare qualsiasi assurdità, come per esempio che la luna è il sole, o che il mattino è pomeriggio. Infine la riconduce a casa del padre, completamente sottomessa. La trama parallela non è stata derivata dalla commedia adespota, ma è chiaramente basata su The Supposes, un adattamento inglese in prosa dei Suppositi (1509) di Ludovico Ariosto, ad opera di Gascoigne (c. 1530-1577). La vicenda è assai macchinosa ma molto meno vivace del resto della commedia, tanto che qualcuno vi ha visto la mano di un ignoto collaboratore di Shakespeare. Assistiamo al corteggiamento di Bianca, sorella di Caterina, da parte di Gremio, Ortensio e Lucenzio. Questi ultimi due si travestono da maestri e riescono a farsi ammettere nella casa di Battista. Dopo ulteriori travestimenti ed equivoci farseschi, Bianca accetta di sposare Lucenzio, mentre Ortensio, respinto, sposerà una vedova. La commedia si chiude con un banchetto in cui Petruchio vince una scommessa su quale delle moglie sia la più docile, e Caterina pronuncia un discorso sull'obbedienza che le mogli devono ai mariti.


The Two Gentlemen of Verona: l'unica indicazione utile per la datazione è la menzione del Meres, ma affinità verbali e stilistiche con la The Comedy of Errors e Romeo and Juliet suggeriscono una data vicina al 1593-95. La trama non si basa su un'unica fonte identificabile: la più probabile è un episodio della Diana del Montemayor, o piuttosto una commedia inglese su di essa basata, di cui si ha notizia ma il cui testo è andato perduto. È una tipica commedia di intrigo, di fattura ineguale, tanto da far pensare alla mano di un collaboratore: Valentino, innamorato corrisposto di Silvia, figlia del duca di Milano, progetta di rapirla. L'amico Proteo, fidanzato di Giulia, invaghitosi a sua volta di Silvia, rivela il complotto al duca che bandisce Valentino dal suo Stato. Intanto Giulia, travestita da paggio, entra al servizio di Proteo. Silvia, per sottrarsi alle aborrite nozze con lo sciocco Thurio, impostegli dal padre, fugge, ma viene catturata nella foresta da una banda di masnadieri, proteo la libera, e accorre anche Valentino, capo dei masnadieri; egli, commosso dal sincero pentimento di Proteo, starebbe per cedergli l'amore di Silvia, quando Giulia rivela il suo vero essere e riconquista Proteo. Nella vicenda romanzesco - sentimentale si inserisce la comicità francamente popolare del servo Launce.


Romeo and Juliet (Romeo e Giulietta): stampata nel 1597, è databile a qualche anno prima. La vicenda dell'amore contrastato tra due giovani appartenenti a famiglie nemiche, è tratta direttamente da una narrazione in versi di Arthur Brooke, La tragica storia di Romeo e Giulietta (1562) derivata dalla novella di Matteo Bandello (che a sua volta aveva precedenti in Luigi da Porto e Masuccio Salernitano). È la tragedia del caso: le parti più efficaci sono quelle che celebrano con accenti lirici raffinati e appassionati a un tempo il giovane amore dei protagonisti. Romeo, durante una festa in casa dei Capuleti a cui partecipa travestito, vedendo Giulietta se ne innamora; dopo al festa Romeo, stando sotto la finestra di Giulietta, la ode confessare alla notte il suo amore per lui, le si rivela e ottiene il suo consenso a un matrimonio segreto, che viene celebrato il giorno seguente con l'aiuto di frate Lorenzo. Ma durante una lite, che invano Romeo cerca di scongiurare, Tebaldo Capuleti uccide un amico di Romeo, Mercuzio; per vendicarlo Romeo interviene e uccide Tebaldo, ed è qui condannato la bando, a Mantova. Giulietta intanto viene costretta dal padre ad acconsentire al matrimonio con il conte Paride, ma la sera prima delle nozze per consiglio di frate Lorenzo beve un narcotico che dovrà farla sembrare morta per quaranta ore; il frate avvertirà Romeo, la libererà al suo risveglio dal sepolcro e la porterà a Mantova. Ma il messo inviato dal frate a Romeo non compie la sua missione a causa di un sospetto di peste, e Romeo viene soltanto a sapere che Giulietta è morta; si precipita allora a Verona, penetra nel sepolcro dove è sepolta Giulietta, vi trova Paride e lo uccide in duello, poi beve un potente veleno che av3va portato con sé. Giulietta, svegliatasi, trova accanto a sé Romeo morto, si uccide con il pugnale di lui: di fronte alla tragica scena causata dalla loro inimicizia i capi dei Capuleti e dei Montecchi si riconciliano. Lo stile eufuistico, raffinato ed elaborato, raggiunge toni altamente appassionati dove è messo in scena l'amore dei due giovani; qua e là la sentimentalità, del tema è equilibrata dall'intrusione di vivaci battute, allusioni, spesso grossolane e volgari che danno spessore e consistenza reale ai personaggi. Tra questi spiccano, per la loro naturalezza ed efficacia espressiva, la nutrice di Giulietta e Marunzio, lo scettico e ironico amico di Romeo, due creature vive e terrene che coloriscono e inverano tutta la vicenda.


Love's Labour's Lost (Pene d'amore perdute): Non si conosce una fonte precisa: si sospetta che S. fosse a conoscenza della visita fatta nel 1578 da Margherita di Valois e dalle sue dame al marito Enrico IV di Navarra da cui viveva separata. La trama è tipica per la sua costruzione a parti simmetriche: la vicenda si svolge alla corte di Navarra dove il re Ferdinando di Navarra e tre suoi gentiluomini istituiscono un'accademia e fanno voto di non rivolgere per tre anni la parola ad alcuna donna; ma non appena la principessa di Francia accompagnata dal suo seguito giunge alla corte in missione diplomatica, la promessa si rivela effimera. Il re e i gentiluomini, infatti, inviano segretamente missive amorose alla principessa e alle sue dame. Il sotterfugio viene facilmente scoperto e le dame accettano ora di essere apertamente corteggiate; ma l'annuncio della morte del padre della principessa fa si che le dame partano chiedendo ai giovani di aspettare un anno e un giorno, dopo di che accetteranno di diventare le loro mogli. La commedia si chiude dunque su una nota di raffinata malinconia e, come dice esplicitamente il titolo, le pene e gli affanni d'amore sono per il momento vani e soltanto l'attesa fedele potrà riscattarli. Accanto ai cortigiani si muovono i personaggi comici, il ridicolo cavaliere spagnolo, l'astruso pedante, un buon parroco, una coppia di villici, la cui comicità contrasta con la costante elaborata dell'eloquio dei protagonisti principali. Si sospetta, inoltre, che nella <<scuola della notte>>, a cui si accenna nella commedia, Shakespeare avesse voluto satireggiare il gruppo di intellettuali che si riuniva nel 1594 intorno a Walter Raleigh, È la più elegante delle commedie di S., e rivela chiaramente l'influenza del Lyly, del suo stile elaborato e artificiale. Tale caratteristica, la mancanza degli umori più terreni presenti nelle altre commedie e l'inserzione di numerose liriche che seguono la maniera di corte fanno intuire una destinazione aristocratica e non il pubblico eterogeneo del teatro elisabettiano. Sotto il profilo strutturale, la commedia è difettosa e i personaggi sono a volte delineati con superficialità, anche i temi trattati (genericamente: l'assurdità del concepire l'esistenza umana in modo astratto) ci rivela uno S. in una fase ancora sperimentale ma già chiaramente alla ricerca di proposte originali.





