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ORDINAMENTO GIURIDICO ITALIANO

giurisprudenza



ORDINAMENTO GIURIDICO ITALIANO


La collocazione tradizionale del diritto italiano è una collocazione all'interno del sistema romanista, ma restano alcuni problemi, soprattutto legati ad influenze che si sono avute in passato e che si hanno il presente, da parte di altre esperienze.

VICENDA STORICA: prende l'avvio con la conquista napoleonica che porta con sé l'adozione del codice Napoleone. Restano fuori dall'applicazione del codice Napoleone soltanto la Sicilia e la Sardegna il codice è rimasto in vigore dal 1804 fino al 1814.

Casa succede con la caduta di Napoleone e il congresso di Vienna In un primo tempo quasi tutti gli staterelli che si sono poi riformati dopo il ritiro dell'armata napoleonica, viene recuperato il diritto preesistente che, in buona parte, era il diritto comune. Ma subito dopo, progressivamente, tutti gli Stati italiani si danno un codice civile. Questo avviene in quasi tutto il territorio nazionale; non avviene nel lombardo veneto dove entra in vigore il codice austriaco (evidentemente per ragioni politiche, la zona faceva parte dell'impero austriaco); non si codifica nemmeno nel Granducato di Toscana e nello stato della chiesa dove si mantiene il diritto comune.



A Modena, nel 1814, sono state richiamate e messe in vigore le Costituzioni che erano state promulgate da Francesco III nel 1771. La situazione va avanti così fino al 1851, quando Francesco V promulga un codice civile per gli Stati estensi.

Tutti questi codici, fatti in questa fase in Italia, erano codici che tenevano modello il codice civile francese (il codice Napoleone).

Questo richiamo comune al codice Napoleone fa sì che la circolazione e lo scambio delle idee, i giuristi appartenenti a vari Stati politicamente distinti possano dialogare tra di loro: si ricrea, in qualche modo, una situazione di circolazione delle idee di diritto comune basata sul comune richiamo a questo codice.

Quando si raggiunge l'unità politica dell'Italia e si decide poi di fare una codificazione (1865) il modello di codice unitario in Italia sarà essenzialmente il codice francese: questo perché questo codice erano mai direttamente ed indirettamente familiare a tutti i giuristi della penisola. Va poi tenuto presente che l'unità politica dell'Italia era, d'accordo con i francesi, contro l'Austria: di conseguenza, l'Austria ha un modello di codice che poteva essere preso in riferimento (il codice tedesco ancora non c'era in quanto arriverà nel 1900); l'altro codice presente era il codice austriaco ("il codice dei cattivi"), e dal codice del popolo contro cui erano state fatte le guerre e chiaramente non poteva essere adottato.

Il codice francese aveva la fama di essere un codice liberale, un codice moderno, anche se era passato del tempo; mentre il codice austriaco aveva la fama di essere un codice reazionario.

Questo codice del 1865 nasce fra queste istanze.

Primo punto significativo di questo codice furono le DISPOSIZIONI PRELIMINARI AL CODICE che rappresentano una assoluta novità, perché in questa parte preliminare si regolava il diritto internazionale privato, che per la prima volta a entrava in un codice.

Questa introduzione di queste disposizioni preliminari del codice ha un autore, un famoso studioso all'epoca proprio del diritto internazionale privato, che si chiamava Pasquale Stanislao Mancini.

Per interpretare questo codice il giurista utilizza materiali e tecniche interpretative che provengono dall'esperienza francese.

C'è una recezione dell'attività e dei prodotti della dottrina francese nel nostro ordinamento.

La scuola di pensiero dominante in Francia, all'epoca, è la SCUOLA DELL'ESEGESI, cioè quella scuola che ha quelle caratteristiche di attenzione al testo, di utilizzazione delle tecniche di interpretazione letteraria, sistematica, ecc.: comunque, la scuola dell'esegesi si caratterizza per un carattere di tecnicismo e di accentramento alla lettera della legge notevole.

In questa fase il metodo italiano il metodo francese è sostanzialmente coinciso: questa fase va dall'adozione del codice fino alla fine del 1800, cioè la fine del secolo. Interessante notare come questa recezione che all'inizio è solo univoca nel senso che sono solo gli italiani che citano i francesi, col tempo va nel verso opposto, nel senso che anche i francesi cominciano a citare gli italiani.

