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LA STORIOGRAFIA E LA LOGOGRAFIA

greco



LA STORIOGRAFIA E LA LOGOGRAFIA:


Con il termine "storia" comunemente intendiamo la conoscenza di avvenimenti riguardanti un determinato periodo cronologico, non secondo una semplice successione temporale ma unita ad un'interpretazione razionale dei fatti stessi e delle fonti che li hanno trasmessi.

Con "storiografo" identifichiamo l'autore di un'opera storica condotta con una certa consapevolezza metodologica e , ovviamente, critica; identico a "storiografo" nel significato, ma molto più frequente nell'uso comune, è il sostantivo"storico".

La "storiografia" sarà quindi, in senso molto stretto, la produzione di opere storiche, racconto di fatti realmente accaduti, accertati e interpretati secondo il metodo storico.

I Greci distinguevano il συνγραφέυς, come Tucidide, che raccontava fatti realmente accaduti intorno a lui, e l'ιστοριογράφος, come Erodoto, dagli interessi più ampi e universali.

Su un piano strettamente etimologico Storia non significò, originariamente, ciò che abbiamo appena detto ma, semplicemente, "l'esposizione di un fatto da parte di chi ne è stato diretto testimone": nella lingua greca, infatti, i termini ιστορίη "esposizione", "racconto di un fatto" e ιστωρ "testimone" hanno come radice il tema ιδ di οράω il cui bivalente valore semantico è "io so" ma anche "io ho visto".

I diversi concetti di storia presenti nella storiografia possono essere sintetizzati nelle due grandi visioni della storia come processo in continua evoluzione e come processo compiuto di cui il presente è il punto d'arrivo o di arresto. Nel primo caso la storiografia è concepita come "ricerca", mentre nel secondo caso diventa "archivio dei dati" o "raccolta".



Nella storia della storiografia la riflessione teoretica vede l'alternarsi di due grandi periodi: le fasi di transizione e di sviluppo di uno scenario storico, in cui prevale il concetto di "ricerca", e quelle a cui giunge a maturazione un particolare assetto geo-storico-politico, in cui prende il sopravvento il concetto di "raccolta".

Con Erodoto e Tucidide la storiografia nacque come "ricerca per poi diventare "raccolta" in età ellenistica in ambito greco-orientale.

L'ideale della storiografia è la sintesi perfetta di ricerca e racconto.

Nella combinazione dei due criteri di scelta, importanza qualitativa e attendibilità, si preferivano serie limitate di avvenimenti.

Di solito lo storico classico, come il poeta classico, tratta di un tempo limitato; tuttavia lo storico, a differenza del poeta, deve giustificare la scelta di un soggetto non solo secondo criteri di grandezza, ma anche secondo criteri di attendibilità.

La quantità limitata di testimonianze attendibili è di per sé causa dell'estensione limitata del tempo storico rispetto al tempo illimitato che lo storico può contemplare in quanto non ha bisogno di testimonianze. Così lo storico greco deve trovare, scoprire gli avvenimenti che vuole conservare. Egli registra non ciò che tutti sanno, ma ciò che rischia di essere dimenticato o che è già stato dimenticato. Per i Greci, e quindi per i Romani, la storia è un'operazione contro il tempo che distrugge tutto, intesa a salvare la memoria di fatti degni di essere ricordati. La lotta contro l'oblio si combatte cercando testimonianze.

La ricerca delle testimonianze e la costruzione delle tavole cronologiche sono strettamente connesse tra loro.

La testimonianza, per essere tale, deve essere in qualche modo datata. La cronologia a sua volta deve essere costruita su testimonianze: possiamo dire, quindi, che la scelta e la datazione dei fatti siano interdipendenti, nonostante l'interdipendenza non divenne mai fusione tra ricerca storica e cronologica.

I Greci decisero, nel V secolo, che la testimonianza scritta era più utile per costruire una cronologia che per costruire fatti storici, come battaglie e assemblee.

Ma più tardi si continuò a preferire la tradizione orale e l'osservazione visiva, come appare chiaro da Polibio, anche quando quella preferenza non era più giustificata dalle evidenti condizioni.

La struttura cronologica era quasi invariabilmente sostenuta da documenti scritti; la narrazione storica, invece, quando è esposta per la prima volta e non deriva da storici anteriori, è fondata più spesso sulla tradizione orale e i ricordi personali che su testimonianze scritte.

Lo storico nel suo racconto doveva, inoltre, dare qualche piacere al lettore, ma allo stesso tempo doveva pensare di unire il dilettevole all'utile, altrimenti l'esistenza della storia sarebbe stata ingiustificabile.

Fu questo rapporto tra piacere ed utilità ad accendere molti dibattiti: Tucidide accusò, infatti, Erodoto di preferire il dilettare all'istruire.

Possiamo senz'altro affermare che la stor 535c24f iografia occidentale iniziò con il primo tentativo di ridimensionare i racconti mitici sulla base del giudizio critico;i racconti mitici, infatti, furono alleggeriti notevolmente delle incrostazioni fantasiose che, nel corso del tempo e per merito della poesia epica, si erano formate stabilmente, ma non fu messo in discussione il racconto stesso per quanto chiaramente mitologico.

La logografia, primo anello della Storia, nacque nella regione greca Ionia D'Asia.

Il termine λογογράφος"logografo" nella lingua greca indica semplicemente lo scrittore che, a differenza del poeta, decide di esprimersi in prosa.

Oggetto di questi racconti furono descrizioni di paesi stranieri, luoghi, tradizioni, leggende locali molto antiche, genealogie ed altro, cioè argomenti di carattere "storico" ed etnografico.




