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Delitti contro la famiglia - Bigamia ( art 556)

diritto



Delitti contro la famiglia


Il titolo XI comprende alcuna figure criminose che non esauriscono la tutela penale dell'istituto familiare e dei rapporti che comunque si riferiscono alla famiglia.

Esso è distinto in quattro capi che comprendono:

- delitti contro il matrimonio

- delitti contro la morale familiare

- delitti contro lo stato di famiglia

- delitti contro l'assistenza familiare


Bigamia ( art 556)



La norma prevede una duplice forma di bigamia: quella propria di chi essendo legato da un matrimonio aventi effetti civili, ne contrae un altro, pure avente effetti civili e quella impropria di chi non essendo coniugato contrae matrimonio con persona legata da matrimonio avente effetti civili; due ipotesi autonome sanzio 333i87d nate con la medesima pena.

Le due fattispecie oltre a distinguersi in relazione al soggetto attivo si distinguono anche per la diversità del fatto costitutivo del reato e precisamente nella prima il coniuge viola il dovere legale di cui all'art 86 c.c., nella seconda l'integrità della famiglia viene aggredita dall'esterno.

Trattasi di reato plurisoggettivo dovendo essere due i soggetti attivi e perciò gli autori materiali, ma ciò non toglie che di questi cooperatori indispensabili per la concretizzazione dell'elemento materiale  uno possa risultare non punibile o non imputabile per cause soggettive.

Le due condotte sanzionate richiedono la celebrazione di un nuovo matrimonio che abbia effetti civili da parte di due persone una delle quali abbia già contratto un precedente matrimonio pure avente effetti civili.

Il precedente matrimonio si pone dunque come presupposto del delitto ed è tale se ha effetti civili.

Il bene specifico tutelato dalla norma incriminatrice è, lo status di coniuge.

Il delitto si perfeziona con il verificarsi degli effetti civili del secondo matrimonio.

Il delitto di bigamia è ipotizzabile anche nella forma del tentativo; in particolare possono ravvisarsi gli estremi del tentativo di bigamia nel caso in cui taluno, dopo aver contratto il secondo matrimonio mediante celebrazione religiosa, senza le preventive pubblicazioni e senza il, preventivo rilascio da parte del pubblico ufficiale di stato civile del nulla osta, abbia richiesto senza peraltro realizzare l'intento, la trascrizione del secondo matrimonio nei registri dello stato civile.

Il delitto è punibile a titolo di dolo consistente nella volontà di contrarre un nuovo matrimonio avente effetti civili, con la consapevolezza dell'esistenza di un precedente matrimonio avente anch'esso tali effetti.


Induzione al matrimonio mediante inganno (art 558)  

La ratio di questa norma attiene alla tutela del matrimonio; in realtà l'oggetto specifico di tutela appare la libertà di autodeterminazione del nubendo in buona fede che, è pertanto il soggetto passivo del reato.

Trattasi di reato plurisoggettivo in senso atecnico, negli stessi termini in cui si assume tale configurazione per il delitto di bigamia cioè sotto il profilo naturalistico e non sotto quello normativo.

La condotta richiede l'occultamento fraudolento di un impedimento riguardo alla celebrazione del matrimonio, ossia in ordine all'esistenza di impedimenti relativi a requisiti che riguardono la persona dei nubendi, di quelli che cioè che vengono indicati come impedimenti dirimenti.

L'impedimento deve essere diverso da quello di un precedente matrimonio con effetti civili (altrimenti si tratterebbe di bigamia) e può riguardare l'uno o l'altro  dei nubendi.

La consumazione del reato coincide con la celebrazione del matrimonio con effetti civili.

Per la punibilità è sufficiente il dolo generico cioè la coscienza e la volontà di usare mezzi fraudolenti per occultare gli impedimenti e per contrarre un matrimonio avente effetti civili.


Incesto (art 564)

Si tratta di reato proprio che può essere commesso da soggetti che nell'ambito familiare sono titolari di una data situazione soggettiva nelle relazioni di parentela o di affinità.

Secondo la prevalente dottrina si tratta di reato plurisoggettivo ma non mancano opinioni in senso contrario.

La legge non descrive la condotta sanzionata e si discute se occorre il congiungimento carnale oppure se siano sufficienti atti di godimento e di pervertimento sessuali diversi dalla congiunzione vera e propria.

Il pubblico scandalo deve essere effettivo e non solo meramente possibile come si evince dal contenuto della norma e viene individuato nel senso di turbamento e di disgusto diffusosi in un numero indeterminato di persone estranee alla cerchia familiare degli incestuosi per effetto della conoscenza della tresca.