Questo fa sì che si crea un'area culturale uniforme franco-belga-italiana: sono i tre paesi all'interno dei quali vi è questa circolazione di idee.

Vale la pena notare che ci sono anche delle differenze.

Prima grossa differenza è rappresentato dal fatto che in Francia esiste una corte di cassazione, cioè un vertice del potere giudiziario che svolge pienamente il suo ruolo e quindi rappresenta un punto di riferimento forte per l'interpretazione del diritto in Francia. Certamente la giurisprudenza è una fonte del diritto sussidiaria, però avendo un vertice così significativo, questa fonte del diritto sussidiaria ha un ruolo significativo.

In Italia la situazione è molto diversa: non c'è all'epoca una sola corte di cassazione, ma ci sono 5 corti di cassazione che hanno sede a Torino, Firenze, Napoli, Palermo e, dal 1870, Roma. Nessuna di queste corti di cassazione è particolarmente autorevole. Questo fa sì che la giurisprudenza, mancando carattere di unitarietà che riesce ad avere in Francia, non ha quella autorevolezza, come fonte del diritto secondaria, che ha in Francia: in Italia la Giurisprudenza continua ad avere un ruolo decisamente secondario, soprattutto rispetto al ruolo della dottrina. La dottrina, in Francia, rispetto alla giurisprudenza ha un ruolo secondario. Lo ha secondario che invece non ha la dottrina in Italia. La dottrina in Francia finisce per diventare subalterna, non solo rispetto alla legislazione, ma anche rispetto alla giurisprudenza. Questo non si verifica in Italia, dove la giurisprudenza non è così coesa, manca di un vertice unitario, avendo diverse cassazioni le linee di giurisprudenza possano essere variate, manca questo prestigio alla figura del giudice nel suo complesso: questo fa sì che il prestigio continui ad essere mantenuto intatto dalla figura professionale della dottrina, dei professori.

Altra differenza significativa di quanto avveniva in Francia e quanto avveniva in Italia: in Italia il diritto romano ha continuato a mantenere un ruolo di prestigio maggiore rispetto a quanto sia avvenuto in Francia. In Francia si è un po' abbandonato, almeno in parte, il richiamo al diritto romano, per privilegiare il richiamo a principi razionali.

Le cose cominciano a cambiare con la fine del secolo e, in pratica, cominciano a cambiare quando, prima una piccola serie, poi numerosi autori italiani, cominciano ad avvicinarsi alla Dottrina tedesca.

In Francia si stava esaurendo "l'onda lunga" della scuola dell'esegesi e si apriva la strada alla scuola della libera ricerca scientifica, ma ancora questo pensiero non era maturo. In Germania questa è l'epoca nella quale la dottrina pandettistica lavorava sul diritto romano. Quindi, questo spiega, almeno in parte, perché la Dottrina italiana (fine 1800 - inizio 1900) abbia abbandonato il richiamo al diritto francese per rivolgersi verso l'esperienza tedesca, perché le novità sostanzialmente arrivano di là e perché il diritto romano veniva studiato dai tedeschi in modo molto più soddisfacente, a giudizio degli italiani, di quanto non facessero i francesi.

Sono stati sostanzialmente i romanisti che hanno portato il complesso della dottrina italiana ad anticiparsi alla dottrina tedesca: il romanista è, nell'esperienza italiana in quest'epoca, il giurista di prestigio.

C'è un grande prestigio della dottrina giuridica tedesca. Nel 1893 SCIALOIA traduce i libri di Savigny e scrive un libro intitolato "negozi giuridici".

Questo spostamento di orientamento che si comincia a verificare della dottrina italiana si fa sempre più forte e fa sì che si abbandonino, almeno in dottrina, i modelli francesi per adottare i modelli tedeschi.

C'è una specie di recezione del diritto tedesco che riguarda sia i singoli concetti (negozio giuridico e altre categorie contrattuali significative), quanto il metodo nel suo complesso (metodo della sistematica, ricostruzione piramidale dell'ordinamento giuridico) viene importato nel diritto italiano e viene proposto come una chiave di lettura di ricostruzione dell'ordinamento italiano.

Questo fenomeno di avvicinamento al diritto tedesco ha riguardato tanto il diritto privato quanto e diritto pubblico.