Secondo periodo (1596-99).

Verso la fine del secolo i drammi shakespeariani mostrano una maggior varietà ed abilità artistica, ma risentono di una temporanea deviazione dalla linea principale di sviluppo del drammaturgo. Entrambe queste tendenze si possono osservare in una serie di opere di ispirazione cortigiana, che riflettono una concezione aristocratica del teatro. Appartengono a questo periodo:


Richard II (1595-90) che rappresenta il passaggio al secondo periodo.

A Midsummer Night's Dream (1595-96), commedia romantica.

King John

The Merchant of Venice

Henry IV

Much Ado about Nothing

Henry V

Twelfth Night

As You Like It

Julius Caesar



A Midsummer Night's Dream (Sogno di una notte di mezz'estate): anche in questo caso S. non si è attenuto a un'unica fonte, ma ha variamente attinto a leggende popolari per la figura di Puck, ossia Robin Goodfellow, folletto burlone, alle varie storie di uomini trasformati in asini (sul modello di Apuleio), alle Metamorfosi di Ovidio per la vicenda di Piramo e Tisbe, rappresentata comicamente sulla scena da un gruppo di artigiani, alle reminiscenze classiche per le figure di Teseo e Ippolita, e così via. La commedia trova la sua originalità proprio nel suo carattere composito, e nella sapienza con cui in essa sono fusi tre mondi: quello delle fate, quello degli umili artigiani, e quello della tradizione cortese. La vicenda si svolge in una immaginaria Atene durante i preparativi dei festeggiamenti per le nozze del duca Teseo con Ippolita, regina delle amazzoni. Ermia, fanciulla nobile, per sottrarsi alle nozze con Demetrio, pretendente impostele dal padre, fugge nella foresta, presso la città, per raggiungervi l'amato Lisandro. Elena, innamorata a sua volta di Demetrio, apprendendo il piano ne informa quest'ultimo, il quale si reca anche lui nella foresta, seguito da Elena stessa. Qui intanto Oberon, re delle fate, ha bisticciato con la sua sposa Titania, e incarica il folletto Puck di procurargli un fiore il cui succo, versato sugli occhi di Titania dormiente, la farà innamorare della prima persona che ella vedrà al risveglio. Vedendo poi che, nel bosco, Demetrio ha bisticciato con Elena, Oberon impone a Puck di versare il filtro sugli occhi di Demetrio dormiente affinché si innamori di Elena. Puck per errore versa il filtro sugli occhi di Lisandro il quale scorgendo Elena, si innamora di lei e abbandona Ermia. Anche Demetrio riceve il filtro e a sua volta dichiara il suo amore per Elena. I due uomini, ormai rivali, si inseguono per uccidersi, mentre le due donne litigano fra loro. Nel bosco si è recata anche una compagnia di rozzi artigiani capeggiata dal tessitore Bottom, per allestire una commedia da presentare a corte. Puck, maliziosamente, impone a Bottom una testa d'asino, e spreme poi il suo filtro sugli occhi della regina delle fate, Titania, che scorgendo al suo risveglio il mostruoso Bottom s'innamora di lui. Giunta così al massimo la fantasiosa confusione, interviene nuovamente Oberon e scoglie tutti gli incanti, riconciliandosi con Titania. I due giovani amanti, tornati da Atene, potranno unirsi secondo i loro desideri, mentre gli artigiani rappresentano dinanzi a Teseo e Ippolita la tragedia di Piramo e Tisbe, trasformata dalla loro imperizia in una irresistibile farsa. È questa l'opera di S. che rivela una maggiore libertà fantastica, e anzi, in un famoso discorso posto sulle labbra di Teseo, rivendica al poeta tale libertà.   


The Merchant of Venice (Il mercante di Venezia): è databile fra il 15494 e il 1596. La vicenda principale è derivata dalla raccolta di novelle Il Pecorone si Giovanni Fiorentino. Il motivo degli scrigni è tratto da una versione inglese cinquecentesca delle Gesta Romanorum, una raccolta di aneddoti scritta in latino e risalente al tardo medievale. Non mancano infine echi dell'Ebreo di Malta di Marlowe e di un tragico avvenimento del 1594: la condanna a morte dell'ebreo portoghese Roderigo Lopez, medico di corte, accusato, forse ingiustamente, di aver cospirato per avvelenare la regina Elisabetta. La vicenda si svolge a Venezia: il nobile veneziano Bassanio si rivolge all'amico Antonio (il mercante a cui il titolo si riferisce) per ottenere un prestito che gli consenta di corteggiare la ricca e bella Porzia. Antonio, non disponendo dei 30.000 ducati richiestigli, ricorre all'ebreo Shylock da lui spesso rimproverato per le sue pratiche di usuraio. Shylock offre il prestito con la clausola che, in caso di mancata restituzione, l'usuraio potrà prelevare una libbra di carne dal suo petto, nel punto più vicino al cuore. Antonio acconsente perché è in attesa del prossimo ritorno delle navi in cui ha investito la maggior parte dei suoi beni. Bassanio, ottiene la mano di Porzia scegliendo lo scrigno che contiene il ritratto di lei fra i tre che gli sono sottoposti per mettere alla prova la sua perspicacia. Alla scadenza, Antonio non è in grado di pagare la somma presa in prestito, in quanto le navi sono andate perdute. Shylock esige la libbra di carne, ma Porzia, travestitasi da avvocato, raggiunge Venezia e si reca immediatamente al tribunale, in cui, sotto la presidenza del Doge, si sta discutendo il caso del mancato pagamento: fa osservare ai giudici che l'ebreo sarà condannato a morte se, nel tagliare la libbra di carne, ne asporterà di più o di meno, o verserà anche una sola goccia di sangue. Shylock rinuncia, ma viene egualmente condannato alla perdita di tutti i suoi beni, parte dei quali gli verrà restituita a patto che egli si converta facendosi cristiano e, alla sua morte, li lasci in eredità alla figlia Gessica, che egli aveva diseredato perché era fuggita con un cristiano, Lorenzo, amico di Antonio e Bassanio. Shakespeare prende le distanze dagli stereotipi contemporanei, in particolare dal grottesco e tragico Barabba, l'ebreo di Malta marlowiano, per delineare un personaggio complesso, dolorosamente consapevole della diversità a cui è continuamente sottoposto e costretto da discriminazioni da insulti che sente come profondamente ingiuste.




