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La poesia bucolica - Teocrito, Il mondo pastorale:gli idilli bucolici

greco



La poesia bucolica

Teocrito

Figlio di Prassagora,Teocrito nacque a Siracusa attorno al 315 a.C.,ma i luoghi rilevanti per la sua carriera letteraria furono di certo altri: l'isola di Cos dove si svolge il cenacolo poetico a cui si riferisce nelle Falesie e poi Alessandria dove si trasferì nel 270 a.C. ormai poeta affermato,sotto la protezione dei Tolomei. Come testimonia l'Encomio di Ierone,scritto intorno a quegli anni, per ottenere prebende dal dinasta di Siracusa attesta quanta difficoltà per un poeta,seppure affermato di trovare un padrone dato che le città dell'occidente ormai erano succubi dell'eterna lotta tra Roma e Cartagine. Ad Alessandria diventò amico dei migliori letterati del tempo,ma,caso insolito per i poeti Alessandrini del tempo,non lavorò mai in Biblioteca né fece studi eruditi. Morì attorno al 260 a.C.

Appartenenti a Teocrito ci è stato tramandato un corpus di trenta opere ma non tutti autentic 313g67d i:Tirsi o la canzone,L'incantatrice, La serenata,I pastori, Capraio e pastore,I poeti pastori,I mietitori, Il ciclope, L'amato,Ila, Eschine e Tionico,Le siracusane,Le cariti o Ierone,Encomio di Tolomeo,Epitalamio di Elena,Il ladro di miele,Il piccolo bovaro, I pescatori, i Dioscuri,L'innamorato, Il piccolo Eracle, Eracle uccisore del leone, Le baccanti,La conversazione intima, La conocchia, Amori efebici,e alcuni carmi sicuramente spurii; infine,gli si attribuiscono una ventina di epigrammi e il carme La zampogna.

Teocrito ci è noto in primo luogo per aver dato vita a un nuovo genere,la poesia bucolica,boukolos cioè pastore, che si esprime principalmente con l'idillo,un breve canto molto variegato. Il carme di argomento pastorale si ritrova già nei componimenti di Stesicoro,e anche Omero allude a gare musicali tra pastori,ma è di Teocrito il merito di aver delineato canoni e schemi di questo stile policromatico. In primo luogo c'è da dire che si cambia lo scenario delle vicissitudini umane che un tempo sembrava potessero avvenire solo all'interno della polis.Con la poesia bucolica acquista importanza un luogo lontano sia nel tempo che nello spazio.Il mondo pastorale di Teocrito immerge i suoi lettori in un mondo precittadino,estraneo agli influssi del progresso e della società, un mondo ibernato in una realtà statico senza né ieri né oggi. I personaggi che popolano questi scenari sono nuove figure solitarie che si celano nella loro analisi psicologica e si fondono con la natura che li circonda proponendo temi quali la natura,la cultura ad essa correlata,l'analisi interiore e l'amore.Certo è che questi paesaggi naturalistici non condividono alcun carattere con il verismo,tanto meno con il realismo,in realtà questi paesaggi e le vicissitudini che vi si susseguono sono prettamente fittizie. Infatti tra i canti di Teocrito si leggono campagne rarefatte e ordinate e pastori che si dedicano prettamente al canto e all'amore.E' questa una campagna comune all'immaginario cittadino,a quella porzione di società progredita che sogna la tranquillità della natura e la sogna nei canti bucolici di Teocrito, che verteva proprio a piacere al pubblico della cosmopolita Alessandrina.In questi canti si raccontava delle campagne Siciliane o dell'Italia campestre in generale che parlava un antico dialetto dorico proprio quando la società stava abbandonando le diverse parlate per unirsi in una lingua comune.