Si discute circa la natura del p.s.: in dottrina è prevalente l'opinione che ravvisa in esso l'evento, quale conseguenza del fatto incestuoso; la giurisprudenza ritiene invece che il p.s. costituisce una condizione obbiettiva di punibilità indipendentemente dalla volontà dei colpevoli.

Si tratta di un delitto punito a titolo di dolo che consiste nella volontà di avere rapporti sessuali con una delle persone già indicate dalla norma (discendente, ascendente, affine in linea retta, sorella, fratello), volontà che deve essere accompagnata dalla consapevolezza della relazione di parentela o di affinità che con essa esiste.

Il momento consumativo coincide con il verificarsi del p.s. o con la realizzazione della condotta a seconda della tesi che si accoglie.




Supposizione o soppressione di stato (art 566)

Il 1° comma della norma in esame punisce la condotta che si concreta nel far figurare, nei registri dello stato civile, una nascita inesistente: l'ipotesi comprende sia la supposizione di un fanciullo sia la supposizione di parto .

La condotta richiede o una falsità materiale o una falsità ideologica a seconda che il risultato si raggiunga attraverso la contraffazione o l'alterazione dei registri dello stato civile o mediante false dichiarazioni o attestazioni rese all'ufficiale dello stato civile.

Soggetto attivo del reato può essere chiunque con riferimento al falso materiale, mentre per le condotte realizzate tramite falsità ideologiche soggetti attivi possono essere soltanto quelle persone legittimate a denunziare la nascita all'ufficiale dello stato civile.

Il reato è punito a titolo di dolo generico e consiste nella consapevolezza e volontà di far figurare una nascita inesistente.

Il momento consumativo del reato coincide con quello in cui nei registri risulta la nascita inesistente.

Il 2° comma della norma sanziona penalmente una condotta di falso che si attua mediante un comportamento che cela la nascita del neonato all'ufficiale dello stato civile senza fargli conseguire lo stato di filiazione che gli compete e senza attribuirgliene uno diverso, evento quest'ultimo che viene realizzato attraverso l'occultamento del neonato.

Giacchè l'occultamento non può che derivare da una condotta di soggetti legittimati si può affermare che si tratta di reato proprio.

Il momento consumativi del reato viene a coincidere con il termine posto dall'ordinamento dello stato civile per la denuncia di nascita.

Il tentativo è configurabile.




Alterazione di stato (art 567)

La norma prevede due modalità diverse attraverso le quali si consegue il risultato si alterare lo stato civile di un neonato.



L'alterazione di cui al 1° comma richiede lo scambio di due neonati, dopo che entrambi siano iscritti nei registri dello stato civile: una duplice alterazione che per finzione legislativa viene considerata unica.

Oggetto specifico di tutela è lo stato di filiazione considerato come situazione giuridica.

Il reato è punito a titolo di dolo generico che richiede la coscienza e la volontà dell'azione e dell'evento secondo le regole generali.

Il momento consumativi si verifica quando, effettuato lo scambio materiale del neonato, questi acquista uno status diverso, per cui il tentativo può configurarsi tutte le volte che, nonostante lo scambio realizzatosi l'alterazione della situazione giuridica non si verifichi.

L'ipotesi di cui al 2° tratta invece dell'alterazione di stato realizzata senza il materiale scambio di due neonati, ma facendo conseguire ad uno di essi uno stato civile diverso da quello spettantegli.

La condotta deve realizzarsi mediante una falsità nella formazione dell'atto di nascita, falsità inerente ai c.d. certificati di assistenza al parto dei medici e delle levatrici oppure alla dichiarazione dei genitori o di altra persona che abbia assistito al parto.

Si tratta di reato proprio in quanto la condotta può essere realizzata soltanto in sede di formazione dell'atto di nascita e le certificazioni, attestazioni e dichiarazioni devono essere fatte o comunicate all'ufficiale di stato civile; per cui autori del reato sono soltanto i soggetti legittimati alla denuncia della nascita, mentre altri soggetti possono concorrere.

Anche per questo reato l'oggetto specifico della tutela penale va ravvisato in uno stato di filiazione, legittima o riconosciuta.

Il delitto ha natura istantanea anche se con effetti permanenti.

Il delitto richiede il dolo generico che consiste, nella coscienza e volontà di alterare lo stato civile di un neonato attribuendogli uno stato diverso da quello che gli spetta.


