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SCIENZE SOCIALI - BREVE INTRODUZIONE SULLA FOLLIA NELLA STORIA.

sociologia



SCIENZE SOCIALI


BREVE INTRODUZIONE SULLA FOLLIA NELLA STORIA.


Nel corso del tempo e delle civiltà le manifestazioni che oggi sono attribuite alla malattia mentale, hanno assunto significati e attribuzioni diverse, come per esempio possessione, invasamento divino, pazzia ecc..

Nel Medioevo l'interpretazione dominante era quella della possessione da parte di spiriti maligni o del diavolo e debolezza morale. Solitamente le donne affette da disturbo mentale venivano "etichettate" come streghe e condotte al rogo.

Tra il 1600 e il 1700 i ricoverati venivano incatenati, picchiati e avvelenati con cibo avariato.

E' proprio durante il XVII secolo che vengono istituite "case di internamento" (G.Bretagna); i soggetti disturbati mentalmente venivano internati insieme ai poveri, disoccupati, creando così un luogo dove rinchiudere la "fetta peggiore" della società.

Infatti, queste strutture non appaiono come strutture sanitarie ma come un'emanazione del potere ove è lecito a chiunque (non solo ai tribunali) rinchiudere soggetti che possono turbare l'ordine sociale.



La malattia mentale era considerata inguaribile ed incomprensibile. Questo giustificava la segregazione dei pazienti per la salvaguardia delle persone "civili".

Alla fine del 1700, i malati erano rinchiusi in apposite case solo per essere mostrati alla gente "normale" e suscitare così, un nuovo divertimento. Sarà soltanto nel XX secolo che la visione del "pazzo" cambierà.



EVOLUZIONE DEL CONCETTO "FOLLIA"


Fino al termine del settecento la follia viene trattata non tanto come una malattia, quanto come un vizio morale.

Agli inizi del XIX secolo si forma nella coscienza comune il concetto della "follia morale" causata cioè non da una malattia ma da una "cattiva volontà","vizio", "errore etico"; quindi siamo all'estremità opposta della regola del diritto moderno , secondo la quale il folle non è responsabile delle proprie azioni anche se criminose.

Nel 1700 la paura della follia portava ad esprimere un giudizio di animalità, li si paragonava a bestie feroci e li si rinchiudeva in ambienti molto simili a gabbie.

Il pazzo quindi, non è un malato, è un colpevole o un animale; di conseguenza la follia essendo animalità scatenata può essere padroneggiata solo mediante l'ammaestramento.






PRIME CLASSIFICAZIONI


Con la seconda metà del settecento cominciano ad essere formulati, in maniera più scientifica, concetti che costituiranno un riferimento fino ai giorni nostri; i medici cominciano ad accorgersi che la follia si può presentare sotto vesti molto diverse e comincia quindi l' opera classificatrice che arriverà nell'ottocento e nei primi anni del novecento alla sua massima espressione.


DEMENZA:

Considerata inizialmente come una malattia dello spirito.

Nella demenza tutti gli effetti possono nascere perché tutte le cause possono provocarla. Alcuni autori attribuiscono la demenza a particolari malattie o malformazioni del fisico, altri invece si concentrano sull'aspetto psicologico.

La demenza quindi, non ha sintomi precisi,ma è una molteplicità di sintomi.

FRENESIA:

i sintomi più comuni della frenesia sono febbre acuta, violenti mal di testa, l'arrossamento di guance e occhi, insonnia e irritamento alla luce e al minimo rumore.

L' origine della malattia si riscontra nel calore.

STUPIDITA':

Spesso viene confusa con la demenza. Essa viene definita come una malattia che colpisce contemporaneamente la memoria, l'immaginazione e il giudizio.

MALINCONIA:

la nozione di malinconia nel settecento coincide con quella di delirio, che colpisce parte delle facoltà razionali.

Autori definiscono la malinconia come un "delirio lungo" senza febbre, durante il quale il malato è sempre occupato dallo stesso pensiero.

MANIA:

La mania viene inizialmente definita in contrasto alla malinconia; nel maniaco immaginazione e fantasia sono occupate da un flusso di pensieri. Essa falsa il valore di concetti e azioni e quindi può condurre, anche secondo "l' ENCYCLOPEDIE" verso una tensione delle fibre. La malattia incide non tanto sulle qualità della percezione ma sulla mancanza di ricezione delle percezioni stesse.



