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Gian Lorenzo Bernini (1598-1680)

cultura medica



Gian Lorenzo Bernini (1598-1680



Bernini nacque a Napoli il 7 dicembre 1598 figlio di madre napoletana e di padre fiorentino. Suo padre fu uno scultore di grande talento che si trasferì a Roma insieme la sua famiglia ai principi del 1600. Fino alla sua morte, Gian Lorenzo lasciò la città un'unica volta per recarsi a Parigi, dov'era stato chiamato da Luigi XIV. La sua carriera fu ricca di successi ed egli riuscì ad imporsi sugli artisti romani. La sua figura può essere paragonata a quella di Michelangelo, entrambi godettero di grande fama sia presso i Papi, sia presso gli uomini più in vista che presso gli artisti del proprio periodo. Entrambi amavano la cultura ma furono anche architetti pittori e poeti. L'unica differenza che separa queste dei grandi personalità è il fatto che il Bernini a differenza di Michelangelo fu un uomo di grande fascino, un conversatoore brillante, socievole e spiritoso, un uomo dai modi aristocratici, un buon marito e un buon padre.


Bernini iniziò la sua carriera insieme al padre della cappella di Paolo V in Santa Maria maggiore e fu così che attirò l'attenzione del Papa e del cardinale Scipione Borghese sotto la cui protezione rimase fino al 1624, creando le statue e i gruppi che sono tuttora un a palazzo Borghese.



Dopo la scesa al trono papale di Urbano VIII la sua posizione nel campo artistico si consolidò , dal momento che ricevette le più importanti commissioni e dal 1624 fino alla sua morte fu occupato in opere religiose. Nel 1629 fu nominato architetto di San Pietro e anche se già nel 1624 aveva realizzato in questa Chiesa il baldacchino, fu solo a partire da questo momento ch 121b11b e realizzò le opere più prestigiose .

Le opere più vaste compiute dall'artista sono tutte comprese nei tre pontificati di Urbano VIII, innocenza decimo e Alessandro VII . Solo durante gli ultimi anni della sua vita le commissioni diminuirono, non per un declino delle sue capacità creative bensì perla generale scarsità di attività artistica.



La scultura.


Non è facile definire con precisione le varie fasi evolutive dello stile del Bernini dato che per circa 50 anni egli lavorò a grandi imprese, la maggior parte delle quali duravano molti anni, durante i quali cambiamenti e modifiche potevano venir essere inserite fin quando il lavoro lo consentiva. Per fare degli esempi basta ricordare che Bernini impiegò 9 anni per completare il baldacchino, 13 anni per terminare la cattedra e quasi 20 per realizzare la tomba di Urbano VIII.


Nonostante tutto il suo stile scultoreo subì notevoli trasformazioni, coincidenti in con particolari periodi della sua vita.


Il primo gruppo di opere è databile intorno al 1615-1617 e in queste è presente una grande libertà ed energia, un trattamento della superficie che sfiora la perfezione, nonostante siano ancora presenti i legami col manierismo.


La fase successiva incomincia con l'Enea e l'Anchise del 1618-19, il primo gruppo monumentale realizzato per il cardinale Scipione Borghese, nel quale ritornano a una composizione ed tipicamente manieristica espressa dall'uso della figura serpenti nata, mentre la saldezza, il vigore e la precisione dell'esecuzione sono tutte caratteristiche che apprestano un passo in avanti rispetto la prima fase.


Le statue posteriori testimoniano un grande processo di emancipazione nella storia della scultura (Nettuno e Tritone, il ratto di Proserpina, il David ), tutte queste figure sono caratterizzate da grande immediatezza e naturalezza, da un grande realismo nel dettaglio e da una differenza di materia che rende ancor più fortemente il momento drammatico. Se si confronta il David del Bernini con le statue precedenti dello stesso soggetto ci si rende conto di come la statua non sia più un pezzo di scultura autonoma, bensì una figura che si muove nello spazio e quasi in maniera minacciosa sembra afferrare l'osservatore.


Intorno al 1620 il Bernini realizzò una serie di busti statici pensierosi e calmi, con drappeggi dalle pieghe plastiche e salde. Fu solo nel 1632 che realizzò invece il busto di Scipione borghese caratterizzato da uno stile dinamico e il movimento è suggerito sia dalla testa in movimento temporaneo, dall'occhio minaccia e dalla bocca semiaperta e inoltre anche il drappeggio sembra in continuo movimento. È con questo busto che si inaugura la fase del pieno barocco perla grande importanza conferita al drappeggio che conferisce grande emotività all'opera.


