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Umberto Eco

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Umberto Eco nasce ad Alessandria nel 1932, la sua prima opera risale al 1968, quando pubblica La Struttura Assente, seguono, nel 1958 il Trattato di Semiotica Generale, nel 1879 Lector in Fabula, nel 1984 Semiotica e Filosofia del Linguaggio, nel 1990 I Limiti dell'Interpretazione, nel 1997 Kant e L'Ornitorinco, e infine nel 2003, Dire Quasi La Stessa Cosa.

Eco è ordinario di semiotica, e presidente della Scuola Superiore di Studi Umanistici presso l'Università di Bologna.

Per quanto riguarda il suo pensiero, si può dire che, in una prima parte egli sia stato più influenzato dallo strutturalismo, mentre invece in una seconda fase, che va dalla fine degli anni 70 in poi, prevale l'aspetto cognitivo interpretativo.


Eco riconosce due domini della disciplina semiotica: una teoria dei codici, dove tutto ruota attorno alla funzione segnica, e una teoria della produzione segnica.

Per definire il codice Eco fa un esempio molto semplice, egli immagina cioè, un bacino collocato a monte, chiuso da due montagne e regolato da una diga, in cui una serie di segnali elettrici indicano lo stato dell'acqua e richiedono le risposte di colui che è demandato a controllarli, dunque la combinazione di questi segnali elettrici può dar vita a diversi significati (livello critico, livello insuffici 353f54d ente, ecc..) che costituiranno, appunto, dei codici.

L'introduzione del concetto di codice, serve ad Eco per meglio spiegare la funzione segnica,affermando che,quando un codice associa gli elementi di un sistema veicolante agli elementi di un sistema veicolato, il primo diventa l'espressione del secondo, il quale a sua volta diventa il contenuto del primo, si avrà la funzione segnica quando un' espressione è correlata ad un contenuto, ed entrambi gli elementi diventano funtivi della correlazione.




Facendo ciò Eco riesce a circoscrivere il concetto di segno, sempre caratterizzato da uno o più elementi del piano dell'espressione convenzionalmente correlati ad uno, o più, elementi del piano del contenuto, inoltre egli afferma che:

  • Un segno è un'entità astratta;
  • Un segno è il luogo d'incontro di elementi mutuamente indipendenti;

Dunque i segni sono risultati provvisori di regole di codifica e vanno a stabilire delle correlazioni transitorie, poiché ciascun elemento può contrarre funzione segnica con altri elementi, con questa accezione va a dissolversi l'idea di una rigidità del segno.

Detto ciò Eco passa a considerare un'altra ipotesi, quella che prevede la superelevazione di codici, è il caso in cui oltre a un primo codice, che stabilisce un significato, entra in funzione un secondo codice che andrà a veicolare un secondo significato, dunque il primo codice costituirà la denotazione e il secondo la connotazione, ciò che andrà a costituire la connotazione, sarà il fatto che essa si istituirà parassitariamente sulla base di un codice precedente e inoltre essa non potrà essere veicolata prima che il contenuto primario venga denotato.


Un testo sarà dunque costituito da un reticolo di messaggi dipendenti da diversi codici e sottocodici, che potranno costituire il successo o l'insuccesso di una comunicazione, infatti non sempre il bagaglio culturale del destinatario consente di decifrare un messaggio cosi come il mittente avrebbe voluto, e, possono sorgere perciò delle incomprensioni, che in gergo tecnico vengono chiamate Aberrazioni comunicative.

Eco e Fabbri hanno studiato le decodifiche aberranti e hanno isolato quattro possibilità:

  • Incomprensione del messaggio per carenza di codici, questo caso si verifica quando l'informazione ci arriva come segnale fisico, ma non subisce alcuna decodifica, passando come rumore;
  • Incomprensione del messaggio per disparità di codici, si ha quando il codice dell'emittente è poco conosciuto dal destinatario;
  • Incomprensione del messaggio per interferenze circostanziali, questo caso riguarda i fenomeni in cui il destinatario è in possesso del codice dell'emittente e decodifica il messaggio correttamente, tuttavia essendo mosso da esigenze che sono in conflitto con il tipo di persuasione che l'emittente vorrebbe indurre, lo interpreta come riferito ai propri orizzonti di aspettative.
  • Rifiuto del messaggio per delegittimazione dell'emittente, anche in questo caso il messaggio viene decodificato, tuttavia quando le pressioni circostanziali del destinatario sono particolarmente forti ed in contrasto con quelle dell'emittente, viene operato volontariamente uno stravolgimento del senso.

I primi due casi possono trovare una spiegazione in due ipotesi sociolinguistiche :

L'ipotesi deficitaria, secondo cui esistono culture subalterne che non hanno una competenza adeguata per decodificare certi messaggi poiché in possesso di un codice ristretto;

L'ipotesi differenziale, secondo la quale il problema è dato dai differenti orientamenti funzionali della cultura "colta" e della cultura "popolare".

