Caricare documenti e articoli online 
INFtub.com è un sito progettato per cercare i documenti in vari tipi di file e il caricamento di articoli online.


 
Non ricordi la password?  ››  Iscriviti gratis
 

Relazione di laboratorio sull'elettricità

fisica



Relazione di laboratorio sull'elettricità

I primi fenomeni elettrici furono scoperti in Grecia circa nel V sec a.C. dove era noto che l'ambra se sottoposta a strofinio poteva attrarre corpi piccoli e leggeri come pagliuzze, pezzettini di stoffa, di legno ecc.; il nome greco dell'ambra era electron ed è appunto da questo che tali fenomeni hanno preso il nome di fenomeni elettrici. Nel 1600 d.C. William S. Gilbert dopo essersi interessato del magnetismo, si occupa delle proprietà dell'ambra che riscontra anche in altre sostanze come il vetro, lo zolfo, la cera di Spagna, l'allume ecc...; raccolse tutte le informazioni che si avevano su questi fenomeni in un libro che pubblicò per sollecitare gli scienziati suoi contemporanei a studiarli più a fondo. Successivamente, verso il 1670 Otto von Guericke, celebre per aver inventato la macchina pneumatica e avere realizzato con questa la celebre esperienza degli emisferi di Magdeburgo, realizza anche la prima macchina elettrostatica per produrre l'elettricità. Descrive questa macchina negli Experimenta nova (ut vocantur) Magdeburgica (Amsterdam 1672).



La macchina impiegava una sfera di zolfo che era fatta girare con una manovella; la sfera veniva sfregata con un panno tenuto con le mani e così si caricava di elettricità. Guericke per primo osserva il fenomeno luminoso che accompagna lo sfregamento del globo e che un corpo leggero, attirato dal globo elettrizzato, appena lo tocca viene subito respinto. Nel 1709 il fisico inglese Hawksbee, curatore degli esperimenti della Royal Society Londinese, costruisce una macchina più potente con due cilindri coassiali di vetro dei quali quello più interno è evacuato dall'aria.

Il fisico inglese realizza anche una seconda macchina costituita da una sfera di vetro che viene frizionata con le mani.

In tutti gli esperimenti l'elettricità viene prodotta preferibilmente con tubi di vetro elettrizzati per sfregamento con panni, in genere di lana, sebbene già esistessero le macchine elettrostatiche con globi zolfo di Guericke e quelle con globi di vetro di Hawksbee

Christan August Haüsen di Lipsia è stato il primo scienziato che ha avuto l'idea di sostituire i tubi di vetro con un globo dello stesso materiale, elettrizzato dallo sfregamento delle mani e messo in rotazione con una ruota, secondo quanto aveva suggerito uno dei suoi allievi di nome Litzendorf. L'elettricità veniva raccolta da un ragazzino, sospeso al soffitto in posizione orizzontale mediante corde di seta isolanti. La macchina è descritta nell'opera Novi perfectus in historia electricitatis (Lipsiae 1743).

La presenza del corpo umano con le funzioni di serbatoio di cariche è un elemento comune a molte macchine elettrostatiche dell'epoca.

Mathias Boze, verso il 1733. La macchina che propone è costituita da un globo di vetro cavo all'interno messo in rotazione da una manovella. Il globo è sfregato dalla mano dell'operatore per elettrizzarlo. L'elettricità prodotta è raccolta da un conduttore metallico la cui capacità serve da serbatoio delle cariche. La macchina di Boze fu imitata da molti scienziati.

Johann Heinrich Winkler (1703 - 1770), professore di lingua greca e latina all'università di Lipsia, nella sua macchina elettrostatica, seguendo le indicazioni di un tornitore di Lipsia, di nome Giessing, fa girare il globo di vetro per mezzo di un pedale come quello adoperato dai tornitori di legno. La velocità di rotazione del globo era di circa 180 giri al minuto. Tuttavia la modifica più importante apportata da Winkler è quella dell'introduzione di due cuscinetti di lana premuti sul globo o sul cilindro mediante in quali il globo (o il cilindro) viene sfregato. L'introduzione del cuscinetto fisso al posto della mano dell'operatore non fu accettata da tutti; in particolare in Francia si credeva che l'elettricità così prodotta fosse più lenta e si continuò a preferire la mano ben asciutta. Su questa posizione era sostanzialmente l'abate Nollet, professore di fisica al collegio di Navarre.

