![]() | ![]() |
|
|
GIOVANNI VERGA
Vita e opere:
Verga nacque a Catania nel 1840 da una famiglia di proprietari terrieri; sua madre era Caterina Di Mauro e suo padre Giovanni Battista, cavaliere di diritto perché di antica ascendenza nobiliare.
Aveva vent'anni quando Garibaldi guidò in Sicilia l'impresa dei Mille: quell'evento segnò una data memorabile nella vita di Verga, che resterà sempre fedele ai valori dell'unità nazionale e al culto del Risorgimento.
Già a sedici anni prova a scrivere un romanzo, ma la vera storia dell'arte di Verga comincia con il periodo fiorentino (1869-1872), dove subisce l'influsso della letteratura tardoromantica e filantropico -sociale. In tale periodo comincia a profilarsi un atteggiamento moralistico e critico, oltre a un interesse per situazioni estreme ed esasperate che rivela l'influenza della Scapigliatura.
Del Verga del periodo fiorentino ci sono pervenute opere come Eva, Storia di una capinera, Tigre reale, Eros.
Alla fine del novembre 1872 Verga si reca a Milano, capitale letteraria di quei tempi. Qui frequenta i salotti letterari e i caffè dove si ritrovano gli artisti e diventa amico di alcuni scrittori scapigliati. È proprio a Milano che Verga si convince sempre di più che l'epoca romantica è finita e che l'arte è diventata ormai un lusso inutile in un mondo dove dominano unicamente "le Banche e le Imprese industriali".
Nel 1874 esce Nedda, una novella ispirata alla narrativa filantropico -sociale allora di moda, ma in cui emergono per la prima volta le tematiche siciliane che caratterizzeranno l'adesione di Verga al Verismo.
L'arrivo a Milano di Capuana nel 1877 contribuisce alla formazione di un gruppo di narratori e di critici che si prepone di creare il "romanzo moderno" attraverso l'adesione al programma naturalistico sostenuto in Francia da Emile Zola.
Il primo racconto verista di Verga è Rosso Malpelo, scritto nel 1878. Il decennio successivo, dal 1880 al 1889, è quello dei capolavori: dopo i racconti veristi di Vita dei campi (1880) e il romanzo I Malavoglia (1881) escono Novelle rusticane (1883), Per le vie (1883), le novelle Vagabondaggio (1887) e Mastro don Gesualdo (la prima edizione uscirà nel 1888, la seconda invece nel 1889).
Sul piano politico appare vicino agli ambienti della Destra storica, che propongono un'alternativa agraria al predominio del grande capitale industriale del Nord (riforma agraria). Con l'avvento della Sinistra storica Verga si allontana da qualsiasi prospettiva politica assumendo atteggiamenti sempre più conservatori e talvolta reazionari.
Verga non riuscirà a completare il ciclo dei "Vinti": dopo l'uscita de I Malavoglia e Mastro don Gesualdo lavorerà a lungo sul terzo romanzo, La duchessa di Leyra, senza però finirlo.
Dal 1893 Verga torna a risiedere a Catania. Cerca di lavorare per il teatro, approntando per le scene La lupa e qualche anno dopo scrivendo il dramma Dal tua al mio (1903).
Nel 1920 è nominato senatore e assiste a Catania alle celebrazioni per i suoi ottant'anni, in cui Pirandello tiene un famoso discorso in cui lo contrappone a d'Annunzio. Proprio quando comincia un momento più favorevole per la sua fortuna di scrittore, Verga muore (1922).
Rivoluzione stilistica e tematica di Verga:
Manzoni e Verga sono i due più grandi narratori dell'Ottocento. Senza Manzoni non ci sarebbe stato l romanzo in Italia, ma con Verga abbiamo assistito allo sviluppo del romanzo moderno nel nostro paese.
L'innovazione nelle opere di Verga è ben riconoscibile: innanzitutto non c'è più un narratore onnisciente, ma il punto d vista all'interno dell'opera è quello dei personaggi. L'impersonalità comporta una radicale rinuncia: l'autore non manifesta più direttamente i propri sentimenti e le proprie ideologie, ma assume l'ottica narrativa, l'orizzonte culturale, il linguaggio dei suoi stessi personaggi.