Questo fenomeno di recezione dei risultati della pandettistica, della dottrina tedesca in generale, fa sì che vengono importati una serie di concetti (rimasti nel nostro patrimonio culturale):

  • Il concetto di negozio giuridico
  • Il concetto di fattispecie
  • Il concetto di vicenda giuridica
  • Il concetto di rapporto giuridico
  • La nozione di soggetto

La tendenza a privilegiare il ragionamento giuridico piuttosto che la soluzione operativa deriva da questo richiamo al modo tedesco dì interpretare le cose e di intendere il diritto.

La dottrina italiana che è stata particolarmente recettiva di fronte a questo modo di vedere le cose, ha finito per privilegiare in modo assorbente la dogmatica, piuttosto che gli aspetti applicativi del diritto.

Contemporaneamente è da vedere come questo privilegio per gli aspetti della ricostruzione dogmatica non è stato appannaggio soltanto della dottrina, ma è stato fatto proprio anche dalla giurisprudenza. È da quest'epoca in poi che le sentenze del diritto italiano vengono formulate con riferimento pressoché esclusivo degli aspetti giuridici della fattispecie. La ricostruzione della sentenza, degli aspetti problematici del caso, esclusivamente in termini giuridici, sottovalutando gli aspetti di fatto del caso, deriva proprio dall'importazione che la giurisprudenza ha fatto di questi schemi di pensiero che erano della dottrina.

Negli anni '20 si decise di fare un nuovo codice, perché il codice del 1865 sembrava abbastanza superato. Venne fatta una commissione italo-francese che preparò un modello di codice che non entrò mai in vigore e non è nemmeno mai stato adottato: questo perché il progetto preparato dalla commissione italo-francese era un codice che si ispirava a modelli francecizzanti e, di conseguenza, si ispiravano a modelli che erano superati.

( Nel 1936 in Polonia, quando decisero di fare un codice, adottarono proprio questo modello di codice della commissione italo-francese, anche se non ebbe durata molto lunga).

Negli anni '30 la Dottrina italiana ha attraversato un periodo particolarmente difficile, perché si venne diffondendo la SCUOLA NEOSISTEMATICA della quale fecero parte tutte le personalità più significative della dottrina italiana dell'epoca: la tendenza neosistematica è una tendenza che lavorava sul concetto di sistema, ma riteneva che ogni autore, nello scrivere il suo manuale, dovesse verificare ogni affermazione che faceva in pratica fondando una propria autonoma nozione e ricostruzione del sistema = ogni autore non poteva parlare, ad esempio, della vendita di un bene immobile se non aveva parlato prima del contratto, e non poteva parlare del contratto se non aveva parlato prima del negozio giuridico, e non poteva parlare di negozio giuridico se non aveva prima parlato delle obbligazioni, ecc. In pratica, successe che negli anni '30 numerosi autori, soprattutto gli autori più significativi, hanno ciascuno proposto un proprio concetto di ordinamento e una propria ricostruzione dell'ordinamento giuridico. Questa ha prodotto una grande frammentazione della dottrina che ha perso, senza poi in realtà mai più riconquistarlo, il proprio prestigio nei confronti delle altre categorie professionali.

Il prestigio della dottrina negli anni '30 crolla in maniera molto consistente.

Questa dottrina, cui si rifanno i tedeschi, è una dottrina che parla un linguaggio che è estremamente difficile, si esprime con concetti estremamente contorti e anche questo non aiuta la pratica a tenere questa dottrina come punto di riferimento.

Si verifica perciò una frattura tra il mondo della pratica e della professione il mondo della dottrina, che è molto forte e stenta tuttora, nel nostro paese, a ricomporsi.

Nel nostro paese, le carriere professionali giuridiche sono assolutamente distinte, nel senso che quando ci si laurea si fa una scelta radicale: tranne e rarissimi casi, è difficile che una persona svolga la professione di giudice, poi la lasci e vada a fare professore universitario, e viceversa. È presente da noi oggi (non in passato) la sovrapposizione del ruolo dell'Avvocato con il ruolo del professore. In molti altri sistemi c'è uno scambio tra le professioni molto forte. Anche questo favorisce lo scambio delle idee il dialogo tra le professioni, che nel nostro paese non è particolarmente felice, né particolarmente accentuato.

Quindi negli anni '30 la Dottrina perde il ruolo di guida, sia nei confronti del diritto che nei confronti delle professioni giuridiche.

