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l'alsazia

geografia



l'alsazia


L'Alsazia ha il fascino disperato e gaudente delle terre bilingui, contese o abbandonate, oggi da una parte, domani dall'altra, secondo quello che la Storia comanda. Né francesi né tedeschi, gli alsaziani parlano francese con accento teutonico e pronunciano il tedesco con la "r" troppo moscia. In poco più di un secolo sono stati costretti a cambiare cinque volte nazionalità e lingua ufficiale. Esperienze storiche che hanno lasciato il segno: oggi l'Alsazia è il paese del giusto equilibrio tra cultura germanica e latina, la terra dei calici di vino e dei boccali di birra, dell'efficienza nordica e del buonumore mediterraneo. Caratteris 616j96g tiche che, se sono difficili da cogliere nei minuscoli villaggi contadini dispersi tra i tappeti di vigne, sono invece evidenti, quasi ingigantite, in una città come Strasburgo. Il capoluogo dell'Alsazia ha fatto molto parlare di se poco meno di 15 anni fa quando venne scelto come sede del Parlamento Europeo. Il grandioso palazzo che lo ospita si trova davanti al romantico parco dell'Orangerie, 25 ettari di prati e splendidi aceri. L'aula parlamentare è coperta da una grande e luminosa cupola trasparente che la rende simile ad un'enorme conchiglia vetrificata. Strasburgo, come tutta l'Alsazia del resto, ha un carattere tranquillo, addirittura quasi sonnolento. Se non fosse per la stagionale ondata di turismo che fra giugno e settembre si abbatte su questa regione di Francia, e se non fosse per i deputati europei (soltanto 510, è vero, ma al loro seguito ci sono sempre mogli, mariti e portaborse), l'Alsazia sembrerebbe davvero solo una terra di infaticabili contadini. Persino nella grande Strasburgo si respira un aria un po' provinciale. La sera gli strasburghesi si riversano sui quai dei fiumi e dei canali, dopo aver ingurgitato paurose porzioni di quiche lorraine e fiumi di birra. Il cuore degli alsaziani sarà pure francese, ma il loro stomaco deve senza dubbio essere germanico. Quanto a svaghi, Strasburgo non é né Amburgo né Parigi e rivela la sua anima profondamente cattolica e soprattutto austera. Esiste uno stadio di ben 40mila posti e la città è da considerarsi una delle capltali della musica sinfonica e operistica, ma per ciò che riguarda le voluttà !notturne di tipo cosmopolita la città offre ben poco. Anzi nulla. Però in questa terra di vigneti a perdita d'occhio i peccati capitali sono soltanto sei, perché soddisfare la gola è quanto di meno peccaminoso e di più abituale si possa pensare. Per i Francesi dell' intérieur l'Alsazia è infatti una specie di Bengodi, un tempio enogastronomico al quale consacrare i fine settimana o le feste comandate. Niente di più vero, ma meglio tenere presente che anche a tavola le tradizioni si mantengono intatte più nei piccoli paesi che non nelle grandi città. La cosa migliore è non chiedere nulla a nessuno, salire in macchina e cominciare a girare in campagna. Uno dietro l'altro, si succedono decine di villaggetti, in qualche caso circondati da antiche mura, sempre costituiti da manciate di case à pans de bois, con i loro tetti spioventi e le travi a vista. Non lontano da Strasburgo, sui versanti del monte Sant'Odilia, si estende a perdita d'occhio la foresta dei Vosgi, un intricatissimo tappeto di abeti, castagni e faggi secolari. E' sul lato orientale di questa splendida foresta che si dipana la famosa «via del vino», un nastro d'asfalto di 120 chilometri che attraversa migliaia di vigneti. I «sette re dei calici» prodotti in questa regione sono diffusi un po' dovunque e probabilmente non esiste palato europeo che non abbia assaggiato un goccio di Riesling i di Silvaner, un bicchiere di Moscato, di Tokay o di Pinot (nero, rosso oppure rosato). Centro della viticoltura alsaziana e sede dell'annuale Fiera dei Vini è la cittadina di Barr costruita sulle colline e praticamente assediata dalle vigne che crescono ovunque. Questo arbusto è davvero il protagonista e l'abitante incontrastato della regione, un elemento onnipresente a tal punto che non ci si stupirebbe più di tanto se si scoprisse che nelle vene degli alsaziani scorre vino e non sangue. La coltura delle vigne impone i ritmi dell'esistenza e, forse, ha determinato anche l'inventiva dell'urbanistica che ha disegnato la strada principale della città: la via, con la sua fontana e le sue vecchie case in legno, che conduce alla piazza del Municipio, è ripida e disposta a terrazze proprio come le viticolture. Barr ha l'aspetto di una cittadina benestante, pigra ma non troppo, soddisfatta della sua solida ricchezza. E proprio così doveva apparire anche tre o quattro secoli fa: un boccone irrinunciabile per le bande di briganti senza scrupoli che taglieggiavano i signori e i mercanti di Barr e dintorni. Fuorilegge alla Robin Hood (ma il più delle volte fuorilegge e basta) si nascondevano nel fitto delle foreste sui Vosgi o nel gran castello dell'Haut-Krenigsbourg, una gigantesca roccaforte che si eleva su una piattaforma rocciosa a 720 metri d'altezza. Ai piedi del castello si trovano Riquewihr e Colmar. Riquewihr è una specie di miracolo della conservazione, perché le case, le piccole strade tortuose e ripide sono ancora oggi esattamente come erano ai tempi rinascimentali e nulla è cambiato nella vita dei suoi abitanti: vignerons erano e vignerons sono rimasti. Da sempre le uve di questa zona producono il più profumato e il più saporito Riesling di tutta l'Alsazia. Non distante da Riquewihr sorge Colmar, un'incantevole cittadina che conserva ancora oggi delle antiche vestigia storiche. Il quartiere più suggestivo di questa città è chiamato Petite Venise per il fatto che le pittoresche casette in legno con i tetti spioventi hanno le loro fondamenta nei canali del fiume Ill. Le sue acque, che scorrono placide nel cuore di Colmar, creano una speciale atmosfera che, a dire il vero, non ricorda per nulla Venezia ma piuttosto le graziose cittadine tipiche dei Paesi Bassi. Rimane allora un'espressione di cosmopolitismo spinto all'eccesso: in questa piccola Venezia che sembra l'Olanda si parla francese, ma nei limpidi giorni invernali, al di là del Reno, la Germania si tocca con un dito.




da «Vie del mondo».







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