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La prima Guerra Mondiale - Le origini della "Grande Guerra"

storia



La prima Guerra Mondiale


Le origini della "Grande Guerra"

La Prima Guerra Mondiale, o come fu anche chiamata, la "Grande Guerra", perché mai si era visto un tale spiegamento di uomini e di mezzi in un conflitto che impegnò gli Stati più potenti del pianeta, scoppiò nel 1914.

Essa fu lo sbocco delle tensioni che già sul finire del XIX secolo si erano acuite  fra le grandi potenze europee. Nei primi anni del XX secolo il mondo si era più volte trovato sull'orlo di una conflagrazione mondiale, a fatica evitata. Diversi fattori avevano contribuito a determinare questa situazione.

In primo luogo il carattere aggressivo dell'imperialismo e i contrasti fra gli Stati industrializzati, concorsero a creare uno stato di generale instabilità internazionale. La corsa agli armamenti, l'esasperato nazionalismo e le spinte belliciste erano l'inevitabile conseguenza di questa situazione.

In Europa, i tradizionali antagonismi ripresero vigore per la politica estera dell'Imperatore di Germania Guglielmo II, che rivendicava al suo paese una politica mondiale. Gli equilibri europei e internazionali si ruppero e il vecchio sistema di alleanze  fu sostituito da due blocchi contrapposti: la Triplice Alleanza, che dal 1882 univa la Germania, l'Impero austro-ungarico e l'Italia, e la Triplice Intesa, che dal 1907 vedeva la collaborazione di Francia, Russia e Gran Bretagna. Da sottolineare che la Triplice Alleanza aveva un cattare esclusivamente difensivo e prevedeva l'entrata in guerra degli alleati solo nel caso di attacco da uno di essi.



Da alcuni anni ormai il succedersi di gravi crisi internazionali faceva prevedere lo scoppio di un conflitto di dimensioni europee, conflitto che nessuna delle grandi potenze seppe o volle veramente evitare.

L'irrisolta Questione d'Oriente aveva fatto dei Balcani la "polveriera d'Europa". Infatti, il disfacimento dell'Impero Ottomano aveva messo in m 545d31f ovimento i vari nazionalismi dell'area balcanica, determinando uno stato di continua agitazione Questo continuo inasprirsi dei rapporti internazionali nei Balcani sfociò nella prima e seconda guerra balcanica (ottobre 1912 e giugno 1913). In seguito alla sconfitta della Turchia con l'Italia (1912), Grecia, Serbia, Montenegro, Bulgaria e Romania, nel 1912, si coalizzarono per occupare le ultime terre rimaste all'Impero Ottomano in Europa. Dopo la vittoria, sorsero però contrasti fra questi stati per la spartizione dei territori occupati, che portarono alla seconda guerra balcanica (1913), conclusasi con la pace di Bucarest. Ma la pace deluse un po' tutti, in particolare la Serbia, che aspirava ad uno sbocco sul Mar Adriatico. Rivalità e gelosie, alimentate dal tradizionale contrasto fra la Russia, protettrice della Serbia, e l'Austria, mantenevano tesa la situazioni nei Balcani, determinando una permanente minaccia per la pace.

Alla vigilia del primo conflitto mondiale, attendevano ancora una soluzione i problemi relativo a quelle minoranze nazionali che si trovavano sotto dominazione straniera.


L'attentato di Sarajevo

Il 28 giugno 1914, l'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono dell'Impero austro-ungarico, fu ucciso da due colpi di pistola a Sarajevo, in Bosnia-Erzegovina. L'attentatore era uno studente bosniaco, che apparteneva ad un gruppo irredentista chiamato "La mano nera", la cui attività sembrava non essere ignota al governo della Serbia, da tempo sostenitore di ogni attività antiaustriaca.

L'attentato di Sarajevo fu la scintilla che fece esplodere la "polveriera d'Europa", i Balcani. A quel punto si mise in moto un meccanismo perverso che portò alla Prima Guerra Mondiale.