Occultamento di stato di un fanciullo legittimo o naturale riconosciuto (art 568)

La condotta sanzionata è costituita dalla deposizione ovvero dalla presentazione in un ospizio di trovatelli o in un altro luogo di beneficenza occultando lo stato di filiazione del fanciullo, occultamento che può avvenire o con il silenzio o anche eventualmente con falsa dichiarazione.

Il dolo richiede la coscienza e volontà della condotta consistente nell'occultamento di uno stato di filiazione già acquisito.

Il momento consumativo coincide con la presentazione (aperta esibizione dell'infante stesso) o deposizione (lasciare l'infante in maniera anonima) nei luoghi predetti.

Oggetto specifico di tutela non può che essere l'integrità dello stato di filiazione già acquisito dal fanciullo.


Violazione degli obblighi di assistenza familiare (art 570)

Il problema è quello di stabilire se la norma configuri uno o più reati: la dottrina prevalente ritiene che si tratti di tre reati distinti in quanto, per la diversità dei soggetti a cui si riferiscono, né la seconda né la terza ipotesi possono considerarsi forme circostanziate della prima, per cui le tre ipotesi possono concorrere tra di loro; la giurisprudenza ritiene invece che le diverse ipotesi previste dall'art 570 non configurano una pluralità di reati distinti, ma pur nella varietà dei fatti incriminabili, si riferiscono ad un unico titolo di reato avente come contenuto fondamentale tipico l'inosservanza cosciente e volontaria dei vari obblighi di assistenza familiare, scaturenti dal vincolo matrimoniale.

Per quanto riguarda i soggetti attivi nonostante il pronome chiunque i fatti ipotizzati possono essere commessi soltanto da persona cui incombono gli obblighi di assistenza cui risultano violati, per cui trattasi di reato proprio.

Per quanto riguarda la procedibilità è richiesta, in via generale, la querela della persona offese.

L'ipotesi di cui al 1° comma deve ritenersi riferita alla violazione di obblighi relativi alla potestà dei genitori e di quelli connessi alla qualità di coniuge.

La condotta può essere realizzata con due modalità alternative che comunque possono concorrere tra di loro e precisamente tanto con l'abbandono del domicilio domestico quanto col fatto di serbare una condotta contraria all'ordine morale della famiglia.

La prima modalità consiste nell'allontanamento del tetto familiare col proposito di non farvi ritorno per un lasso di tempo rilevabile e purchè tale comportamento non debba ritenersi giustificato.

La seconda modalità è descritta con una espressione molto lata in modo da comprendere qualsiasi comportamento che possa comunque turbare la pace e la tranquillità, l'onore, la dignità, la solidarietà e il buon costume della famiglia.

L'ipotesi di cui al n. 1 del 2° comma sanziona invece la malversazione e la dilapidazione dei beni del figlio minore o del coniuge.

Per malversazione s'intende l'appropriazione o la distrazione di beni (mobili o immobili) altrui a proprio profitto, la dilapidazione riguarda la prodigalità delle cose altrui cagionando un danno di una certa gravità.

L'ipotesi di cui al n. 2 del 2° comma consiste nel far mancare ai soggetti che ne hanno diritto i mezzi di sussistenza, che non comprendono solo il vitto e l'alloggio, ma riguardano anche il soddisfacimento di altre esigenze da valutarsi in relazione alle reali capacità della persona obbligata.

L'obbligo presuppone l'esistenza dell'effettivo stato di bisogno dell'avente diritto.

L'elemento soggettivo consiste nell'inosservanza cosciente e volontaria dei vari obblighi.

Il delitto si configura non come reato istantaneo, ma come reato permanente perchè lo stato di consumazione perdura per tutto il tempo in cui si manifesta la condotta omissiva.


Abuso di mezzi di correzione o di disciplina (art 571)

Con riferimento all'oggettività giuridica il reato, pur essendo stato inserito tra i delitti contro la famiglia riguarda condotte che trascendono la famiglia potendo essere commesse anche in rapporti diversi da quelli familiari.

Autori del reato possono essere solo le persone legittimate ed esercitare mezzi di correzione o di disciplina per ragioni di autorità o su soggetti loro affidati per ragioni di educazione, istruzione, cura, disciplina o custodia.

Il problema più importante riguarda l'individuazione del mezzo di correzione o di disciplina consentito, l'abuso del quale costituisce la condotta vietata.

L'abuso del mezzo si pone come abuso di un potere di cui alcuni soggetti sono titolari nell'ambito di determinati rapporti, potere che deve essere esercitato nell'interesse altrui.