Intorno gli anni 30 il Bernini attraversò una fase classica probabilmente anche a causa dell'influsso della crescente pressione da parte dei più fervidi sostenitori della dottrina classica (la tomba della contessa Matilde, la testa della medusa, alcuni ritratti a mezzo busto etc.)


La fase centrale del Bernini è quella costituita dagli anni 1640-1655 nei quali concretizzò il progetto definitivo della tomba di Urbano VIII, elaborò un modello rivoluzionario di monumento funebre (Santa Maria sopra Minerva) e concepite erano di unificare tutte le arti in un unico effetto imponente. In questi stessi anni inoltre collocò per la prima volta una fontana rustica nel centro di una piazza (la fontana di quattro fiumi in piazza Navona).


Infine nelle sue figure posteriori le membra saranno sempre più sottili ed allungate in maniera esagerata e insieme a questa tendenza goticheggiante diventa sempre più sofisticato il trattamento dei vestiti , che perdono il carattere di materia reale e diventano modelli astratti in grado di comunicare all'osservatore un sentimento di intensa spiritualità (Maria Maddalena)


Negli ultimi anni della sua vita il Bernini ritornerà a strutture più austere, a composizioni classiche , lasciandosi influenzare dalle tendenze del periodo, ma attraverso il contrasto tra le masse plastiche forzate violentemente e il controllo assiale la sua opera sarà caratterizzata da una componente drammatica straordinaria.



Uno degli equivoci più strani e radicati in che il fatto che la scultura barocca presenti molti punti di vista, in realtà Bernini ha dimostrato come sia vero proprio il contrario. In realtà quando le statue venivano realizzate si collocavano in delle posizioni precise, per fare in modo che venissero osservate da un preciso determinato le statue del Bernini sono concepite In profondità e che la sensazione della loro organizzazione spaziale può realizzarsi sempre per un unico punto di vista.


Bernini non usò ma i marmi policromi in quanto il suo intento era quello di produrre l'effetto e l'impressione del colore solamente con il marmo bianco, anche se la policromia era comunque importante per lui ma in un senso differente. Egli usò infatti unire figure di bronzo e di marmo per conferire effetti pittorici alle sue grandi composizioni . N'è un esempio la tomba di urbano VIII dove le zone bianche e scure sono molto equilibrate e hanno un chiaro significato . La sezione centrale è in bronzo scuro e in parte dorato, con vero tutte le parti in diretto collegamento con il defunto. Invece le allegorie in marmo bianco della carità e giustizia hanno qualità terrene.


Nuovi tipi iconografici


Bernini fu il più grande creatori di tipi iconografici del barocco italiano e la sua concezione del santo , delle tombe, della statua equestre, di ritratti e di fontane rimase per molti anni incontestata. Con la tomba di Urbano VIII egli instaurò il nuovo tipo di monumento papale raggiungendo un equilibrio reale tra il monumento commemorativo e il cerimoniale. In questa opera l'artista evidenzia il contrasto tra la precarietà della vita (morte con la clessidra) e la fede del Papa che prega.


Nella storia della ritrattistica vede allo stesso modo un contributo importante con il primo ritratto a mezzo busto del tardo barocco: lo Scipione Borghese. Nei ritratti degli imperatori egli creò il tipo ufficiale barocco del sovrano assoluto e in quello di Luigi XIV e gli esprime il concetto di nobiltà di orgoglio di eroismo e di maestà.


Inoltre gli diede alla statua equestre barocca con il cavallo impennato una impronta eroica e un senso di drammaticità e di movimento dinamico.


Infine nelle fontane egli si distinse per il modo rivoluzionario di trattare l'acqua in quanto sostituì i tradizionali getti d'acqua con un esuberante e forte imbrigliamento degli elementi. E attraverso il continuo movimento dell'acqua mormorante egli riusci a creare il vero movimento, la vita pulsante.



