Much Ado about Nothing (Molto rumore per nulla): è una commedia con un fondo di amarezza, basata sulla XXII novella del Bandello, della quale però non esistono versioni inglesi. Le argute schermaglie dialogiche dei due protagonisti si modellano su quelle del Cortegiano del Castiglione, tradotto in inglese nel 1561. La scena è posta in Messina: Benedick, giovane signore padovano al seguito del principe d'Aragona, brillante e misogino, affetta il suo disprezzo per la spiritosa Beatrice, nipote di Leonato, governatore di Messina. Ma, nonostante i loro continui scontri verbali, i due vengono fatti innamorare l'uno dell'altra con uno stratagemma. Meno sofisticato è l'amore di Claudio, amico di Benedick, per Hero, figlia di Leoanto. Il malvagio Don John, fratello bastardo del principe, fa però credere a Claudio che Hero lo tradisca, mostrandogli di notte la domestica di lei, rivestita dei panni della padrona, che fa entrare in casa il suo amante. Durante la cerimonia nuziale perciò Claudio respinge da sé Hero, e quest'ultima sviene ed è creduta morta. L'infamia di Don John e svelata; Claudio, per riparare alla sua involontaria crudeltà, accetta di sposare una fanciulla velata impostagli in moglie di Leonato. Si scopre che la fanciulla è Hero, e anche Benedick chiede la mano di Beatrice. La commedia è rallegrata dai lazzi di un gruppo di inefficienti poliziotti capeggiati da Dogberry, tratti di peso dalla vita quotidiana londinese, la cui rozza comicità mette in risalto il raffinato spirito cortigiano dei dialoghi fra Beatrice e Benedick.


Twelfth Night (la dodicesima notte): scritta forse in occasione del ricevimento offerto a corte dalla regina Elisabetta al duca di Bracciano don Virgilio Orsini (donde Orsino come nome del protagonisti) la dodicesima notte, ossia la notte dell'Epifania, del 1601. La commedia, che presenta singolari analogie do tono, atmosfera, linguaggio con As You Like (Come vi Piace), si basa su un racconto contenuto nel volume di Barnabe Riche, Farewell to Military Profession (1581), e che è derivato in ultima analisi da fonti italiane, quali le commedie Gl'Ingannati dell'Accademia degli Intronati di Siena, e Gli Inganni di Nicolò Secchi. Si svolge nel fantastico paese <<italianato>> di Illiria, e presenta le vicende di Viola, gentildonna ivi naufragata, che si innamora del duca Orsino e si reca presso di lui a servirlo come paggio, sotto il nome di Cesario. Incaricata dal malinconico duca di portare messaggi amorosi a Olivia, una dama di austeri costumi, Viola-Cesario deve schermirsi dagli impetuosi approcci di lei, presa da improvviso amore per il falso paggio. Il provvidenziale arrivo del fratello di Viola, Sebastiano, dopo una serie di complicati equivoci, salva la situazione: Olivia può riversare il suo amore su di lui, mentre il duca Orsino, rendendosi conto dell'amore di Viola e di quanto ella abbia fatto per lui, la sposa. La felicità della commedia consiste soprattutto nella delicata atmosfera musicale creata intorno alla languida figura di Orsino anche attraverso le bellissime canzoni del giullare Feste, e in gruppi di personaggi secondari, uno dei quali fu però sempre considerato come l'autentico protagonista della commedia: è il maggiordomo di Olivia, Malvolio, triste e presuntuoso, al quale viene fatto credere di essere amato dalla sua padrona: tale scherzo giocatigli da Feste insieme a sir Tolby con l'allegra Maria e con lo sciocco e pusillanime dir Andrew Aguecheek, rischia di far perdere completamente il senno a Malvolio, che diviene così, da personaggio comico e grottesco, figura intensamente patetica.


As You Like (Come vi piace): la vicenda si svolge in gran parte in una immaginaria foresta delle Ardenne, nella quale si è rifugiato un duca, scacciato dai suoi domini dal suo malvagio fratello Frederick. La figlia del duca scacciato, Rosalind, è però rimasta amica di Celia, figlia di Frederick. Ma anche Rosalind è scacciata, e vaga nella foresta in abito maschile con il nome di Ganymede, seguita dalla fedele Celia, che fa passare per sua sorella con il nome di Aliena. Nella foresta incontra il suo amato, Orlando (che non la riconosce), a sua volta perseguitato da un malvagio fratello, Oliver; quest'ultimo è assalito da una leonessa, e viene salvato da Orlando; il suo odio si trasforma allora in affetto, e per giunta egli si innamora di Celia- Aliena. Il malvagio Frederick frattanto incontra un santo eremita che lo fa ravvedere, così che egli restituisce il maltolto al duca spodestato e si ritira dal mondo. Oliver sposa Celia, che gli rivela il suo vero essere, come pure fa Rosalind a Orlando. Accanto ai protagonisti, pallide e idealizzate figure romanzesche nella tradizione arcadica inglese, si accompagnano figure di pura creazione shakespeariana: il melanconico Jacques, seguace del duca, con le sue considerazioni sulla transitorietà della vita umana, il cinico e arguto Touchstone e la usa semplice amante, la contadinella Audrey. La commedia conserva un tono fiabesco e avventuroso, percorso costantemente da un brivido di amore e da una sottile melanconia che la distaccano nettamente dalle precedenti di Shakespeare.


Julius Caesar (Giulio Cesare):basato essenzialmente sulla traduzione inglese di Thomas North delle Vite Parallele di Plutarco. Più che allo svolgimento degli avvenimenti (congiura di Bruto e Cassio, uccisione di Cesare, formazione del secondo triumvirato, fine di bruto e Cassio), Shakespeare sembra interessarsi ai problemi morali che la vicenda sottende: il concetto di libertà, quello di onestà e di onore, i rapporti umani (esplorati nelle relazioni fra Bruto e Cesare, Bruto e Cassio e soprattutto fra Bruto e Porzia). Questa indagine conferisce una singolare profondità e ambiguità alle figure dei protagonisti, e un significato universale alla vicenda. La presentazione del vario atteggiamento della folla è magistrale, mentre sul piano dell'indagine psicologica individuale è rivelatore della maturità di Shakespeare il colloquio iroso, disperato e patetico fra Bruto e Cassio prima della battaglia di Filippi.   











Terzo periodo (1600-1608): A questo periodo appartengono:

Hamlet (1600-1601), tragedia

The Merry Wives of Windsor (1600-01), una commedia dark

Troilus and Cressida(1601-02), commedia dark

All's Well that Ends Well (1604-05), una commedia dark

Measure for Measure

Othello (1604-05), tragedia

King Lear (1604-05), tragedia

Macbeth (1604-05) tragedia

Antonio and Cleopatra (1604-05) tragedia

Coriolanus (1607-08), tragedia.

Timon of Athens (1607-08), tragedia.