La creazione di questo clima raffinato fa di Teocrito il poeta più istintivamente dotato ma anche il più sfuggente alla civiltà ellenistica. Seppure esprime appieno i caratteri del circolo Callimacheo, Teocrito non fu un teorico della letteratura né un erudito cresciuto tra montagne di libri. In ogni caso,sa stabilire un sottile legame con il pubblico,sa stupire e cambiare timbro e stile delle sue composizioni assecondando i gusti dell'auditorio.Le trame dei suoi componimenti sono rarefatte anch'esse e si risolvono in descrizioni di situazioni standard quali la descrizione del locus amoenus,l'amore un po' malinconico e piccoli scorci di vita quotidiana. Teocrito segue un filone fondamentale del gusto ellenistico scegliendo piccoli gesti sui quali focalizzare l'attenzione,utilizzando un'arte di breve respiro,nell'abile uso di modelli letterari, e nell'impiego allusivo del linguaggio tanto da poter esser definito un "minimalista".

Ma Teocrito non si risolve in soli carme bucolici,anzi,qusti rappresentano la parte più esigua del suo corpus. La sua composizione  mostra tre mimi destinati alla sola lettura e si ispirano alla cultura popolare:grandi mimografi erano stati Epicarmo e Sofrone che egli prende come modello. Un altro passo fondamentale della composizione Teocritea è quella degli epilli,componimenti in stile epico-eroico che mostrano tutta la sua erudizione e la capacità di rivisitare il mito in chiave moderna e originale.Altre due composizioni ,degne di nota, sono dedicate ai suoi due protettori Tolomeo e Ierone. Infine,il quadro complessivo della sua produzione si completa con opere prevalentemente di argomento erotico scritte in dialetto eolico.

Il mondo pastorale:gli idilli bucolici

Talisie

Le Talisie erano una feste della fertilità celebrata nell'isola di Cos durante la quale si offrivano sacrifici a Demetra. Questa ricorrenza è riportata all'inizio del brano e subito accantonato:è l'occasione che fa incontrare il cittadino Simichida e il capraio Licida,personaggio apparentemente selvatico che poi dimostrerà il suo animo da poeta. L'episodio da luogo ad uno scambio di canzoni e alla simbolica donazione di un bastone pastorale che richiama l'iniziazione poetica di Esiodo raccontata nella Teogonia,segno dell'iniziazione poetica del protagonista sotto il quale si cela lo stesso Teocroto.

La scena si svolge a Cos perché lì aveva sede il famoso cenacolo del poeta elegiaco Fileta,precettore del re Tolomeo Filadelfo. Secondo alcuni studiosi il canto sarebbe dedicato appunto agli appartenenti di questo cenacolo, una sorta di metaletterartura per una dichiarazione di poetica.

Teocrito non è un teorico della letteratura come Callimaco, quindi il suo progetto letterario si desume dal tessuto dell'opera. Le Talisie propongono alcune situazioni non solo programmatiche della poesia Teocritea, ma anche del nuovo gusto alessandrino, nonché dei nuovi topos della letteratura pastorale: l'amebeo fra cantori, il canto d'augurio che prende la forma di un canto d'amore, una poesia dotta e raffinata che sa affrontare argomenti intimi e quotidiani.

Il ciclope

L'idillo presenta il canto di un ciclope innamorato: un monologo comico, nel quale il rude protagonista cerca di sedurre la dea Galatea con rustici doni di formaggio. A partire dalla letteratura di Odisseo il ciclope aveva manifestato segni d'incivilimento, nel Ciclope euripideo e nel carme melico del poeta Filosseno di Citera, Poliremo suonava la cetra, parlava ai delfini ed era innamorato di Galatea.In teocrito egli è ormai pienamente integrato all'interno dell'esile mitologia bucolica: è un enorme e rozzo pastore goffamente innamorato di una giovane ragazza che lo rifiuta; un ciclope immaturo non ancora abbandonato alla sua natura selvaggia. Teocrito cerca in ogni modo di non collegare il suo ciclope con il Poliremo di Omero ma, i due orchi ancora si assomigliano e si richiamano a vicenda nel loro essere soli, incivili ed eternamente sconfitti. Il suo corteggiamento a Galatea è certamente una parodia dell'uomo brutto e goffo che non capisce il motivo per il quale viene respinto e perciò continua le sue avance con suppliche e doni. Il tono umoristico è accentuato dalla dedica all'amico Nicia, a cui egli indica l'esempio di Poliremo divenuto in grado di poetare,ironica consolazione per le pene d'amore:così il motivo magico per il quale la musica addolcisce la violenza delle passioni dipinge un delizioso quadretto bucolico. Nicia rispose a Teocrito con un controcanto,e anche Callimaco si riferisce alla nuova invenzione Teocritea così che noi abbiamo uno scambio epistolare su un argomento allora di moda. Nell'idillo si può leggere anche un messaggio naturalistico per il quale anche un personaggio rozzo come il ciclope può essere piegato e affranto dalla dolceamara gioia dell'amore. Questo testo è intessuto di caratteri tipici dell'ellenismo:ironia,intimi quadretti,l'amore pastorale,introspezione psicologica del personaggio che inesperto paragona la sua amata a ciò che di più bello lo circonda - un'agnellina,un'acino d'uva acerbo.- Il ciclope, in chiave ironica,ripercorre i classico schemi della letteratura erotica quali i dubbi e le insicurezze e il desiderio di diventare uguale all'amata,nello specifico:avere pinne e branchie per seguirla in fondo al mare,caratteristiche che abbruttirebbero ancor di più il suo aspetto terrificante. Così che dimostrando che in amore anche il ciclope si scopre debole e indifeso lo si avvicina all'uomo civilizzato.