Sempre negli anni '30 che si ammoniscono le 5 corti di cassazione e resta solo la corte di cassazione di Roma. Pertanto anche nel nostro paese la Giurisprudenza acquista un vertice unitario.

Improvvisamente nel 1939 si decise di ricodificare. Si decide di fare un solo codice che venga conto anche dei rapporti commerciali, un codice unitario. Si decide anche di fare un codice moderno, innovativo, e si decide di inglobare nel codice, accanto ai contratti tradizionali (vendita, locazione), si decide di disciplinare del codice anche dei contratti che all'epoca erano abbastanza innovativi, derivanti dalla prassi commerciale, come contratto di trasporto, di spedizione e di assicurazione. Si decide di aggiungere un libro V dedicato al lavoro.

Tre gli anni 1939 e 1942, a poco a poco, sono entrati in vigore in vari libri del codice civile e sempre nello stesso 1942 è entrato in vigore anche il codice di procedura civile.

Ci si è chiesti in che misura questo codice abbia risentito del regime politico dell'epoca, cioè ci si è chiesti in che misura questo codice fosse un codice fascista. L'influenza era assolutamente minimale.

Questo è un codice che nelle soluzioni di fondo, nelle scelte dei principi e delle regole, è un codice molto fedele alle scelte del codice del 1865.

Altre soluzioni e altri istituti seguono, invece, principi introdotti dal BGB tedesco e poi arrivati dallo studio della dottrina: in tema di fondazioni o in tema di pubblicità si innova in parte sul modello tedesco.

Il lavoro di preparazione di questo codice è stato affidato a varie commissioni di lavoro che non ebbero un dialogo (lavorarono sostanzialmente ognuna per conto loro) e questo fa sì che ci siano delle discrepanze tra un codice e un altro.

Anche dal punto di vista linguistico ci sono degli elementi difficilmente spiegabili. Con il secondo dopoguerra si verifica una sorta di rifiuto nei confronti del formalismo e del positivismo che aveva caratterizzato i 50 anni precedenti. Si verifica un movimento di pensiero a diversi livelli e con diversi risultati, caratterizzato dalla necessità di abbandonare questa estrema rarefazione, questa chiusura del ragionamento giuridico sulla dogmatica.

(il nostro modo di studiare il diritto privilegia gli aspetti dogmatici).

In primo luogo, si rimprovera al concettualismo di procedere o con costruzioni che sono arbitrarie perché sono individuali, oppure sono costruzioni teoriche, sostanzialmente inutili, perché non portano a modificare niente dell'applicazione concreta del diritto. La critica viene mossa dagli storici e dai comparatisti; comparatisti in particolare, perché questa è un'epoca nella quale si comincia a guardare cosa succede in altre parti del mondo, e si riscontra come il diritto italiano sia particolarmente isolato da quanto sta avvenendo nel panorama internazionale; e si vede come in altri ordinamenti (common law) il ruolo del diritto sia molto più significativo nel contesto sociale, proprio perché avendo un carattere meno dogmatico e meno astratto il diritto a riesce a fornire delle regole più concrete e più efficienti per la risoluzione delle controversie. Negli anni '50 e '60 la comparazione ha fornito uno strumento di innovazione rispetto alla civilistica italiana.

Questo modo di pensare porta l'attenzione del diritto italiano, dal modello tedesco, ormai vecchio, verso le soluzioni della common law. Nella seconda metà del secolo scorso la linea di tendenza è stata verso una progressiva scoperta e poi una valorizzazione delle soluzioni di common law.

Per lungo tempo di stato un atteggiamento di superiorità nei confronti delle soluzioni di common law, che si presentano come soluzioni magari efficienti buone nel loro contesto, però assolutamente improponibili nel nostro ordinamento.

C'è stato un lungo periodo di tempo in cui le soluzioni che arrivano da oltreoceano, sono state considerate soluzioni inapplicabili da noi e comunque soluzioni non abbastanza elaborate per essere proposte in un paese dove la tradizione giuridica richiede un grado di elaborazione assai elevato.

Progressivamente si è passati alla considerazione che se queste soluzioni, questi istituti sconosciuti da noi, questi modi di fare il processo, hanno tanto successo in common law, forse queste soluzioni possano essere soluzioni importabili e possono rappresentare delle soluzioni proponibili anche negli ordinamenti ispirati a principi diversi.