L'Austria-Umgheria, sostenuta dalla Germania, inviò un duro ultimatum di 48 ore alla Serbia, che ebbe immediatamente l'appoggio della Russia, sua alleata. La Serbia non respinse l'ultimatum, ma rifiutò d'accettare quei punti che limitavano la sua sovranità nazionale e l'Austria le dichiarò guerra.

La Russia, come alleata, non poteva tirarsi indietro e il 28 luglio 1914 ordinò la mobilitazione generale del proprio esercito per intervenire in appoggio alla Serbia.

La Germania sentitasi minacciata dalla Russia, il 1 agosto le dichiarò guerra. Due giorni dopo la Germania dichiarò guerra anche alla Francia.

I tedeschi per meglio attaccare la Francia, decisero di invadere il Belgio, che era neutrale. La Gran Bretagna, legata da un trattato di alleanza alla Francia entrò a sua volta il 5 agosto in guerra a fianco della Francia e della Russia.

L'Italia, in un primo momento, rimase neutrale.

Nel giro di pochi giorni  gli effetti dell'attentato di Sarajevo portarono ad un conflitto generale che provocò milioni di morti ed immani rovine. Era accaduto che tutte le tensioni, i motivi di conflitto fra gli Stati, la corsa agli armamenti, i deliri nazionalistici degli anni a cavallo fra i due secoli sfociassero in una guerra che tutti attendevano e che nessuno impedì.

Francesi e Inglesi, Russi, Tedeschi, Austriaci, si recarono al fronte nella speranza che la guerra sarebbe stata breve. Ma le cose andarono ben diversamente. La Grande Guerra durò dal 1914 al 1918 e il volto dell'Europa cambiò radicalmente punto.


1914: dalla guerra di movimento alla guerra di trincea.

Allo scoppio delle ostilità, fra i due blocchi contrapposti prevaleva l'efficienza delle forze armate tedesche ed austriache. Infatti la Gran Bretagna, che arruolava solo volontari, potè inviare un esercito numericamente scarso e la Francia non era preparata al conflitto. Questa inferiorità militare era compensata dall'efficiente apparato industriale e della grande quantità di materie prime di cui i paesi potevano disporre. La Russia poteva mettere in campo soltanto sterminate masse di uomini, male armati e male equipaggiati.

Gli Imperi centrali (Germania e Impero austro-ungarico) avevano inoltre il vantaggio di rappresentare un blocco geograficamente omogeneo e di avere un comando militare unificato, che facilitava le scelte strategiche. La Germania, in particolare, disponeva di un esercito considerato il più forte del mondo. La Germania aveva da tempo messo a punto una strategia, in previsione di una guerra da combattersi contemporaneamente su due fronti, quello russo e quello francese. Il "piano Schlieffen" prevedeva che l'esercito tedesco, con grande rapidità, investisse prima la Francia, attaccandola ai confini con il Belgio. Sconfitta la Francia, le truppe tedesche si sarebbero rovesciate contro la Russia. Con precisione e rapidità, il piano fu interamente applicato.

I Tedeschi invasero il Belgio (neutrale) e penetrarono in profondità nel territorio francese, minacciando da vicino Parigi. I Francese però arrestarono la loro ritirata e opposero una disperata resistenza sulla Marna, riuscendo a respingere il nemico fino alle Ardenne. A questo punto l'esercito francese rinforzò le proprie linee di fronte all'offensiva tedesca. Vennero scavate trincee, stesi impenetrabili reticolati di filo spinato e preparati nidi di mitragliatrici. La guerra di movimento era finita e iniziava una dura guerra di logoramento.

La Grande Guerra prendeva così il suo volto caratteristico: un immane sterminio consumato tra due trincee contrapposte, per conquistare pochi metri di terreno.

