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Saint-Simon, Claude-Henri de Rouvroy (Parigi 1760-1825), filosofo e pensatore politico francese

storia



Saint-Simon, Claude-Henri de Rouvroy (Parigi 1760-1825), filosofo e pensatore politico francese, considerato uno dei maggiori esponenti del socialismo utopistico.

Allievo di D'Alembert, fin dalla prima giovinezza ebbe una vita avventurosa; all'età di 16 anni si recò oltre oceano a combattere a fianco degli insorti nella guerra d'indipendenza americana. Tornato in patria sostenne la Rivoluzione francese. Nelle sue opere, alcune delle quali sc 252h73c ritte in collaborazione con August Comte, che fu suo allievo, propugnò la creazione di un'organizzazione sociale retta da uomini di scienza e industriali a beneficio dell'intera popolazione. In Le nouveau Christianisme (Nuovo Cristianesimo, 1825) delineò un sistema di etica basato sulla fratellanza umana. Tra le sue opere principali si ricordano Del sistema industriale (1820-1822) e il Catechismo degli industriali (1823-24).

Saint-Simon: il pensiero

Claude-Henri de Rouvroy de Saint-Simon (1760-1825) é uno dei cosiddetti "socialisti utopistici", come li definì Marx, per contrapporli al suo "socialismo scientifico"; i socialisti utopistici, infatti, non prevedevano il raggiungimento dei loro obiettivi sociali con la rivoluzione (come sosterrà invece il socialismo scientifico di Marx), bensì progettavano a tavolino delle società utopiche e le presentavano ai ceti dominanti, sperando che essi volessero metterle in atto: ovviamente si tratta solo di un'utopia, in quanto le classi dominanti non concederanno mai quanto richiesto da questi socialisti; tuttavia il motivo per cui questo socialisti non penseranno ad un'azione rivoluzionaria, come farà invece Marx, é piuttosto semplice: a quei tempi stava appena nascendo e non aveva ancora preso piena coscienza di sè l'attore principale della rivoluzione prevista da Marx: il proletariato. Saint-Simon nacque a Parigi da nobile famiglia e, dopo aver partecipato alla guerra d'indipendenza americana e alla rivoluzione del 1789, costituì una società d'affari con il conte di Redern, si arricchì, ma successivamente sperperò i suoi beni viaggiando per l'Europa. Ormai in povertà, iniziò a comporre scritti in cui formulò i suoi progetti di riorganizzazione della società. Nelle Lettere di un abitante di Ginevra ai suoi contemporanei , pubblicate nel 1803, enunciò la tesi che le rivoluzioni scientifiche sono la causa di quelle politiche e presentò un progetto di governo dell'umanità affidato a scienziati liberamente eletti. Successivamente, nell' Abbozzo di una nuova enciclopedia (1810) sostenne che l'Enciclopedia di Diderot e d'Alembert aveva distrutto il sapere proprio dell'epoca teologico-feudale, mentre una nuova enciclopedia sarebbe stata alla base della nuova società fondata sull'industria . A delineare i tratti di questa nuova società dedicò le sue opere successive, tra le quali Il sistema industriale (1821-1822) e il Catechismo degli industriali (1823). Secondo Saint-Simon la Rivoluzione francese ha seppellito il vecchio mondo dato che ha rappresentato un' epoca critica che ha comportato la dissoluzione della precedente epoca organica , fondata sul sapere teologico e organizzata su basi feudali. La crisi é foriera non di morte, ma di salute, ovvero prepara il terreno alla costituzione di una nuova epoca organica, fondata su un corpo sistematico di credenze, diverso da quello che reggeva l'antica società: infatti il suo nucleo non può più essere fornito dalla religione; per riorganizzare la società, al posto della fede, deve subentrare la scienza . La società del passato trovava la sua legittimazione in un sistema di credenze teologiche, di cui era portatrice la classe che deteneva il potere spirituale: il clero. La società moderna é invece caratterizzata da un nuovo elemento, l'industria, sorta dal progresso scientifico e dalle sue applicazioni tecniche. Nella nuova epoca industriale, il cui scopo sono le attività produttive, la posizione che nelle precedenti società aristocratiche, fondate sulla guerra, era occupata dalla nobiltà feudale, é ora assunta dalle nuove classi produttive. Saint-Simon a tal proposito conduce un'aspra critica contro le vecchie classi oziose e parassitarie (clero, nobiltà, esercito), paragonate ai fuchi dell'alveare contrapposti alle api operose. Inoltre, va notato che per industria Saint-Simon intende qualsiasi attività produttiva e, pertanto, non solamente la manifattura, ma anche il commercio e l'agricoltura. Nella nuova epoca il potere temporale é destinato a passare nelle mani della nuova classe degli industriali, i quali essendosi mostrati capaci di dirigere la produzione nei vari settori ed essendo i legittimi rappresentanti degli interessi di tutte le classi produttrici, devono anche assumere la direzione della vita pubblica, in virtù di un potere fondato non sulla costrizione, ma sul consenso. Infatti, tra i membri delle classi produttive, Saint-Simon colloca anche gli scienziati (riprendendo in parte le teorie di Francesco Bacone), costruttori e portatori del nuovo sistema di credenze fondato sui metodi e sui risultati delle scienze positive: nelle loro mani é ora il potere spirituale, detenuto in precedenza dal clero parassitario. Ma la scienza é, per sua stessa costituzione, universale e pacifica, cosicchè la nuova società industriale fondata su di essa avrà anch'essa i caratteri dell'universalità, ossia sarà propria dell'umanità intera e sarà contrassegnata dalla coesistenza di ordine e di progresso, ovvero da una forma di progresso pacifico , senza violente fratture rivoluzionarie. Saint-Simon negava dunque al conflitto una funzione positiva e permanente all'interno della società, considerandolo soltanto un aspetto transitorio dello sviluppo storico, e faceva proprio un modello organico di società, contemporaneamente teorizzato da Maistre e da Bonald. Anche per lui si trattava di restaurare l'ordine sociale frantumato dalla rivoluzione, tornando a una forma di solidarietà reciproca e, insieme, gerarchica fra tutti i membri del corpo sociale, legittimata da un sistema di credenze condivise da tutti. Ma mentre per Maistre e Bonald il modello era dato dalla società organica medioevale, caratterizzata da una comune fede religiosa e da un'unica autorità suprema, il papa, capo della Chiesa, per Saint-Simon la scienza e l'industria erano destinate ad essere le nuove depositarie del potere temporale e spirituale. Si trattava però di un processo non ancora giunto a compimento, cosicchè diventava necessaria la costituzione di un partito industriale che operasse in vista della definitiva affermazione della società industriale, organizzata sulla base del sapere scientifico, inarrestabile e inattaccabile da crisi o conflitti. Ma nel tratteggiare la sua società tecnocratica, Saint-Simon commette un grave errore: egli infatti si scaglia contro i ceti parassitari e sostiene che la società debba essere amministrata dagli "industriali", ovvero dagli imprenditori e dai lavoratori, senza differenza: Saint-Simon non vede quello scontro di classe tra proletariato e borghesia che sta alla base della società moderna e che Marx vedrà benissimo. Nell'ultima fase della sua attività, specialmente con Il nuovo cristianesimo (1825), Saint-Simon darà un'accentuazione religiosa alle sue teorie, interpretate come un ritorno al vero cristianesimo, fondato sull'amore del prossimo e particolarmente attento alla sorte delle classi meno abbienti. Era in qualche modo necessario competere con i forti appelli alla religione che provenivano dai pensatori tradizionalisti. Su questa linea, prettamente religiosa, ispirata ad una religione dell'umanità più che del singolo, si sarebbero mossi alcuni seguaci di Saint-Simon, soprattutto Barthélémy-Prosper Enfantin (1796-1866), che avrebbe organizzato addirittura una sorta di chiesa sansimoniana, con i suoi riti e una propria gerarchia. Ma il sansimonismo penetrò profondamente in Francia anche nella mentalità dei nuovi ceti imprenditoriali e finanziari, influendo così sulla costruzione di banche e sui progetti di costruzione di ferrovie e dei canali di Suez e di Panama.




