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PRINCIPI

diritto



PRINCIPI


Il diritto è frazionato in una pluralità di settori che però non si ripercuote sull'unitarietà dell'ordinamento giuridico. Essa è essenzialmente una mera divisione didattica. Una delle distinzioni più qualificanti è quella che si viene a porre tra diritto pubblico e privato secondo cui il primo disciplinerebbe gli interessi dell'intera collettività mentre il secondo regolerebbe gli interessi dei singoli individui 828b16i . Tale visione è oggi insostenibile in quanto vi sono associazioni private che tutelano interessi collettivi e, a volte, lo stato si assoggetta alle medesime regole adoperate per i privati. Quindi si possono qualificare di diritto pubblico solo le regole che istituiscono e disciplinano il funzionamento interno dello stato e degli altri enti. In tutte le altre norme, invece, non è agevole distinguere il pubblico dal privato. Infatti, in ogni settore convivono disposizioni pubbliche e private dove talvolta prevale l'aspetto pubblicistico poiché si soddisfa in via diretta l'interesse della collettività, e talaltra l'aspetto privato perché viene soddisfatto in via diretta l'interesse di soggetti privati.

Sono di diritto privato le regole e i principi riconducibili al principio di eguaglianza; sono di diritto pubblico le norme che istituiscono una differenza tra soggetti privati ed altri soggetti investiti di autorità (enti). Comunque l'etichetta tradizionale di diritto privato appare inadeguata e va sostituita con diritto civile inteso come diritto in condizioni di eguaglianza.

Esso si fonda su diversi principi quali: personalismo e solidarismo costituzionali, principio di democraticità, principio di divisione dei poteri e di legalità, principio d'eguaglianza.

Il personalismo è basato sulla scelta della Costituzione italiana che "riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale". Il principio di tutela della persona è il supremo principio costituzionale che fonda la legittimità dell'ordinamento e la sovranità dello stato.



La tutela della persona e inseparabile dal concetto di solidarietà: la cura dell'altro fa parte del concetto di persona.

Le formazioni sociali hanno rilievo come luoghi in cui si sviluppa la personalità e sono quindi in posizione servente rispetto alla persona. La formazione sociale è meritevole di tutela soltanto se idonea a garantire lo sviluppo di ogni persona che ne fa parte.

Per quanto riguarda il principio di democraticità si può affermare che la democrazia è procedura decisionale che richiede un libero confronto di opinioni e una deliberazione mediante voto non coartato, con prevalenza della maggioranza sulla minoranza. La democrazia è inseparabile dall'eguaglianza e dalla persona. Dalla prima perché non sarebbe altrimenti giustificabile il diritto di partecipazione di tutti alle decisioni; dalla seconda perché non qualunque decisione maggioritaria è legittima.

L'opera di regolamentazione del potere nella prevenzione dell'abuso è garantita dalla separazione delle funzioni tipiche dello stato, ciascuna attribuita ad una specifica istituzione che rappresenta un potere separato: legislativo, esecutivo e giudiziario. La Costituzione prevede organi ai quali sono affidate funzioni non riducibili alla predetta ripartizione, essi sono: La Corte costituzionale, il Presidente della Repubblica, il Consiglio superiore della Magistratura. Inoltre la Carta costituzionale riconosce al potere giudiziario l'indipendenza e l'inamovibilità del magistrato. Il giudice è soggetto soltanto alla legge ed in ciò si manifesta l'aspetto saliente del principio di legalità. La dichiarazione d'incostituzionalità di una legge non spetta al giudice ordinario ma alla corte costituzionale, alla quale il giudice deve rivolgersi qualora dubiti della costituzionalità della legge applicabile nel processo che si sta svolgendo dinanzi a lui.

La Costituzione riconosce l'eguaglianza sia come divieto di discriminazioni fondate su differenze di sesso, razza, religione ecc...; sia come impegno dello stato a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Possiamo distinguer tra eguaglianza formale e sostanziale. Nella prima il destinatario delle norme giuridiche è un soggetto astratto, qui s'afferma che la legge non può distribuire privilegi o discriminare legalizzando una differenza. L'eguaglianza sostanziale, invece, esprime il dovere della Repubblica di adoperarsi per adeguare la realtà dei fatti al quadro di valori disegnato nella Costituzione e muove dal presupposto che vi siano differenze e pregiudizi sociali oltre che un'iniqua distribuzione della ricchezza. Il principio d'eguaglianza è violato sia quando situazioni uguali subiscono un trattamento diverso sia quando degli individui in situazioni differenti subiscono un trattamento identico.

Eguaglia non significa egualitarismo: non si pretende l'eguaglianza di tutti in tutto, prescindere dai meriti e dalle competenze; quel che si richiede è che ogni disparità di trattamento debba essere giustificata come attuazione dei principi costituzionali.

I principi sopra elencati ( democraticità, separazione dei poteri, eguaglianza, personalismo) trovano il momento principale di svolgimento nell'attività legislativa del parlamento, la quale traduce l'indirizzo costituzionale. Sono limiti generali alla funzione legislativa il principio di irretroattività e la riserva di legge. Infatti la legge è idonea a regolamentare solo  i rapporti giuridici venuti ad esistenza in un momento successivo alla sua entrata in vigore. L'irretroattività è di rango costituzionale solo in materia penale: nessuno può essere punito se non in forza di una legge entrata in vigore prima del fatto commesso.

La riserva di legge è la previsione (implicita o esplicita) nella Costituzione di materie che devono essere disciplinate soltanto con legge. E' vietato al Parlamento rinunziare alla funzione legislativa e rimettere la disciplina a fonti secondarie. Le riserve si distinguono in assolute e in relative. La riserva assoluta impone al legislatore di determinare fin nei dettagli la materia riservata; la riserva relativa impone invece di determinare la disciplina di principio, lasciando a fonti secondarie quella di dettaglio. Talvolta la Costituzione indica anche quali debbano essere i contenuti di valore della legge: in tal caso si parla di riserva rinforzata. Le materie coperte da riserva di legge possono essere disciplinate, oltre che dalla legge nazionale, anche da fonti comunitarie.

La corte costituzionale ha invece un ruolo di garanzia, essa non può sostituirsi al Parlamento ma deve controllare che gli atti da esso emanati siano conformi alla Costituzione.

Le sentenze della corte costituzionale sono di inammissibilità, d'infondatezza e fondatezza. Con le prime si dichiara semplicemente l'inammissibilità della questione senza accertare se la legge sia costituzionale o no.

Con una sentenza di rigetto la Corte accerta l'infondatezza della questione e di costituzionalità e la legge impugnata resta in vigore. Con una sentenza di accoglimento totale o parziale, invece, la Corte elimina, in tutto o in parte, dall'ordinamento giuridico la disposizione impugnata.

La differenza tra sentenza interpretativa di accoglimento e di rigetto risiede nel fatto che quest'ultima non è vincolante, poiché la disposizione impugnata resta in vigore e non vi è alcun ostacolo a che essa sia applicata in futuro. La sentenza di accoglimento, al contrario, cancella la disposizione dall'ordinamento ed essa non può più essere applicata in nessun modo.

Un ulteriore specie è la sentenza additiva: la corte dichiara una legge incostituzionale per ciò che non dice, e non per ciò che dice. 




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