Hamlet (Amleto): l'azione si svolge in Danimarca. Il giovane principe Amleto si sente profondamente turbato perché dopo nemmeno due mesi dalla morte del padre, la madre Gertrude sposa Claudio, fratello del re defunto e suo zio. Avvertito dall'amico Orazio che per due notti consecutive uno spettro, vestito di corazza e rassomigliante al defunto re, è apparso agli uomini di guardia al castello, Amleto si reca quella stessa notte ad attendere l'apparizione sugli spalti del castello. Lo spettro dopo avergli detto di essere lo spirito di suo padre condannato a vagare di notte per un certo numero di anni, ad espiazione dei peccati commessi in vita, gli chiede vendetta per ciò che sta per rivelargli: egli è stato vittima di un delitto; è stato ucciso dal fratello Claudio con del veleno versatagli in un orecchio un pomeriggio mentre dormiva in giardino. Lo spettro ingiunge Amleto di non far nulla contro la madre. Amleto giura vendetta, ma assalito dal dubbio esita, si rimprovera la propria vigliaccheria. A ciò dedica tutte le sue energie, rompe ogni legame affettivo anche quello con Ofelia, da lui amata. Per accertare la colpa di Claudio fa rappresentare dinanzi a lui un dramma che evoca le circostanze dell'assassinio da lui commesso. La prova ha esito positivo, ma Amleto non sa risolversi a colpire Claudio che si è ritirato a pregare: si reca allora dalla madre per indurla a rompere i rapporti col marito assassino, si accorge della presenza di qualcuno che lo spia dietro una tenda e, credendo che si tratti di Claudio, lo uccide. In seguito a ciò è costretto a lasciare il Paese sotto la scorta di due falsi amici che dovrebbero condurlo presso un sovrano amico di Claudio con ordine di sopprimerlo. La nave che trasporta Amleto è intercettata dai pirati, che lo prendono bordo e gli restituiscono la libertà. Al suo ritorno scopre che Ofelia è impazzita ed è annegata. Il fratello di lei per vendicare la morte della sorella complotta con Claudio per uccidere Amleto, sfidandolo a un incontro di scherma in cui userà una spada truccata ed avvelenata. Durante il combattimento Amleto si accorge di tutto, e dopo essere stato ferito uccide Claudio e lo sfidante. La madre di Amleto intanto ha inconsapevolmente bevuto una coppa di veleno destinata al figlio. Dopo la strage giunge a raccogliere la successione e a ristabilire l'ordine il principe di Norvegia Fortinbras.


The Merry Wives of Winsor (le allegre comari di W.): forse scritta su richiesta della regina Elisabetta che desiderava assistere a nuove avventure di sir John Falstaff. Pubblicata nel 1602, deve risalire a qualche anno prima, i vari incidenti in essa rappresentati sono tratti dalla novellistica popolare(quello per es. dell'amante nascosto sotto un mucchio di biancheria sporca si trova in una novella del Pecorone). Sir Falstaff viene beffato dalle allegre comari mistress Ford e mistress Page che, con il pretesto di fissargli convegni amorosi, prima lo fanno rinchiudere in un cesto di biancheria sporca e gettare nel fiume, poi lo fanno travestire da donna e picchiare vigorosamente dal geloso mister Ford, e infine gli danno appuntamento in un bosco, dove viene torturato e schernito da tutti i personaggi della commedia travestiti da fate e folletti. Una trama secondaria narra gli equivoci in cui è coinvolto l'innocente amore fra Anne, figlia di mistress Page, e il giovane Fenton, di cui sono rivali il medico francese Doctor Caius e lo sceicco Slender. Di andamento farsesco, è l'opera più prosaica dello S.

Troilus and Cressida: è il primo dei cosiddetti problem plays, drammi problematici, per il loro carattere amaro, per il gusto con cui esplorano aspetti torbidi e viziosi dell'animo umano, pur senza giungere a un fine tragico, anzi atteggiandosi a ironica comicità. La storia dell'amore di Criseide, figlia dell'indovino Calcante fuggito nel campo greco, per Troilo figlio di Priamo, era già stata narrata dal Boccaccio nel Filostrato, e di lì l'aveva tratta Chaucer per comporre il suo poema Troilus and Criseyde, fonte principale dello Shakespeare. Nella versione chauceriana, l'amore dei due giovani era stato favorito dallo zio di lei, Pandaro, il quale, però, quando la giovane viene trasferita nel campo greco, la incita con altrettanta disinvoltura a diventare l'amante di Diomede, e ottiene il suo intento. Tale è la vicenda che anche Shakespeare narra, aggiungendovi una sapiente caratterizzazione degli eroi della guerra di Troia e concludendola con l'uccisione di Ettore da parte di Achille, con l'espressione del disgusto di Troilo per il comportamento di Cressida e di Pindaro, e con le ciniche recriminazioni di quest'ultimo, che si definisce un onesto mercante di carne umana.


All's Well that Ends Well (Tutto è bene ciò che finisce bene): è un dramma problematico anche dal punto di vista formale. Inedito al tempo di Shakespeare, esso presenta nel giro di una stessa scena una impressionante varietà stilistica: passi che ricordano lo Shakespeare eufuista di Love's Labour's Lost e altri che invece, per maturità e complessità espressiva, pregnanza di immagini e scioltezza di verificazione, sono avvicinabili solo alle opere dell'ultimo periodo dell'attività dell'autore. Sembra pertanto probabile l'ipotesi che la commedia, scritta o abbozzata in età giovanile (potrebbe essere il perduto Love's Labour's Won) sia stata rimaneggiata dall'autore più di una volta in età matura; tuttavia l'affinità di tema e di tono fondamentale con Measure and Measure e gli echi di Troilus and Cressida consigliano di considerarla cronologicamente accanto a questi due drammi. L'argomento è  tratto dalla novella di Giletta di Narbona, la nona della terza giornata del Decameron, che Shakespeare conobbe nella fedele traduzione contenuta nel Palace of Pleasure di William Painter (1566). Giletta (divenuta Helen in S.) guarisce da una fistola il re di Francia e ne ottiene in ricompensa di poter sposare il nobile Beltramo di Rossignone. Questi, sdegnato per le nozze forzate, l'abbandona subito dopo la cerimonia, dicendole che la riceverà solo se si presenterà a lui con un figlio da lui generato e un anello che egli porta al dito. Helen ottiene di sostituirsi nelle tenebre della notte a una fanciulla che Beltramo aveva richiesto del suo amore, e durante il convegno si fa dare l'anello. Rimasta incinta di lui ella può così a suo tempo adempiere alle condizioni da lui richieste. In essa Shakespeare ha introdotto motivi seri, come l'implicito dibattito sulle varie concezioni dell'onore, già affiorato in opere precedenti ma qua compiutamente sviscerato.