La condotta abusiva ricorre ogni volta che il mezzo venga usato per un interesse diverso da quello per cui è stato conferito.

Tuttavia ai fini penali non basta l'abuso ma occorre anche che dal fatto derivi il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente, che si realizzi cioè una condizione obiettiva di punibilità.

Il reato non è né abituale né permanente, perché per la sua sussistenza è sufficiente un solo fatto.

Il delitto è punito a titolo di dolo generico.




Maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli (art 572)

L'oggettività giuridica specifica riguarda la tutela della personalità dei soggetti passivi nel quadro di certi rapporti, tanto quelli relativi a situazioni familiari, tanto per quelli concernenti soggetti affidati all'agente per ragioni di educazione, vigilanza, istruzione, cura, tanto per quelli relativi ai minori di 14 anni per i quali la norma apparentemente prescinde da rapporti di qualsiasi natura.

Soggetti attivi del delitto sono perciò coloro che per un rapporto familiare (giuridico o familiare), oppure per un rapporto di autorità, oppure per un rapporto di mero fatto con un minore di 14 anni, sono in grado di poter realizzare la condotta incriminata: in tutte e tre le ipotesi si tratta di reati proprio perchè il soggetto attivo deve trovarsi in una determinata situazione che la norma presuppone per la concreta applicazione.

Nello schema di tale delitto non rientrano solo le percosse, le lesioni, le ingiurie, le minacce e le privazioni imposte alla vittima, ma anche gli atti di disprezzo e di umiliazione.

Il dolo necessario per la configurazione del reato di maltrattamenti è quello generico, consistente nella coscienza e volontà di sottoporre abitualmente il soggetto passivo a sofferenze fisiche e morali, non occorre dunque un fine particolare, bastando la consapevolezza e la volontarietà dell'evento delittuoso.

Il tentativo è inammissibile.


Sottrazione consensuale di minorenni (art 573)

L'oggettività giuridica della norma riguarda la tutela della potestà parentale, soggetti passivi del reato sono entrambi i genitori.

Due sono le condotte vietate e precisamente la sottrazione di un minore alla potestà del genitore o dei genitori e la ritenzione del minore contro la volontà dei titolari della potestà parentale.

Sottrarre significa togliere, portare via e quindi far cessare de facto un determinato rapporto che unisce una cosa o una persona ad un determinato soggetto; ritenzione significa invece trattenere presso di sé un soggetto che era già nel potere legittimo dell'agente, il quale avrebbe dovuto liberarlo o permettere che egli si allontanasse.

Il consenso del minore si pone come presupposto del reato e non deve essere carpito con inganno.

La condotta presuppone oltre il consenso del minore anche il dissenso del genitore come la stessa norma chiaramente richiede.

Il dolo consiste nella coscienza ed intenzione del soggetto attivo di sottrarre o di trattenere il minore fuori della sfera di vigilanza esercitata dai genitori o dal tutore.

La concreta determinazione del momento consumativo dipende dalla soluzione che viene data al problema circa la necessità o meno della durata della sottrazione o della ritenzione.

Prevalente sembra essere l'opinione secondo la quale il reato ha natura permanente che non richiede la durata della condotta.

Poiché la condotta non è particolarmente descritta ed è rilevante ogni forma idonea a produrre la lesione vietata, il tentativo è configurabile quando l'attività del soggetto attivo si sia fermata in itinere.


Sottrazione di persone incapaci (art 574)

La norma prevede due figure criminose autonome: la prima relativa alla sottrazione di persone incapaci (1°comma), la seconda relativa alla sottrazione non consensuale di minorenni (2° comma).

Relativamente alla obiettività giuridica essa riguarda la tutela della potestà del genitore, tutore o curatore.

Soggetti passivi sono i diversi soggetti richiamati dalla norma, cui spetta il diritto di querela, e non i minori o gli incapaci che si pongono come oggetti materiali sui quali cade la condotta.