Da qui si riconosce la rivoluzione stilistica di Verga: per la prima volta nella storia del romanzo italiano si abbandona un atteggiamento di dominio ideologico e di giudizio dall'alto, con la conseguente caduta delle tradizionali gerarchie narrative.
Essendo, dunque, venuta meno la mediazione ideologica dell'autore, il popolo non è visto con distacco né giudicato da una prospettiva populistica e moralistica, ma diventa protagonista del racconto. Il mondo della vita materiale e dell'esistenza quotidiana delle masse contadine entra di prepotenza a far parte della letteratura italiana: è questa la rivoluzione tematica di Verga.
Opere della fase tardoromantica e scapigliata:
Punti principali di interesse:
Il romanticismo di Verga è ancora ben vivo: la donna rappresenta l'ideale romantico dell'amore -passione come forza inarrestabile contrapposta alla società, non conosce la rinuncia e resta fedele ai propri sentimenti fino a morire.
Quando Enrico incontra nuovamente Eva, vorrebbe indurla a riprendere la relazione d'amore, ma ella rifiuta. Allora sfida e uccide l'amante di lei; poi, ammalato di tisi, torna a morire in Sicilia, dove l'attendono la madre e la sorella.
Il romanzo si fonda dall'intreccio di quattro temi:
In Eva ill romanticismo giovanile di Verga appare ormai in crisi ma non ancora superato.
Sia in Eva che in Tigre reale la narrazione è affidata a un narratore testimone delle vicende e confidente del protagonista; questo tipo di struttura narrativa viene abbandonata in Eros.
Nedda
Nedda è un'orfana che lavora come raccoglitrice di olive. È trattata peggio delle sue compagne in quanto più povera e indifesa. Dopo la morte della madre, rimasta sola al mondo, si innamora di un contadino, Janu. Questi va a lavorare nella piana di Catania e lì si ammala di malaria. Per quanto debole e stremato, vuole continuare a lavorare alla potatura degli olivi, ma cade da un albero e muore. Intanto Nedda è rimasta incinta. Le nasce una figlia che lei si rifiuta di portare alla Ruota del convento, dove in genere venivano abbandonati i figli illegittimi; per questo viene condannata dal prete e criticata dalle comari. Alla fine la figlioletta morirà di stenti. Anche Nedda dunque sperimenta la situazione dell'estraneità,tipica dei maggiori personaggi verghiani.
Adesione al verismo e il ciclo dei "Vinti":
Tre fattori favoriscono l'adesione di Verga al Verismo:
La poetica elaborata da Verga e Capuana dipende da quella naturalistica francese. Sul piano filosofico, rivela un'impostazione di tipo positivistico (sviluppo dell'industria e della scienza moderna), materialistico (il comportamento umano è paragonato a quello di qualsiasi altro animale) e deterministico (nega la libertà del soggetto, sempre legato all'ambiente circostante).
Sul piano letterario, da tale impostazione deriva una poetica antiromantica: esclude, infatti, sia l'idealismo degli scrittori romantici, sia la soggettività dell'io narrante. Nella poetica verista la psicologia può essere dedotta dai gesti, dalle parole e dal comportamento. Dunque gli scrittori veristi rappresentano la psicologia dei personaggi senza fare analisi psicologica.
Nel ciclo dei "Vinti", Verga mostra la necessità di rappresentare, dalla più semplice alla più complessa, tutte le classi sociali: contadini e pescatori (I Malavoglia), borghesia di provincia (Mastro don Gesualdo), nobiltà contadina (La duchessa di Leyra), mondo parlamentare (L'onorevole Scipioni), scrittori e artisti (L'uomo di lusso). Secondo Verga, la narrazione deve essere condotta dal punto di vista dei personaggi rappresentativi: da qui la teoria della "forma inerente al soggetto", per cui ogni ambiente sociale deve raccontarsi da solo, con le proprie immagini, con la propria prospettiva culturale e linguistica. Le forma quindi deve cambiare e lo scrittore si deve limitare a registrare la realtà.