Measure and Measure (Misura per Misura): le analogie con All's Well sono evidenti, nella ripresa stessa del motivo della sostituzione della donna amata con il favore delle tenebre. Il dramma è un'indagine di storture morali: l'integerrimo consigliere Angelo, cui è affidato il governo di Vienna durante un'assenza del duca, applicando una severissima legge contro la fornicazione, condanna a morte il giovane Claudio, che ha sedotto una fanciulla. Intercede la sorella di Claudio, Isabella, e Angelo è tanto preso di lei che la richiede della sua persona in cambio della grazia per il fratello. Quest'ultimo, con orrore di Isabella, accetterebbe l'infame patto. Ma il duca, che vigila in città sotto le spoglie di un frate, consiglia a Isabella di accettare le proposte di Angelo, e manda poi al convegno in luogo di lei, Mariana, che Angelo aveva ripudiato. Nonostante ciò Angelo ordina ugualmente l'esecuzione di Claudio; un nuovo provvidenziale intervento del duca impedisce il misfatto, Angelo viene smascherato e condannato a sposare Mariana, mentre il duca sposerà Isabella. Il problema morale posto dalla commedia è evidente, e si concretizza ancor più nelle scene dello Shakespeare che ha rappresentato accanto ai protagonisti un piccolo mondo do prostitute e ruffiani. E dal testo emerge una poesia cupa e forte insieme, nelle amare considerazioni sulla condizione umana, nella possente e quasi dantesca raffigurazione dei terrori della morte.


Othello: narra la folla gelosia provocata nel valoroso generale moro Otello dall'alfiere Iago, il quale insinua che la gentildonna veneziana Desdemona, moglie del moro, sia l'amante del luogotenente Cassio. Con l'aiuto di Emilia, sua moglie e cameriera di Desdemona, Iago si procura un fazzoletto di lei, che fa poi finire nelle mani di Cassio. Otello considera questa una prova definitiva del tradimento della moglie e la uccide soffocandola nel letto. Scoperto poi il suo errore in seguito alle testimonianze di Emilia e di altre lettere trovate indosso a un'altra vittima dell'alfiere, Otello si uccide in preda al rimorso. Iago viene imprigionato e condotto alla tortura. La trama è estremamente semplice, non ci storie che si intrecciano, l'azione muove veloce e il numero dei personaggi è particolarmente esiguo.


King Lear (Re Lear): Lear, re della Britannia decide di spartire il regno tra le sue tre figlie: Gonelir, la maggiore, Regan e Cornelia. Prima di fare la spartizione però il vecchio padre vuol conoscere quale delle tre lo ami di più. Gonelir e Regan si effondono in dichiarazioni d'affetto. Cornelia, animo sincero, nauseata dalle smancerie delle sorelle, afferma di voler bene al padre com'è dovere filiale, ma che, quando sarà sposata, dovrà dividere il suo cuore tra il padre e il marito. Questa dichiarazione manda in collera il vecchio re, il quale disereda Cornelia e divide la sua dote tra le altre due sorelle. Il re di Francia, apprezzando la sincerità di Cornelia, la sposa senza dote. Al momento della divisione del regno, Lear si riserva il diritto di andare a vivere un mese presso l'una e un mese presso l'altra delle figlie, conservando una  scorta di 100 cavalieri. Le figlie cercano di indurre il vecchio re a rinunciare al suo seguito. Lear si sente diminuito nella sua maestà regale, e, offeso per tale mancanza di affetto e di rispetto, si allontana pazzo dal dolore per l'ingratitudine delle figlie. Queste lo lasciano uscire nella landa (pianura incolta spesso sterile e deserta) sebbene si avvicini una tremenda tempesta. Il trattamento usato dalle due sorelle verso il vecchio genitore provoca l'intervento del re di Francia, il cui esercito sbarca in Britannia. Il vecchio padre e Cornelia si incontrano a Dover. Ma l'esercito francese è sconfitto. Cornelia viene impiccata, Lear muore di dolore. I valori in esso discussi sono universali: il senso della vita umana, il significato della natura e delle sue leggi, la libertà dell'uomo, i rapporti fra le generazioni umane, l'importanza dell'esperienza, del dolore e della follia, tutto ciò è esplorato e rappresentato attraverso titaniche figurazioni di immagini, trasfigurato in una poesia che ha una sua costante terrena concretezza, una inadeguata potenza espressiva. King Lear è opera tormentata e possente, che cerca di racchiudere in sé il caos della vita umana per scoprirvi un senso.


Macbeth: allusioni contenute nell'opera suggeriscono una datazione tra intorno agli anni 1605-06. Appare per la prima volta nell'in-folio del 1623. Il testo reca evidenti tracce di corruzione e di rimaneggiamenti. Fonte di Shakespeare è la cronaca di Holinshed. Per i particolari dell'assassinio di Duncan Shakespeare utilizzò quelli dell'assassinio di un altro re scozzese, re Duff ucciso da Donwald. Macbeth e Banquo, generali di Duncan re di Scozia, tornando da una vittoriosa campagna contro i ribelli, incontrano in una landa tre streghe, che profetano che Macbeth sarà "thane" di Cawdor e poi re e che Banquo genererà dei re, benché egli non sia destinato ad esserlo. Subito dopo è recata la notizia che Macbeth è stato nominato "thane" di Cawdor. Tentato dalla profezia e da lady Macbeth, Macbeth assassina nel sonno Duncan mentre è ospite nel suo castello, però è subito dopo colto dal rimorso. I figli di Duncan, Malcolm e Donalbain, fuggono e Macbeth prende la corona. Ma resta ancora un ostacolo nel cammino di Macbeth: le streghe avevano profetato il regno alla dinastia di Banquo, onde Macbeth decide di sopprimere costui e suo foglio, ma questi riesce a sfuggire. Perseguitato dallo spettro di Banquo, che gli appare in una cena durante un banchetto, Macbeth consulta le streghe, che gli dicono di guardarsi da Macduff, il "thane" di Fife, e gli annunciano che non potrà essere ucciso da uomo nato da donna, né sarà sconfitto finchè la foresta di Birnam non muova verso il castello di Dunsinane. Sapendo che Macduff si è unito a Malcolm, che raccoglie un esercito in Inghilterra, Macbeth fa assassinare lady Macduff e i suoi figli. Intanto lady Macbeth, cui era caduto di mano il pugnale quando aveva tentato per prima di uccidere Duncan dormente, che le era parso il proprio padre, perde la ragione, soffre di allucinazioni (cerca invano di togliere dalle sue mani l'immagine del sangue) e, in stato di sonnambulismo, rivela il delitto commesso; infine muore mentre l'esercito dei vendicatori sopraggiunge: passando per il bosco di Birnam ciascun uomo taglia un ramo d'albero per far schermo alla sua avanzata, e si realizza così la profezia del bosco che muove verso il castello di Dunsinane. Macduff, che è stato estratto anzitempo dal grembo materno, uccide Macbeth. Anche questa profezia si è avverata, e Malcolm diviene re. La tragedia contiene molte allusioni ed episodi intesi a rendere omaggio al nuovo re d'Inghilterra Giacomo I, di origine scozzese e discendente dal leggendario Banquo. Ma è soprattutto uno studio del senso di colpa nell'uomo, reso attraverso un efficace gioco di contrasti verbali che fanno di tutta la tragedia un continuo balenare di intense luci fra tenebre fitte.