L'incantatrice

L'incantatrice,insieme al'Amore e alle Siracusane,è uno dei tre mimi della raccolta teocritea, ispirata ad una raccolta di Sofrone:"Le donne che dicono di tirare giù la luna"

Simeta si innamora di Delfi,un giovane di condizione sociale superiore alla sua che frequenta palestre e ginnasi. La conquista dell'amato ha successo ma svanisce in poco tempo, poiché le attenzioni del giovane si dirigono altrove, perciò Simetra con incantesimi e filtri amorosi cerca di ricondurlo a sé. Nel brano viene ripercorsa l'intera storia d'amore scandita per riprodurre l'effetto del filtro magico. L'incantesimo iene descritto nella prima parte dell'opera sui principi dell'arte simpatica o imitativa,operando su qualcosa di simile o sull'immagine della persona si ottiene qualcosa sulla persona stessa. Simetra è determinata a riconquistare Delfi e per questo lega fili di lana per legare il suo cuore a sé,brucia crusca,farina e brandelli del suo vestito perché Delfi possa ardere di passione,scioglie cera per far sciogliere il suo cuore e gira la ruota magica affinché egli s'aggiri intorno a casa sua. I gesti della donna sono analoghi a quelli compiuti nell'Ecloga di Virgilio,che,diversamente dall'opera Teocritea ha un buon fine.Si pensa però che i riti di Simeta,ai quali neanche lei crede più alla fine del mimo, non fossero quelli veramente fatti,ma solo una parodia,l'esemplificazione dei pensieri dei colti fruitori come Teocrito sull'argomento.

La magia

Da una parola di derivazione persiana Mageia, cioè magia, si risale alla religione zoroastraiana dove il mago era un sacerdote esperto in pratiche taumaturgiche, astrologiche e purificatorie. Erodono ci racconta che i "maghi" erano adepti di una società segreta che compivano sacrifici per conto del re e si occupavano di riti funebri di divinizzazioni e di interpretazione di sogni.

Nella cultura greca il mago zoroastriano è una figura sospetta che tende a confondersi con sacerdoti girovaghi detti agurtai che si presentano nell'età classica. Questi maghi erano predicatori di religioni orientali come attesta Platone, ma sin dall'epoca antica anche in Grecia esistevano persone che si dedicavano agli incantesimi per gli scopi più vari: a cacciare il malocchio , malefici , esorcismi e fatture d'amore. Questi personaggi erano detti goetai  che, per slittamento semantico divenne sinonimo di ciarlatani. La magia trova ampissime testimonianze in età ellenistica e si diffuse tra le classi popolari, mentre era avversata dalle persone colte. A quel tempo risalgono numerosissime testimonianze di formule magiche, volte a impedire che alcune persone comparissero in tribunale per testimoniare contro il mago. In età classica la magia fu degradata a superstizione, ma non si deve dimenticare che fin dagli albori della storia umana caratterizzarono la vita sociale: le pitture rupestri primitive comportano per lo più uno scopo magico, cioè un rito propiziatorio per una buona caccia. La magia quindi spinge l'uomo a credere cose evidentemente contrarie all'esperienza, imponendo agli spiriti di sottostare alla volontà dello stregone; inoltre può essere considerata come stadio primitivo della scienza poiché tende a conoscere le leggi della natura per poterle dominare. La magia, inoltre non si discosta tanto dalla religione in quanto molte credenze inglobano elementi magici. La differenza fra religione e magia consiste piuttosto nel fatto che la prima verte al sacrificio per gli dei e la seconda al maleficio. Per qualche aspetto ancora inspiegato l'uomo ha avuto bisogno di proiettare le sue tensioni in un mondo irrazionale per ottenerne pur fallaci rassicuranti risposte.