A est, i Russi, nell'agosto del 1914, venivano sconfitti dai Tedeschi, mentre un'altra grande potenza entrava in guerra al fianco dell'Intesa: il Giappone. La Turchia si schierava invece con gli Imperi centrali.


23 maggio 1915:  entrata in guerra d'Italia

Quando l'Austria dichiarò guerra alla Serbia, l'Italia era rimasta neutrale, e con pieno diritto dal momento che l'Austria non aveva informato l'Italia delle sua intenzioni belliche e soprattutto non aveva comunicato neppure il testo dell'ultimatum alla Serbia. L'Italia poteva così ritenersi sciolta dai vincoli contratti con gli alleati della Triplice Alleanza.

Il Paese si divise immediatamente fra neutralisti e interventisti. Il governo intanto cercava di vendere a caro prezzo la propria neutralità. In cambio del non intervento chiedeva la sovranità sul Trentino e sul Friuli Venezia Giulia. L'Austria si dimostrò poco disposta a queste richieste. Maggior successo ebbero allora le trattative segrete che l'Italia intraprese con l'Intesa e che si conclusero il 26 aprile del 1915 con il Patto di Londra. L'Italia, modificando repentinamente la propria posizione internazionale assunse l'impegno di entrare in guerra contro l'Austria e la Germania, a fianco di Francia, Inghilterra e Russia. In cambio avrebbe ottenuto oltre al Trentino e a Trieste, La Dalmazia fino a Fiume, le isole del Dodecaneso e l'Alto Adige.

Mentre il governo italiano capeggiato da Salandra proseguiva i contatti con i paesi belligeranti, in Italia si scontravano aspramente i neutralisti, contrari a qualsiasi intervento in guerra, e gli interventisti, che sostenevano la necessità del nostro ingresso nel conflitto.

Erano interventisti i liberali conservatori, come Salandra, i nazionalisti, i socialisti irredentisti e parte del mondo industriale e finanziario.

I neutralisti erano i cattolici, con alla testa Papa Benedetto XV,i socialisti di Turati e i liberali come Giolitti, il quale sosteneva che l'Italia avrebbe ottenuto molto di più, contrattando con i paesi belligeranti la propria neutralità. Decisiva a questo punto fu l'azione della Monarchia: Vittorio Emanuele III concesse pieni poteri a Salandra, e il 24 maggio del 1915 l'Italia entrò in guerra a fianco dell'Intesa.


1915-1916: la guerra totale   

Nel corso del 1915 tutti i tentativi degli eserciti in guerra per spezzare il fronte nemico fallirono. Negli aspri combattimenti caddero centinaia di migliaia di uomini senza che nessuno ottenesse risultati strategici importanti.

Sul fronte orientale, i Tedeschi, dopo aver conseguito nel corso del 1914, due importanti vittorie contro i Russi, a Tannemberg e ai Laghi Masuri, erano riusciti a cacciare l'esercito zarista dalla Polonia e a sconfiggere la Serbia . 

Sul fronte occidentale Francesi, Inglesi e Tedeschi si logoravano in una sanguinosa guerra di posizione.

Anche l'Italia vide ben presto svanire le speranza di una rapida soluzione del conflitto. Il generale Cadorna aveva sferrato una sanguinosa offensiva sul fiume Isonzo, ma gli austro-ungarici erano riusciti a contenerla. Da quel momento anche in Italia la guerra diventò di trincea.

Il disagio della guerra si fece sentire anche in campo economico e i vari stati si dovettero organizzare per fronteggiare la grave crisi e i sacrifici da sopportare divennero pesantissimi per tutti.

Per tutto il 1916 la situazione non cambiò in modo apprezzabile. In Francia si ebbe una tremenda carneficina nel corso dell'offensiva tedesca a Verdun, fallita, e dalla controffensiva inglese sulla Somme, ugualmente fallita.

In Italia l'esercito passò all'offensiva con quella che essi chiamarono "spedizione punitiva" (per punirci in quanto avevamo "tradito" l'alleanza). Gli Italiani riuscirono a respingere l'attacco, ma le perdite furono ingenti.