Relativamente all'elemento materiale, all'elemento psicologico, all'elemento consumativi e al tentativo valgono le stesse considerazioni per l'art precedente (573) 



Titolo XI: DEI DELITTI CONTRO LA FAMIGLIA
Capo I: DEI DELITTI CONTRO IL MATRIMONIO

Art. 556 Bigamia
Chiunque, essendo legato da matrimonio avente effetti civili, ne contrae un altro, pur avente effetti civili, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni. Alla stessa pena soggiace chi, non essendo coniugato, contrae matrimonio con persona legata da matrimonio avente effetti civili.
La pena e' aumentata se il colpevole ha indotto in errore la persona, con la quale ha contratto matrimonio, sulla liberta' dello stato proprio o di lei.
Se il matrimonio, contratto precedentemente dal bigamo, e' dichiarato nullo, ovvero e' annullato il secondo matrimonio per causa diversa dalla bigamia, il reato e' estinto, anche rispetto a coloro che sono concorsi nel reato, e, se vi e' stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali.

Art. 557 Prescrizione del reato
Il termine della prescrizione per il delitto preveduto dall'articolo precedente decorre dal giorno in cui e' sciolto uno dei due matrimoni o e' dichiarato nullo il secondo per bigamia.

Art. 558 Induzione al matrimonio mediante inganno
Chiunque, nel contrarre matrimonio avente effetti civili, con mezzi fraudolenti occulta all'altro coniuge l'esistenza di un impedimento che non sia quello derivante da un precedente matrimonio e' punito, se il matrimonio e' annullato a causa dell'impedimento occultato, con la reclusione fino a un anno ovvero con la multa da lire quattrocentomila a due milioni.

Art. 559 Adulterio
La moglie adultera e' punita con la reclusione fino a un anno (1).
Con la stessa pena e' punito il correo dell'adultera (1).
La pena e' della reclusione fino a due anni nel caso di relazione adulterina (2).
Il delitto e' punibile a querela del marito (2).
(1) Con sentenza n. 126 del 19 dicembre 1968 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimita' del primo e del secondo comma.
(2) Con sentenza n. 147 del 3 dicembre 1969 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimita' del terzo e del quarto comma.


Art. 560 Concubinato
Il marito che tiene una concubina nella casa coniugale, o notoriamente altrove, e' punito con la reclusione fino a due anni.
La concubina e' punita con la stessa pena.
Il delitto e' punibile a querela della moglie (1).
(1) Con sentenza n. 147 del 3 dicembre 1969 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimita' di questo articolo.

Art. 561 Casi di non punibilita'. Circostanza attenuante
Nel caso preveduto dall'articolo 559, non e' punibile la moglie quando il marito l'abbia indotta o eccitata alla prostituzione ovvero abbia comunque tratto vantaggio dalla prostituzione di lei.
Nei casi preveduti dai due articoli precedenti non e' punibile il coniuge legalmente separato per colpa dell'altro coniuge, ovvero da questo ingiustamente abbandonato.
Se il fatto e' commesso dal coniuge legalmente separato per colpa propria o per colpa propria e dell'altro coniuge o per mutuo consenso, la pena e' diminuita (1).
(1) Con sentenza n. 147 del 3 dicembre 1969 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimita' di questo articolo.

Art. 562 Pena accessoria e sanzione civile
La condanna per alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 556 e 560 importa la perdita dell'autorita' maritale (1).
Con la sentenza di condanna per adulterio o per concubinato il giudice puo', sull'istanza del coniuge offeso, ordinare i provvedimenti temporanei di indole civile, che ritenga urgenti nell'interesse del coniuge offeso e della prole (2).
Tali provvedimenti sono immediatamente eseguibili, ma cessano di aver effetto se, entro tre mesi dalla sentenza di condanna, divenuta irrevocabile, non e' presentata dinanzi al giudice civile domanda di separazione personale (2).
(1) Con sentenza n. 147 del 3 dicembre 1969 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimita' del primo comma nella parte relativa alla perdita dell'autorita' maritale per effetto della condanna per il delitto di concubinato.
(2) Con la sentenza di cui alla nota precedente la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimita' del secondo e del terzo comma.


Art. 563 Estinzione del reato
Nei casi preveduti dagli articoli 559 e 560 la remissione della querela, anche se intervenuta dopo la condanna, estingue il reato.
Estinguono altresi' il reato:
1) la morte del coniuge offeso;
2) l'annullamento del matrimonio del colpevole adulterino o di concubinato.
L'estinzione del reato ha effetto anche riguardo al correo e alla concubina e ad ogni persona che sia concorsa nel reato; e, se vi e' stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali (1).
(1) Con sentenza n. 147 del 3 dicembre 1969 la Corte cost. ha dichiarato l'illegittimita' di questo articolo.