Andreas Gordon (1712-1751), monaco benedettino scozzese e professore di filosofia all'università di Erfur,t sostituì il globo di vetro con un cilindro dello stesso materiale; il cilindro, che aveva un diametro di 4 pollici e una lunghezza di 8 pollici, veniva fatto girare con un archetto come nella macchina di Winkler. La macchina di Gordon, che ebbe larga diffusione in Inghilterra, produceva effetti molto intensi e poteva essere frizionata anche con un cuscinetto. Ben presto i costruttori inglesi apportarono talune modifiche alla macchina di Winkler.

Verso il 1750 Adams sostituisce l'archetto per la rotazione del cilindro con una ruota dentata che ingranava con uno stantuffo fisso sull'albero del cilindro stesso; un corpo metallico cilindrico, sospeso da cinghie isolanti al supporto della macchina, immagazzinava le cariche elettriche che raccoglieva mediante due strisce di metallo.

Le macchine con il globo di vetro o con il cilindro furono ben presto abbandonate in quanto presentavano il difetto di scoppiare facilmente tra le mani dell'operatore.

Un'altra macchina che impiegava un cilindro di vetro è quella progettata nel 1782 dal fisico inglese Nairne su imitazione dell'apparecchio impiegato a Londra da Tiberio Cavallo.

La macchina di Nairne fornisce elettricità dei due segni secondo che si fa comunicare al suolo uno dei due conduttori cilindrici posti a lato del cilindro e che raccolgono le cariche da questo per mezzo di punte.

Nel 1784 viene impiegato per la prima volta un disco di vetro al posto del cilindro da Martinus van Marum, fisico e chimico olandese, scopritore dell'ozono che produsse mediante scariche elettriche in aria; le scariche elettriche ovviamente erano prodotte dalla sua macchina.

La macchina aveva due archi di sottile tubo di ottone, il primo recava in cima due cuscinetti che frizionavano sul disco; l'altro raccoglieva le cariche ed era collegato ad una sfera di metallo. Ruotando tra loro i due archi si ottenevano cariche di segno opposto.

Nel 1766 anche Jesse Ramsden, rinomato costruttore inglese di strumenti ottici di grande pregio, realizza una macchina elettrostatica che impiega al posto del cilindro di vetro un disco dello stesso metallo che fa frizionare da 4 cuscinetti imbottiti che aderivano al disco con molle.

Ricordiamo che le macchine elettrostatiche di Ramsden ebbero grande diffusione anche nel nostro paese; anche Alessandro Volta per le sue esperienze di elettrostatica ne adoperava una. Lo scienziato comasco tuttavia aveva ideato una macchina elettrostatica di uso molto semplice; la macchina è conosciuta con il nome di elettroforo di Volta.

L'elettroforo, ideato da A. Volta intorno al 1775, rappresenta una prima rudimentale macchina elettrostatica a induzione in grado di accumulare e separare cariche elettriche. È costituito da uno strato di resina (stiacciata o focaccia nel linguaggio dell'epoca) contenuta in un piatto metallico, e da un disco metallico dotato di manico isolante (scudo). Lo strato di resina veniva caricato negativamente per strofinio (in origine con una coda di volpe o con pelle di gatto, successivamente con uno strofinatore, costituito da un disco metallico con il fondo ricoperto di vernice isolante o di stoffa); si poneva poi lo scudo a contatto con lo strato di resina.

Per induzione lo scudo si carica di segno positivo sulla faccia prospiciente la resina e di segno negativo sulla faccia superiore. Toccando con un dito la faccia superiore, le cariche negative si scaricano a terra e scocca una scintilla. Lo scudo rimane così carico positivamente. Se si solleva lo scudo e si scarica l'elettricità positiva, si può disporre di nuovo lo scudo sullo strato di resina e ripetere le operazioni precedenti senza che la resina debba essere rielettrizzata (in luogo asciutto, la "focaccia" protetta dallo scudo poteva rimanere infatti carica per mesi). Per tale motivo Volta denominò il dispositivo elettroforo perpetuo.

    Grazie alla sua semplicità costruttiva e di funzionamento, l'elettroforo di Volta ha goduto di grande popolarità ed è stato realizzato in molte versioni. Presente in tutti i laboratori, viene descritto puntualmente in tutti i manuali dell'epoca con le istruzioni per costruirlo. Nella versione originale, Volta realizzò la stiacciata (oggi per lo più di perspex) con una miscela riscaldata di resina, trementina, colofonio e cera, che veniva poi versata e spianata nel piatto metallico.



    Gli esemplari qui mostrati dispongono dei relativi scudi e strofinatori mentre lo strato di resina è andato perduto.