ERODOTO: Biografia

Generalmente è consuetudine ricercare i dati biografici di uno scrittore antico nelle opere di quello stesso scrittore, e non servirsi di ricostruzioni fasulle. Purtroppo, a parte le notizie sui viaggi, Erodoto ci dice ben poco di sé. Era convenzione dell'epica greca arcaica, passata poi alla storiografia, che lo scrittore non doveva parlare di sé quando l'argomento non lo richiedeva. Erodoto però ci fa ripetutamente partecipi di ciò che pensa, di ciò che ha visto o udito, esprimendo dubbi, ragionamenti ed opinioni. Tuttavia di sé da pochissime notizie concrete. Per altre informazioni biografiche è necessario rivolgersi ad altre fonti, lontane anche di secoli e di ambienti culturali diversi. In quanto nativo di Alicarnasso, città della costa occidentale dell'Asia Minore, ove nacque nel 490 a.C. fu profondamente a contatto sia con l'ambiente degli Ioni che con quello dei Dori, oltre al fatto che le origini della sua famiglia aggiunsero alla sua formazione elementi asiatici. Le vicende  politiche della città, governata da un tiranno, lo costrinsero fin da giovane all'esilio a causa delle idee democratiche della sua famiglia. Il periodo dell'esilio, trascorso nell'isola di Samo, lo introdusse ancor di più nell'ambiente culturale Ionico e in quel clima di curiosità che ne era l'elemento più caratteristico e che avrà forti ripercussioni nelle sue opere storiche. Infatti poco dopo Erodoto iniziò quella lunga serie di viaggi che furono alla base della sua indagine storiografica costituendo l'unico modo per apprendere notizie su paesi e popoli stranieri diventando un profondo conoscitore di usi, costumi e caratteristiche delle popolazioni di cui fa esperienza, compresa quella persiana, sotto la cui dominazione lo storiografo greco era nato. Egli fu infatti considerato il primo fra i Greci a dedicare la propria attenzione ad un evento propriamente storico, e cioè al grande scontro fra la Grecia e la Persia. Questo episodio lo ha portato infatti ad inventare una nuova forma letteraria, combinando strutture ed elementi propri di generi differenti (epica, etnografia, tragedia. apologo, novella) e adattandoli a nuovi contenuti. Fu per questo che Cicerone gli attribuì il titolo di "pater historiae" per la sua passione nel dedicarsi alla ricostruzione e alla narrazione dei fatti passati e in particolare di quelli politico-militari.

Due sono le date importanti nella vita di Erodoto: il 447 a.C che segna l'inizio del suo soggiorno ad Atene, nel pieno della politica Periclea di cui Erodoto fu ammiratore e sostenitore. L'altra è il 443 a.C anno in cui partecipò alla fondazione della colonia della Magna Grecia, evento importante per la vita di Erodoto perché gli diede modo di entrare a contatto con l'ambiente scientifico più prolifico del tempo. Non conosciamo esattamente né il luogo della sua morte né l'anno da collocarsi in ogni modo verso il 430 a.C



"LE STORIE" E IL METODO DI INDAGINE ERODOTEO

L'opera: L'opera di Erodoto (comunemente intitolata "storie" "istoriai , ma più esattamente "ricerche storiche") fu divisa dai grammatici dell'età alessandrina in nove libri, ad ognuno dei quali fu attribuito il nome di una musa. Questi 9 libri sono il singolare frutto di una sua conoscenza personale delle vicende riguardanti diversi popoli orientali, conoscenza acquisita grazie ai suoi numerosi viaggi. Trattano, le sue storie, anche dell'argomento che successivamente sarebbe stato considerato il tema principale del suo lavoro, le guerre di egemonia e di liberazione, al contempo, combattute fra Greci e Persiani nel V secolo a.C.

La struttura dell'opera fu da Erodoto modificata nel corso della stesura. Quanto al carattere unitario dell'opera probabilmente le "storie" erano nate come un'insieme di racconti autonomi, e solo forse a partire dal soggiorno ateniese, riordinati in una struttura unitaria, che consistevano in una vasta rassegna di caratteri etnografici delle popolazioni orientali da lui conosciute e studiate, per poi essere trasformato (forse sotto lo stesso influsso dell'ambiente ateniese), in una trattazione strettamente storica, o come tale, almeno, identificata. Scopo fondamentale dell'opera dello storico è mantenere vivo mediante la narrazione il ricordo dei fatti, non tuttavia di tutti i fatti indistintamente, ma soltanto di quelli "grandi e meravigliosi": con ciò si stabilisce che lo storico sceglie e seleziona, tra gli avvenimenti, quelli degni di essere tramandati; ma non è sufficiente registrare i fatti: da un lato è lo storico che assicura gloria alle imprese importanti, alludendo ai pregi formali dell'opera cui è affidato il ricordo, dall'altro egli con la sua ricerca deve offrire una spiegazione dei fatti, cioè indagarne le cause.

Quest'ultimo principio trova nell'opera di Erodoto un'applicazione quanto mai ampia e diffusa. Nel ricercare le ragioni del conflitto non esita infatti a risalire fino a Creso. Tale modo di procedere lento e digressivo, fa sì che quasi metà dell'opera si consumi prima di giungere all'argomento principale, lo scontro fra Greci e Persiani.

Solo con il V libro si giunge infatti all'episodio diretto di tale guerra: la rivolta ionica. Da questo punto le digressioni si fanno più brevi e meno numerose e il racconto appare più unitario e compatto rigidamente guidato da due idee fondamentali. In primo luogo il conflitto fra Grecia e Persia è presentato con l'urto di concezioni politiche e di ordinamenti opposti e di conseguenza la vittoria sull'esercito Persiano appare come il trionfo del sistema politico greco, che ha per fondamento la libertà, sul dispotismo orientale. In secondo luogo il merito dell'impresa è attribuito agli Ateniesi, che sono presentati come i veri salvatori della Grecia. È dunque possibile individuare nel racconto storico una elemento ideologica e politica che tuttavia non rinuncia alla pretesa di veridicità. Essa è garantita dal metodo impegnato.

Per quanto riguarda la datazione dell'opera, essa potrebbe essere una stesura finale posteriore al 430\429 e orientata in modo da recuperare gli interessi precedenti, cioè è ipotizzabile che in fase di stesura definitiva Erodoto ha potuto riprendere trattazioni precedenti, che forse erano già state oggetto  di presentazione orale, e le ha unite in un'unica opera.