Il terzo e il quarto caso rientrano invece in quella che Eco chiama la "guerriglia semiologia".


Come abbiamo detto, dopo una prima fase strutturalista, Eco si sposta in modo sempre più netto verso una semiotica di tipo interpretativo, questo passaggio avviene su due versanti:

Nello studio del significato;

Nello studio dell'attività interpretativa.



Per quanto riguarda lo studio del significato, egli arriva delineare un modello semantico a istruzioni in formato di enciclopedia, sul fronte dell'attività interpretativa invece, studia la cooperazione interpretativa nei testi narrativi per poi tornare a più riprese su quelli che sono i limiti dell'interpretazione.


Cominciamo dal primo punto, come sappiamo un tentativo di descrizione del piano del contenuto lo aveva già fatto Hjelmslev, tuttavia il suo modello dizionariale presentava almeno due problemi di un certo rilievo:

  • Il problema dell'interpretazione delle figure del contenuto;
  • Il problema della limitatezza dell'inventario.

Per questi motivi Eco è arrivato a sostenere la necessità della semantica a enciclopedia; nel modello enciclopedico il significato di un termine viene pensato come l'insieme di tutti gli interpretanti relativi al termine stesso, inoltre se nel modello dizionariale si restava nell'ambito delle informazioni linguistiche, in quello enciclopedico si entra nella più complessa dimensione delle conoscenze del mondo; dunque in tale modello è fondamentale la teoria di Peirce e in particolare il principio d'interpretanza, che diventa, di fatto, il presupposto di tale modello.

Bisogna infine dire che gli interpretanti sono dati oggettivi, nel senso che sono collettivamente verificabili.

La struttura dell'enciclopedia è potenzialmente illimitata, in questo modo l'enciclopedia, intesa come l'insieme registrato di tutte le interpretazioni, altro non è che un postulato semiotico, nel senso che non è descrivibile nella sua totalità.

Da un punto di vista semiotico essa è una sorta di ipotesi regolativi, e, a fronte della sua impossibilità descrittiva, Eco sostiene che esistano delle rappresentazioni enciclopediche locali, infatti, quando noi comunichiamo, attiviamo solo delle porzioni di enciclopedia, che, ci consentono comunque la comprensione reciproca.

Con le rappresentazioni enciclopediche locali si tenta di disegnare delle porzioni di enciclopedia dove certe proprietà semantiche sono collegate ad altre proprietà, in questa rappresentazione, i contesti e le circostanze, attivano le denotazioni e le connotazioni.

Il cambiamento, rispetto al paradigma strutturale, è evidente, infatti se prima il segno era inteso come equivalenza, (E=C), ora il suo modello diventa quello dell'inferenza (se p allora q), con questo modello il contenuto di un segno è attivato sulla base di una istruzione o di un pacchetto di istruzioni, ecco perché si parla di semantica a istruzioni.

Il modello enciclopedico è stato adottato, ricorda Eco, anche negli odierni programmi di Intelligenza Artificiale.

Violi, ha individuato, a proposito dell'enciclopedia, quattro livelli descrittivi:

  • L'enciclopedia globale, che rappresenta il livello più generale ed astratto, ed è intesa come repertorio di tutti i saperi;
  • L'enciclopedia come sapere medio, che individua le conoscenze e i saperi che caratterizzano una data cultura e la differenziano da altre;
  • La competenza enciclopedica, intesa come la competenza media che ciascun individuo dovrebbe possedere;
  • La competenza semantica, che è la competenza più specificatamente linguistica e riguarda le regole semantiche che organizzano i significati di una lingua.

Il concetto di enciclopedia è centrale, perché costituisce il punto di riferimento per regolare l'attività interpretativa.

I contesti determinano l'attivazione delle proprietà semantiche e rappresentano delle frequenze che contribuiscono a interpretare in modo "economico" i segni, ogni contesto è caratterizzato da usi, convenzioni e peculiarità che regolano le relazioni comunicative dei soggetti che si muovono al loro interno, l'enciclopedia registra tali convenzioni sotto forma di regole, codici, sottocodici, ecc.Lo scopo di Eco è quello di vedere come questi repertori archiviati si mettono in funzione nello scambio comunicativo, egli focalizza l'attenzione sui movimenti interpretativi del destinatario, o per meglio dire sulla cooperazione del destinatario nell'interpretazione di un testo.

Il presupposto di una relazione comunicativa è che ci sia una convergenza su una porzione enciclopedica, comunicare implica certamente cooperazione.

Inoltre implica anche un aspetto strategico perché, comunicare, vuol anche dire avere uno scopo.