Capo II: DEI DELITTI CONTRO LA MORALE FAMILIARE

Art. 564 Incesto
Chiunque, in modo che ne derivi pubblico scandalo, commette incesto con un discendente o un ascendente, o con un affine in linea retta, ovvero con una sorella o un fratello, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni.
La pena e' della reclusione da due a otto anni nel caso di relazione incestuosa.
Nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, se l'incesto e' commesso da persona maggiore di eta', con persona minore degli anni diciotto, la pena e' aumentata per la persona maggiorenne.
La condanna pronunciata contro il genitore importa la perdita della potesta' dei genitori o della tutela legale.

Art. 565 Attentati alla morale familiare commessi col mezzo della stampa periodica
Chiunque nella cronaca dei giornali o di altri scritti periodici, nei disegni che ad essa si riferiscono, ovvero nelle inserzioni fatte a scopo di pubblicita' sugli stessi giornali o scritti, espone o mette in rilievo circostanze tali da offendere la morale familiare, e' punito con la multa da lire duecentomila a un milione.



Capo III: DEI DELITTI CONTRO LO STATO DI FAMIGLIA

Art. 566 Supposizione o soppressione di stato
Chiunque fa figurare nei registri dello stato civile una nascita inesistente e' punito con la reclusione da tre a dieci anni.
Alla stessa pena soggiace chi, mediante l'occultamento di un neonato, ne sopprime lo stato civile.

Art. 567 Alterazione di stato



Chiunque, mediante la sostituzione di un neonato, ne altera lo stato civile e' punito con la reclusione da tre a dieci anni.
Si applica la reclusione da cinque a quindici anni a chiunque, nella formazione di un atto di nascita, altera lo stato civile di un neonato, mediante false certificazioni, false attestazioni o altre falsita'.


Art. 568 Occultamento di stato di un fanciullo legittimo o naturale riconosciuto
Chiunque depone o presenta un fanciullo, gia' iscritto nei registri dello stato civile come figlio legittimo o naturale riconosciuto, in un ospizio di trovatelli o in altro luogo di beneficenza, occultandone lo stato, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni.

Art. 569 Pena accessoria
La condanna pronunciata contro il genitore per alcuno dei delitti preveduti da questo capo importa la perdita della potesta' dei genitori o della tutela legale.



Capo IV: DEI DELITTI CONTRO L'ASSISTENZA FAMILIARE

Art. 570 Violazione degli obblighi di assistenza familiare
Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla potesta' dei genitori, alla tutela legale, o alla qualita' di coniuge, e' punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire duecentomila a due milioni.
Le dette pene si applicano congiuntamente a chi:
1) malversa o dilapida i beni del figlio minore o del pupillo o del coniuge;
2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di eta' minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa.
Il delitto e' punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato e' commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma (1) .
Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto e' preveduto come piu' grave reato da un'altra disposizione di legge.

Comma aggiunto dalla L. 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 571 Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina
Chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorita', o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l'esercizio di una professione o di un'arte, e' punito, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente, con la reclusione fino a sei mesi.
Se dal fatto deriva una lesione personale, si applicano le pene stabilite negli articoli 582 e 583, ridotte a un terzo; se ne deriva la morte, si applica la reclusione da tre a otto anni.

Art. 572 Maltrattamenti in famiglia o verso i fanciulli

Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, maltratta una persona della famiglia, o un minore degli anni quattordici, o una persona sottoposta alla sua autorita', o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a otto anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a venti anni.

Art. 573 Sottrazione consensuale di minorenni
Chiunque sottrae un minore, che abbia compiuto gli anni quattordici, col consenso di esso, al genitore esercente la potesta' dei genitori, o al tutore, ovvero lo ritiene contro la volonta' del medesimo genitore o tutore, e' punito, a querela di questo, con la reclusione fino a due anni.
La pena e' diminuita, se il fatto e' commesso per fine di matrimonio; e' aumentata, se e' commesso per fine di libidine.
Si applicano le disposizioni degli artt.
525 e 544


Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, maltratta una persona della famiglia, o un minore degli anni quattordici, o una persona sottoposta alla sua autorita', o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a otto anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a venti anni.

Art. 573 Sottrazione consensuale di minorenni
Chiunque sottrae un minore, che abbia compiuto gli anni quattordici, col consenso di esso, al genitore esercente la potesta' dei genitori, o al tutore, ovvero lo ritiene contro la volonta' del medesimo genitore o tutore, e' punito, a querela di questo, con la reclusione fino a due anni.
La pena e' diminuita, se il fatto e' commesso per fine di matrimonio; e' aumentata, se e' commesso per fine di libidine.
Si applicano le disposizioni degli artt.
525 e 544





























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