Francesco Borromini. (1599-1667)


Borromini occupa tra le grandi figure del barocco romano una posizione a parte. La sua architettura è infatti stravagante e in aperto contrasto con la procedura normale; mentre di solito il disegno di un edificio era realizzato in rapporto alle proporzioni del corpo umano, l'artista invece non rispettava questa norma e così le sue architettura sembravano fantastiche. Insomma egli aveva abbandonato il concetto classico antropomorfico dell'architettura


Nel gennaio del 1629 egli in andò a lavorare a San Pietro sotto la direzione del Bernini e poi tra il 1631-1633 egli ricevette in pagamenti per i disegni delle volute del baldacchino e per la suprervisione della loro esecuzione. Nel 1631 egli ottenne anche la carica di assistente dell'architetto del palazzo Barberini. Il carattere borrominiano delle volute lascia intendere come il Bernini concede è grande libertà all'artista, preparando la strada alla sua imminente apparizione come architetto in proprio. Durante questo periodo Bernini si servì delle competenze del burrone e ne, quest'ultimo invece visse durante questi anni un'esperienza degradante. La parte più importante dei lavori a palazzo Barberini terminò nel 1633 e da questa data il Borromini operò da solo.


San Carlo alle Quattro Fontane.


Nel 1634 gli si presentò l'occasione quando ricevette la commissione della costruzione del monastero di San Carlo alle quattro fontane. L'artista costruì prima il dormitorio, il refettorio e i chiostri e egli dimostrò di essere un maestro nello sfruttamento razionale delle limitate possibilità offerte dal terreno piccolo e tagliato in maniera irregolare. B. basò i suoi disegni su unità geometriche, rinnegando il principio classico di progettare in termini di moduli e rinunciò alla posizione centrale dell'architettura antropomorfica.

Nel progetto del monastero dà grande importanza all'elemento scultoreo delle colonne mentre la cupola doveva essere collocata direttamente sul corpo ondulato della chiesa, ma B. Inserì una zona di transizione con pennacchi che egli consentì di disegnare una cupola ovale. La cosa sorprendente e che egli conciliò in questa chiesa tre diversi tipi di struttura: la zona più bassa ondulata (pianta tardo antica), la zona intermedia dei pennacchi (pianta a croce greca) e cupola ovale che dovrebbe ergersi su una pianta della stessa forma.


Sant'Ivo alla Sapienza.


Quasi successivamente al completamento di San Carlo alle Quattro fontane, B. ottenne l'incarico di realizzare la chiesa di San Ivo nel 1642, e i lavori proseguirono fino al 1660. Per la pianta egli ritornò alla geometria base del triangolo equilatero, ma questa volta i triangoli si compenetrarono in modo da formare un esagono a stella. Prima di questo momento l'esagono a stella era quasi del tutto escluso dalle piante rinascimentali e post rinascimentali, lo si ritrova solo nell'antichità. È evidente che in questo tipo di pianta le parti non possono mai essere uniformi. La cupola copre il corpo della chiesa senza un elemento di transizione come il nel caso precedente . In questa opera lo stile dell'artista raggiunse il culmine in quanto fu proprio qui che egli utilizzò tutti i registri a sua disposizione.





Pietro da Cortona. (1596-1669)



Il genio di quest'artista fu secondo solo a quello del Bernini. Come quest'ultimo fu architetto, pittore, decoratore e disegnatore di tombe e sculture. Per lungo tempo a quest'artista non è stato riconosciuta la giusta fama, lo dimostra il fatto che solo nel 1958 si è stata dedicata una biografia.

Quest'artista nacque Cortona nel 1596 da una famiglia di artigiani. Il padre era un tagliapietra e il sotto di lui l'artista compì i primi studi per poi diventare apprendista del pittore fiorentino Andrea Commodi, con il quale si recò a Roma.

Successivamente passò sotto la protezione di un altro pittore fiorentino sempre poco noto . In questi anni studiò Raffaello e gli antichi e fu proprio la realizzazione della copia della Galatea di Raffaello a destare l'impressione di Marcello Sacchetti, che lo prese sotto la sua protezione. A palazzo Sacchetti egli incontrò il cardinale Francesco Barberini, che divenne il suo patrono per tutta la vita. Grazie alla sua intercessione P. Ottenne la prima importante commissione di affreschi in Santa Bibiana.

Fu nel 1630 che raggiunse il culmine della sua potenza e fama artistica, mentre si apprestava alla realizzazione della chiesa dei santi Martina e Luca e del soffitto Barberini.

I suoi concetti architettonici pittorici mostrano uno sviluppo parallelo che dallo stile esuberante degli anni 30 approda a un linguaggio relativamente classichegiante, al quale egli aspirò dal 1650 in poi.




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