La macchine elettrostatiche che abbiamo visto sono tutte del tipo "a strofinamento". Per tutto l'800 sono state realizzate anche macchine il cui principio di funzionamento era completamente diverso. Si tratta delle macchine "ad induzione", delle quali la più famosa è quella proposta dall'elettrotecnico inglese James Whimshurst (1832-1903) nel 1883.

Nelle macchine ad induzione la separazione delle cariche positive e negative non avviene con il contatto di due sostanze eterogenee ma per induzione. Tra questo tipo di macchine citiamo quella di Toëpler con disco di vetro orizzontale. Quella di Holtz, la macchina di Carré e di Woss, introdotta in Francia alla Esposition d'electricitè del 1881 e infine quella di Whimshurst del 1883.

Questa macchina consta di due dischi di vetro eguali, posti uno dietro l'altro, ruotanti in verso opposto attorno ad un asse orizzontale. Le facce interne sono molto vicine ma non si toccano; su quelle esterne sono disposte radialmente delle strisce di stagnola (settori). Inoltre due coppie di spazzolini metallici sfregano uno sui settori di un disco, l'altro su quelli dell'altro disco, generando così delle cariche elettriche.

Quando il settore di un disco, durante la rotazione, passa davanti ad un settore dell'altro disco, che contiene una carica per esempio positiva, allora esso si carica per induzione di una carica negativa.

Le cariche vengono raccolte da due coppie di pettini abbracciano entrambi i dischi alle estremità di un diametro orizzontale e comunicano con due conduttori metallici terminati da una pallina (poli della macchina) tra cui scocca la scintilla. I due condensatori (due bottiglie di Leyda) che si trovano ai lati della macchina servono ad aumentarne la capacità. Le loro armature interne sono collegate con i poli, mentre le esterne possono essere messe in comunicazione tra di loro con una catenella metallica oppure possono utilizzarsi per comunicare scariche elettriche ad altri apparecchi

La macchina elettrostatica di Wimshurst che abbiamo visto è presente in quasi tutti i gabinetti di fisica ed è stata realizzata da tutti i costruttori di strumenti didattici. Rappresenta uno degli ultimi generatori di questo tipo, un prodotto molto avanzato rispetto ai generatori precedenti.

Tra gli ultimi generatori di cariche elettrostatiche è importante citare anche quello che Robert Van de Graaff, studente di fisica al MIT, ha scoperto nel 1920. 

Nel 1726 Stephen Gray fa i primi esperimenti su corpi conduttori ed isolanti. Nel 1729 insieme a Granville Wheler scopre che una corda di canapa attaccata per un'estremità ad un tubo di vetro elettrizzato ha la proprietà di attirare piccoli corpi leggeri; contrariamente al comportamento di una corda di seta. Eseguono l'esperienza in una lunga galleria nella casa di Wheler, con corde di 80 piedi di lunghezza, sostenute da fili di seta.

Gray e Wheler arrivano a trasportare l'elettricità con questi esperimenti alla distanza di 765 piedi.

Gray suddivide la materia in corpi elettrici, ovvero cattivi conduttori e non elettrici ovvero buoni conduttori. Scopre anche che il corpo umano può elettrizzarsi: pone un fanciullo sopra uno strato di resina e lo mette in comunicazione con un tubo di vetro elettrizzato. La sua testa e i piedi attiravano così corpi leggeri. Lo sospende a corde di seta in posizione orizzontale ed ottiene lo stesso effetto

Charles François de Cisternay du Fay, conosciuto normalmente con il nome di Dufay, membro dell'Académie Royale des Sciences di Parigi, sovrintendente del giardino reale, predecessore di Buffon. A seguito di esperimenti nel 1733 dimostra che tutti i corpi possono essere elettrizzati per sfregamento se tenuti isolati con un manico di vetro o d'ambra. Dimostra che la conduzione di una corda di canapa o una bacchetta di legno negli esperimenti di Gray è dovuta alla presenza di umidità; con una corda di canapa bagnata trasmette l'elettricità ad una distanza di 1200 piedi.

La scoperta che fa di Dufay uno dei capostipiti della Scienza dell'elettricità è la distinzione tra due tipi di elettricità: elettricità vitrea e elettricità resinosa di comportamento opposto.

Per primo dimostra che si possono trarre scintille dal corpo umano, con un'esperienza eseguita nel 1745 e che lo rese famoso nell'ambiente scientifico di tutta EuropaNel XVIII sec d.C.