CURE FISICHE E PSICOLOGICHE


FISICHE


I diversi metodi si focalizzano intorno ad alcune idee base:

  • LA CONSOLIDAZIONE
  • LA PURIFICAZIONE
  • L'IMMERSIONE
  • LA REGOLAZIONE DEL MOVIMENTO

- La consolidazione deriva dall'osservazione che nella follia è sempre presente una componente di debolezza; si cercheranno quindi rimedi che possano rinforzare l'animo dell'ammalato. L'uso di sostanze caratterizzate da un forte odore, avrebbero quindi la funzione di scuotere l'ammalato ed inoltre agendo dall'esterno verso l'interno, di favorire l'espulsione dall'interno verso l'esterno.

Oppure il ferro , che riunisce in sé due qualità opposte: se freddo quella della forza e della resistenza, se caldo quella della duttilità; il ferro comunica la sua forza all'ammalato e, se viene assunto in grani finissimi, costituisce il miglior rimedio contro la debolezza nervosa.

- La purificazione: la follia si presenta spesso come "ingombro di viscere" "ribollimento di idee false" e quindi prevede la più totale delle purificazioni, cioè quella del sangue.

Si tenta di sostituire il sangue degli ammalati agitati con il sangue di animali tradizionalmente calmi come la mucca o il vitello.

- Nel contesto dell'immersione l'acqua, liquido semplice e primitivo, appartiene a tutto ciò che esiste di più puro e limpido. L'acqua deve essere il principio del malato in quanto essa, scioglie gli umori malsani e purifica le viscere.

- La regolazione del movimento è basata sul concetto che la malattia mentale sia agitazione degli spiriti e un movimento disordinato delle idee.

Per contrastare questo pensiero si creano due metodiche differenti: alla prima appartengono tutte quelle tecniche che servono per riarmonizzare il paziente col mondo esterno utilizzando lunghe passeggiate in campagna; mentre la seconda corrente agisce sul convincimento che l'armonia fisica e psicologica del paziente possa essere ottenuta attraverso movimenti ginnici che vengono imposti al paziente.


PSICOLGICHE


I rimedi fisici da soli non bastano a guarire il paziente. Ecco perché si cercano terapie per lo spirito.

La musica terapia non rappresenta una sintesi corpo - mente ma semmai una riscoperta del valore terapeutico che l'antichità ha da sempre attribuito alla musica.

La musica guarisce perché si rivolge all'ESSERE UMANO tutto intero.

Si utilizzano anche le forti passioni e principalmente la paura, in quanto giunge a sopprimere la malattia stessa. Altri metodi, cosiddetti "morali", che verranno sviluppati nell'ottocento, cercano di creare nel malato il senso di colpa per la sua malattia.

Un altro approccio prevede invece la terapia del delirio attraverso la drammatizzazione teatrale ( primo uso 1637).

Il ritorno alla vita quotidiana costituisce per altri il miglior rimedio. In questo quadro di mutamento ideologico, l'internamento forzato comincia ad essere messo in discussione.

EVOLUZIONE DELLE TERAPIE


In Francia solo nell'ultimo decennio del settecento cominciano a formarsi nuove idee terapeutiche per la cura dei malati mentali.

Il primo riformatore è Tenon, medico, che cerca di riorganizzare l'internamento abbandonando l'ideologia carceraria.

L'ospedale viene riorganizzato in maniera da lasciare ai malati di mente un certo spazio di libertà, un margine dove la follia possa mostrarsi spoglia delle relazioni secondarie che sono provocate dal contatto con gli altri.

In quegli anni, nel corso di un viaggio di studio, Tenon stesso visitò l'ospedale inglese di St. Luke mettendo in evidenza il valore terapeutico delle nuove regole.

Il lavoro dello studioso viene portato avanti da un altro medico, Cabanis, che definisce la follia partendo dai rapporti che la libertà può avere con sé stessa e ribadisce l'inviolabilità delle persone umane.

