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FOSCOLO - Presentazione

letteratura



FOSCOLO

Presentazione


Insieme a Monti, Foscolo è stato lo scrittore più rappresentativo dell'età napoleonica. Tutte le letterature riportano questo giudizio su Foscolo che è dovuto alla varietà degli elementi che la sua opera contiene. Infatti, essa rientra pienamente nel neoclassicismo, accoglie tutte le tendenze della poesia preromantica e contiene elementi che poi saranno tipici del romanticismo. Possiamo prendere ad esempio l'opera "le ultime lettere di Ja 454b17e copo Ortis": Jacopo è il tipico eroe romantico, figura che nel preromanticimo non era ancora ben delineata nelle sue caratteristiche.

Per quanto riguarda in generale la figura di Foscolo, essa ha un duplice aspetto soprattutto ideologico. Inizialmente Foscolo aveva sperato in una venuta di Napoleone in Italia come liberatore dal dominio dello straniero. Quando questo è accaduto ha anche scritto un'ode "A Napoleone liberatore". Poi nel abbiamo la svolta ideologica: in quest'anno è stato stipulato il trattato di Campoformio con il quale Napoleone cedeva il veneto all'Austria. Da questo momento Foscolo è ideologicamente contrario alla politica di Napoleone e cerca di avversarlo in ogni modo anche con la composizione di opere (es. l'Aiace e alcune lettere dell'Ortis) in cui Napoleone viene delineato come un tiranno (naturalmente non in modo aperto ma comunque comprensibile). Nella vita pratica Foscolo ha fatto parte, fino all'esilio, dell'esercito napoleonico; questo può sembrare una contraddizione ma lui era convinto che avrebbe potuto operare, per convincere gli italiani a migliorare la loro condizione, solo all'interno del sistema napoleonico. Decide, in questo senso, di comporre opere per incitare gli italiani a conquistare l'indipendenza e quindi la libertà.



L'idea di libertà è centrale nell'opera di Foscolo, non solo come libertà individuale, ma anche politica e quindi nazionale.

Foscolo in tutta la sua vita ha sempre sperato che, come lui, gli altri intellettuali italiani e le persone che avrebbero potuto sostenere la causa italiana prendessero le armi per ottenere l'indipendenza.  Questo però non è avvenuto perché la maggior parte degli intellettuali italiani erano affetti da servilismo letterario compreso Monti che era suo amico.

Foscolo per non abbandonarsi a questo tipo di servilismo e mantenere così la propria autonomia, come uomo e come scrittore, ha preferito a rinunciare a tutti gli incarichi di una certa importanza che gli avrebbero assicurato economicamente una vita tranquilla. Quindi nel momento in cui Foscolo non ha potuto più mantenere in Italia questa autonomia, ha preso la via dell'esilio prima in Svizzera e poi in Inghilterra.

Per quanto riguarda gli incarichi proposti a Foscolo, ricordiamo quello di professore all'università di Pavia, che è stato soppresso dal regime perché nella prolusione (discorso che apre i lavori d'insegnante) Foscolo si era rifiutato di inserire degli elogi per/a Napoleone. In quell'occasione l'amico Monti gli disse apertamente di inserire nel discorso degli elogi a Napoleone. Foscolo gli rispose che aveva sempre sacrificato e avrebbe continuato a sacrificare la comodità della vita, gli onori e anche che avrebbe rinunciato a morire in patria tra i parenti e gli amici, pur di non prestarsi all'adulazione. Le sue parole furono: "Ho serbato la mia penna per sempre incontaminata dalla menzogna".

Questi concetti sono ribaditi nella lettera che Foscolo scrive alla madre nel marzo del 1815 quando clandestinamente partirà per l'esilio. Nel 1815 viene ripristinata la situazione politica e territoriale precedente alla rivoluzione francese e l'Austria riprende possesso del Lombardo-Veneto.

L'Austria tornata al potere offre a Foscolo la direzione della rivista "la biblioteca italiana". Gli austriaci volevano che Foscolo firmasse il contratto ma lui non lo fece. Infatti, capì subito che non gli affidavano l'incarico soltanto per le sue qualità di scrittore, ma, per avere una sua firma così da poter esibirla per far credere a tutti che era diventato uno scrittore di regime e, quindi, che si era asservito all'Austria. Foscolo ha capito subito che se avesse preso la direzione del giornale questo avrebbe nociuto alla causa patriottica italiana.