Antony and Cleopatra: composta in data imprecisata prima del1608, sai fonda sulla vita di Antonio scritta da Plauto, nella traduzione del North, che a volte è citata letteralmente. La passione del condottiero romano per la affascinante bellezza orientale di Cleopatra, che farà sì che egli rinunzi per lei al dominio del mondo e porta al suicidio dei due amanti, è tratta da Shakespeare in un susseguirsi di luminose immagini che evocano esotici splendori e sottolineano l'irresistibile forza dell'amore. È forse questo il più lirico dei drammi di Shakespeare, con un nuovo gusto estetizzante che si concreta nella figura di Enobarbo, il raffinato seguace di Antonio che, dopo averlo abbandonato nella mala sorte, non resiste alla vergogna e si fa uccidere.




Coriolanus (Coriolano): tratto anch'esso dalle Vite di Plutarco, non esistono elementi atti a suggerirne la datazione, tranne l'affinità di argomento con la tragedia precedente e considerazioni stilistiche che fanno pensare al periodo 1607-08. La tragedia è dominata dalla figura di Coriolano, presentato come un gigante protervo fra una folla volubile e pavida. L'orgoglio e l'impetuosità del suo carattere ne provocano il bando da Roma, e con fiera umiltà egli offre i suoi servigi ad Aufidio, comandante dei Volsci, per marciare su Roma. A nulla servono le preghiere dell'amico Menenio Agrippa (figura arguta e piena di umana comprensione, sapientemente tratteggiata da S.) per farlo desistere dal suo proposito: lo fermerà soltanto la madre Volumnia, carattere anch'esso forte e fermo quanto il suo. Ma Aufidio, considera tradimento l'armistizio raggiunto con Roma, e uccide Coriolano. È questo forse il dramma più compatto e saldamente costruito, secondo schemi classicheggianti, fra quanti ne furono scritti da Shakespeare. Il linguaggio è quasi tacitamente conciso, pur nella sua ricchezza di vigorose immagini intese a sottolineare il contrasto fra il feroce individualismo del protagonista e l'incerto atteggiamento della massa che lo circonda.  


Timon of Athens (Timone d'Atene): non fu mai rappresentato, e il testo che si trova nell'in-folio è probabilmente ricavato da un ms. incompleto e rimaneggiato. In tali condizioni, e dai notevoli squilibri stilistici del testo, una datazione precisa è impossibile. Timone, ricchissimo ed estremamente generoso signore di Atene, si vede abbandonato da tutti i suoi amici non appena la sua fortuna declina. Divenuto ferocemente misantropo, si ritira in un bosco ove vive come una bestia, benché abbia trovato dell'oro che potrebbe ristabilire la sua fortuna, e scaccia da sé ognuno, compresi i senatori ateniesi che chiedono che intervenga presso Alcibiade che sta marciando sulla città per distruggerla. Timone muore in solitudine mentre Alcibiade, giunto ad Atene, ne risparmia i cittadini. Frammentario e ripetitivo, il dramma ha una sua potenza disperata nelle invettive di Timone, espresse in un linguaggio aspro e contrastato, e nelle sue considerazioni sull'inutilità dei beni terreni, sulla corruzione prodotta dall'oro, sulla fondamentale depravazione dell'animo umano.









Quarto periodo (1608-1612).

Gli ultimi drammi costituiscono il gruppo più unitario di opere shakespeariane, legate da una fondamentale unità di tema (il riscatto delle colpe commesse attraverso il ritrovamento dell'innocenza, rappresentata da soavi figure di fanciulle dai nomi allusivi: Marina, Perdita, Miranda), di linguaggio (lirico e sciolto, immaginoso e concreto a un tempo), di vicende (tutte di carattere romanzesco e antirealistico, ambientate in Paesi dell'immaginazione). Appartengono a questo periodo:

Pericles

Cymbeline

The Winter's Tale

The Tempest (1611-12).



Pericles (Pericle): non incluso nell'in-folio del 1623, fu pubblicato nel 1609 in un testo che appare ovviamente molto corrotto. La vicenda deriva dalla storia di Apollonio di Tiro, attraverso la versione datane dal poeta trecentesco John Gower nel suo lungo poema Confessio Amantis, e ripresa in un romanzo popolare composto nel 1576 e ripubblicato nel 1607. Shakespeare ha modificato i nomi dei protagonisti, conservando però inalterata la vicenda: Pericle. Principe di Tiro, aspira alla mano di Antioco, re di Antiochia: per ottenerla deve risolvere, pena la morte, un indovinello. Ma l'indovinello allude agli amori incestuosi della figlia con il re Antioco, e Pericle perciò, pur avendolo risolto, preferisce fuggire. Da una tempesta è gettato sulla spiaggia di Persepoli, ove, vincendo un torneo, si assicura la mano di Thaisa, figlia del buon re Simonides. Nel viaggio di ritorno verso Tiro, durante una nuova tempesta, Thaisa dà alla luce una bimba, Marina, ed è poi creduta morta di parto e gettata in mare. Pericle affida Marina alle cure del governatore Cleon e della moglie Dionyza. Frattanto la cassa in cui era rinchiusa Thaisa è gettata sulla spiaggia di Efeso, la donna ritorna in vita grazie alle cure di Cerimon, e diviene sacerdotessa del locale tempio di Diana. Dopo 16 anni, Dionyza, gelosa della bellezza di Marina che oscura quella di sua figlia, decide di farla uccidere da un sicario; ma intervengono in extremis dei pirati che la rapiscono e la vendono al proprietario di un bordello. Viene fatto credere però a Pericle che sua figlia sia morta. Marina viene intanto liberata. Giunge nel porto il vecchio Pericle, affranto dai dolori, e riconosce la figlia sulla sua nave per rianimarlo con il suo canto. Gli appare poi la dea Diana che gli rivela che anche Thaisa è viva a Efeso.


Cymbeline (Cimbellino): il dramma presenta una curiosa fusione fra un episodio di storia britannica all'epoca romana, narrato nelle cronache di Holinshed, e la novella nona della seconda giornata del Decameron: la vicenda storica ( il rifiuto del re britannico Cimbellino di pagare un tributo ai Romani, la successiva guerra, e l'accordo finale raggiunto dai popoli romano e britannico) rimane sommersa nelle vicende personali del gentiluomo Posthumus, che ha scommesso con l'amico Iachimo che sua moglie Imogen, figlia del re Cimbellino, è incorruttibile. Iachimo, con uno stratagemma, fa credere a Posthumus di aver goduto dei favori della moglie (rimasta in Britannia mentre egli si era recato a Roma). Posthumus ordina al fedele servo Pisanio di uccidere la moglie, ma questi non ne ha il coraggio. sopraggiunge il malvagio Cloten, figlio del primo letto della matrigna di Imogen, con l'intenzione di violentare quest'ultima, ma viene intercettato e decapitato da 2 giovani, figlioli di Cimbellino, rapiti dalla culla molti anni prima, i quali vivono fra i monti con il loro rapitore, che essi credono loro padre. Imogen, trovando il corpo decapitato di Cloten, che si era rivestito dei panni di Posthumus, crede che egli sia suo marito. Poi, in abito maschile, raggiunge l'esercito romano che sbarca nel Galles e diviene paggio del comandante. Con i Romani è sbarcato anche Posthumus, che crede Imogen morta. Dopo complicate vicende, la situazione si chiarisce: Cimbellino ritrova tutti i suoi figli, Posthumus e Imogen si ricongiungono, Iachimo si pente, e si celebra con sacrificio agli dei la nuova alleanza romano-britannica.  