E' opera di Cabanis il primo progetto per un regolamento degli istituti destinati ai malati di mente; nella stesura del 1791 ci sono alcuni punti molto importanti da mettere in evidenza che sono: le limitazioni alla libertà fisica sono applicabili solo nei casi più gravi ; i luoghi nei quali vengono rinchiuse queste persone devono essere sottoposti a controlli periodici; bisogna incatenare solo quei pazienti che potrebbero nuocere a sé stessi e agli altri, in questi casi Cabanis sostituisce alla catena un robusto corpetto cioè la camicia di forza; l'ammissione dei folli avverrà solo dopo un rapporto del medico legalmente riconosciuto.

Un'altra importante innovazione introdotta all'interno dell'istituzione. Si terrà un diario dove saranno annotati con esattezza i quadri di ogni malato, gli effetti dei rimedi, i risultati delle terapie.

I fondamenti del manicomio moderno sono così stabiliti.



TERAPIA ELETTROCONVULSIONANTE (ELETTROSHOCK)


La terapia elettroconvulsionante (TEC) è una tecnica terapeutica basata sull'induzione di convulsioni nel paziente tramite il passaggio di una scarica elettrica attraverso il cervello.

Cerletti arrivò ad utilizzare l'elettroshock terapeutico sull'uomo in conseguenza a degli esperimenti condotti su animali.

Egli usò per la prima volta la terapia nel 1938 in collaborazione con Lucio Bini su un paziente affetto da schizofrenia; con una serie di scariche permisero al paziente di ritornare ad uno stato mentale di normalità.

Successivamente Cerletti, arrivò a determinare l'affidabilità della terapia e la sua sicurezza. Inizialmente veniva applicata su pazienti coscienti senza anestesia o rilassanti muscolari.

Grazie al miglioramento farmacologico si arriva alla seconda metà del XX secolo con la riduzione dell'uso di questa tecnica.


GLI PSICOFARMACI


Con la definizione psicofarmaco si identificano classi di farmaci che agiscono sul sistema nervoso centrale.

Si possono classificare in base al tipo di molecole o all'effetto terapeutico. Fra essi i più utilizzati sono: GLI ANSIOLITICI, ANTIDEPRESSIVI, E I NEUROLETTICI.

ANSIOLITICI:

gli ansiolitici vengono raggruppati con i sedativo - ipnotici; essi possono indurre alla diminuzione della trasmissione degli impulsi nervosi, diminuzione del tempo di addormentamento e della fase REM, abbassano la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca.

Gli effetti di queste sostanze cambiano a seconda della dose, l'ambiente e personalità di chi l'assume. A basse dosi danno disinibizione, euforia, diminuzione dell'ansia.

ANTIDEPRESSIVI:

negli anni '50 furono scoperte proprietà antidepressive dell'imipramina. Da quest'ultima nacque una grande classe di antidepressivi cioè i TRICICLICI; la loro efficacia è stata dimostrata negli ultimi 25 anni.

Essi vengono usati a fronte dei sintomi di disinteresse, stanchezza, voglia di piangere, pensieri tristi, insonnia, idee di suicidio. Possono provocare effetti collaterali come sonnolenza, confusione, ansia, vomito.

NEUROLETTICI:

La cloropromazina usata inizialmente come sedativo, si scoprì essere in grado di indurre una specie di indifferenza agli stimoli esterni e di migliorare la condizione del paziente psicotico.

Gli antipsicotici presentano un'azione antidelirante e antiallucinatori e vengono impiegati prevalentemente per la schizofrenia; a dosaggi adeguati riducono il delirio favorendo il reinserimento sociale.










DIRITTO


ART 32 COSTITUZIONE:

La repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.

La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.


COME NASCE LA LEGGE 180

Il disturbo mentale ha sempre fatto paura, è solo a fine '800 che si cerca di dare una interpretazione del disturbo su basi scientifiche.

Nel periodo manicomiale i malati mentali furono accolti in vere e proprie strutture nella quali subivano ogni genere di violenza, denunciate negli anni '70, come ad esempio l'elettroshock forzato, mancanza DI DIRITTI.

Con la moltitudine dei casi di disturbo mentale, dovuti alla guerre e all' industrializzazione, i governi hanno dovuto affrontare il problema della salute mentale.

Nell'immediato dopoguerra sono iniziati  i primi studi su base scientifica e pian piano è stato compreso che il malato mentale poteva essere reinserito in ambito comunitario. La psichiatria comunitaria nasce e si sviluppa fin dagli anni '40 negli stati anglosassoni, nel tentativo di creare nuove strutture per il trattamento dei malati mentali.