Il rapporto di Foscolo con le donne è stato produttivo dal punto di vista letterario perché le odi sono praticamente quasi tutte dedicate alle donne e ci sono rimaste moltissime lettere che testimoniano il carattere e la personalità di Foscolo. Alcune di queste sono state riprese da Foscolo e inserite fra quelle ardenti dell'Ortis

Per tutti i suoi aspetti di uomo e di scrittore, Foscolo è stato molto seguito nel periodo dalle nuove generazioni, tutte le sue opere circolavano dappertutto ed erano molto apprezzate soprattutto da chi aveva i suoi stessi ideali.


Le Opere


Per quanto riguarda l'attività letteraria tutta l'opera di Foscolo è stata influenzata dalla sua autobiografia e dalla sua ideologia.

Foscolo ha cominciato a comporre molto giovane; in queste prime opere c'è una sorta di diloghia che Foscolo è riuscito a superare solamente quando ha composto l'ode "A Napoleone liberatore" e la tragedia "Tieste".

Questa duplicità consisteva nel fatto che tutte le composizioni risultano, dal punto di vista del rapporto stile - contenuto, non perfettamente integrate e appaiono come delle esercitazioni letterarie in cui ad un certo tipo di contenuto non corrisponde la forma adeguata. Tutte queste opere sono improntate dallo stile dell'Arcadia e quindi non c'è compenetrazione fra i due aspetti. L'opera di Foscolo risulterà organica solamente quando ci sarà questa consonanza fra gli avvenimenti autobiografici e la ricerca dello stile adeguato a trasferirli in poesia.

Le Ultime Lettere di Jacopo Ortis

La prima opera importante, non solo dal punto di vista di stile e contenuto ma anche dal punto di vista dell'itinerario spirituale e letterario che si può seguire in tutta l'opera di Foscolo, è il romanzo epistolare "Le Ultime Lettere di Jacopo Ortis", opera dedicata a Vittorio Alfieri.

Una prima idea del romanzo Foscolo l'ha nel 1796 (vedi microsaggio sul romanzo epistolare) che doveva essere intitolato "Laura" o "Lettere". Sappiamo di questo abbozzo dall'opera "Piano di studi", che Foscolo stava elaborando nel periodo, nel quale tentava di dare una sistemazione organica alla sua cultura che ancora non era sistematica ma in via di formulazione.

Dopo il trattato di Campoformio Foscolo inizia la composizione dell'Ortis interrotta per la guerra austrorussa. L'opera è stata fatta completare dall'editore e pubblicata nel 98/99 con un altro titolo. Al ritorno dalla guerra Foscolo sconfessa la pubblicazione, riprende in mano l'opera e la fa pubblicare a Milano nel 1802. Questa edizione fu revisionata dal punto di vista formale e ripubblicata a Zurigo nel 1816 con l'aggiunta di alcune lettere e a Londra nel 1817.

L'edizione di Zurigo contiene la lettera del 17 marzo 1798 normalmente intitolata "Patria e Libertà" nella quale Foscolo critica gli italiani per non aver preso le armi per conquistare la libertà e l'indipendenza confidando nel fatto che i francesi gli avrebbero "regalato gratuitamente" questa libertà senza che loro facessero niente.


In questa lettera è presente anche l'accusa contro i francesi e in particolare compare l'allusione alla figura di Napoleone come traditore, col trattato di Campoformio, delle aspirazioni italiane.

Il romanzo è una raccolta di lettere che va dall'11 ottobre 1797 al 25 marzo 1799. Le lettere sono raccolte dal loro destinatario, Lorenzo Alderani, che dopo il suicidio di Jacopo le avrebbe pubblicate aggiungendo una presentazione, una conclusione e, delle parti descrittive per colmare dei vuoti nella corrispondenza (lacune).

Foscolo ha (probabilmente) scritto l'Ortis dopo aver letto Rousseau e Goethe, per cui possiamo dire che i modelli da lui seguiti sono l'Eloisa e il Werter (le attinenze maggiori sono con il romanzo di Goethe).

Nell'Ortis, rispetto al Werter, i motivi affrontati sono più complessi, in riferimento, soprattutto, alla situazione politica, ma anche alla situazione esistenziale del protagonista. Alla lettura del romanzo, si vedono chiaramente alcune affinità con l'opera di Goethe, che ci testimoniano del fatto che, al momento della composizione, Foscolo avesse già affrontato la lettura del Werter.

Foscolo lesse l'opera di Goethe a Venezia in una traduzione del 1788.  Lui stesso, in una lettera ad un amico e scrittore di Berlino, rileva tutte le affinità e le differenze tra i due romanzi.