Molte perplessità ha sempre destato il fatto che l'opera Erodotea si chiuda con un evento, la presa di Sesto del 478 a.C. che appare poco significativo e poco conclusivo. Se poi si aggiunge che alcuno promesse dell'autore sono disattese (ad esempio quella di inserire un logos Assiro, o quella di narrare la morte del traditore Efialte) e che permangono nel testo imperfezioni ed incongruenze, ci si è chiesti se le storie siano davvero finite. Secondo alcuni critici l'opera Erodotea è stata interrotta da circostanze esterne mentre il lavoro era in corso; altri sostennero che le difficili esperienze dei primi anni della guerra del Peloponneso tolsero ad Erodoto il piacere di lavorare alla sua opera, per cui egli preferì lasciarla incompiuta rinunciando al suo completamento. Altri ancora, come condivisero anche Tucidide ed Aristotele, ritengono che l'autore avesse avuto l'intenzione di giungere fino al momento della costituzione della lega marittima Delio-Attica. Va inoltre sottolineato che il criterio che prevede un finale non è necessariamente valido per opere destinate ad un'esposizione orale, proprio per questo è possibile immaginare di poter aggiungere episodi su episodi all'opera erodotea in modo inesauribile.

Trama dell'opera : Dopo il breve proemio, il primo libro (Clio) inizia immediatamente con l'esposizione dei motivi per cui Europa ed Asia divennero nemiche fra loro ("questa è l'esposizione delle ricerche di Erodoto di Alicarnasso." con queste famose parole si apre il primo libro): tutto scoppiò per questioni di donne rapite (Iò, Europa, Medea, Elena) fino alla guerra fra Creso, re di Lidia, e Ciro, re di Persia,  il conseguente sviluppo dell'impero persiano.

II Libro (Euterpe): tratta dell'impresa di Cambise contro l'Egitto (digressione su usi e costumi degli Egiziani).

III libro (Talia): conquista dell'Egitto, morte di Cambise, ascesa al trono di Dario, divisione dell'impero in 20 satrapie.

IV Libro (Melpomene): spedizione di Dario contro gli Sciiti (digressione su tradizioni, usi e costumi di questo popolo)

V Libro (Tersicore): la rivolta delle città ioniche e la loro sconfitta.

VI Libro (Erato): la prima spedizione persiana contro la Grecia: la sconfitta a Maratona

VII Libro: (Polimnia): la spedizione di Serse fino alla battaglia delle Termopili

VIII Libro (urania) invasione dell'Attica e battaglia di Salamina.

IX Libro (Calliope) la battaglia di Platea e di Micale; presa di Sesto sull'Ellesponto, ad opera degli Ateniesi.

Storiografia erodotea e metodo: Nella sua raccolta di dati Erodoto mette al primo posto l'autopsia (lett."vedere di persona"), e distingue in genere con molta chiarezza ciò che ha personalmente visto e indagato da quanto ha udito raccontare, avvertendo spesso il lettore di non potersi  rendere garante di molte tradizioni che pure non rinuncia a riferire Assai scarso è invece ricorso a documenti e fonti scritte. Da qui l'accusa, condivisa dalla maggioranza dei suoi contemporanei e dei successori, di essere un bugiardo. Lo stesso Cicerone definisce Erodoto il padre della storia ma lo associa allo stesso tempo a Teopompo come un altro bugiardo notorio "quamquam et apud Herodotum patrem historie et apud Theopompum sunt innumerabiles fabulae" ma di fatto questa non era l'unica occasione in cui Cicerone trattava Erodoto da bugiardo "fabulosus"; egli esprimeva il sospetto che lo stesso Erodoto avesse fabbricato ed attribuito a Delfi l'antico oracolo sui risultati della guerra fra Creso e Ciro. Si sa infatti che i Greci e i Romani non erano disposti facilmente ad inclinarsi in adorazione davanti ai loro stessi scrittori classici. Specialmente gli storici erano esposti alle accuse di disonestà. Ma nessun altro scrittore era criticato severamente come Erodoto. Tanto più che l'opinione degli antichi ha avuto un'influenza notevole sulla fama di Erodoto tra gli studiosi di storia antica dal Quattrocento ad oggi.

Erodoto combinò due tipi di ricerca storica: indagò sulla guerra persiana e viaggiò in Oriente per raccogliere informazioni sulle condizioni presenti e gli avvenimenti passati in quelle regioni. Combinare due compiti di questo genere sarebbe stato difficile per chiunque in qualsiasi epoca. Particolarmente difficile era per uno storico che doveva lavorare in Grecia durante il V secolo. Quando lavorava sulla storia greca, Erodoto aveva pochi documenti scritti su cui fare affidamento: per lo più la storia greca era ancora trasmessa per tradizione orale. Solo quando viaggiava in Oriente trovava documenti scritti in grande quantità, ma non era addestrato a leggerli. Solamente negli ultimi secoli i critici hanno accertato che egli descriveva secondo verità quello che descriveva e riferiva onestamente quello che ascoltava. Erodoto stesso ci dice che ha usato "ofiV gnwmh istoria gli occhi il giudizio e la sua capacità di ricerca, solamente mancando questi elementi dovrà far ricorso alla tradizione "logoi sempre però filtrata dal ragionamento, non supinamente accettata. Un certo razionalismo è quindi alla base delle storie, almeno per quanto riguarda l'aspetto metodologico. In altre parole Erodoto riuscì a produrre una storia molto rispettabile valendosi soprattutto dell'osservazione diretta e della tradizione orale. L'atteggiamento stesso, cosi pronto all'esame critico, tale da indurre lo storico ad essere lui stesso incredulo di fronte alla palese inverosimiglianza di certe notizie, di cui tutta via sente il dovere di dare comunicazione, costituiva un'enorme progresso, tenendo conto del vuoto che era alle spalle del nostro autore in questo campo,e della sua nettissima dipendenza da Ecateo. Ma neppure in questo è la vera novità di Erodoto: lo sforzo maggio ed il merito più grande consistono infatti nell'avere egli individuato ed enucleato, da tutto il complesso della tradizione, un fatto specifico di enorme portata (le Guerre Persiane) e di averne tentato una comprensione delle cause scatenanti in vista dell'affidamento di quel fatto stesso alla memoria dei posteri, proprio perché di eventi di tal genere era bene che non si perdesse il ricordo. Noi sappiamo che la sua storia è rispettabile perché siamo in grado di controllarla mediante fonti indipendenti, ma i segreti del suo mestiere non sono ancora del tutto chiariti. Quindi non possiamo essere sorpresi se gli antichi giudicavano difficile fidarsi di un autore  che aveva lavorato su una base simile. Fu Tucidide che determinò in definitiva il verdetto sul suo predecessore, decidendo che il modo erodoto di affrontare la storia era pericoloso.