In Italia le condizioni dei malati mentali vengono denunciate negli anni '70; il movimento per la chiusura dei manicomi era quello dell'ANTIPSICHIATRIA, movimento contrapposto per idee, soluzioni e spiegazioni della malattia mentale alla psichiatria tradizionale.


LA LEGGE

La legge 180, ACCERTAMENTI E TRATTAMENTI SANITARI VOLONTARI E OBBLIGATORI, meglio nota legge Basaglia è una importante legge quadro che impose la chiusura dei manicomi e regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, istituendo i servizi di igiene mentale pubblici; questa legge si rivelò come una rivoluzione nel campo medico, culturale.

Prima di allora i manicomi erano semplicemente un luogo di contenimento fisico, dove si applicava ogni metodo di terapie. Le intenzione della legge Basaglia erano quelle di ridurre le terapie farmacologiche ed il contenimento fisico, instaurando rapporti umani. Da allora i malati di mente devono essere trattati come uomini, persone in crisi, non come individui pericolosi. Nonostante le numerose critiche la legge 180 è ancora la legge che regola l'assistenza psichiatrica in Italia.



IL TRATTAMENTO SANITARIO OBBLIGATORIO


In psichiatria la proposta di ricovero va sempre ponderata, considerando che non sempre è accettato da pazienti, anche in situazioni gravi, in cui il medico si trova in difficoltà perché il paziente non accetta le cure.

E' in tali casi evenienze che il medico si imbatte nelle problematiche del trattamento sanitario obbligatorio.

Quest'ultimo è un atto di tipo medico e giuridico , che consente l'imposizione di determinati accertamenti  e terapie a un soggetto considerato in condizioni di non decidere.

Dal punto di vista normativo, per procedere ad un trattamento sanitario obbligatorio è necessario un certificato medico, prodotto da un psichiatra del dipartimento ASL, il quale deve essere trasmesso all'ufficio per le politiche sociali del comune.

Il TSO ha una durata massima di sette giorni a può essere rinnovato e quindi prolungato in caso ne permanga la necessità.


IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE


Il servizio sanitario nazionale è il complesso delle funzioni svolte dai servizi sanitari regionali, dagli enti nazionali e dallo Stato, volte a garantire la tutela della salute come diritto dell'individuo.

Non è un'unica amministrazione ma un insieme di organi:

MINISTRO DELLA SALUTE

CONSIGLIO SUPERIORE DI SANITA' e ISTITUTO SUPERIORE DI SANITA'

I SERVIZI SANITARI REGIONALI

Il servizio sanitario regionale è caratterizzato da un sistema di programmazione sanitaria che si articola:

  • Nel PIANO SANITARIO NAZIONALE
  • Nei PIANI SANITARI REGIONALI

Il piano sanitario nazionale ha durata triennale ed è adottato da governo su proposta del ministro della salute. Il piano sanitario regionale rappresenta il piano strategico degli interventi della popolazione regionale.


CONSENSO VERBALE E SCRITTO AL TRATTAMENTO

Il consenso deve essere scritto nei casi in cui l'esame clinico comporti gravi conseguenze per la salute della persona. Se il consenso è rifiutato, il medico ha l'obbligo di non eseguire e di interrompere l'esame clinico o la terapia.

Il consenso può essere revocato in ogni momento dal paziente. Il consenso deve essere delegato dal paziente stesso o se minorenne dai genitori.

Le uniche eccezioni all'obbligo del consenso informato sono quando il paziente ha espresso esplicitamente la volontà di non essere informato; i casi i cui si può parlare di consenso implicito, per esempio per farmaci prescritti per una malattia nota. 








































FRANCESE

Mouvement culturel nait en France depuis la second guerre Mondial.

Il prend le nom par la philosophie de Kierkegard. Il est apparu surtout comme "philosophie de la crise" en proponant de surpasser avec engagement la crise des valeurs a cause des distuctions de la guerre.

D'abord cela comporta pour plusieurs intellectuels une esclade politique a cote de la goche; puis il s'exprime avec des manifestations artiques aussi, en particuler dans domaine litteraire et théatral et comme ça que s'entroduir le théme modern de l'absurde, qui s'est fonde sur la decouverte du non- sens de l'existence.

