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Il business politico della Riforma - La compenetrazione tra politica e religione nella società cinquecentesca

storia



Il business politico della Riforma

La compenetrazione tra politica e religione nella società cinquecentesca


A lungo la storiografia tradizionale ha ritenuto che la Riforma protestante e la conseguente rottura dell'unità del mondo cristiano siano nate da una reazione agli abusi ecclesiastici, alla eccessiva mondanizzazione della Chiesa, alla corruzione del clero e agli eccessi della fiscalità pontificia, condannata dai contemporanei come ingiusta e simoniaca. In realtà, pur 252e45c non negando la validità di ognuno di questi motivi, ritengo che il problema delle origini della Riforma vada cercato in un più ampio quadro di riferimenti culturali, sociali e politici e in un contesto più generale di crisi religiosa interna alla Chiesa stessa.

È vero che la Riforma va intesa come espressione dell'esigenza di una nuova religiosità e dell'aspirazione di larghi strati di fedeli al ritorno alla semplicità originaria della vita cristiana, ma è importante non fermarsi semplicemente a questa sola interpretazione degli eventi, analizzandoli al contrario in una prospettiva più ampia.


Se ne fanno promotori uomini di Chiesa, come Martin Lutero, monaco agostiniano, o Huldrych Zwingli, anch'egli sacerdote, le cui ansie di rinnovamento trovano una vasta eco in molte regioni d'Europa. Dalla lontana Sassonia la parola di Lutero arriva in Svizzera, in Danimarca, in Svezia, ma anche in Italia, sede del papato, e non estranea ad un autoctono movimento riformatore. Come ricorda E. Campi, la Riforma è infatti un fenomeno variegato e di dimensioni continentali che inizia in Germania per poi diffondersi in tutta Europa, soprattutto con l'aiuto della stampa, che ha un ruolo determinante per la circolazione delle nuove idee.  Si tratta quindi di un movimento di carattere europeo; nell'arco di qualche decennio, in modi diversi e in misura certo assai variabile, investe infatti il Vecchio continente, traducendosi nella costituzione di nuove Chiese, ognuna con la sua dogmatica e i suoi rituali, che ne distruggono l'antica unità religiosa e lo dividono in due aree: quella rimasta cattolica e quella protestante che comprende la Scandinavia, gran parte della Germania e della Svizzera, i Paesi Bassi e l'Inghilterra. Non ne rimangono estranei nemmeno paesi di forte e consolidata tradizione cattolica, come la Francia, l'Italia e la Spagna.




Ma ciò che mi preme sottolineare è il sottilissimo legame che si viene a creare nel cinquecento europeo, secolo non a caso designato dagli storici come inizio dell'età moderna, fra società e religione.  Non è possibile infatti, a mio parere, tracciare una linea di confine tra le due cose, in quanto la Riforma non è semplicemente il risultato di un'accesa disputa teologica, ma è intrisa di aspetti spiccatamente politici. Significato e modalità di diffusione della Riforma appaiono infatti strettamente legati alla struttura politica delle regioni in cui si sviluppa, ragion per cui la frattura tra mondo cattolico e protestante non è causata da cause puramente religiose.

Spesso si tende a non dare il giusto peso a questa  "complementarità" fra ambito politico e religioso, invece, a parer mio, se ci fossero stati soltanto motivi di carattere teologico, probabilmente non si sarebbe arrivati a una divisione così netta fra le due correnti di pensiero, e magari sarebbe stata anche fattibile anche una conciliazione. In realtà un intero mondo si cela dietro alla disputa spirituale, che diventa la scusa per interessi "di natura laica" (se consideriamo tali ricchezza e potere).


Il concilio di Trento, con il protesto di consolare le anime afflitte dal peso delle colpe e di condurre la coscienza  individuale sulla strada provvidenziale, aveva riaffermato e dogmatizzato il potere di confessare.

Come afferma A. Prosperi, la confessione, intesa dai cattolici come tribunale delle colpe in una dimensione autoritaria, diviene infatti momento di verifica dell'ortodossia e, di conseguenza, il confessore assume un potere decisionale: è un vero e proprio giudice. In questo modo anche i sacramenti stessi acquistano le caratteristiche di uno strumento politico.


La Riforma inoltre nasce nel grande alveo della cultura europea. Un filo sottile ma profondo unisce infatti il protestantesimo al grande movimento culturale rinascimentale.

L'umanesimo, con la sua aspirazione a un ritorno alle fonti,  con il suo richiamo alla purezza evangelica e a una religione non mascherata da vane superstizioni, aveva non solo inferto un duro colpo all'autorità della Chiesa quanto soprattutto creato le condizioni perché la cultura europea assimilasse i motivi di protesta della Riforma.


La Riforma non avrebbe avuto comunque successo se a essa non si fossero intrecciate anche motivazioni politiche. Persino in Italia, dove comunque il movimento protestante assume dimensioni di portata molto minore che altrove, si svolgono avvenimenti significativi al riguardo, come infatti ricorda la presenza del fiorentino Vermigli e del bergamasco Zanchi nell'incisione olandese a cui fa riferimento Campi.

A Firenze la predicazione del frate Girolamo Savonarola solleva un'ondata di protesta popolare contro il papa e contro la corruzione dei costumi del clero. Altrove l'intreccio tra religione e politica è ancora più evidente. Nei principati territoriali della Germania, nelle città svizzere e ancor più nella Chiesa anglicana risulta determinante per l'affermazione della Riforma l'interesse degli Stati moderni a secolarizzare i beni ecclesiastici e a estendere la propria autorità anche alla sfera religiosa ed ecclesiastica.


Se da un lato quindi, come dice G.Huppert, il cinquecento è caratterizzato dalla nascita del business della guerra per via del tramonto della cavalleria, sostituita da eserciti mercenari che combattevano per un compenso, dall'altro , per tutte le argomentazioni di cui ho già trattato, si può fare lo stesso tipo di ragionamento anche per quanto riguarda la religione. Alle soglie dell'età moderna diviene anch'essa un business, spingendosi molto al di là del semplice movente teologico.


In conclusione, la Riforma è al tempo stesso fenomeno religioso, culturale e politico.

Partito da una sentita e profonda istanza di reazione al deterioramento ecclesiastico e pontificio e da una più generale crisi di identità religiosa che travaglia tutta l'Europa moderna, il protestantesimo finisce col formulare una nuova intuizione dell'uomo e della sua spiritualità e una religione più adatta ai nuovi bisogni e alle mutate condizioni della vita sociale del Cinquecento, questo secolo così difficile da definire per le sue infinite sfaccettature.

Per finire, se ha un significato considerarci contemporanei, o addirittura post-contemporanei, è comunque con la modernità cinquecentesca che dobbiamo confrontarci, sia per sapere chi siamo, sia per sapere in che senso ci riteniamo diversi.







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