Il mondo di Erodoto è un mondo dove dominano il caos, l'evento, che un Dio (non specifico mai determinato: quasi un "principio divino") distribuisce all'uomo. Penetrare tutti i misteri presenti nella vita dell'uomo è impossibile. Dall'osservazione delle vicende passate Erodoto elabora una sorta di legge storica: quando viene violata la moderazione interviene inesorabile la divinità a ristabilire l'equilibrio e punire il colpevole. Questo della moderazione è un filo conduttore di tutta l'opera che è stata interpretata in tempi recenti come una riflessione sul tema della potenza.in quest'ottica Erodoto inviterebbe il suo pubblico ad un ripensamento su argomenti di grande attualità, come l'imperialismo Ateniese. Anche la sua schietta curiosità di ionico deve arrendersi davanti a certi misteri, e solo così si può spiegare l'evidente "ingenuità" dello storico. Altra caratteristica di Erodoto, senz'altro la più gradevole, è il "piacere" del raccontare, intenso in lui come in nessun altro appartenente a questo genere; è un gusto irresistibile che ha dato un'impronta unica a tutta la sua opera storica e ha fatto si che in essa entrassero le più belle novelle della prosa greca, capace di attirare l'attenzione del lettore ed affascinarlo senza che egli neppure se ne accorga.




TUCIDIDE: Biografia


Tucidide nacque ad Aliunte intorno al 460 a.C. L'ambiente nel quale nacque e crebbe era quello dei circoli più conservatori di Atene, ma la sua educazione fu condizionata da maestri come Antifonte ed Anassagora e la sofistica esercitò una profonda influenza sulla sua formazione spirituale forse fino a modificare le idee di base e certamente permettendogli di capire, in buona fede, la grandezza di Pericle. E' difficile evincere dall'opera di Tucidide altri dati biografici, eccetto la partecipazione ad alcuni scontri sull'Egeo, ma sembra che egli sia tornato ad Atene dopo la fine della guerra del Peloponneso. E' con lui che la storiografia classica raggiunge il suo acme, sia per l'alto spessore dei concetti a cui si ispira, sia per la snellezza e l'essenzialità del suo stile. Basandosi sul cosiddetto "secondo proemio" i biografi antichi hanno ricostruito, dopo gli insuccessi militari ad Amfipoli, un esilio ventennale di Tucidide,trascorso nel Peloponneso. Questa notizia, però, pone alcuni seri problemi: innanzitutto, se accolta come vera, risulta problematico spiegare come un esiliato potesse tranquillamnte vivere in un'area sotto il controllo ateniese. Inoltre Aristotele attesta che Tucidide aveva assistito al processo contro Antifonte, celebrato nel 411, quindi soltanto undici anni dopo l'inizio del presunto esilio. A ciò si aggiunge che, nel 413, dopo il disastro siciliano, ci fu un'amnistia generale della quale avrebbe certamente potuto beneficiare anche Tucidide. La soluzione che venne proposta a questo problema fu estremamente semplice: chi parlava nel libro V non è Tucidide bensì il redattore che, dopo la sua morte, ha pubblicato i suoi materiali. Questo redattore, olte a fornine notizie sull'opera, avrebbe dato qualche informazione su di sé. Ora, poiché secondo una tradizione antica fu Senofonte a pubblicare la carta Tucididea, è a Senofonte che si dovrebbe riferire la notizia sull'esilio ventennale nel Peloponneso. Così si spiegherebbero, oltre alle incongruenze sulle notizie biografiche, anche delle brusche interruzioni e il mancato adempimento della promessa di raccontare fino alla conclusione. Infatti, accettando la tesi dell'esilio ventennale, Tucidide avrebbe trascorso gli anni della piena matuità e più intensa attività storiografica lontano da Atene. Se si accettasse invece la ricostruzione di Canfora, Tucidide avrebbe potuto seguire di persona la tormentata vita politica della sua città negli anni decisivi del governo dei quattrocento. Egli avrebbe potuto trascorrere anche lunghi periodo i Tracia ma come libero cittadino e non come esiliato. Di Tucidide non è nota neanche la data della morte ma, studiando il secondo proemio, si deve pensare che elisia vissuto almeno fino alla sconfitta definitiva di Atene nel 404 a.C. Secondo una tradizione molto diffusa egli sarebbe stato assassinato, ipotesi che però potrebbe essere dedotta connettendola con la brusca conclusione della sua opera. In ogni caso il silenzio sui trenta tiranni porterebbe a pensare che sia rimasto ucciso nel corso delle violente lotti civili che sconvolsero Atene alla fine della guerra del Peloponneso. A proposito del luogo della morte i biografi antichi traggono diverse conclusioni dal secondo proemio; alcuni fanno tornare lo storico ad Atene dove, nel II secolo a.C. sarebbe stata scoperta addirittura la sua tomba, altri lo fanno morire in esilio.