Ce théme la emerge dans la prémier moitie du XX siecle sous l'influence philosophique de Kierkegard et du point de vue litteraire Kafka. Une litteraire français s'eta Camus.

Camus use le théme de l'absurdité de la vie dans s'est romans, comme "L'ètranger" et le "myte de Sisiphe". Mais pour Camus le grandeur de l'homme consiste à s'opposer au desespoire absolu.


FILOSOFIA: CARATTERI FONDAMENTALI DELLA FILOSOFA DI KIERKEGARD

L'ANGOSCIA \ DISPERAZIONE DELL'ESISTENZA (l'uomo vive nella disperazione)

Kierkegard distingue tre condizioni esistenziali, nominate da lui stadi, poiché possono essere considerati come dei momenti dello sviluppo individuale. Questi sono: lo stadio estetico, etico e religioso.

Lo stadio estetico è incarnato nella figura del seduttore; egli è alla continua ricerca del piacere dei sensi e rifiuta tutto ciò che è banale. Questa ricerca finisce però per creare tensione in quanto diventa sempre più raffinata e l'ansia si crea diviene successivamente DISPERAZIONE. Anche la disperazione, tuttavia, può essere vissuta in due maniere diverse. Essa può venire considerata una forma estremamente raffinata di adattamento. Oppure l'esteta può arrivare a compiere il salto verso un genere di vita superire arrivando allo stadio etico.

Lo stadio etico trova la sua migliore rappresentazione nella figura del marito la cui esistenza è circoscritta dalle sfere del matrimonio,della famiglia, della professione, della fedeltà. Ma per l'uomo etico il dovere non è un'imposizione esteriore ma una scelta.

Anche la vita etica, tuttavia, appare limitata. Se sceglie se stesso fino in fondo, l'individuo raggiunge la propria origine, cioè Dio, ma poiché di fronte a Dio l'unico sentimento che l'uomo può provare è quello della colpevolezza, l'esito finale della vita etica è il pentimento. Con il pentimento, dunque, si esce dalla sfera dell'etica, per entrare in quella della religione, anche se il passaggio non è automatico in quanto è L'UOMO che DEVE SCEGLIERE.

La figura emblematica di questa condizione è Abramo, che per obbedire a Dio non esita a sacrificare l'unico figlio Isacco. Lui lo fa andando in contro alle leggi morali e all'affetto naturale per il figlio. In questo caso la fede è PARADOSSO \ SCADALO perché va contro le leggi. Essa non comporta scelte, la si ha oppure no.

Analisi del testo


Autore: Luigi Pirandello

Titolo: Il treno ha fischiato


Introduzione


La novella narra un avvenimento apparente mente assurda ed incomprensibile: l'improvviso eccesso di follia di un cauto e laborioso impiegato, Bellucca, chiuso in una monotonia di giorni sempre uguali, curvo sotto il peso di sacrifici ed umiliazioni e zimbello di un capo ufficio e di colleghi insensibili; aveva ormai dimenticato che la vita era fatta anche d'emozioni, gioie, sensazioni, fantasia e desideri.  Improvvisamente, però, nella sua vita in cui nulla sembrava potesse cambiare, avviene una cosa che cambia tutto. Una notte, pur essendo stremato per la stanchezza, non riesce a addormentarsi e, ad un certo punto, sente nel silenzio di quella notte il fischio di un treno che corre lontano nel buio e che distrugge la cappa opprimente sotto la quale il poveretto si trascinava da anni e che gli fa riaprire gli occhi sul mondo. L'improvvisa felicità, però, trasforma Bellucca, agli occhi degli altri, in un pazzo.


Divisione in sequenze


La prima sequenza (rigo 1-17) ha un avvio in medias res, con una situazione di squilibrio iniziale determinato da un' evento che solo successivamente verrà chiarito. Il racconto, infatti, inizia col narrare le diagnosi riguardane il caso Bellucca: "Frenesia, encefalite, febbre celebrale, ecc.". Solo al 17° rigo è menzionato il nome del paziente, Bellucca, che come si vedrà è il protagonista del racconto.