La reazione al concettualismo che ha caratterizzato questa parte del secolo non ha portato solo a questo: ci sono stati altri movimenti interessanti anche se hanno prodotto risultati non particolarmente durevoli, come quello dell' USO AFFERMATIVO DEL DIRITTO che negli anni '70 tendeva a svincolare l'interpretazione e l'applicazione del diritto da regole dogmatiche, per badare piuttosto alle finalità concrete della norma e anche alle finalità di classe che le norme hanno.

Oggi ha avuto successo la linea di tendenza che fa sì che il giurista tenga conto di considerazioni di tipo sociologico: lo studio della sociologia, non solo giuridica, diventa un indicatore molto importante sia per il legislatore che per l'interprete neanche per il giudice. Anche questo riconoscimento di un ruolo alla sociologia è un indicatore di questo allontanarsi dalla visione concettualista del diritto.

Oggi la linea di sviluppo è verso una maggiore sensibilità per gli aspetti operativi del diritto e certamente anche per quanto avviene in ordinamenti diversi e lontani dal nostro.

ANALISI ECONOMICA DEL DIRITTO = è una delle scuole di pensiero più interessanti ed innovative anche nei paesi oggi.

L'analisi economica del diritto è un filone del realismo giuridico. Il realismo giuridico è una scuola di pensiero che nasce in Scandinavia circa negli anni '30 e si va diffondendo perché ha un grande successo e anche un grande contenuto innovativo.

Realismo giuridico significa considerare il diritto non solo la regola posta dal legislatore o posta dalla giurisprudenza (non solo la regola giuridica), ma significa considerare diritto anche l'applicazione che di questa regola si fa, da parte dei pratici (attraverso la prassi) e anche da parte giudiziaria. = In concreto dobbiamo vedere cosa fanno i giudici e cosa fanno i notai. Realismo giuridico significa guardare la realtà del diritto. Questa scuola di pensiero è fondamentale negli Stati Uniti, perché questa scuola di pensiero concentra l'attenzione anche nelle università sulla sentenza, perché è nella sentenza che si fa la regola di diritto. Ecco perché gli studenti americani studiano il diritto attraverso i casi piuttosto che attraverso i manuali. La base filosofica di tutto questo è la scuola del realismo giuridico.

L'analisi economica del diritto e una sorta di applicazione di queste idee che consiste nell'utilizzare i criteri dell'efficienza accanto a quello della giustizia: c'è una visione del diritto che di fatto come le regole vengono applicate identifica delle scelte di valori, da parte dell'interprete delle norme, più o meno sottintese sulla base delle quali vengono privilegiati interessi della collettività a discapito di interessi dei singoli, o nella misura della quantificazione di un danno, si tiene conto della possibilità economica della persona che è tenuta a pagare il risarcimento del danno.

Significa introdurre dei criteri e riformistici nell'interpretazione dei diritti.

Criteri strettamente giuridici vengono affiancati da criteri di efficienza che fanno sì che le considerazioni strettamente giuridiche possano anche passare in secondo piano con un bilanciamento di interessi sul piano economico: si trova una soluzione compensando economicamente una lesione, che resta, di un diritto sostanziale.

La critica che viene mossa agli esponenti della scuola dell'analisi economica di diritto è quella di trovare un quantum economico per qualsiasi diritto degli individui, e quindi di avere una visione un po' mercantile della vita umana.

Altro sviluppo significativo, importato dagli Stati Uniti, è quello che si chiama DIRITTO E LETTERATURA, il quale ha due profili di studio:

Si studiano come vengono interpretati ed utilizzati dagli autori della letteratura non giuridica i fatti giuridici.

Nello studio dell'articolazione sintassica e semantica delle sentenze, del modo di cui le sentenze sono scritte, da un punto di vista sintassico, semantico, lessicale = per la produzione giuridica in genere, non solo per le sentenze.

Altra scuola di pensiero interessante, sempre importata dagli Stati Uniti, è quella del PENSIERO GIURIDICO FEMMINISTA, il quale propone di sottoporre ad una revisione critica gli istituti del diritto nell'assunto che gli istituti del diritto sono orientati ad un privilegio maxime.

Il diritto anglo-americano ha portato una serie di istituti concreti = esempi: responsabilità del produttore; concetto e tutta la problematica della privacy; problematica della tutela dell'immagine.





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