LE "STORIE" ED IL METODO DI INDAGINE TUCIDIDEO

L'Opera: Sui vari tentativi di suddivisione dell'opera tucididea intitolata nelle fonti antiche Istoriai o Suggrafh, prevalse quella in otto libri, che non era comunque il disegno originale. Da quanto leggiamo nel I libro è lo stesso Tucidide che si prende cura di sottolineare che non si è limitato nella stesura a riferire eventi sotto l'influenza della propria opinione, né di aver reperito notizie da chiunque fosse, ma che la sua esposizione è il risultato di un vaglio scrupoloso di opinioni e testimonianze. La sua opera tratta di storia rigorosamente contemporanea, di avvenimenti cioè cui l'autore aveva non solo assistito ma anche personalmente partecipato. Questa scelta è vigorosamente proclamata fin dal proemio " l'Ateniese Tucidide scrisse la guerra fra Peloponnisiaci e Ateniesi e narrò come si combatterono fra loro, incominciando subito da quando essa ebbe inizio e prevedendo che sarebbe stata grande e di gran lunga la più memorabile fra quelle precedenti". Dopo la citazione iniziale egli introduce immediatamente un raffronto con le guerre persiane; queste, benché grandi, si risolsero in modo relativamente rapido mentre il conflitto peloponnisiaco fu molto lungo, provocò infinite sofferenze e fu pure accompagnato da terribili calamità naturali. Nella scelta dell'argomento ebbero un ruolo importante le convinzioni di Tucidide: escluse dall'indagine storiografica gli avvenimenti troppo remoti poiché essi "erano impossibili a investigarsi perfettamente per via del gran tempo trascorso"; inoltre non li considerava importanti "né dal punto di vista militare né per il resto". La suggrafh tucididea tratta dunque un tema monografico: non pretende di esaurire tutti gli avvenimenti di un determinato periodo, ma di analizzare un unico evento di grande durata e complessità. La materia selezionata è quella politico-militare con particolar riguardo al tema della potenza. La guerra diviene oggetto privilegiato della ricerca storica; Tucidide intende fornire un'analisi attendibile di una vicenda esemplare, in grado cioè di mettere a nudo alcuni meccanismi psicologici fondamentali che guidano l'agire umano. Per ottenere questo scopo il suo resoconto deve essere vero, imparziale e, soprattutto, deve mettere in risalto le cause. Tucidide prende quindi le distanze sia dai poeti, che amplificano e abbelliscono i fatti, sia dai logografoi, i quali sono più interessati al diletto degli ascoltatori che alla verità e sottolinea la difficoltà di ricostruire dei fatti che per la loro antichità sono finiti nella sfera del mito.

Infine l'opera Tucididea sicuramente non ebbe da parte della'autore una rielaborazione e revisione uniformi in tutte le sue parti:ciò risulta più evidente nel libro V e nel libro VIII, in cui mancano le "demagorie" che caratterizzano il resto della'opera.

Tucidide vive in un periodo di profonde trasformazioni nella cultura del mnondo greco, e in particolare ateniese. Durante questo periodo la città greca attraverserà grandissimi sviluppi culturali: un'evoluzione straordinaria delle scienze fisiche, della medicina e della'arte ed inoltre il passaggio progressivo da una fase di civiltà orale a quella in cui si verifica il prevalere della scrittura. Seguendo la generale tendenza del mondo intellettuale e letterario del suo tempo, lo storico si dedica allo studio e all'analisi dell'individuo, e alla ricerca delle problematiche che regolano l'agire umano nell'ambito della politica e della storia.

Trama della'opera : Le storie raccontano i primi ventuno anni della guerra nel Peloponneso e la narrazione si sviluppa seguendo un ordine cronologico lineare in cui le operazioni sono divise per stagioni e periodo di sviluppo. Questo schema annalistico sarà quello comunemente adottato in seguito dagli storici; la successione secondo gli anni era rigidamente rispettata all'interno di ogni blocco tematico. Inoltre egli non si limita solo ad esporre i fatti della guerra, ma cerca anche di spiegarli introducendo, pertanto, la famosa distinzione fra ragioni ufficiali e cause più vere. Il bisogno di collegare quindi il presente con l'età più antica è palese fin dai primi capitoli nella cosiddetta "archeologia".

I Libro: proemio(metodo storiografico e commento delle "storie". Airkailogia (uno schizzo breve e sintetico della Grecia arcaica, finalizzato a dimostrare la superiorità della guerra del Peloponneso rispetto a tutti i conflitti precedenti e ad offrire un quadro della'evoluzione economica, sociale e politico del mondo greco dalle origini fino all'epoca di Tucidide); le cause immediate e l'analisi della causa vera del conflitto:  la straordinaria potenza ateniese.

II Libro: con procedimento annalistico vengono esposti gli avvenimenti dei primi tre anni di guerra, con la divisione  di ogni anno in estate e in inverno. Due sono i momenti di grande valore artistico l'epitafio di Pericle per i caduti nel primo anno di Guerra, e la descrizione della peste di Atene, con la morte di Pericle.

III Libro: rivolta e capitolazione di Mitilene e di Platea.

IV Libro: avvenimenti dal 425 al 423: successi degli ateniesi a Pilo e a Sfacteria; assedio della città di Megera sconfitte degli Ateniesi in Beozia; assedio ed occupazioni di Anfiboli da parte del generale spartano Brasida.

V Libro: campagne di guerre in Tracia; la pace di Nicia( 421); dialogo dei Melii, Melo verrà distrutta dagli Ateniesi;

VI Libro: la prima fase della spedizione ateniese in Sicilia, excursus sulla storia arcaica dell'isola; discussione sulla spedizione; preparativi e commozione della folla alla partenza della flotta ateniese; richiamo in patria di Alcibiade e prima fase delle operazioni di guerra fra Ateniesi e Siracusani.

VII Libro: difficoltà degli Ateniesi nell'assedio di Siracusa; Nicia chiede rinforzi; gli Ateniesi si arrendono.

VIII Libro: sgomento di Atene alla notizia della disfatta; il conflitto si sposta nell'Egeo;Alcibiade assume il comando delle operazioni di guerra; colpo di stato ad Atene.

Storiografia tucididea e metodo:

Il modo migliore per endersi conto del metodo storiografico di Tucidide e della sua novità rispetto ai predecessori è seguire l'esposizione stessa del suo programma che egli presenta nei capitoli 20 e 22 del primo libro. La prima considerazione riguarda l'accertamento della verità, difficile e faticoso per la felicità e superficialità con le quali il passato viene studiato, vagliato e tramandato senza discernere in maniera critica le testimonianze e i documenti che ci sono pervenuti, senza cercare con una propria personale indagine di spiegarsi ciò che è veramente accaduto e quali siano le cause dei fatti e le forse che agiscono nella storia.

