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Case - Abitazioni dei primitivi

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Case


1. Abitazioni dei primitivi


Il problema della casa si pose all'uomo primitivo probabilmente quando dovette rinunciare ai ripari naturali che originariamente gli servivano come abitazione, cioè cespugli, alberi cavi, buche nel suolo e principalmente le caverne, o più semplicemente dei massi sporgenti che opponevano un ostacolo, anche parziale, al vento e alla pioggia. Dovendosi continuamente spostare per inseguire la selvaggina, per cercare regioni più ospitali, o, più tardi, pascoli più ricchi per il suo bestiame, l'uomo preistorico si trovò nella necessità di procurarsi un riparo che non dip 919f52j endesse totalmente dalle imprevedibili condizioni climatiche e ambientali dei vari luoghi e offrisse protezione a quel bene prezioso che era il fuoco. Questo riparo doveva potersi costruire semplicemente, con gli strumenti rudimentali e i materiali di cui disponeva, e poiché la maggior parte dei popoli primitivi era nomade, il riparo esigeva di essere fatto in modo da potersi smontare e trasportare facilmente. E' proprio da questa esigenza legata alla vita nomade che sembra essere nata la capanna preistorica. L'abitazione dell'uomo paleolitico è la capanna.  Essa era costruita per lo più con tronchi, rami, ossa e rivestita di pelli e frasche. Delimitava uno spazio chiuso che proteggeva dal vento e dalla pioggia e all'interno si poteva mangiare e dormire.
L'uomo di questo periodo non si muoveva mai da solo perché sarebbe stato troppo debole di fronte ad un grande animale. Un gruppo invece poteva preparare molte trappole per catturarlo e del resto un solo animale di notevoli dimensioni era sufficiente per sfamare molti uomini. Questi piccoli gruppi comprendevano di solito dai venti ai cento membri, come si è potuto dedurre dal numero dei focolari di ogni comunità e si spostavano da una località all'altra.



Le palafitte erano un tipo di abitazione costruita su una piattaforma sorretta da pali piantati nell'acqua di un lago o di un fiume in modo da essere circondate e difese. Ogni palafitta aveva due uscite: l'una immetteva alla piattaforma collegata alla riva attraverso una passerella, anche questa sostenuta da pali conficcati nel terreno, l'altra comunicava direttamente con l'acqua e veniva usata come scarico dei rifiuti o serviva al capo famiglia per pescare più comodamente. Queste abitazioni erano costruite sull'acqua con uno scopo ben preciso: difendersi dagli animali feroci, e dai nemici.


2. Abitazioni degli egiziani


Le case degli egiziani poveri erano costruite probabilmente da una sola stanza ed erano fatte di canne, di legno e di fango. Erano fatte da un'unica stanza ed erano scomode, ma nonostante le dimensioni, riparavano bene.
Gli operai mescolavano il fango denso, viscoso del Nilo con della sabbia o con della paglia triturata per dargli la giusta consistenza.
Di solito versavano tutti questi materiali in una buca e li mescolavano, sbattendoli su e giù.
Il fango, successivamente, veniva ridotto in mattoni dentro forme rettangolari e fatto seccare al sole.
Le colonne e i tetti erano di legno, ma le basi delle colonne, i giardini e i montanti delle porte erano di pietra. Nelle case più grandi, i muri erano coperti di gesso e dipinti a colori vivaci. Le finestre erano piccole e vicine al soffitto, ma il sole era così forte che la luce entrava lo stesso.

Le case più semplici erano costituite da un solo ambiente per dormire, sovrastato da una terrazza e preceduto da un cortile, era cintato da mura dove stavano anche gli animali.
Altre volte l'abitazione poteva essere suddivisa in tre o più ambienti, distinguendo una cucina, un soggiorno e una zona notte.
I nobili invece avevano sempre case molto articolate, con magazzini e ambienti di servizio separati dalle camere private e per ricevimento, e spesso vi era poi un cortile.

Nelle grandi città non mancavano case su più piani.

Nel villaggio le abitazioni erano disposte ai lati della strada centrale ed erano costruite in mattoni crudi e in pietra; i muri esterni degli edifici erano alti dai tre ai cinque metri e i tetti erano piatti con funzione anche di terrazza.







3. Abitazioni dei Romani


I romani abitavano sia in campagna, che in città. Nelle città la gente abitava in edifici di quattro o cinque piani, chiamati "insulae". Ogni famiglia aveva un appartamento detto "cenaculum".
Il piano terra delle insulae era occupato dalle botteghe degli artigiani e dei commercianti che abitavano nel retro bottega. Sotto il tetto c'era il solaio, che a volte ospitava delle famiglie.
La vita all'interno di questi caseggiati era molto disagevole: erano mal riscaldati d'inverno, erano poco illuminate e spesso mancava l'acqua.
Strette le une alle altre, costruite in economia le insulae spesso venivano distrutte da crolli e incendi che si propagavano velocemente. Per non correre il rischio che interi quartieri venissero distrutti le insulae non avevano le cucine, quindi per mangiare un pasto caldo bisognava andare nelle locande.
Di ben altro genere erano le abitazioni dei ricchi: la "domus" abitazione tipica delle famiglie abbienti, non superava i due piani, ma era molto estesa. Nella parte rivolta alla strada la domus era generalmente priva di finestre per motivi di sicurezza, e dotata di piccole aperture per l'areazione. La porta d'ingresso immetteva in un corridoio che conduceva all'atrio.
Nel mezzo dell'atrio vi era un bacino che raccoglieva l'acqua piovana in cisterne: il "compluviom"; attorno si aprivano le diverse stanze della case, che molto spesso erano affrescate. La stanza da pranzo si chiamava "triclinio": qui i romani consumavano il pasto sdraiati su tre grandi divani a tre posti disposti ai tre lati della tavola.
Le domus avevano in genere pochi mobili: il letto, insieme a tappeti e cuscini, costituiva l'arredo più importante.