Eco ha previsto perciò alcuni livelli, sia strategici che di cooperazione.


Cominciamo col dire che Eco analizza la cooperazione nei testi narrativi, detto ciò, il suo punti di partenza è la con stazione che un testo è sempre incompleto, è sempre intessuto di non - detto, questo perché si tratta di un meccanismo pigro che vive sul plusvalore di senso introdottovi dal destinatario, e, secondariamente, perché via via che passa dalla funzione didascalica a quella estetica, un testo vuole lasciare al lettore l'iniziativa interpretativa, concludendo, un testo vuole qualcuno che lo aiuti a funzionare, quindi ogni volta che se ne costruisce uno, ci si prefigura un lettore modello, al quale si attribuiscono delle competenze, bisogna però precisare che quando Eco parla di lettore modello, non si riferisce al lettore in carne ed ossa, ma ad una strategia testuale, quindi un lettore modello non è un target ma, anzi, possederlo, significa anche costruirlo.


Il primo livello di manifestazione di un testo è la manifestazione lineare, ed è a questo livello che comincia il lavoro di interpretazione del lettore;  la manifestazione lineare è messa subito in relazione con le circostanze di enunciazione che, indicano le informazioni sull'emittente, sul contesto comunicativo e sulla natura dell'atto linguistico, questo fenomeno è però più evidente nella comunicazione verbale, mentre, in un testo, il riferimento alle circostanze di enunciazione è più mediato, di fronte ad un testo, afferma Eco, il gioco cooperativo, si fa più avventuroso.


Nell'atto dell'interpretazione il destinatario confronta la manifestazione lineare col sistema di codici e sottocodici provvisti dalla lingua, tale sistema può essere identificato con la competenza enciclopedica, tuttavia il destinatario fa ricorso ad un dizionario di base per individuare le proprietà semantiche del lessico.


Il destinatario, nel corso dell'attività interpretativa, seleziona e attiva solo alcune delle proprietà enciclopediche di un termine, in pratica, noi magnifichiamo alcune proprietà, e ne narcotizziamo delle altre, tali selezioni si realizzano alla luce di una ipotesi circa il topic o i topic testuali, il topic, è una scelta pragmatica che consiste nello stabilire di che cosa si stia parlando.

Il topic serve da una parte a disciplinare la semiosi riducendone lo spettro illimitato, e dall'altro a orientare la direzione delle attualizzazioni semantiche.

Diversa dal topic, è l'isotopia, che è un fenomeno semantico, e serve a stabilire dei livelli di coerenza interpretativa.


Se passiamo poi alla considerazione delle strutture narrative, non possiamo non prendere in esame la distinzione tra fabula e intreccio, che, nasce dalla considerazione che, a parte dei rari casi, nelle narrazioni, l'ordine cronologico dei fatti e l'ordina cronologico del racconto non coincidono, quindi la fabula è l'ordine cronologico degli eventi, mentre l'intreccio è la storia come ci viene di fatto raccontata, quando noi percepiamo una narrazione ci confrontiamo sempre con un intreccio fatto di dislocazioni temporali che, in un certo senso, manipolano l'ordine naturale degli eventi ricostruendolo in forma di racconto.


L'attività interpretativa è sempre correlata all'attività inferenziale; se analizziamo una conversazione ci accorgiamo che raramente le frasi sono compiute e, che il più delle colte ci si interrompe in virtù di un'attività revisionale che porta a completare la frase dell'interlocutore con rapide inferenze, questa attività revisionale è ancora più evidente nei testi scritti, qui, il lettore è portato a fare delle previsioni, e, i testi giocano proprio su questo quando esibiscono i cosiddetti segnali di suspense.

Dice Eco che per prefigurare un certo corso di eventi il lettore fa riferimento a delle passeggiate inferenziali, compiendo una serie di ragionamenti.


Per concludere, vale la pena di soffermarsi su quelli che sono i limiti dell'interpretazione, per tentare di circoscrivere il suo campo, Eco la contrappone all'uso.

La posizione del decostruzionismo è che ogni interpretazione vale un'altra a seconda del punto di vista prescelto dal lettore, di contro, la posizione di Eco è che il testo non ammette di essere interpretato in qualunque modo, ed avremo quindi.

  • L'intentio auctoris, ossia l'intenzione dell'autore;
  • L'intentio operis, ossia ciò che il testo vuole dire in riferimento ai suoi sistemi di significazione;
  • L'intentio lectoris, vale a dire ciò che il destinatario fa dire al testo.

Detto ciò l'interpretazione è la valutazione dell'intentio operis, essa è sostenuta dal testo, indipendentemente dalle intenzioni dell'autore; mentre invece, l'uso, si sovrappone e diventa prevalentemente l'intentio lectoris.






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