È evidente, in questa prima riflessione, l'inento di Tucidide di formulare giudizi storici il più possibile oggettivi, attraverso un piano di lavoro rigoroso che escluda a priori ogni opinione personale che non sia basata sulla ricerca approfondita di tutto il materiale rintracciabile sulla guerra del Peloponneso, una specie di severo condizionamento nei confronti di se stesso e nella sua, come di altri, naturale tendenza a farsi trascinare, ad indulgere ad una narrazione in una narrazione in cui le leggende, i miti, le conoscenze poco chiare ed inesatte, abbiano il sopravvento.

Sia la ricerca critica del passato che l'esame attento e severo del presente permettono a Tucidide di raggiungere alcune verità: egli si rende subito conto, sin dall'inizio della guerra, della importanza di essa e della sua grandezza rispetto ai conflitti precedentemente affrontati dai Greci, comprese le guerre Persiane e la spedizione di Troia; poi, nell'esposizione delle cause del conflitto, egli supera le pretestuose accuse nei confronti di Pericle e degli avvenimenti immediatamente anteriori alla guerra per spingersi oltre: comprende cos' che la vera causa era nel dualismo Atene-Sparta, nell'annoso contrasto tra quelle due grandi città che esprimevano in Grecia opposte concezioni di vita, di politica, di potenza, i cui simboli ertano la democrazia Ateniese ed il conservatorismo Spartano.

Un'altra applicazione del suo metodo ai fatti della storia, Tucidide la da, quando individua le vere cause della disfatta Ateniese, non soltanto nella peste ed in altre circostanze negative che pure influirono e minarono a poco a poco la robustezza militare e politica dei concittadini, ma nella trasformazione del popolo ateniese, nell'individualismo nascente, nella politica imperialistica degli abusi, nella negazione dei valori tradizionali prodotta dall'ormai sempre più diffusa cultura sofista.

Il compito della storiaera dunque per Tucidide non già quello di consegnare alla memoria dei posteri le gesta passate, bensì di garantire agli uomini una conoscenza scientificamente sicura del passato nei suoi significati essenziali, nel suo valore sintomatico, in modo da poter fondare su di esso la comprensione del presente e la previsione del futuro.

Tutto questo comportava in Tucidide un approccio al mondo storico completamente diverso rispetto a quello Erodoteo: non era più la storia, con la sua infinita varietà di piani, di aspetti, di prospettive, a sopraffare il narratore che era costretto a seguirne il corso tortuoso e a consegnarla alle sue pagine così come essa gli si manifestava; era ormai lo storico ad assumere una funzione decisamente attiva, a considerare le informazioni come un materiale di base da accertare, da riorganizzare, da selezionare entro strutture metodiche che a quelle informazioni dovevano provarsi compatibili ma che comunque restavano separate criticamente da esse. Di questo nuovo atteggiamento è gia la prova il taglio che Tucidide conferì alla sua storia: per primo egli rinunciò alla tentazione della storia universale e limitò rigorosamente la narrazione al campo di eventi che si era prefisso, convinto che l'universalità dei significati sarebbe emersa non tanto dall'estensione quanto dalla profondità della sua analisi; i brevi riferimenti alle vicende precedenti erano strettamente funzionalizzati al periodo in funzione e dovevano valere ad illustrarne i meccanismi genetici, a precisarne i contorni anziché a sfumarli.

Cosi Tucidide veniva facendo della storiografia una scienza della'uomo, la più alta scienza della'uomo che il pensiero greco avesse potuto esprimere. Ma se per giungere a tanto il metodo aveva dovuto compenetrarsi rigorosamente agli eventi, se si era rinunciato a sovrappore agli eventi stessi una qualsiasi morale alla maniera erodotea, come poteva Tucidide aspirare all'immortalità per la sua opera? Come poteva faren secondo la bella espressione "una storia per il futuro"?

Tucidide mirava all'immortalità della sua opera ponendo la verità come unico punto di arrivo della sua attività storiografica.























CONFRONTO

Tucidide apre le porte alla storiografia moderna; quest'ultima da Tucidide in poi fu soprattutto di soggetto politico, si incaricò di spiegare e di ammaestrare, seguì un ordine cronologico, si curò di grandi eventi, di importanti nazioni o città.

Il distacco con Erodoto, suo predecessore nel genere, è netto: Tucidide intende la storia come analisi delle interrelazioni che sono alla base della azioni umane. Non è più un Dio a dare avvio alle dinamiche storiche, ma l'uomo sempre responsabile delle proprie azioni, ci si avvia quindi verso un principio più laico nel considerare la storia. Tuttavia in Tucidide l'agire umano trova un limite rappresentato dalla Tyche, il caso.

Essa veglia proprio al fine di non fare illudere l'uomo di poter essere il padrone del futuro.

Erodoto fu padre della storia, perché Tucidide implicitamente lo riconobbe tale; ma fu creduto indegno di fede, perché tale fu il verdetto di Tucidide.

In altre parole la reputazione di Erodoto nell'antichità fondamentalmente dipende dall'indirizzo che Tucidide impresse alla storiografia.

Tucidide accettò il presupposto di Erodoto che la storia è fatta di tradizioni prevalentemente orali. Ma non sarà mai abbastanza accentuata l'importanza di questa concordia fondamentale.

I documenti scritti sono marginali per Tucidide come lo sono per Erodoto: anche se sono documenti diversi( trattati invece che iscrizioni e oracoli).

Inoltre Tucidide seguì Erodoto nell'interesse per gli avvenimenti prossimi. Ma i criteri che egli adottò per lo studio della tradizione orale erano più severi di quelli di Erodoto.

Lo storico doveva essere stato presente ai fatti o aver vagliato i rapporti di coloro che erano stati presenti. Perfino i discorsi dovevano essere costruiti con criteri precisi di verosimiglianza.