Per primo dimostra che si possono trarre scintille dal corpo umano, con un'esperienza eseguita nel 1745 e che lo rese famoso nell'ambiente scientifico di tutta Europa.

Come nell'esperienza fatta da Gray, si fece legare in posizione orizzontale con fili di seta sospesi al soffitto, toccando con i piedi un grosso tubo di vetro elettrizzato. L'abate Nollet, suo assistente, avvicinò il dito della mano alla gamba di Dufay e da questa scoccò una scintilla. Ripeté l'esperimento all'oscurità e osservò non solo che le scintilla diveniva molto luminosa ed era accompagnata da un piccolo rumore ed una sensazione di "pizzicore", di lieve dolore, ma anche che intorno al corpo dell'individuo elettrizzato si manifestava una emanazione di luce. Questa esperienza provocò una grande sensazione nel pubblico, soprattutto in Nollet ; il laboratorio di Dufay fu invaso da molte curiosi e le sue esperienze diedero luogo a spiegazioni talvolta fantasiose e comunque poco scientifiche. Si credeva infatti che la materia sottile, i corpuscoli, di cui si credeva fosse costituita l'elettricità, facessero manifestare esternamente gli spiriti animali del corpo umano.

Charles Du Fay (1730) e Benjamin Franklin (1740) esprimono teorie sui fenomeni elettrici fondate sul modello macroscopico del fluido elettrico: Du Fay credeva che in natura esistessero fluidi elettrici, uno positivo o resinoso perché tipico dell'ambra che è una resina e uno negativo o vetroso perché tipico del vetro. La prevalenza di un fluido rispetto all'altro rende il corpo negativo o positivo mentre l'uguaglianza della quantità dei due fluidi crea la neutralità elettrica nel corpo. Secondo Franklin invece in natura esiste solo il fluido positivo e le cariche del corpo si mutano secondo quest'ordine:

Un corpo è elettricamente neutro quando ha una definita quantità di fluido positivo;

Un corpo è elettricamente positivo quando ha più quantità di fluido positivo di quella definita;

Un corpo è elettricamente negativo quando ha meno quantità di fluido positivo di quella definita.

Nello stesso periodo di Du Fay Watson in Inghilterra faceva ricerche conducibilità del corpo umano. Mise a punto un esperimento, conosciuto con il nome di danza dei fantocci, che più tardi divenne celebre quando fu ripreso da Volta nella sua teoria della formazione della grandine.

Una ragazzina in piedi sopra un piano di resina isolante, tocca con una mano il conduttore di una macchina elettrostatica (a globo di vetro che ruota), con l'altra mano tiene un piatto di metallo. Un ragazzo, non isolato e a contatto elettrico con il suolo, tiene in mano piatto dello stesso tipo ma su quale sono appoggiati corpi leggeri, frammenti di vetro frantumato palline di sughero ecc.. che avvicina al primo. . Quando i due piatti sono abbastanza vicini i copri si lanciano dal piatto inferiore verso quello superiore con emissione di scintille e una volta a contatto con questo, si scaricano e ricadono in quello inferiore ecc...



Esperimenti sulla conducibilità del corpo umano e soprattutto sulla sensazione che accompagnava il contatto con forti differenze di potenziale furono fatti dopo l'invenzione di quella che è conosciuta con il nome di Bottiglia di Leyda, ovvero del condensatore, avvenuta nel 1746 nella città di Leyda.

Non è ben chiaro se questo strumento sia stato inventato da Cuneus, ricco borghese di Leyda e cultore di fisica o dal fisico Allmann o da Kleist, canonico di Commin. Secondo il fisico inglese Priesteley l'invenzione è dovuta a Peter van Musschenbroek, fisico di Leyda, che cercò di elettrizzare l'acqua contenuta in una bottiglia di vetro; nel liquido era infilato un filo di fero in contatto con una sua macchina elettrostatica. Quando il suo assistente prese la bottiglia con la mano prese una violenta scossa; Musschenbroek non convinto rifece personalmente l'esperimento e questa volta fu lui a prendersi la scossa.

Come si comprende la bottiglia di Leyda non è altro che un condensatore, che funziona da serbatoio per le cariche elettriche; un'armatura è costituita dall'acqua in essa contenuta e l'altro elettrodo dalla mano di chi la tocca.

L'esperimento di Leyda fu descritto da Allmann in una memoria pubblicata nelle Mémoires de l'Académie ... del 1746.