Vita dei campi
La prima opera verista di Verga è la raccolta Vita dei campi (1880). Le novelle qui narrate hanno come protagonisti contadini, pastori, minatori di una società premoderna e preindustriale. La novità sta nella scelta di assumere la prospettiva culturale e linguistica di tali personaggi (tecnica della regressione).
Le novelle di Vita dei campi mostrano come agisca una spinta ideologicamente contraddittoria in Verga: da una parte agisce la molla dell'interesse individuale e dei bisogni materiali, dall'altra egli continua a immaginare il mondo arcaico-rurale in una luce romantica. La contraddizione viene risolta facendo trionfare l'egoismo economico e l'ordine sociale sulla forza dei sentimenti.
La struttura del racconto diventa così antifrastica, nel senso che si sostiene una tesi ma si fa capire che è possibile l'esatto opposto.
Novelle rusticane
Novelle rusticane raccoglie dodici novelle scritte tra il 1881 e il 1883. Qui Verga descrive un mondo di campi e di malaria, di contadini, di osti, di piccoli impiegati ma anche di borghesi, di nobili, di preti, di notai, di proprietari terrieri (come Mazzarò, per esempio, nella novella La roba).
Venuto meno il motivo dell'amore -passione, tende a scomparire anche il motivo del personaggio solitario e "diverso". Dai singoli personaggi l'attenzione si sposta alla dimensione collettiva, analizzata nelle sue dinamiche sociali ed economiche.
Mastro don Gesualdo
Il secondo romanzo del ciclo dei "Vinti" è mastro don Gesualdo (1888). L'intenzione iniziale era quella di rappresentare un arrampicatore sociale: un "mastro" che diventando ricco si merita il titolo di "don", senza pero riuscire a far dimenticare le sue origini. Il romanzo è strutturato in ventuno capitoli, riuniti in quattro parti che seguono, per episodi, i momenti culminanti della vita del protagonista:
Parte 1. Si svolge nel febbraio -luglio 1820 o 1821. nel primo capitolo, un incendio sorprende in casa Bianca, una giovane nobile spiantata, insieme al cugino Ninì Rubiera, con il quale ha una relazione illecita. Questi si rifiuta di sposarla perché non ha una dote; in questa situazione subentra Gesualdo, con le sue ambizioni di ascesa sociale. Le nozze si celebrano tra l'ostilità generale. La prima notte di Gesualdo e Bianca rivela tutta la distanza tra i due sposi.
Parte 2. Gesualdo diventa il più ricco del paese. In seguito si arricchisce anche grazie a un prestito fatto a don Ninì, che sta corteggiando un'attrice e che la madre, la baronessa Rubiera, vorrebbe diseredare.
Parte 3. Inizia riassumendo la storia di Isabella, figlia di Gesualdo, ma, con ogni probabilità, nata dalla relazione tra Bianca e Ninì. L'azione si svolge nel podere di Mangalavite,dove Gesualdo si è rifugiato con la famiglia per sfuggire all'epidemia di colera. Qui arriva anche la sedicenne Isabella, educata in un collegio di Palermo. La ragazza si innamora del cugino Corrado, che le rivolge romaniche poesie disprezzate da Gesualdo. Il matrimonio tra i due è impossibile perché Corrado è povero; Gesualdo combina così un matrimonio tra la figlia e il duca di Leyra, che appartiene a una famiglia illustre ma in declino. La dote di Isabella è molto alta, e Gesualdo è costretto a donare al duca altre proprietà per placarlo quando scopre che la ragazza è incinta di Corrado.
Parte 4. Il tema centrale è la decadenza di Gesualdo, che si apre con la vigilia della rivoluzione del gennaio 1848 e si conclude il mese dopo. Dopo la morte della moglie Bianca, il popolo assalta i magazzini di Gesualdo. Vecchio, stanco e malato di cancro, egli muore nel palazzo del genero, tra l'indifferenza e il disprezzo dei servi.
La narrazione è dedicata ai singoli momenti della vita del protagonista, con salti temporali di molti anni, di cui si dà conto in brevi riassunti. Il racconto assume così un carattere volutamente frantumato.
È importante osservare la differenza sostanziale tra Mazzarò e Gesualdo: mentre il primo vuole soltanto arricchirsi, il secondo vuole far parte dell'alta borghesia cittadina.