Da qui una netta differenza fra i due storici. Sappiamo che il lavoro di Erodoto era combinato su due tipi di ricerca la descrizione delle guerre persiane e i viaggi in Oriente allo scopo di raccogliere informazioni riguardanti il passato e il presente di queste regioni. Naturalmente il lavoro che egli svolse risultò essere molto difficoltoso a causa delle scarse possibilità di documentazione della'epoca poiché la storia Greca era per lo più trasmessa oralmente e i pochi documenti scritti richiedevano un'abilità non indifferente nel poter essere consultati. Tucidide stesso si rese conto di quanto fosse pericoloso il metodo storico erodoteo e proprio per questo creò un metodo totalmente differente che potesse assicurare un maggior riscontro dei fatti storici affrontati con la realtà. Egli dunque sostenne che fosse più giusto e sicuro, occuparsi dei fatti contemporanei e avvenuti nei luoghi di residenza dello storico stesso, di modo che lo storico potesse rispondere di persona per ciò che diceva. Era perciò secondo Tucidide totalmente inesatto e insicuro occuparsi di popoli lontani e basarsi su documenti redatti in una lingua diversa dalla propria: elementi base invece del metodo Erodoteo

La tentazione di raccogliere tradizioni non bene controllate era severamente repressa.

Si noterà che Tucidide registra versioni differenti assai meno di Erodoto, e di rado indica o lascia scorrere la fonte della sua versione. Egli assume la responsabilità per quello che dice e non sente il bisogno di lasciare una scelta al lettore.

Invero, come è noto, al di sotto della obiezione metodologica di Tucidide sul criterio di certezza nella Storia, sta il differente orientamento dei suoi interessi di vita.

Tucidide si concentrava sulla vita politica, in essa ritrovava il senso dell'operare umano.

Comprendendo la vita politica del presente, e le sue conseguenze militari, riteneva di aver capito la natura dell'uomo nei suoi elementi perenni.

Egli di regola, se non sempre, faceva a meno di descrizioni di paesi stranieri, di insolite esperienze( fatta eccezione delle pestilenze), di aneddoti su individui notevoli, di miti e culti, di notizie su opere cospicue per bellezza o grandezza, a differenza di Erodoto che costellava le sue opere con lunghissime digressioni su argomenti etnografici non attinenti alla vera natura della'opera (troviamo molti esempi nelle "storie").

Tucidide era impegnato a intendere la guerra del Peloponneso come somma della natura umana; così impegnato da non aver alcun dubbio sulle sue premesse metodiche.

Indubbiamente Tucidide persuase la maggioranza dei suoi lettori, almeno nell'antichità, che in confronto ai suoi criteri di verità, Erodoto non meritava fiducia. Riuscì poi anche a persuadere i suoi successori che l'unica vera storia è la storia politica o politico-militare.

Con la nozione di storia politica Tucidide tramanda anche la preferenza per la storia contemporanea o quasi contemporanea costruita su esperienza diretta o su ricordi altrui severamente controllati. Il che conferma come Tucidide abbia consolidato la scelta di Erodoto per la tradizione orale.

Tucidide dunque porta alla vittoria un'esigenza di veridicità più rigorosa di quella di Erodoto ed incoraggia i suoi successori a limitare i propri interessi alla sfera della politica, ma non cambia la base della documentazione storiografica che rimane nell'antichità principalmente di carattere orale e solo secondariamente di carattere archivistico. Tra coloro che consolidano la posizione Tucididea basterà nominare Polibio; non solo egli accettò il metodo Tucidideo (sebbene citi Tucidide una volta sola nelle parti superstiti), ma demolì sistematicamente Timeo l'unico grande storico del terzo secolo che si riconnettesse ad Erodoto.

Rispetto ad Erodoto, Tucidide, cambia la motivazione di una tale opera: in Erodoto è quella di conservare il ricordo di certi eventi nella storia degli uomini, mentre in Tucidide, oltre ad un intento didascalico, c'è la volontà di fornire ai lettori una chiave interpretativa dei fatti, di perenne validità. Possiamo quindi affermare che Tucidide è il padre della'idea dello studio della storia come mezzo per non ricadere negli errori fatti in passato. Altra differenza dal suo predecessore, è il metodo: Tucidie restringe l'ambito della'indagine alla sola Grecia e afferma che il passato non costituisce un valido oggetto di indagine in quanto non è conoscenza certa e riguardo ad Erodoto si mostra molto più esigente nella selezione delle testimonianze.

Altra caratteristica del metodo di Tucidide, è quella di essere simile a quello usato da Ippocrate nell'analizzare una malattia. Infatti oltre che con i procedimenti dialettici dei sofisti, il metodo di analisi delle vicende politico militari elaborato da Tucidide presenta dei punti di contatto con quello della scienza medica. Tucidide applica all'analisi politica un metodo ed una terminologia propri della medicina: l'osservazione dei fatti (i sintomi) è la base per la diagnosi (la ricostruzione della situazione) e per la prognosi.


Lingua e stile a confronto: Il modello linguistico Erodoteo fu uno dei più complessi da interpretare e tra i più vari. Comprendeva un'alternanza di forme attiche e ioniche. L'utilizzo di forme attiche può essere considerata come una volontaria arcaizzante del testo, quella ionica come una volontà di traduzione in versione ateniese. Il lessico è estremamente composito: accanto a vocaboli della'uso poetico, soprattutto omerismi, si incontrano parole attiche e colloquialismi. Sotto il profilo sintattico, se è da considerarsi in linea di massima valido il giudizio Aristotelico necessario a riconoscere che Erodoto sa usare con maestria anche la "lexis catestrammene" (caratterizzata dalla complessità del periodo). Stesso processo accade nello stile nel quale accosta elementi di provenienza diversa.   

Tucidide invece era considerato nell'antichità uno dei massimi rappresentanti dello stile elevato; secondo Dionigi i principali tratti del suo stile sono: 1)la scelta di parole difficili, rare, arcaiche, poetiche e ilo largo impiego di tropi e di figure di parola; 2) la "austerà armonia" sul pèiano della "comopsitio" 3) una sintassi involuta e ricca di iperbati e anacoluti, congiunta ad un'eccezionale concisione espressiva. Sul piano lessicale è stata messo in risalto la predilezione per l'espressione astratta (infiniti, aggettivi e participi neutri sostantivati), la probabile creazione di neologismi. Sotto il profilo sintattico vanno segnalate la ricchezza di frasi nominali e participiali; Tucidide non presta attenzione allo iato e al ritmo del periodo e sembra prediligere l'iperbato, l'anacoluto e la preposizione parentetica.