Molti altri studiosi vollero indagare sulla scossa rimanendo loro stessi vittime del fluido elettrico. Tra questi Winkler che descrive la scossa come "convulsioni"; la moglie dello scienziato per effetto della scossa che l'incauto marito le aveva fatto prendere, rimase sotto shock per otto giorni senza poter fare alcun movimento.

L'abate Nollet, del Collegio di Navarra a Parigi, voleva ripetere l'esperimento della "scossa elettrica" ma non aveva a disposizione il vetro di Germania consigliato da Musschenbroek per fabbricare la bottiglia elettrica. Così decise di tentarlo lo stesso adoperando il vetro francese. Mise l'acqua in un fisco di vetro, di spessore sottile ... e prese una scossa memorabile, che descrisse nelle Mémoires de l'Académie ... del 1764.

L'esperimento fece scalpore nell'ambiente parigino, soprattutto nei salotti della gente "bene" della città; e non solo a Parigi. Il celebre Boze di Wittemberg che abbiamo già conosciuto per la sua macchina elettrostatica, affermava che sarebbe morto volentieri di scossa per un articolo sulle Mémoires !

Per accontentare  le richieste di molti che volevano "sentire" la scossa, pensò di eseguire l'esperimento ad un grande numero di persone contemporaneamente. Così nel giardino reale di Versailles schierò 240 soldati delle guardie francesi, che si tenevano tutti per mano componendo una catena di conduttori, quindi scaricò una bottiglia di Leyda tra il primo e l'ultimo della catena. Tutti i soldati così presero la scossa.

L'esperimento fu ripetuto al convento dei certosini, con i monaci che si tenevano per mano per una lunghezza di 900 tese; tutti i poveri frati presero la scossa.

Nollet fece prendere la scossa anche a molti animali, taluni dei quali morirono.

La notizia degli effetti della scossa elettrica si sparse per tutta l'Europa; ovunque erano vendute le "bottiglie d'Ingenhousz" che niente avevano a che vedere con l'apparecchio omonimo sulla propagazione del calore e che riunivano in sé una bottiglia di Leyda ed una macchinetta elettrostatica fatta da un nastro di seta ricoperto di vernice resinosa che veniva sfregato con una pelle di lepre.

Veniva venduta anche la "canna elettrica", una bottiglia di Leyda, fatta con un tubo di vetro pieno di sostanza conduttrice. Il tubo era verniciato in modo da sembrare un vero e proprio bastone da passeggio, che, caricato di elettricità, dava la scossa a chi intendeva usarlo.

La bottiglia di Leyda però non era solamente un dispositivo idoneo a prendere la scossa ma un vero e proprio strumento scientifico come ben presto dimostrarono i lavori e gli studi di Benjamin Franklin e di Alessandro Volta.

Nel 1800 la bottiglia fu modificata da Bevis, che per primo ne comprese il principio di funzionamento e al posto dell'acqua nel suo interno mise dapprima granelli di piombo e, successivamente fogliette d'oro che, per essere inossidabili, mantenevano tra loro un contatto più sicuro e stabile; inoltre avvolse la superficie esterna della bottiglia con un foglio sottile di stagnola. Successivamente realizzò una batteria elettrica di bottiglie di vetro molto sottile, disposte in parallelo e che vennero chiamate giare.

 Alla quantità di fluido elettrico veniva associata una grandezza fisica detta carica elettrica misurata in coulomb (C). Corpi carichi dello stesso segno si respingono mentre corpi carichi di segno opposto si attraggono. Nel XVIII e nel XIX secolo gli scienziati seguirono entrambi questi modelli ma a fine Ottocento c'è stata l'accettazione di un unico modello per l'elettricità: un modello macroscopico fondato sui concetti di atomo e elettrone.

Fino al 1800 le quantità di fluido elettrico prodotte (tramite svariate tecniche tutte riconducibili allo strofinio) erano minime, ma in quell'anno Alessandro Volta rese noto al mondo scientifico un apparato elettromotore in grado di generare flussi di elettricità più intensi e continui. Si tratta della pila (chiamata così perché originariamente si trattava di una pila di dischetti bimetallici di argento o rame e zolfo separati da cartoncini imbevuti in acqua salata), nome che viene utilizzato ancora oggi per indicare i generatori elettrochimici: la pila di Volta infatti è in grado di mettere in circolazione del fluido elettrico nei materiali che mettono in comunicazione i suoi due poli che va dal polo positivo a quello negativo.

L'intensità di corrente caratterizza il fluido nel suo movimento ed è data dal rapporto tra la carica elettrica q che attraversa una qualunque sezione del conduttore percorso dalla corrente in un certo tempo Δt e il tempo Δt stesso. La sua unità di misura risulta quindi il rapporto tra coulomb e secondi e viene chiamata ampere (A); l'intensità di corrente si misura con l'amperometro.