Nella seconda sequenza (rigo 18-21) la voce narrante spiega com'è naturalissimo l'improvvisa pazzia del Bellucca, la sua vita, dal tronde, è una impossibile, scandita dal lavoro in ufficio e dall'assistenza a tre vecchie donne, (la moglie, la suocera e la sorella della suocera) con cui è costretto a dividere l'angusta casa e i pochi soldi.

Nella terza sequenza (rigo 22-26) si ha un mutamento della prospettiva. La sera precedente il ragioniere Bellucca si era ribellato al suo capo ufficio. Ciò sembra strano in quanto il Bellucca è descritto come l'uomo "più mansueto e sottomesso, più metodico e paziente che non si potesse immaginare". La quarta sequenza (rigo 27-40) è di tipo descrittiva narrativa; bellucca è definito, in questa sequenza, " casellario ambulante, con tanto di paraocchi, vecchio somaro, frustato, fustigato senza pietà". Questo paragone evidenzia l'opacità della vita del ragioniere, e la sua incapacità di risolvere una situazione tanto    . nella quinta sequenza ( rigo

Il punto di vista

Nell'arco della narrazione la focalizzazione non è costante: infatti, i punti di vista vi si alternano continuamente. La novella inizia annunciandoci che il protagonista, ancora non identificato, ha dato segni evidenti di squilibrio o quantomeno d'alterazione del comportamento. In questa fase del racconto, la prospettiva, espressa prevalentemente attraverso il dialogo, è quella dei personaggi secondari: i medici, che parlano di febbre cerebrale, e i compagni di ufficio che avanzano svariate ipotesi: pazzia, encefalite, meningite. Già nella seconda sequenza però, emerge la voce del narratore (un personaggio ancora senza identità) il quale ipotizza che, "date le specialissime condizioni in cui quell'infelice viveva da tanti anni" il caso del Belluca "poteva anche essere naturalissimo" e il suo farneticare, che a tutti pareva delirio, poteva essere la "spiegazione più semplice di quel naturalissimo caso". Nella quarta sequenza ancora un mutamento della prospettiva: il narratore si fa portavoce delle valutazioni dei colleghi sulla fisionomia umana e gli antefatti della vita di Belluca ("Circoscritto. chi l'aveva descritto così? Uno dei suoi compagni d'ufficio.") e il suo giudizio si confonde con il loro. Nella settima sequenza ("Chi venne.") ritorna il punto di vista del narratore (il personaggio-testimone che già aveva orientato il lettore attraverso i fatti): a lui Pirandello affida ora il compito di rivelare, e in modi diffusi ed espliciti, la verità, spiegando il "caso" capitato a Belluca. Nella nona sequenza il narratore, rivelatosi solo ora un vicino di casa di Belluca, riferisce quanto lo stesso Belluca gli ha detto durante l'incontro all'ospizio: in questa sequenza narrativa, attraverso l'uso dell'indiretto libero, il narratore riporta il punto di vista, coincidente col proprio, del protagonista; alla decima e ultima sequenza, i propositi di Belluca per il futuro. In questa continua variazione dei punti di vista, il lettore ha tuttavia la sensazione che prevalente e definitivo è quello del personaggio-testimone, l'io narrante, che possiamo definire, per le sue caratteristiche, narratore allodiegetico. Se il punto di vista varia all'interno del racconto, unitario appare il giudizio che percorre il testo in più passaggi (nella seconda, settime e nona sequenze) e di cui è segno indicatore il superlativo "naturalissimo". Tale giudizio, riferito alla voce narrante, rappresenta io giudizio stesso di Pirandello.

Nella novella sono assenti precisazioni geografiche, anche se si può supporre che la vicenda si svolga nel Sud-Italia. Infatti, per evidenziare il divario tra la condizione in cui vive e quella a cui aspira, Belluca cita alcune città del Nord, quali Firenze, Bologna, Torino e Venezia. Più che di luoghi è preferibile parlare di "ambienti", intesi allegoricamente: l'ufficio e la famiglia rappresentano gli obblighi e i doveri che opprimono la sua esistenza, l'ospedale, in cui si perde la propria consueta identità, il momento di transizione tra il vecchio e il nuovo stile di vita, la Siberia e le foreste del Congo, presenti solo nella fantasia del protagonista, la possibilità di evadere dalla realtà. Analizzando i tempi della novella abbiamo constatato che il tempo della storia o fabula (della durata di tre giorni) non coincide col tempo del racconto, il cui ordine presenta alcune anacronie.