The Winter's Tale (il racconto d'inverno): Leontes, re di Sicilia, sospetta a torto che la moglie Hermione lo tradisca con Polixenes, re di Boemia. Questi, informato che Leontes va tramando la sua morte, ritorna in patria. Il geloso sovrano getta in carcere la moglie, che dà alla luce una bambina ed è poi creduta morta. La figlia, creduta adulterina, viene consegnata al cortigiano Antigono affinché la uccida, ma questi l'abbandona sulla spiaggia della Boemia. La neonata viene trovata da un pastore che l'alleva come propria figlia, con il nome di Perdita. Trascorrono 16 anni, e la giovane Perdita si innamora di Florizel, figlio di Polixenes, ma quest'ultimo si oppone alle nozze a causa della differenza di casta, e i 2 giovani fuggono per mare, giungendo in Sicilia alla corte di Leontes, il quale frattanto si è ravveduto e piange l'ingiustizia compiuta nei confronti della moglie. Avviene un generale riconoscimento e riconciliazione, con l'intervento del pastore e di Polixenes, che aveva inseguito i fuggiaschi. A questo punto Paulina, vedova di Antogono, annuncia di avere una statua rappresentante la scomparsa della regina Hermione: mentre la mostra a Leontes, la statua si anima: è Hermione in persona, che per tutti quegli anni Paulina aveva tenuto celata nella sua casa. Le stesse assurdità del testo (la Boemia è presentata come Paese di mare, si parla di Giulio Romano come vissuto prima della nascita di Cristo) accentuano il deliberato tono fiabesco della commedia, che si articola in due parti nettamente distinte: la prima, tragica, espressa con singolare violenza di linguaggio, tutto imperniato su immagini di disgusto e corruzione; la seconda, lirica pastorale e serena, che nel ritmo stesso, mosso e flessibile, del verso rivela la conquista di un nuovo e felice mondo espressivo. E il contrasto, pur così brusco, è estremamente efficace, come l'improvviso dischiudersi di nuovi orizzonti, la rivelazione di un Paese dell'anima in cui anche i miracoli divengono accettabili.


The Tempest (La Tempesta): è l'ultima commedia completamente di mano di Shakespeare, rappresentata anch'essa verso la fine del 1611 e presumibilmente scritta poco prima di tale data. È forse l'opera di Shakespeare più indipendente da fonti preesistenti, se non nei riguardi di singole situazioni ed episodi ispirati a scenari della commedia dell'arte italiana, e a narrazioni di viaggiatori che avevano visitato isole solitarie e misteriose. Il motivo della tempesta, già dominante in King Lear, affacciatosi ripetutamente in Pericles, apre qua il dramma. Dodici anni prima dell'inizio della vicenda, Prospero, duca di Milano, è spodestato dal fratello Antonio; costretto a fuggire assieme alla figlioletta Miranda su una fragile imbarcazione, approda su un'isola deserta abitata dallo spirito malvagio Caliban, che ha assoggettato lo spirito dell'aria Ariel. Impratichitosi delle arti magiche, Prospero costringe i due spiriti a servirlo e regna indisturbato sull'isola. La commedia inizia con una tempesta provocata da Prospero per far naufragare sull'isola la nave che trasporta l'usurpatore Antonio, il suo alleato Alonso, re di Napoli, il figlio di quest'ultimo, Ferdinando e il buon consigliere Gonzalo. Nel giro di 24 ore, le arti magiche di Prospero fanno sì che il giovane e incolpevole Ferdinando ami riamato Miranda e che Antonio gli restituisca il ducato usurpato, ristabilendo l'ordine naturale. Prospero rinuncia poi definitivamente alle sue arti magiche e libera Ariel, mentre scaccia da sé, lasciandolo prigioniero nell'isola, il malvagio spirito Caliban, che aveva cercato di attentare alla sua vita. Infine a Napoli si celebrano le nozze di Ferdinando e Miranda. Strutturalmente è questa l'unica opera di S. che rispecchi le unità classiche di tempo, di luogo e di azione. In questa nuova forma rigorosa (quasi ordine esteriore che rispecchi un ordine interiore, il placarsi di ogni conflitto nell'animo dell'autore e nella natura),il tono è lirico e favoloso, il senso di miracolo è sempre presente, e i personaggi hanno soltanto la consistenza di figure emblematiche. The Tempest segna i limiti di una ricerca di valori interiori, la di là del caos dell'esistenza quotidiana, che sono finalmente conquistati. 











I sonetti.

Il contributo maggiore di Shakespeare alla poesia è rappresentato dai suoi Sonetti. Pubblicati nel 1609 dall'editore Thomas Thorne senza il consenso o la revisione dell'autore. La raccolta, che non ha titolo, comprende 154 sonetti, la cui autenticità non è mai stata sostanzialmente messa in dubbio, salvo uno o due casi. Furono composti in un periodo che critici collocano alternativamente tra il 1595 e il 1599 (Rollings, Beeching) oppure tra il 1597-98 e il 1606 (Chambers, Dover Wilson), sulla base di riferimenti topici, considerazioni metriche, tematiche, metaforiche, ma soprattutto dell'identificazione dei protagonisti del canzoniere con questo o quel personaggio storico.

I sonetti sono accompagnati da una dedica dell'editore a <<Mr. W.H., the only begetter>> dei sonetti stessi, che potrebbe essere il <<giovane biondo>> cui il poeta si rivolge nei sonetti o l'intermediario che ne ha procurato il testo. È stato variamente identificato con Henry Wriothesley, conte di Southampton, William Herbert, conte di Pembroke, William Hughes, un supposto giovine attore della compagnia (su cui Oscar Wilde intesse il delizioso racconto Il ritratto di Mr. W.H,1889), Henry Willobie, autore e protagonista del romanzo Willobie His Avisa (1594) e William Himself, ossia Shakespeare. La disposizione dei sonetti non riflette necessariamente le intenzioni dell'autore e ne sono state tentate numerose revisioni. All'interno delle due grandi partizioni della raccolta, i sonetti dedicati al bel giovane (1-126) e quelli della donna bruna (127-152), che possono correre paralleli nella composizione, si individuano dei gruppi determinati da legami sintattici o coerenza logica, insistenza di metafore o ricorrenza di situazioni, ma nessuno di questi criteri può venire assunto in assoluto per una riorganizzazione senza spezzare collegamenti altrettanto vitali.