Socialismo utopistico Usata inizialmente agli inizi dell'Ottocento dai detrattori delle teorie socialiste, l'espressione fu ripresa da Karl Marx e Friedrich Engels nel Manifesto del Partito comunista per sottolineare l'inadeguatezza di una filosofia politica che, benché in grado di delineare un sistema sociale ideale da contrapporre a quello capitalistico e individualistico, non basasse la strategia politica di emancipazione del proletariato su un'analisi scientifica dell'economia e della società.

Il socialismo utopistico degli inizi del XIX secolo riprese e rielaborò i principi di eguaglianza e di giustizia sociale già presenti nella Rivoluzione francese in una grande varietà di modelli politici e sociali. Il denominatore comune di questi modelli, scaturiti dal doppio influsso della Rivoluzione francese e della rivoluzione industriale, risiedeva nella convinzione che la concentrazione incontrollata delle ricchezze private e la concorrenza portassero inevitabilmente a un aumento della povertà e a crisi economiche ricorrenti. Pertanto, secondo i socialisti utopisti, il sistema capitalistico e individualistico andava sostituito con un altro sistema sociale nel quale l'organizzazione della produzione e degli scambi scongiurasse la miseria, abolisse lo sfruttamento e redistribuisse i beni compatibilmente con il principio egualitario.



Marx ed Engels rimproveravano ai precursori del socialismo (tra cui Henri de Saint-Simon, Charles Fourier e Robert Owen) l'incapacità di riconoscere nella contraddizione oggettiva tra sviluppo delle forze produttive e rapporti sociali di produzione le condizioni necessarie alla realizzazione degli obiettivi socialisti.

La speranza di una società migliore è al centro della maggior parte delle costruzioni filosofiche utopistiche a partire da Thomas More, che fu il primo a prefigurare i principi organizzativi di una società basata sull'abolizione della proprietà privata e ne immaginò la realizzazione nell'isola di Utopia, denominazione di derivazione greca che significa "nessun luogo". Nel Novecento, l'utopia è stata rivalutata dal filosofo marxista tedesco Ernst Bloch, che, nella sua opera Il principio speranza (1954-1959), l'ha considerata forza propulsiva reale della storia e ne ha dimostrato la persistenza nelle coscienze contemporanee attraverso l'analisi dei miti collettivi quotidiani.







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