Tempo della storia

La vicenda si svolge nell'arco di tre giorni. La storia ha inizio in una notte in cui si verifica l'evento motore: Belluca sente il treno fischiare. Il giorno seguente il protagonista si reca, come di consueto, al lavoro, ma questa volta non è disposto a subire le angherie del capoufficio. Ha inizio così la presunta pazzia. Quella stessa sera Belluca è internato all'ospizio dove riceverà il giorno dopo le visite dei conoscenti e del vicino di casa, che ha il ruolo di voce narrante.

Tempo del racconto

La narrazione ripercorre tutta la vicenda mediante un'ampia analessi e un'inversione temporale che si manifesta al lettore come recupero regressivo dei fatti simile ad un processo investigativo guidato da un personaggio testimone allodiegetico. La scena iniziale introduce il ricovero di Belluca in ospedale ("Farneticava. Principio di...") e le supposizioni dei colleghi d'ufficio sulle cause della "pazzia"; in seguito si apre la prima regressione analettica ("Veramente il fatto...paraocchi") in cui alla retrospezione temporalmente definita ("La sera avanti...") si affianca una specie di excursus, una parentesi narrativa sulla vita e sulla personalità del protagonista. Dopo tale analessi iterativa in cui il narratore-testimone mostra la propria pietas e benevolenza nei confronti di Belluca, il racconto riprende ("Tanto più...niente") la prima retrospezione (che si potrebbe definire retrospezione base) arricchendola con una seconda, interna ad essa, grazie alla quale si copre l'arco di un'intera giornata ("Già s'era presentato la mattina...e tutto il giorno non aveva combinato niente. La sera..."). Segue una scena dialogata tra Belluca e il capoufficio che si termina con il ricovero all'ospedale dell'impiegato che aveva sentito fischiare il treno ("Lo avevano a viva...matti"): si torna in questo modo all'inzio del tempo del racconto ("Seguitava ancora..."). Da questo punto in poi il narratore-testimone si presenta anche come personaggio della vicenda e, mentre si avvia a far visita a Belluca, i suoi pensieri si offrono come spunto per una pausa narrativa in cui egli mette a confronto il"nuovo Belluca" ("E guardava tutti...inaudite") con quella da sempre conosciuto, protagonista di una vita "impossibile" ("Non avevo veduto...mai"). La parte finale del racconto ("Ebbene signori...fischiato") riporta il discorso sul "presente" della vicenda, il terzo giorno ("Quando andai a trovarlo all'ospizio..."), quando il narratore-testimone, dopo aver stilato una breve sintesi dei giorni precedenti ("due sere avanti", "il primo giorno aveva ecceduto") e delle "specialissime condizioni in cui quel infelice viveva da tanti anni" (narrate nelle regressioni ), fornisce una spiegazione logica e razionale ("una coda naturalissima" ) alla presunta pazzia del collega ed amico.

I personaggi

Belluca è il personaggio principale della vicenda ed è caratterizzato sia direttamente ( i dialoghi, le sue descrizioni e della sua vita), sia, ma in minor misura, indirettamente (quando il lettore lo percepisce attraverso i suoi comportamenti). Grazie alle frequenti analessi e agli excursus che il narratore allodiegetico introduce nel corso del racconto, Belluca appare un uomo inetto alle gioie della vita, dedito unicamente all'adempimento dei propri doveri, succube degli ambienti che fanno da sfondo alle sue azioni: il lavoro, la fam iglia, lo spazio esterno inteso come "mondo" al di fuori di lui. In quest'ambito egli è incapace di agire secondo i desideri personali, ma si limita a mettere in atto, sebbene meticolosamente, quanto gli altri (il capoufficio) pretendono da lui, o riescono ad imporgli (le donne della famiglia). Belluca è passivo e apatico, pur essendo sempre e instancabilmente in attività. A tale vita "impossibile" segue, come "coda naturalissima", prosecuzione "naturale" di tale mostruosità, la reazione, quasi istintiva, all'evento del fischio del treno: un episodio in sé insignificante (come "un qualunque lievissimo inciampo impreveduto, che so io, d'un ciottolo per via") fa riaffiorare alla sua memoria e gli fa desiderare, se pure in un sogno fantastico, quel mondo che lo aveva sfiorato "un tempo" e che la vita lo aveva costretto a dimenticare. Il personaggio che all'interno del racconto ha il ruolo del narratore è un vicino di casa di Belluca che visita dopo il ricovero all'ospizio; la sua partecipazione alla vita del protagonista si limita a questo, appare infatti come un testimone esterno ai fatti; ma non sentimentalmente estraneo: attraverso le sue parole e la sua guida il lettore capisce e interpreta la vicenda cogliendone le motivazioni profonde, e, più ancora, la sente e la soffre insieme a lui ("E il mio silenzio era pieno di dolore.."): potremmo definirlo un testimone pensoso e commosso. Il capoufficio, i colleghi, i familiari sono tutti personaggi secondari, utili non tanto alla storia in sé quanto alla conoscenza dell'ambiente in cui Belluca vive.