In realtà è forse più corretto pensare che Tucidide adegui il livello stilistico all'importanza della materia secondo quel principio di convenienza "to preton" che troviamo per altro in tutta la teoria e la prassi letterale greca. Sotto il profilo dialettologico la lingua di Tucidide è l'attico nella sua forma antica che in alcuni casi coincide con l'uso greco più diffuso.





I DUE PROEMI A CONFRONTO

Proemio erodoteo:


Hrodotou Alikarnesseos istories apodexis hde ws mhte ta genomena ex antrvpvn tv krono exitela genetai mhte erga megala te kai tvmasta ta men Ellhsi ta de barbaroisi apodektenta aklea enetai ta te alla kai di hn aitihen epolemhsan allhloisi


traduzione: Questa è l'esposizione delle ricerche di Erodoto di Alicarnasso, perché gli eventi umani non svaniscano con il tempo e le imprese grandi e meravigliose, compiute sia dai Greci e sia dai barbari, non restino senza fama; in particolare, per quale causa essi si fecero guerra.



Già il logografo Ecato di Mileto, diretto predecessore di Erodoto, aveva iniziato le sue genealogie specificando il proprio nome e la propria origine e presentando una vera e propria dichiarazione programmata impregnata di razionalismo.

Anche il proemio delle Storie costituisce il sigillo apposto dall'autore all'intera opera. La frase iniziale costituisce un'intitolazione descrittiva, che però vuole anche illude retoricamente al tema e allo scopo generale dell'opera. In poche righe sono fissate nel proemio alcuni punti essenziali:

il concetto di indagine, ricerca che si basa sul concetto di visione diretta

l'allusione all'esposizione di tale ricerca, che doveva essere orale

l'intento di salvare dall'oblio le imprese umane impedendo così che opere meravigliose diventano "senza gloria"

l'affermazioni che tale imprese sono state compiute sia dai greci sia dai barbari, per cui si evince che l'autore racconterà le imprese degli uni e degli altri

l'indicazione dell'altro fine dell'opera che è mostrare "per quale causa" Greci e barbari siano entrati in conflitto tra loro


Proemio tucidideo:

Toukudidhs Atenaios xuvegraye ton polemon tvn Peloponnesivn kai Atenaivn vs epolemhsan pros allhlous arxamenos eutus katistamenou kai elpisas megan te esestai kai axiologvtaton tvn progegenhmenvon, tekmairomenos oti akmazontes te hesan es auton amfoteroi paraskeuh th pash kai to allo Ellenikos orvn xunistamenon pros ekateurous, to men eutus, to de kai dianooumenon. Kinhsis gar auth dh megisth tois Ellesin egeneto kai merei tini tvn barbarvn, vs de eipein kai epi pleiston antrvpvn.

Ta gar pro autvn kai ta epi palaitera safos men eurein dia kronou plhtos adunaton hn ek de tekmhrivn vn epi makrotaton skopounti moi pisteusai xumbainei ou megala nomizo genestai oute kata tous polemous oute es ta alla


traduzione: Tucidide di Atene descrisse la guerra tra Peloponnesi ed Ateniesi, come guerreggiarono fra loro. Vi si mise dal principio, dallo scoppio della guerra: prevedeva che sarebbe stata grave, anzi la più degna di memoria tra le precedenti. Per lui, la prova era che i due popoli vi si impegnavano maturi per potenza e con una preparazione completa; osservava inoltre il resto delle genti greche schierarsi con gli uni o con gli altri, chi subito, chi calcolando l'intervento. Fu senza dubbio questa la vicenda che sconvolse più a fondo la Grecia e alcuni paesi esteri: di potrebbe dire la maggior parte degli uomini. Certo, sulle vicende che precedettero il conflitto e su quelle ancor più remote, era impossibile raccogliere notizie sicure e chiare, per il troppo distacco di tempo; ma sulla base di documenti, cui l'indagine più approfondita mi consente di prestar fede, ritengo che non se ne siano verificati di considerevoli, né sotto il profilo militare né per altri rispetti.


Nel capitolo premiale Tucidide pone in rilievo l'indiscussa importanza dell'evento che egli si accinge a trattare, la guerra fra Ateniesi e Peloponnisiaci; lo storico giustifica tale scelta per il carattere imponente di questo conflitto di cui egli ebbe fin dall'inizio l'intuizione.

A differenza l'emittente compare qui al nominativo e fa dunque da soggetto ai verbi principali e reggenti. Attraverso il sintagma verbale si evidenzia la natura della composizione dell'opera e di conseguenza il tipo di destinatario: la modalità scritta della comunicazione fa sì che la trattazione presupponga un pubblico di lettori e non solo di ascoltatori come si evinceva dal proemio erodoteo, dove si lasciava intendere un'esposizione orale.

C'è da dire però che Tucidide presuppone Erodoto più di quanto si pensi: lo storico di Alicarnasso è infatti il suo punto di partenza, anche se egli dimostra di superare la modalità espositiva dell'oralità, e anche se presuppone un pubblico di lettori; lo storico ateniese in un primo periodo, "avrà avuto di mira innanzitutto quel genere di fruizione, dal quale, maturo prenderà le distanze..Tucidide esordisce come Erodoteo, con un progetto di storia greca che in qualche modo si rapportava ad Erodoto, avendo in animo lo stesso pubblico di erodoto. Tucidide insomma va inteso avendo in mente più la prassi erodotea o addirittura omerica, che non l'idea libresca di composizione, che per noi è certo più familiare e che si afferma soltanto nel IV secolo".







Bibliografia:

David Asheri: Erodoto, le Storie

M. Casertano, G. Bonaccorso, S. Ferrara Romero: Istorika

Angelo cardinale: Il modello greco

L. Canfora: La società ellenistica

L.E. Rossi: Letteratura greca

D. Del Corno: Letteratura greca

A. Somigliano: La storiografia greca

Pintacuda, Trombino: Hellenes

A. Millard: Atlante storico delle civiltà antiche

Enciclopedia Encarta 2006 (on line)


















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