1917: l'anno decisivo.

Il 1917 determinò una svolta decisiva nel conflitto

Gli Stati Uniti d'America scesero in guerra a fianco dell'Intesa

Il regime zarista crollava

Le manifestazioni di insofferenza nei confronti della guerra si manifestavano in tutti i paesi belligeranti.

L'America si decise ad intervenire per stroncare la guerra sottomarina intrapresa nell'Atlantico dai Tedeschi e, il 2 aprile 1917, il presidente americano Wilson dichiarò guerra alla Germania.

L'appoggio americano compensò largamente gli alleati dell'uscita della Russia dal conflitto, in seguito allo scoppio di una rivoluzione che aveva rovesciato il regime zarista.

La guerra aveva messo a nudo l'estrema debolezza dell'Impero degli zar , fondato su un'economia essenzialmente agricola e povera, e su un potere politico troppo autoritario. Così, nel marzo del 1917, a seguito di violenti scioperi contro il regime zarista, ai quali parteciparono anche le stesse truppe inviate a ristabilire l'ordine, lo zar Nicola II fu costretto ad abdicare. L'esercito russo continuò a combattere ma lo stato di marasma in cui era precipitato il paese, la dissoluzione dell'esercito, con i soldati che abbandonavano i propri reggimenti per tornarsene a casa, i continui scioperi e la debolezza politica, portarono nell'Ottobre il partito bolscevico, guidato da Lenin, ad insorgere e ad assumere il potere (rivoluzione d'Ottobre). Lenin, nel dicembre, firmò un armistizio con i Tedeschi e nel marzo del 1918 firmò la pace di Brest-Litovsk con gli imperi centrali. La Russia usciva dal conflitto mondiale e si apprestava ad affrontare una grave e lunga crisi politica interna.

Il 1917 fu un anno estremamente difficile per tutti gli stati coinvolti nel conflitto. Le popolazioni civili non riuscivano più ad affrontare i durissimi sacrifici della guerra e a sostenere moralmente ed economicamente i soldati. La crisi sociale sfociò in una serie di scioperi in Francia, in Inghilterra, in Austria, in Germania e in Italia.


L'Italia e la sconfitta di Caporetto.

Alla fine di ottobre del 1917 , l'Italia subì una pesante disfatta militare sull'Isonzo, presso il paese di Caporetto. L'esercitò austriaco riuscì a sfondare le linee italiane e a penetrare in profondità nel Friuli. La ritirata italiana si trasformò in una rotta terribile: quasi tutta l'artiglieria fu persa e i morti e i feriti furono decine di migliaia. La "rotta" di Caporetto testimoniò non solo la disorganizzazione e l'incapacità strategica dei comandi militari, ma anche lo sbandamento morale e la mancanza di compattezza delle truppe italiane. Solo grazie ad uno sforzo disperato, l'esercito italiano, guidato dal generale Armando Diaz, che aveva preso il posto di Cadorna, riuscì ad arrestare l'offensiva nemica sul Piave. Si formò un nuovo governo di solidarietà nazionale, con Vittorio Emanuele Orlando in testa.


1918: la vittoria degli Alleati e il crollo degli Imperi centrali

Nella primavera del 1918 l'esercito tedesco sferrò una grande offensiva per cercare di piegare la Francia prima che si completasse l'arrivo delle truppe americane. L'offensiva tedesca ebbe inizialmente successo, giungendo fino alla Marna e minacciando Parigi.