Possiamo dimostrare attraverso un semplice esperimento che in un circuito elettrico in serie l'intensità di corrente è costante in tutto lo circuito e, attraverso un altro esperimento, è anche possibile dimostrare che, con l'intensità di corrente costante, la differenza di potenziale varia da un punto all'altro del circuito e, più precisamente, si ha una progressiva diminuzione del potenziale (chiamata anche caduta di potenziale) che si realizza secondo il verso secondo cui fluisce la corrente.

Un circuito elettrico può essere paragonato ad un semplice circuito idraulico costituito da una vaschetta A sopraelevata rispetto ad un altro recipiente B al quale è unita tramite un tubo C e dal quale l'acqua viene riportata in A da una pompa P: l'acqua si associa alla corrente, visto che entrambe si muovono in un circuito; il dislivello tra A e B alla differenza di potenziale poiché il primo permette all'acqua di cadere in B e il secondo consente al fluido elettrico di muoversi da un polo all'altro; alla pompa che fa tornare l'acqua in A per iniziare nuovamente in circuito il generatore, che fa la stessa cosa con il fluido elettrico prendendolo dal polo negativo e riconsegnandogli quella differenza di potenziale necessaria. Inoltre sappiamo che:

Come l'acqua che attraversa una qualunque sezione del tubo C nell'unità di tempo è sempre identica l'intensità di corrente che attraversa il conduttore nell'unità di tempo;

Come la quantità d'acqua che defluisce nell'unità di tempo nel recipiente B aumenta con l'aumentare del dislivello anche l'intensità di corrente aumenta con l'aumentare della d.d.p.


Verso la fine del XIX sec J. Thomson scoprì (nel 1897) l'esistenza di particelle elettricamente cariche di massa estremamente piccola: gli elettroni che hanno una carica pari a 1,60 × 10-19 e una massa di 9,11 × 10-31 Kg. In seguito, nel 1911, E. Rutherford ipotizzò un modello planetario di atomo secondo cui un atomo è costituito da un nucleo carico positivamente e da degli elettroni cariche negativamente che gli girano attorno trattenuti dalla forza espressa dalla legge di Coulomb:



F = k × (q1 - q2) / d2

F = forza di attrazione se le cariche sono di segno opposto e di repulsione se sono dello stesso segno;

k = costante di proporzionalità della relazione;

q1 e q2 = valore delle cariche che interagiscono;

d = distanza tra le cariche.

Il nucleo è costituito da protoni, di massa 1,67 × 10-27 Kg e di stessa carica (ma di segno apposto) degli elettroni e neutroni, di massa più grande di quella dei protoni di 0,1% e senza carica (o carica neutra).

Un atomo in condizioni normali è elettricamente neutro poiché il numero dei protoni è uguale al numero degli elettroni ma è possibile aggiungere o sottrarre elettroni ad un atomo formando ioni negativi o positivi tramite delle tecniche quali lo strofinio. In questo modo infatti si fanno muovere molto velocemente gli elettroni alcuni dei quali abbandonano un corpo per andare nell'altro con cui sono a contatto e, di conseguenza, si carica un corpo positivamente o negativamente. Per strofinio si può caricare, ad esempio un palloncino che se viene attaccato ad una parete non cade fino a che rimane carico, oppure vari altri oggetti come una bacchetta di plastica e, se proviamo ad avvicinarla ad una piccola massa di polistirolo sostenuta da un filo, possiamo vedere che questa viene attratta dalla bacchetta. Possono essere elettrizzati altri materiali, ma non tutti e possiamo dividerli in isolanti e conduttori. I conduttori sono quelle sostanze che hanno più attitudine a farsi attraversare dalla corrente (cioè gli elettroni si spostano liberamente al loro interno e sono detti elettroni di conduzione), perciò questa si sposta al loro interno propagandosi per tutto il corpo rendendo così molto difficile l'elettrizzazione per strofinio, più semplice negli isolanti che hanno una scarsa attitudine a farsi attraversare dalla corrente (cioè gli elettroni al loro interno rimangono legati ai propri nuclei) e perciò gli ioni creati con lo strofinio rimangono fermi (è per questo che negli isolanti si elettrizza solo la parte sottoposta a strofinio o a qualche altra carica).