Una delle differenze fondamentali è data dal periodo di ambientazione del romanzo.

L'opera di Goethe è scritta prima della rivoluzione francese. 

Quindi, l'ambientazione sociale in cui il protagonista è inserito, è quella aristocratico - borghese per cui c'è, da parte di questa classe, la non accettazione degli elementi costitutivi della personalità artistica di Werter (si nota soprattutto durante la festa dall'ambasciatore) ed inoltre della sua sregolatezza nella conduzione della propria vita, del suo rifiuto delle convenzioni. Quindi il problema principale dell'opera è il conflitto fra Werter e la civiltà del periodo che non può trovare soluzione se non con il suicidio.

L'opera di Foscolo è invece ambientata nel periodo napoleonico quindi il problema principale è quello politico in quanto il protagonista viene perseguitato per le sue idee e costretto all'esilio. In tutto il romanzo non si trova una soluzione se non nella prima parte la passione amorosa che compensa la visione negativa della realtà politica. Nella seconda parte del romanzo invece anche la situazione amorosa precipita, quindi non essendoci più questa compensazione si ha un'evoluzione sempre più in negativo perché Jacopo si rende conto che la soluzione politica rivoluzionaria in cui aveva creduto non è più possibile, che il problema amoroso non può avere ugualmente soluzione quindi non rimane che il suicidio.

La conclusione del romanzo è uguale a quella del Werter.

Sia Jacopo che Werter, sono costituiti con le caratteristiche dell'eroe romantico e cioè entrambi si pongono in conflitto con la realtà che li circonda. Da questo scaturisce un animo molto sensibile che dà una grande importanza ai sentimenti e alla individualità dell'uomo; ne scaturisce un animo tormentato che problematizza ogni evento, che trova conforto quasi esclusivamente nella natura e che, in conclusione, vede come unica via d'uscita e liberazione da questa situazione, la morte.

Rispetto al Werter nell'Ortis emergono con più veemenza gli affetti familiari, soprattutto la figura della madre che sarà l'ultima persona che Jacopo andrà a trovare prima di morire, ed emerge il desiderio di poter morire in patria per esservi seppellito e avere dopo la morte il compianto dei parenti e degli amici.


Mentre il Werter presenta solo in parte spunto autobiografico, l'Ortis è completamente autobiografico, praticamente nel romanzo Foscolo ha dipinto se stesso. L'Ortis è autobiografico non solo per quanto riguarda gli avvenimenti, ma anche come composizione delle lettere perché pare che alcune lettere scritte da Jacopo per Teresa siano state scritte da Foscolo per alcune delle donne con le quali ha avuto dei rapporti affettivi. Lo stesso nome di Teresa era il nome della moglie di Monti della quale Foscolo era innamorato. Lorenzo Alderani, amico di Jacopo che raccoglie le lettere, pare che fosse amico di Foscolo al quale egli pose uno pseudonimo per la composizione dell'opera. La sorella di Teresa, Isabellina, era una delle donne di Foscolo.

La differenza fra il vero Foscolo e il personaggio che lui costruisce si vede nella conclusione del romanzo in quanto Jacopo vede come soluzione ai suoi problemi soltanto la morte perché ritiene inutile operare per avere un'incidenza sulla realtà, mentre Foscolo, nonostante si renda conto delle difficoltà nel poter modificare la realtà, agisce sia nella vita reale che con la letteratura perché pensa che tutta la sua opera sia positiva e che possa essere di insegnamento agli altri. Vuole quindi operare per incitare gli altri a combattere al suo fianco.

Dal punto di vista letterario Foscolo fa confluire nell'Ortis tutta la sua cultura di fine secolo ma anche quella della tradizione. Tramite lo stile neoclassico fa dei richiami e citazioni da Dante, Petrarca, Tasso, Alfieri e Monti poi dalla letteratura latina cita lo storico Tacito e Lucano e dal rinascimento Machiavelli e Michelangelo (sepolti in   S. Croce a Firenze li ritroveremo nei "sepolcri") e ancora a Parini al quale dedica una lettera in cui descrive l'incontro con lui a Milano. E' presente anche l'influsso della poesia di Ossian, soprattutto nei momenti in cui l'autore descrive i sentimenti cupi e tenebrosi di Jacopo immergendolo in una natura ugualmente cupa e tenebrosa. Vi sono inoltre citazioni e descrizioni di carattere mitologico con una natura idilliaca quando descrive gli stati d'animo di serenità del protagonista; stati d'animo che derivano prevalentemente dal concetto di illusione.





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