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Stesicoro
Sulla
sua vita si sa poco e veramente incerto. Si presume sia vissuto a cavallo fra
VII/VI sec nella Magna Grecia e anche il suo nome è un problema dato che
Stesicoros significava "ordinatore di cori" quindi si presume che sia una sorta
di pseudonimo, mentre il suo nome vero fosse Tisia, quasi certamente f 313j91d u sepolto
a Catania come ci suggerisce la tradizione. Probabilmente era un citarodo cioè
un poeta che eseguiva i proprio canti da solo ma con l'accompagnamento di una
cetra. Si pensa inoltre che sia l'inventore, o il perfezionatore, della triade
strofica, ovvero del metro utilizzato dalla lirica corale che suddivideva il
coroin tre grandi periodi ritmici seguiti poi da un epodo. Già i grammatici
alessandrini contavano 26 volumi che comprendevo tutti i suoi componimenti
divisi poi per titolo: Orestea, Cicno, Giochi funebri per Pelia, Cigno,
Cerbero, Palinodia, Gerioneide, Distruzione di Ilio, Erifile, Elena, Ritorni e
i Cacciatori del cinghiale. Molto apprezzato presso gli antichi, soprattutto
romani, a noi di Stesicoro è giunto ben poco per tracciare un profilo soggettivo
sulle sue opere. Viene comunque definito l'iniziatore di un genere diciamo
miscellaneo composto dall'epos, tipico della tradizione omerica ed esiodea, e
dalla lirica corale: si propone un sincretismo che piace al pubblico data la
forma lirica, in voga in quegli anni, un po' allungata, ma che proponeva i temi
tipici della tradizione antica riutilizzati con un accento dorico su una base
omerica. L'innovazione di Stesicoro sta nel fatto che non utilizza diciamo
l'archetipo di una fonte ma si serve, di polis in polis a seconda della
committenza, di miti diversi che lo avrebbero favorito nei suoi successi ed
insuccessi. Basti pensare alla leggenda che gira intorno alla sua vista: si dice
infatti di Stesicoro che sia stato accecato dai Di oscuri per lo offese
riportate nei confronti della sorella Elena e che avrebbe riacquisito la
capacità di vedere solo dopo aver composto
L'Elena
è un poema diffamatorio nei confronti appunto di questa regina accusata, dalla
tradizione e non direttamente da Stesicoro, di adulterio e di essere la causa
scatenante della guerra di Troia. Nel frammento 223 Davies infatti colpa di
tutto questo viene data al padre, Tindaro, che nella gioia paterna
probabilmente onorò tutti gli dei eccetto Artemide, la dea dell'amore, che per
vendicarsi gli diede delle figlie bigame, trigame o abbandonamariti: infatti le
tindaridi, insieme ad Elena e i due maschi i Dioscuri, sono Clitemnestra e
Timandra, entrambi bigame.
Stesicoro fra le figure del mito preferisce quella di Eracle che sceglie per tre delle sue opere: Cicno, Cerbero e Gerioneide. L'ultima è un poemetto che narra la decima fatica del semidivino figlio di Alcmena, cioè quella di catturare i buoi di Gerione un mostro decisamente antieroico nonché antagonista di Eracle nel racconto.
Il poemetto narra della decima fatica di Ercole che inizia un viaggio dalle coste di Tartesso sulla coppa del sole da oriente verso occidente fino ad arrivare sulle coste di Eritia dove dapprima trova ed uccide Euritione, pastore di Gerione, e poi anche il suo padrone,l'orribile mostro con tre corpi uniti sul ventre. Una volta ucciso anche Gerione gli ruba tutti i buoi e fa ritorno a Tartasso dove riconsegna la coppa al Sole. Nell'arco dei quattro frammenti Davies si toccano diverse tematiche come il topos letterario del loci amoeni visitati durante il viaggio, la vittoria dell'eroe sul suo nemico, la ripresa di una similitudine tipicamente omerica e infine la gloriosa restituzione della coppa al suo padrone.
Un
altro ritrovamento importante è stato fatto nel
In questo testo, presentato in forma di monologo, è una regina a parlare, lo so capisce dal verso 232 del frammento 222 Davies, e anche se non è esplicitato il nome si capisce benissimo che è Giocasta, moglie di Edipo, che parla ai suoi figli in lotta, Eteocle e Polinice, per cercare di smorzare questa diatriba dopo che il vate Tiresia aveva previsto la loro morte. Anche su questo testo, come sulle Palinodie, possiamo trovare tradizioni a favore e tradizioni contro, ma sempre assoggettate alle necessità di assecondare il gusto dell'uditorio.
Ispiratrice di opere d'arte come il fregio del tempio di Hera a Sele e l'omonima trilogia di Eschilo, Orestea composta da Agamennone- Coefore- Eumenidi, vede appunto protagonista della vicenda Oreste, il matricida, che torna in patri dopo anni per vendicarsi, su spinta di Apollo, del padre contro la madre Clitemnestra e il suo amante Egisto. A differenza della versione omerica, ambientata a Micene, e di quella eschilea, ambientata ad Argo, teatro della "tragedia" stesicorea è Sparta. Riguardo ai frammenti c'è da dire che non sono facilmente collegabili né fra loro né al tema della storia: infatti nel primo fa una vera e propria recusatio nei confronti di temi aulici e la preferenza di temi lievi e leggeri.
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