I conduttori sono sostanze come rame, ottone, ferro, piombo e argento mentre gli isolanti sono sostanze come il quarzo, il vetro, la porcellana e lo zolfo; gli isolanti si suddividono, inoltre, in due categorie: sostanze vetrose (che tendono a cedere elettroni nello strofinio) e sostanze resinose (che invece tendono ad acquistarne).

Esistono degli strumenti in grado di rivelare lo stato elettrico dei corpi e di stabilire se questo è positivo o negativo e si chiamano elettroscopi. L'elettroscopio a foglie è lo strumento più semplice per la rivelazione o il confronto di cariche elettriche. E' costituito da una coppia di foglioline di alluminio collegate elettricamente ad un'asta metallica all'interno di un contenitore di vetro. L'asta, che termina in alto con una sfera di alluminio, penetra nell'involucro attraverso un tappo di buon isolante. Elettrizzando per contatto o per induzione la sferetta si osserva su una scala graduata la divergenza delle foglioline. 
E' possibile l'utilizzazione di due elettroscopi in contatto parallelo. Collegando le due sferette tramite un conduttore ed avvicinando una bacchetta di plexiglass (carica positivamente) ad

uno dei due elettroscopi, si osserva la divergenza delle foglioline in ambedue gli elettroscopi. Eliminando il contatto e successivamente allontanando la bacchetta si osserva che gli elettroscopi si sono caricati di segno opposto l'uno rispetto all'altro.


Con l'elettroscopio possiamo verificare che avvicinando un corpo carico ad un corpo scarico (entrambi isolanti) si verifica il fenomeno dell'induzione, ovvero la carica elettrica passa dal corpo carico a quello scarico ma a quest'ultimo arriverà di segno opposto rispetto a quello che aveva nell'altro corpo i conduttori però non possono essere caricati per induzione; invece caricando un corpo per contatto (isolante o conduttore), ovvero stabilendo un contatto tra il corpo carico e quello scarico il secondo si caricherà di elettricità che ha lo stesso segno di quella che era presente nel primo. Per scaricare l'elettroscopio è sufficiente toccarlo con il polpastrello : l'elettricità passa così per contatto a noi ma, dato che è minima, non la sentiamo nemmeno (il nostro corpo ha una resistenza piuttosto elevata). Nei conduttori la carica elettrica si distribuisce solo sulla superficie del corpo. Questo è possibile verificarlo caricando con un generatore qualsiasi un cilindro di materiale conduttore che ad una estremità si restringe a formare un cono. Attraverso un cucchiaino elettrico (una sferetta di materiale conduttore fissata su un'asticella) misuriamo con l'elettroscopio la carica presente in questo cilindro. Vediamo che questa resta costante fino a che non si giunge all'inizio del cono. Qui inizia ad aumentare per arrivare alla vetta massima sul vertice. È con questo principio che sono costruiti i parafulmini.

Il generatore di Van Der Graaf è costituito da una base in alluminio, sulla quale sono ancorati due cilindri di perspex. Tra i due cilindri è posto un nastro di gomma morbida che scorre verso l'interno di una sfera conduttrice posta nella parte superiore. Il nastro è azionato da un piccolo motore elettrico. Il nastro si carica per strofinio scorrendo contro i cilindri. Le cariche, trasportate all'interno della sfera, sono raccolte su di essa per induzione. In condizioni ambientali favorevoli si possono raggiungere delle d.d.p. superiori a 250.000 V. 

Attraverso questo generatore possiamo verificare che se due isolanti vengono strofinati (come accade appunto in questo) si caricano e che gli elettroni hanno una massa, per quanto piccola sia. Infatti se per esempio poniamo una piccola fiamma davanti all'estremità di un tubo dove sono fatti convergere gli elettroni vediamo che aumentando l'elettricità (e quindi gli elettroni) la fiamma si sposta e flette, non andando più verso l'alto. Da questo possiamo appunto dedurre che nello spazio che occupava prima ora vi sono gli elettroni e, infatti, una volta terminato di fornire elettricità la fiamma torna alla posizione originaria.

La resistenza elettrica (che viene rappresentata con una linea segmentata) caratterizza l'attitudine dei materiali a farsi attraversare dalla corrente elettrica ed è data, secondo la legge di Ohm, dal rapporto della d.d.p. e l'intensità di corrente; la sua unità di misura è l'ohm ( ed è dato da volt (V) su ampere (A). Sostanze con una bassa resistenza che hanno quindi attitudine a lasciarsi attraversare dalla corrente si dicono conduttori elettrici mentre sostanze che hanno un'elevata resistenza si dicono isolanti elettrici. La resistenza si misura con l'ohmetro.