4. Abitazioni del Medioevo


In Lombardia e nell'Italia settentrionale in genere il palazzo pubblico (broletto, arengario, palazzo della ragione) è adibito alle riunioni dei magistrati e allo svolgimento degli affari pubblici; la pianta, è di forma rettangolare, a due piani. Il piano terreno è aperto e forma una loggia coperta, a volte in muratura, a volte a tavolato. Il piano superiore comprende una sola aula, coperta a tetto o a spioventi, dove i magistrati si riuniscono, discutono, ricevono ambascerie. In Toscana e nell'Italia centrale il palazzo pubblico serve anche come residenza dei magistrati che, nel periodo in cui sono in carica, non possono allontanarsi da esso se non in casi di estrema gravità, e sono mantenuti a spese pubbliche. Comune a tutti la vasta sala di riunione al secondo piano, decorata da affreschi ed arazzi, e la presenza della torre. La torre del comune è la più alta della città in alto si apre la Loggia della Campana che chiama i cittadini a raccolta in caso di pericolo o in cui si asserragliano i magistrati con gli armigeri a loro disposizione. A Firenze l'insicurezza delle case isolate, la netta separazione tra campagna e centro abitato, la ristrettezza di spazio nelle città medioevali, la necessità di costruire edifici compatti per ridurre il costo ed evitare dispersioni di calore creano questo tipo particolare di abitazione, la casa torre. La casa è in muratura, chiusa, stretta e alta come una torre; dalla muratura sporgono ballatoi e balconi in legno. Serve come abitazione per una famiglia, è divisa a più piani 4 o 5 con pochissime stanze per piano. Le comunicazioni tra i piani sono assicurate da una scaletta in legno interna. A pianterreno si trova di solito un fondaco che affaccia sulla strada; nei piani superiori sono collocate le stanze di abitazione.



La casa medioevale è una casa bottega oppure una casa ufficio, in cui vivono e lavorano il maestro con i suoi parenti, gli apprendisti, gli operai. Tutti mangiano alla stessa tavola, lavorano negli stessi locali, dormono nel salone comune, formano una famiglia. Sono case per una sola famiglia, affiancate, sviluppate soprattutto in altezza, costruite prevalentemente in legno e quindi facile preda delle fiamme, ravvicinate a seconda dei mestieri esercitati tanto che la via prende spesso il nome da essi: via dei Calzaiuoli a Firenze, via dei Baullari a Roma, ecc.











5. Abitazioni del Rinascimento

Costituite spesso da una sola stanza, in cui viveva tutta la famiglia, le abitazioni dei contadini erano ammassate in grosse borgate rurali o raggruppate in piccoli nuclei, intorno al luogo di lavoro. Generalmente basse, rudimentali e mal illuminate, erano ancor meno aerate. Spesso, nei casi più estremi, il locale-abitazione serviva anche da ricovero per alcuni animali da lavoro.

In città, le case degli operai, non superavano di certo quelle dei contadini. Basse e scomode, erano anch'esse sprovviste di ogni lusso.
Gli artigiani, invece, abitavano, di solito, case a due piani. Al pian terreno, o nel seminterrato, c'era lo spazio dedicato all'attività professionale, e nel piano rialzato, la vera e propria casa, ossia cucina, soggiorno e camera da letto di tutta la famiglia.
Si accedeva al piano rialzato direttamente dalla strada, per mezzo di una scala di legno verticale che portava su un balcone, anch'esso di legno. Gli artigiani, i cui affari miglioravano, ostentavano il loro successo economico aumentando di un piano la casa. Tre piani indicavano uno status borghese. Il primo piano era riservato alla camera da letto, il secondo al soggiorno ed il terzo alla cucina. Con la diminuzione dell'uso del legno per le costruzioni e con il perfezionamento nella costruzione della canne fumarie, a partire dal XV-XVI secolo, la cucina iniziò a spostarsi in basso. I ricchi signori avevano iniziato, già dal secolo precedente, ad investire le loro fortune nella costruzione di dimore sontuose, che competessero con la grandiosità degli edifici pubblici (cattedrali e palazzi comunali), costruiti nei secoli precedenti.
Le città italiane si riempirono dei maestosi palazzi, che ancora oggi possiamo ammirare, e fu questo processo, promosso dall'affermazione delle grandi famiglie italiane, a caratterizzare l'architettura del Rinascimento.









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