I Malavoglia
Il
romanzo narra di una famiglia di pescatori di Aci Trezza, in Sicilia, i Toscano
(nota in paese con il soprannome antifrastico di Malavoglia).
Quando 'Ntoni, il maggiore dei nipoti, parte per la leva militare padron
'Ntoni, il nonno, tenta un affare: compra una grossa partita di lupini, li
carica sulla barca "Provvidenza" (Il nome della barca, Provvidenza, è un chiaro
riferimento a Manzoni: ne I promessi
sposi infatti si parla di "divina provvidenza", anche se in questo caso il
termine va considerato con una connotazione negativa) e li affida al figlio
Bastianazzo perché li vada a vendere a Riposto.
La barca naufraga, Bastianazzo annega, i lupini sono perduti e a Padron 'Ntoni rimane il debito della merce perduta.
Successivamente Luca, uno dei nipoti, muore in battaglia, e Maruzza, la nuora, muore di colera. Il debito dei lupini si mangia la "casa del nespolo" e impedisce le nozze della nipote, la Mena.
Un nuovo naufragio della "Provvidenza" rende Padron 'Ntoni inabile al lavoro. Il primogenito 'Ntoni che, da quando ha fatto il servizio militare sul "continente" non si rassegna alla miseria dei pescatori, si dà al contrabbando e finisce in galera dopo aver ferito un doganiere.
Lia, la sorella minore, abbandona il paese e non torna più. Mena dovrà rinunciare a sposarsi con compare Alfio e rimarrà in casa ad accudire i figli di Alessi, il minore dei fratelli che, continuando a fare il pescatore, ricostruirà la famiglia e potrà ricomprare la "casa del nespolo".
Quando 'Ntoni, uscito di prigione, torna al paese, si rende conto di non poter restare a causa del suo passato di detenuto.
Nel romanzo si distinguono tre parti: la parte iniziale e la parte centrale hanno per protagonista il vecchio padron 'Ntoni, mentre nell'ultima parte il protagonista è il nipote che ne porta il nome.
Nelle prime due parti del romanzo si contrappongono due personaggi ideologici: padron 'Ntoni, che impersona la figura patriarcale, e l'usuraio Campana di legno, che incarna le leggi dell'utile immediato e si ispira, dunque, solo a un cinico egoismo. L'uno rappresenta il mondo dei Malavoglia, l'altro il mondo di Trezza.
Tutti i personaggi del romanzo si organizzano secondo un sistema oppositivo di natura morale. Il mondo del passato ha il suo eroe in padron 'Ntoni, un personaggio simile a quelli dell'epica antica. Il mondo del presente invece ritrova il suo eroe nel giovane nipote 'Ntoni, che è un personaggio problematico, in crisi, scisso tra i valori della famiglia e quelli della città. Il nipote usa vari linguaggi: quello dei giornali, dei proverbi, della politica, della farmacia; è il personaggio più autobiografico del romanzo.
Ne I Malavoglia sono presenti numerosi riferimenti storici: la battaglia di Lissa, la questione della leva militare e delle tasse, il malcontento popolare che ne deriva,. Tuttavia il tempo della storia tende a sparire e ad essere assorbito in quello ciclico ed eterno della natura.
La determinatezza nella rappresentazione dello spazio sociale e l'esattezza nelle indicazioni geografiche si combinano con un'estrema indeterminazione, che sembra obbedire a un'esigenza di astrazione simbolica.
Il concetto dell'ostrica si basa sulla convinzione che, per coloro che appartengono alla fascia dei deboli, è necessario rimanere abbarbicati ai valori della famiglia, al lavoro, alle tradizioni ataviche, per evitare che il mondo, cioè il "pesce vorace", lo divori. Intorno a tale concetto è costruito tutto il romanzo I Malavoglia.
Come l'ostrica che vive sicura finché resta avvinghiata allo scoglio dov'è nata, così l'uomo di Verga vive sicuro finché non comincia ad avere smanie di miglioramento.
Privacy |
Articolo informazione
Commentare questo articolo:Non sei registratoDevi essere registrato per commentare ISCRIVITI |
Copiare il codice nella pagina web del tuo sito. |
Copyright InfTub.com 2025