Sostanzialmente si possono distinguere nella raccolta alcuni gruppi abbastanza ben definiti:

i primi 17 sonetti, cosiddetti "matrimoniali", sono l'invito a un giovane a sposarsi per tramandare le sue qualità attraverso i figli;

anche i sonetti seguenti fino al numero 126 sono indirizzati a un giovane, e hanno una varia gamma di temi, fra i quali affiora ripetutamente, e in accenti drammatici e intimi, quello della passione amorosa;

i sonetti dal numero 127 al numero 152 sono indirizzati a una dona (la cosiddetta <<dama bruna >>), brutta, infedele, eppure desiderabile;

infine i sonetti 153 e 154 sono eleganti variazioni su un epigramma dell'Antologia Palatina, e molti li considerano spuri.

L'identificazione degli altri personaggi della raccolta si presenta ancor più incerta. La <<donna bruna>> potrebbe essere tanto una cortigiana d'alto rango quanto una nobile damigella, o forse una famosa prostituta negra. Il Poeta Rivale, che corteggia con il suo verso magniloquente i favori dell'amico, si identifica generalmente con G. Chapman, che Shakespeare satireggia anche in Pene d'amor perdute. Dal punto di vista metrico i sonetti sono, ad eccezione di tre, nella forma consacrata dal Surrey e che sarà poi detta shakespeariana, delle tre quartine chiuse da un distico, che impongono alla poesia un andamento dialettico e argomentativo, confermato o ribaltato epigrammaticamente dal finale. Shakespeare non maneggia la forma del sonetto con la stessa disinvolta eleganza del Sidney, ma con infinita maggior varietà, drammaticità e sottigliezza, facendone lo strumento di una poesia intensamente personale e passionale. Ricorre a varie fonti, la sonettistica amorosa europea e inglese, l'Antologia palatina, le Metamorfosi di Ovidio, ma mai in modo diretto o pressante; vi attinge come attinge alla filosofia classica, ala Bibbia e alla liturgia cristiana, ai proverbi e alle collezioni di sentenze, sfruttando un patrimonio collaudato e tradizionale.

I sonetti presentano una situazione paradossale, anche se non senza precedenti, perché sono rivolti a un giovane bellissimo, cui il poeta consiglia di sposarsi, cui muove rimproveri per le sue colpe sessuali, tra cui un'avventura con l'amante del poeta, cui lancia avvertimenti contro gli adulatori e i poeti rivali, cui promette l'immortalità nel verso. Il gruppo secondario ribalta a sua volta la tradizione petrarchesca, perché dedicato a una donna bruna come la notte, che non ha bellezza o virtù se non negli occhi del poeta, e che il poeta accusa di aver corrotto lui e anche l'amico. L'amicizia tra giovani nobili e colti era esaltata dal Bembo e dal Castiglione come il supremo esempio di amore razionale, e vita e moda letteraria si intrecciavano a produrre un modello dal fascino simile a quello dell'amore romantico. Shakespeare assume l'uno e l'altro in modo strettamente personale. Nei drammi presumibilmente contemporanei alla stesura della maggior parte dei sonetti, affronta grandi temi dell'amore e della guerra, scoprendone la natura dualistica e ambigua. La stessa duplicità di visione si ritrova nei sonetti: non si concretizza solo nello sdoppiamento dell'amata in una figura maschile, simbolo dell'amore sublimato e razionale, e in una femminile, simbolo della passione sensuale e animale. Vi è slancio appassionato nel rapporto con il giovane, vi è cinico intellettualismo in quello con la donna. Assistiamo in un caso alla sublimazione, nell'altro alla degradazione dell'uomo completo. Il poeta non può a un certo punto tener distinti nella mente i suoi due <<amori, disperazione e conforto>> più di quanto possa separarli nella vita. il rapporto più complesso con l'amico muove dalle prime incerte definizioni da parte del poeta del suo compito verso di lui, al tradimento dell'uno, alle reazioni violente, accorate del poeta, alla sua autoumiliazione, alla maggior comprensione che deriva dalla sua stessa colpa e porta a quel <<connubio di animi sinceri>> che sfocia nei sonetti dell'immortalità. Il rapporto più limitato con la donna si basa invece sulla duplice sfiducia, sulla coscienza della falsità e la persistenza del desiderio, finché la seduzione dell'amico non libera contro di lei l'odio che prima il poeta rovesciava su di sé.

Il canzoniere assume una risonanza universale grazie alla capacità del poeta di estrinsecare i sentimenti in situazioni drammatiche e di allargare la sfera dei riferimenti ben oltre l'ambito tradizionale della poesia amorosa, tramite l'uso delle metafore, che umanizzano la natura e assimilano ad essa la personalità umana, coinvolgendo uomo in un unico dramma. 



Stile ed eredità.

Lo stile di Shakespeare è multiforme e vario, così come lo sono i temi affrontati. Accanto ai drammi storici, in cui analizza l'erompere di violente passioni, si collocano le commedie, caratterizzate dalle più svariate gradazioni del comico, dall'ironia sorridente sino la grottesco; le tragedie,. In cui si rappresentano gli affetti più nobili e gli istinti più perversi; i drammi avventurosi e romanzeschi, segnato dal superamento del pessimismo.

La realtà dell'animo umano è descritta con profonda conoscenza in tutta la sua ricchezza, nelle sfaccettature e contraddizioni, senza schemi preordinati, facendo anche coesistere comico e tragico nello stesso testo, perfino nello stesso personaggio. Shakespeare è maestro del verso che con lui diventa straordinariamente flessibile e raffinato e usa con grande duttilità la prosa. Sa sfruttare pienamente le possibilità del teatro contemporaneo che, privo di ricchezza scenografica, si affida totalmente al discorso dell'autore: con un linguaggio superbo crea una fase per l'immaginazione.

Penetra con straordinaria potenza l'animo umano, descrivendone le essenze. Egli porta sul palcoscenico i sentimenti e le passioni più comuni dell'uomo: amore, gelosia, ingratitudine, fedeltà, violenza, crudeltà, tenerezza, ambizione e l'attenzione del pubblico non è attratta dalla trama, ma dal problema psicologico. Studia l'uomo, descrisse l'uomo com'è, senza condannarlo o assolverlo: sono le circostanze che lo fanno, Shakespeare fa semplicemente muovere l'uomo davanti a un pubblico.

L'autore teatrale più grande della sua opera non ha influenza diretta sui drammaturghi che vengono dopo di lui: l'età della Restaurazione gli sarà lontana, il teatro del Settecento, Ottocento e Novecento seguirà altre strade. L'influenza indiretta di Shakespeare sarà invece in una generale irrobustimento della lingua, con la creazione di strutture nuove e con un diverso e ricco uso del lessico.



Thane: titolo nobiliare scozzese per indicare i compagni del re; press'a poco corrispondente a barone.






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