La legge di Ohm, secondo la quale il rapporto tra d.d.p. e intensità di corrente è costante, è si verifica soltanto in alcuni casi dove si ha, quindi, un regime ohmico; vi sono però anche casi dove il regime è non ohmico, dove cioè non si verifica la legge di Ohm, come nel caso di un circuito che ha come resistenza una lampadina: infatti in questo caso notiamo che all'inizio l'aumentare della d.d.p. e dell'intensità era costante, me che la resistenza è aumentata quando la lampadina ha iniziato a produrre luce, cioè quando il filo ha iniziato a riscaldarsi raggiungendo una temperatura molto elevata.

Un circuito può avere un sistema di resistenze in serie o parallelo:

Un sistema di resistenze in serie è un insieme di due o più resistenze collegate in modo che un estremo dell'una sia unito elettricamente ad un estremo dell'altra, cosicché tutte le resistenze della serie siano attraversate dalla stessa corrente.

In questo sistema (ponendo che ci siano tre resistenze R1 R2 e R3 e la resistenza complessiva o equivalente R) abbiamo già visto che le intensità di corrente sono tutte uguali e sono uguali anche a quella complessiva (i = i1 = i2 = i3) e che la d.d.p. complessiva è uguale alla somma di tutte le altre (ΔV = ΔV1 + ΔV2 + ΔV 3). R × i quindi è uguale a R1 × i1 + R2 × i2 + R3 × i3 e visto che i = i1 = i2 = i3 abbiamo che R = R1 + R2 + R3. Con queste regole possiamo confermare l'ipotesi che un filo conduttore omogeneo e di uguale sezione abbia una resistenza elettrica direttamente proporzionale alla sua lunghezza. Quindi se a l corrisponde R a 2l corrisponderà 2R, a 3l 3R ecc.

Un sistema di resistenze in parallelo è invece un insieme di due o più resistenze collegate in modo che i loro estremi confluiscano in due soli punti e tali quindi da essere sottoposti alla stessa differenza di potenziale indicata con ΔV.

In questi sistemi abbiamo che ΔV = ΔV1 = ΔV2 = ΔV 3 e che i = i1 + i2 + i3. Da questo si ricava che

ΔV = R; ΔV1 = R1 × i1; ΔV2  = R2 × i2; ΔV 3 = R3 × i3 abbiamo che ΔV / R = ΔV1 / R1 + ΔV2 / R2 + ΔV3 / R3 e, dato che ΔV = ΔV1 = ΔV2 = ΔV 3 la formula finale è 1 / R = 1 / R1 + 1 / R2 + 1 / R3.

Attraverso un esperimento con un calorimetro elettrico possiamo verificare che la corrente quando passa in un conduttore sviluppa calore che si calcola, per la legge fondamentale della termologia, con la formula Q = Ch20 × (m + me) × Δt (dove con Q si intende il calore, con Ch20 il calore specifico dell'acqua, con m ed me la massa dell'acqua e la massa equivalente del calorimetro in acqua e con Δt l'aumento di temperatura che si è verificato).

Per fare quest'esperimento (avendo me noto) è necessario:

Regolare il generatore in modo da avere una definita d.d.p. e interrompere il circuito dopo l'esperimento;

Inserire nel calorimetro una massa d'acqua m e misurare la sua temperatura;

Lasciare l'acqua nel calorimetro per un tempo t pari a 10-15 min facendo in modo che la d.d.p. rimanga costante;

Al termine del tempo misurare la temperatura finale dell'acqua;

Calcolare Δt ed eseguire la formula per trovare Q;

Per una maggiore precisione ripetere l'esperimento altre volte.

Con quest'esperimento possiamo notare che tra Q e i valori delle grandezze elettriche c'è una relazione e precisamente:

Una dipendenza quadratica tra Q e i (intensità di corrente) e una proporzionalità diretta tra Q e il tempo t di deflusso che portano alla relazione Q   i2 × t;

Una relazione con R che porta alla formula Q = k × R × i2 × t e quindi a Q = k × ΔV × i × t dove k è la costante che è uguale a 0,24 (mentre 1/k = 4,2; il calcolo di questa costante ha consentito di dare una forma quantitativa al principio di conservazione dell'energia.


Cioni Sara II D






Privacy




Articolo informazione


Hits: 4858
Apprezzato: scheda appunto

Commentare questo articolo:

Non sei registrato
Devi essere registrato per commentare

ISCRIVITI



Copiare il codice

nella pagina web del tuo sito.


Copyright InfTub.com 2024