![]() | ![]() |
|
|
ALTRI DOCUMENTI
|
|||||||||
Di Giacomo Leopardi.
L'Infinito come parte degli Idilli
Nel 1819 Leopardi compone l'Infinito, lirica che apre la serie degli Idilli. Nella definizione del poeta la parola idillio significa un componimento poetico di carattere molto intimo, una sorta di riflessione e confessione personale in versi, quasi fosse un diario. Gli Idilli sono distinti in due gruppi: "Piccoli" e "Grandi". Pare però più convincente la distinzione in "Primi" e "Secondi" Idilli, che tiene conto solo della data di composizione.
Al primo gruppo appartengono cinque poesie scritte tra il 1819 e il 1821: L'Infinito, La sera del dì di festa, Alla luna, Il sogno, La vita solitaria. In esse il poeta canta i soggetti a lui più cari abbandonandosi ad uno sfogo lirico attuato con l'impiego di versi endecas 727b18h illabi modificati nella struttura ritmica, metrica e sintattica. Lo spazio ed il paesaggio della poesia leopardiana è sempre familiare. Di fronte a questo spazio noto sta lo spazio cosmico, l'infinito, nel quale il poeta si perde. Il passaggio da una realtà concreta all'assoluto, un'esperienza che si avverte nell'Infinito, ritrae lo stupore dell'avventura spirituale di Leopardi di fronte all'immensità.
La stessa rievocazione sentimentale ritorna in Alla luna, e soprattutto, ne La sera del dì di festa, dove l'immaginazione della donna stanca per i divertimenti della giornata festiva evoca la giovinezza e il sentimento d'amore, entrambi negati al poeta, escluso dalle gioie della vita e vittima di un destino infelice.
Al secondo gruppo appartengono i componimenti scritti tra il 1828 e il 1830: A Silvia, Le ricordanze, La quiete dopo la tempesta, Il sabato nel villaggio, Canto notturno di un pastore errante dell'Asia. L'attenuarsi di certi accenti tragici e delle accese passioni esistenziali si riflettono in queste liriche. In A Silvia il poeta canta il tema della rimembranza, l'aspirazione ad un'impossibile felicità, la desolazione per la giovinezza perduta e per la realtà che annulla ogni speranza. Anche Le ricordanze nascono dalla stessa esigenza del tempo perduto e consacrano, negli endecasillabi sciolti in cui sono composte, la poetica leopardiana del ricordo.
I temi cari al poeta e il mito della giovinezza si trasfigurano, attraverso la memoria in simboli e immagini liriche. La quiete dopo la tempesta sostituisce alla rievocazione del passato la descrizione di un sentire presente e l'abbandono alla vita, avvertito come una realtà positiva rispetto al passato affannoso. Il sabato nel villaggio è il canto dell'attesa e della speranza, destinata ad essere delusa. Ne Il passero solitario c'è il rifiuto di cogliere l'attimo fuggevole di pienezza di vita per lasciarlo intatto e incontaminato nella sua purezza.
La struttura
Quest'idillio è diviso in due parti perfettamente simmetriche che durano circa 7 versi e mezzo; la prima parte descrive il paesaggio mentre la seconda parte è più riflessiva.
In questa poesia è presente l'uso degli endecasillabi sciolti, vale a dire una serie indefinita di endecasillabi non rimati, però, nonostante ci sia assenza di rima la poesia è teatro di un gioco ritmico, la sua rigida, infatti, struttura viene rotta dagli enjambement.
Quest'ultimi, inoltre, rallentano lo scorrere delle immagini suscitate dai versi facendo risalire più in fretta il tema di fondo del componimento.
Le scelte lessicali di Leopardi si avvalgono dell'uso di parole vaghe, indefinite, che lasciano al lettore la possibilità di interpretare la poesia secondo il proprio stato d'animo, inoltre queste parole "annebbiate" danno un senso più lieve e poetico e rendono molto meglio l'idea d'infinito.
Nella parte conclusiva dell'opera l'abbandono all'infinito è reso attraverso l'uso di metafore che hanno come termine di paragone il mare, nella sua profondità e mutevolezza, nella sua apparenza superficiale.
Parafrasi
Mi fu sempre caro questo colle solitario e questa siepe che impedisce allo sguardo di vedere l'orizzonte più lontano. Ma sedendo lì e guardando con ammirazione con il mio pensiero m'immagino di là da quella siepe sterminati spazi e silenzi al di sopra del mondo, e una profondissima quiete; dove per poco il mio cuore non si spaventa. E appena sento il vento che muove le fronde delle piante, cerco di paragonare questo rumore a quell'infinito silenzio: e mi viene in mente l'eterno e le epoche passate e quella presente e le voci in essa. Così tra quest'immensità va a picco il mio pensiero: e perdermi in quest'immensità è piacevole.
Spiegazione
Il Leopardi nella prima parte descrive un paesaggio familiare che illustra delle immagini a lui care come il colle che si erige solitario. La siepe è per lui un ostacolo alla vista materiale, ma un incentivo per attivare la sua immaginazione che si amplia verso sterminati spazi, sovrumani silenzi e profondissima quiete, che rappresentano un po' le tre dimensioni, piano, altezza e profondità, di uno spazio infinito. Questa profondissima quiete però non è intesa come silenzio, ma come immobilità, la stessa immobilità che accompagnata al silenzio riesce a spaventare il cuore del poeta tanto è infinita la sua grandezza.
L'autore è riportato alla realtà dal rumore del vento che muove le fronde delle piante intorno a lui, questo rumore gli ricorda le voci dell'epoca presente in cui vive, mentre quell'infinito silenzio è il portavoce delle epoche passate. L'infinito e l'eterno sono rispettivamente riferite allo spazio e al tempo, eterno sia nel passato sia nel futuro, ma non nel presente perché esso è solo un attimo, questi due elementi uniti assieme riescono a formare la sintesi dell'Immensità, dove il pensiero del Leopardi va a picco, poiché non ce la fa a racchiudere in sé questa grandezza, ma nonostante questo perdersi in questa immensità, in queste riflessioni è gradevole.
Interpretazione
La capacità dell'uomo di far sorgere in se un'immaginazione del vago e dell'indefinito, in un luogo della semplice vista delle cose, è dolce e piacevole, ed è tipica dei fanciulli e degli uomini dell'età antica.
Questa sensazione sta all'origine delle illusioni.
Si tratta della sensazione - esperienza di un "oltre" rispetto alla semplice vista delle cose: ma un oltre che non esiste, che è solo prodotto dell'immaginazione umana, anche se l'uomo desidera perdersi in esso, lo trova una cosa dolce.
In quest'idillio è aperta una via verso la dolcezza di queste sensazioni: ma esse rimangono semplicemente costatate e narrate dal poeta, non vengono interpretate dando al lettore la possibilità di naufragare nell'immensità che solitamente il pensiero umano può solo sfiorare.
Carlotta Becherini
Classe II° A
Privacy |
Articolo informazione
Commentare questo articolo:Non sei registratoDevi essere registrato per commentare ISCRIVITI |
Copiare il codice nella pagina web del tuo sito. |
Copyright InfTub.com 2025