Le Siracusane

La quindicesima composizione costituisce un'eccezione per tutta la poesia teocritea: abbandonato il paesaggio bucolico, Teocrito  descrive un ambiente urbano secondo gli occhi di due siracusane trapiantate ad Alessandria spinte dalla curiosità di assistere alla festa delle Adonie. Il componimento è un lungo dialogo tra due personaggi marginali che tendono ad evidenziare l'effetto di scoperta della complessa e caotica cittadina. Procedendo nel testo si scopre la calca che riempie le vie del centro e che si riflette nei discorsi delle protagoniste. In tal modo Teocrito produce un testo realistico mimetico psicologico dipinto con il colorito e popolaresco dialogo delle due popolane.

Il brano inizia nella casa di una delle due donne e termina nella Reggia di Tolomeo, dove una cantatrice celebra le vicende di Adone: questo cambiamento di scenario evidenzia l'impossibilità della resa teatrale. Le siracusane infatti erano destinate alla lettura privata o alla lettura in un circolo di elite. Secondo i commentatori l'opera è ispirata da un capolavoro di Sofrone di Siracusa intitolata "Donne che assistono a giochi Istimici". Questo tributo ad antiche forme d'arte è d'innovativa freschezza e di scrittura assai elegante.

Bione

Bione di Smirne visse fra il 130 e il 50 a .C. di lui si conosce solo il fatto che visse per qualche tempo il Sicilia. Egli rappresenta, nel quadro letterario, una ricercatezza stilistica che si attiene agli stili della scuola asiana e al patetismo diffuso in quell'epoca. Queste caratteristiche sono evidenti nella sua opera più significatica: L'epitafio di Adone,scritto innovativo e sensibile di un impasto stilistico quasi barocco ma mai pesante. Di Bione, trasmessi dall'antologia di Sobeo, ci sono rimasti diciassette frammenti. Il corpus dei suoi componimenti comprende anche L'epitalamio di Achille e Deidamia. Erroneamente a lui era stato attribuito anche un Epitaffio di Bione in centoventisette versi in realtà opera di un suo ammiratore che ne imita i toni e lo stile.

Epitaffio di Adone

I lamenti per la morte di Adone appartengono a un'antica tradizione,anche Saffo aveva composto un canto per la sua commiserazione probabilmente destinato ad una esecuzione corale.Adone è un'antichissima divinità mesopotamica:un divino fanciullo che ama una dea,muore , viene pianto e annualmente risorge secondo il ciclo della vegetazione. In Grecia il suo culto si diffuse tanto velocemente tanto quello della sua divina amante Afrodite. Esso veniva celebrato in piena estate,durante i Giardini d'Adone,coltivati dalle donne;il suo infatti  fu principalmente un culto femminile. Il mito racconta che Afrodite si era innamorata perdutamente di un bel giovinetto di nome Adone e che Ares,per la gelosia,gli aveva izzato contro un cinghiale che l'aveva ucciso.La composizione descrive la disperazione della dea quando viene a sapere della morte del giovinetto. Non si esclude che il canto fosse esposto durante le feste anche se la tradizione ellenistica comporta la possibilità che fosse destinato alla sola lettura privata.

