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Villa di Maser
Il Veronese preferisce affrontare dei temi
profani piuttosto che sacri perché in essi la sua fantasia può realizzarsi
senza il problema di doversi attenere all'iconografia. È il caso della Villa di
Maser che il Palladio ha appena f 121i84b inito di costruire per i fratelli Marcantonio
e Daniele Barbaro. Il tema fondamentale delle sue rappresentazioni in questa
villa è la celebrazione dell'armonia celeste
di cui sono partecipi sia i personaggi viventi della famiglia che le
divinità di un Olimpo. I dipinti rivestono completamente le pareti del salone
centrale e del vestibolo che lo precede e hanno un'intelaiatura architettonica
di impianto classicheggiante: architravi e trabeazioni,colonne corinzie
scanalate, statue e timpani si alternano con logge aperte verso le vallate
della campagna veneta esprimendo a pieno il concetto rinascimentale di
interazione tra uomo e natura. Infatti nel corridoio longitudinale dipinge una
finta loggia entro la quale dipinge paesaggi campestri amplificando
artificialmente lo spazio. Nel corridoi trasversale (
Nella sala dell'Olimpo la principale dell'edificio
egli dipinge figure mitologiche tratte dai miti classici degli dei senza
attribuire loro nessun significato educativo e rendendone le sembianze con
naturalezza come riunione di uomini e donne la cui realtà fisica è superata
dalla splendente bellezza dei corpi in uno straordinario accordo tra luci e
colori. Ogni divinità sembra grandeggiare quasi riempiendo senza respiro il suo
spazio. Nella lunetta rappresentante
Sempre nella sala dell'Olimpo sulle pareti laterali dipinge due balconi finti dove fra colonne tortili si affacciano da una parte due giovani probabilmente Francesco che legge e Almoro Barbaro con un cane e una scimmia e dall'altra la padrona di casa Giustiniana Giustiniani con la nutrice e un bimbo probabilmente il terzogenito. Le due donne si appoggiano alla ringhiera e la padrona di casa ha nelle mano destra due rose . Lo sguardo della dama è fisso, quasi abbagliato dalla luce tanto le pupille sono sgranate. La nutrice anziana ha una veste color verdone ravvivata dalla macchia del cagnolino bianco con chiazze marroni che trattiene fra le mani, la sua pelle è rugosa per l'età e abbronzata per il lungo lavoro nei campi mentre il seno il capo e le spalle sono coperte da un panno bianco. La padrona di casa è invece una giovane signora bionda con gli occhi azzurri con un viso dalla forma perfetta sottolineata dalle due perle che le pendono dagli orecchi e ripresi dalla collana è vestita con un abito celeste esaltato dalla chiara rete sulle spalle dai bianchi sboffi delle maniche e dai riflessi. Ambedue sono rappresentate in scorcio e illuminate da una luce che proviene da destra e dal basso e che ne evidenzia le caratteristiche fisionomiche e psicologiche: la nutrice è pensosa e malinconica pensando alla sua vecchiaia e l'altra esprime una sovrana bellezza giovanile. Nell'abito della Barbaro è evidente il superamento del dettaglio; il pittore non si sofferma a dipingere il dettaglio per esprimere la sua lucentezza ma accenna soltanto ad improvvisi bagliori di luce con macchie. Il Veronese si rende conto che dai molti elementi che si offrono alla nostra vista noi ne ricaviamo un'immagine d'insieme senza doversi soffermare sul minimo dettaglio: egli utilizza la tecnica compendiaria.
Infine alle pareti si aprono paesaggi che mettono in contatto l'interno con la natura circostante.
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