Metafore

Belluca è definito "vecchio somaro, con tanto di paraocchi", è una "bestia bendata" che "girava la stanga del molino". Questo paragone evidenzia l'opacità della vita del protagonista e la sua incapacità a risolvere una situazione abbruttente. L'immagine che il paragone evoca, dell'eterno girare del somaro intorno al perno del mulino, sottolinea la condizione di perenne oppressione di una vita ripetitiva in cui al movimento del corpo corrisponde l'inerzia dell'animo. Non sarà il protagonista, sempre "mansueto e sottomesso", a vincere la sua oppressione. I paraocchi infatti non se li toglierà da solo: "pareva che i paraocchi gli fossero tutt'a un tratto caduti". Belluca non agisce in proprio, ma semplicemente re-agisce all'evento che porterà a una svolta la sua esistenza.

Altra metafora da evidenziare è quella del mostro introdotta dal personaggio narrante. L'autore afferma che non è la realtà ad essere inquietante, ma è la nostra incapacità di comprenderla, di inserirla in una struttura di causa-effetto e di necessità che ce la fa apparire "mostruosa". A differenza dei colleghi di Belluca, l'io narrante, l'unico in grado di dare un senso alle cose, riesce a "riattaccare" quell'orribile coda al legittimo proprietario. Paradossalmente la scoperta del mostro (l'intera verità) non spaventa il narratore, tutt'altro. E' l'ignoranza la vera nemica, e non la conoscenza della realtà, per quanto cruda essa possa essere (come la "prigione" di Belluca): da "mostruosa", la coda diviene "naturalissima", "qual  dev'essere". Questo imperativo è sinonimo di armonia. La coda è l'unica che possa essere inserita nel mostro, è la sola che ci può sembrare giusta, lì e così com'è. Essa diventa sinonimo di un'armonica ed intonata leggerezza che è appunto la chiave di lettura per individuare la verità. Scoprendola, Belluca fa in modo che il pesante "sepolcro" che lo opprimeva venga "scoperchiato". Tutto a un tratto il protagonista si ritrova a "spaziare anelante nel vuoto arioso" grazie ad un "brivido elettrico" che gli dà la possibilità di "prendere una boccata d'aria" e di sentirsene "ebro".    

La suspense

La novella "Il treno ha fischiato" suscita un particolare interesse sia per l'originalità del contenuto sia per la strategia narrativa che procede attraverso numerose analessi. Grazie a questa tecnica che informa per gradi il lettore sugli antefatti, l'autore, benché non abbia avuto la volontà consapevole di creare un racconto di suspense nel senso attuale del termine, tuttavia si è avvalso di elementi in grado di suscitare curiosità e attesa e quindi tensione e sospensione emotiva. L'enigma nasce dalla vicenda stessa di cui il lettore viene per gradi a conoscenza: l'anomalo comportamento di Belluca nel presente, la sua condotta esemplare in passato. La stessa interpretazione dei fatti, inizialmente a più voci, non chiarisce, anzi complica l'enigma. Infatti da un lato l'avvio della vicenda in medias res con le supposizioni dei colleghi sulla presunta pazzia di Belluca, dall'altro le anticipazioni del narratore-testimone che al contrario definisce "naturalissimo" il singolare comportamento del protagonista, stimolano una curiosità che nasce dal divario tra le ipotesi dei colleghi ignari e la verità a cui il narratore allude con alcune anticipazioni (indizi), ma che ancora non svela.





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