L'epitafio di Adone resta comunque un testo di grande suggestione letteraria. Bione forza deliberatamente la pateticità del testo che alterna lamenti a ritornelli e tratta l'argomento amore-morte con violenza emotiva quasi febbrile. L'intera poesia potrebbe essere definita decadente: Afrodite che si lacera il bianco seno e bacia il morto Adone, nonché l'inesistenza sul sangue sono caratteri tipici del patetismo che si ritroveranno nella cultura tardo ottocentesca. Nello stesso modo colpisce l'indugio col quale l'autore osserva l'ultimo sospiro del corpo che si spegne,quando in Afrodite è ancora vivo il desiderio di baciare ed unirsi a Adone. Altrettanto sconcertante è il racconto del dolore di Afrodite che acquista condizione umana nella disperazione e che vorrebbe abbandonare il suo stato divino per seguire il suo amante nella morte.Eppure resta dea e tutta la natura con lei piange amaramente la morte del suo amante facendo riecheggiare tra i boschi il suo dolore ottenendo un canto di rara potenza.

Adone e il "dio che muore" 


Il culto di Adone è di derivazione orientale e richiama un'antica figura mesopotamica:il dio morente era infatti noto fin dall'età dei Sumeri,i quali veneravano il dio Tammuz che in lingua sumera significa "il vero figliolo". Questa figura arrivò in seguito ai Greci tramite le popolazioni siriane e di Cipro sotto il nome di Adone cioè:"Signore" .

Nella tradizione greca Adone è il protagonista di una tragica vicenda:Mirra,figlio del re siriano Teia, fosse venuta in odio ad Afrodite e perciò la dea le avesse infuso un amore incestuoso verso il padre. Mirra riuscì ad ingannare e ad unirsi al padre per undici notti,ma quando il padre scoprì l'identità dell'amante brandì una spada per ucciderla,gli dei impietositi allora,la trasformarono in un albero e infatti l'albero che distilla questo profumo in piccole gocce si racconta distilli le lacrime della ragazza. Dieci mesi più tardi,si racconta,la corteccia dell'albero si spaccò e ne uscì un bellissimo bimbo :Adone.Egli era talmente bello che di lui si invaghì Persefone al punto da non farlo tornare nella sua patria,nonostante Afrodite ne reclamasse la restituzione. Zeus allora decise che il giovinetto avrebbe trascorso un terzo dell'anno nell'oltretomba presso Persefone,un  terzo presso Afrodite e un terzo dove avrebbe desiderato e lui scelse nuovamente Afrodite. I due si amarono e Ares,geloso,lo fece uccidere da un cinghiale perché non potesse più usufruire dei benefici della dea.

I Babilonesi credevano Tammuz fosse il giovane sposo della dea Ishtar,considerata l'energia riproduttrice della natura.Tammuz fu ucciso. Si narrava,inoltre che,per amor di Tammuz, Ishtar ogni anno trascorresse del tempo nell'oltretomba con lui. Durante l'assenza di Isthar dalla terra,nel mesi  autunnali detti proprio Tammuz,l'intera mesopotamia era in lutto e nessun matrimonio era permesso,mentre si celebravano funerali nei quali veniva cantata la triste sorte di Tammuz. In estate invece si celebravano invece le feste per la resurrezione del dio: in questo periodo le donne seminavano piantine aromatiche che crescevano celermente e avvizzivano tra pianti e lamenti per celebrare il culto di Adone. Nel mito di Adone si ritrovano i canoni degli antichi culti religiosi connessi al campo agricolo per il quale la morte e resurrezione del dio Adone segue il circolo vegetativo del grano che ogni anno rinasce dall'oscuro ventre della terra. Nel culto Greco Adone ha assunto il significato del ciclo vegetativo,non quello della nascita del grano,egli è infatti è collegato agli aromi e le piante che lo simboleggiano sono effimere ed infeconde:sua madre è Mirra,l'albero dell'incenso;da qui il proverbio:"Più infecondo dei giardini di Adone" Il mito di Adone veniva quindi venerato dalle classi marginali in quanto celebrava la sfrenatezza e la sessualità senza fini riproduttivi. Il profumo è sempre stato legato alla cultura dell'erotismo e Adone era il simbolo della bellezza contesa da due dee e frutto di un rapporto incestuoso,per tutti questi motivi il suo culto era interdetto alle donne di buona famiglia.




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