Ma dal luglio del 1918 gli alleati passarono alla controffensiva, grazie anche all'appoggio di più di un milione di soldati americani. Lentamente i Tedeschi cominciarono a ritirarsi, abbandonando il nord della Francia e del  Belgio mentre ad oriente un'offensiva francese costrinse la Turchia a chiedere l'armistizio. L'esercito italiano riprese a sua volta l'iniziativa militare e gli austriaci furono pesantemente sconfitti a Vittoria Veneto. Gli Austro-ungarici ripiegarono rovinosamente mentre Ungheresi e Cecoslovacchi disertavano in massa. Era la fine dell'impero austro-ungarico, il 3 novembre 1918 fu firmato l'armistizio presso Padova a Villa Giusti.

A questo punto anche per il Secondo Reich tedesco  la guerra era perduta. L'ammutinamento della flotta, i moti rivoluzionari in Baviera e a Berlino costrinsero Guglielmo II ad abdicare mentre un social democratico Friederich Ebert era nominato a capo del governo. La nuova repubblica tedesca inviò una delegazione al quartier generale alleato per firmare l'armistizio. Era l'11 novembre 1918: la guerra era finita.


La conferenza di pace di Parigi

Il 18 gennaio 1919, a Versailles, si aprì una grande conferenza di pace. Erano presenti gli Stati vincitori: Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e Italia. I vinti non furono invitati e vennero convocati solo per la firma sui vari trattati posti dai vari vincitori.

All'inizio si discusse sul programma del presidente degli Stati Uniti Wilson che si articolava su quattordici punti. Il principio fondamentale del programma era la democrazia e l'autodeterminazione di tutti i popoli. Ben presto però tutto questo si rivelò un'utopia e prevalse la volontà di "punire" i paesi sconfitti, ritenuti colpevoli di aver scatenato la guerra e di assicurare ai vincitori ingrandimenti territoriali. Questa "pace punitiva" sconvolse la carta politica dell'Europa. Otto nuovi stati sorsero sul vecchio continente: le Quattro repubbliche Baltiche (Finlandia, Estonia, Lettonia e Lituania); la Jugoslavia, l'Ungheria, l'Austria e la Cecoslovacchia (nate dalle rovine dell'impero austro-ungarico).

L'Italia,ottenne meno di ciò che si aspettava: il Trentino, Alto Adige, la Venezia Giulia e l'Istria.

Particolarmente dure furono le condizioni imposte alla Germania con il Trattato di Versaille (28 giugno 1919). La Germania restituì alla Francio l'Alsazia e la Lorena, alla Polonia la Posnania e un corridoio di accesso al Mar Baltico. Fu privata delle sue colonie e fu costretta a pagare i danni di guerra alle potenze vincitrici. La cifra delle "riparazioni" stabilite dagli Alleati era enorme: 132 miliardi di marchi-oro. Infine, per toglierle ogni velleità di rivincita le fu imposto di rinunciare ad una marina militare, mentre l'esercito, privato di mezzi blindati e di aviazione, non doveva superare i 100.000 uomini.


L'Impero austro-ungarico e la Germania uscivano così sconfitti ( e l'Impero asburgico addirittura cancellato) dalla Prima Guerra Mondiale. Il prezzo pagato, in particolare dall'Europa, in perdite umane e in distruzione delle risorse, fu altissimo. I morti furono 8 milioni e mezzo e i feriti con gravi mutilazione più di 20 milioni.

La Francia doveva ricostruire 290.000 abitazioni, 60.000 km di strade e rimettere a cultura oltre 3 milioni di ettari, devastati dalle operazioni militari. Ma la Prima Guerra Mondiale fu soprattutto lo spartiacque tra due epoche storiche, segnando una profonda frattura nella storia europea e mondiale e dando inizio alla storia del XX secolo. Gli stati europei, che avevano iniziato il conflitto per assicurarsi l'egemonia sul pianeta, persero il loro ruolo politico di assoluta preminenza a vantaggio di potenze come gli Stati Uniti d'America.

Scomparivano dalla scena politica gli Imperi autoritari e autocratici e si affermavano le democrazie liberali. In Russia nasceva un nuovo modello rivoluzionario.

Infine nasceva la Società delle Nazioni che rappresentava una speranza di pace.






















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