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CAPITOLO TERZO. L'INTERVENTO PUBBLICO SUL MERCATO DEL LAVORO:
COLLOCAMENTO E POLITICA ATTIVA DEL LAVORO,
MOBILITA' EXTRA AZIENDALE,OCCUPAZIONE GIOVANILE,
INFORMAZIONE SUL MERCATO DEL LAVORO,
ORIENTAMENTO E FORMAZIONE PROFESSIONALE.
L'evoluzione della normativa: il filone garantista - promozionale, il c.d. diritto dell'emergenza, il c.d. diritto della crisi e della flessibilità, il progressivo decentramento amministrativo.
Il contesto sociale del lavoro, e la legislazione dello stesso ha sempre avuto una notevole mutazione nel tempo, mutazione che tuttavia non segue un organico disegno prestabilito, essendo la legislazione sull'occupazione italiana, sempre figlia dell'urgenza.
Poi, a partire dagli anni '90, la nostra economia pure crescendo con tassi relativamente alti, non è capace di assorbire il personale in esubero della nuova informatizzazione ed industrializzazione, generando così disoccupati non qualificati, la stessa problematica che comunque si presenta pure per la cattiva scolarizzazione nostrana , poco affine alla professionalità.
A partire dalla fine degli anni '60 si sono avute almeno tre svolte caratterizzate da provvedimenti legislativi, le seguenti:
legislazione garantista promozionale, figlia della lotta sindacale '68,'69, che inizia colla riforma del 1970 della legge fondamentale del collocamento, termina all'incirca nel '75
la seconda fisa perdura fino ai primi anni '80, c.d. diritto dell'emergenza, ed inizia nel 19777 colle leggi 285 e 675, che nascono come rattoppi per aggirare i gravi problemi di esubero da ristrutturazioni aziendali e da chiusure di stabilimenti, queste leggi sin dall'inizio si mostrano inefficaci , tanto che la legislazione successiva 121i87b si muove in senso antitetico, a volte con una liberalizzazione tout court intesa come snellimento, poi con una delegificazione debole con la conservazione della disciplina del '77 ma collo strumento di deroghe alla norma dato dalla commissione trilaterale (Stato, regione, organizzazioni sindacali), od ancora con una delegificazione forte, che si concretizza colla rinunzia alla disciplina di una particolare materia che viene delegata alla Trilatera o alla contrattazione collettiva.
Agli inizi anni ottanta e di nuovo agli inizi degli anni novanta, il problema del lavoro si fa sentire pesantemente , ed il problema si muove verso il c.d. diritto della crisi ed il c.d. diritto della flessibilità, esempi sono la "Marcora" del 1985 che incentiva le cooperative tra lavoratori di aziende in crisi e la 160/88 che tenta di fare emergere lavoro nero.
Tra la fine degli anni 80 ed inizio novanta, nascono due importanti leggi che modificano l'essenza della vecchia legislazione, la 56/87 e la 223/91.
La 56/87, norme sulla struttura organizzativa del mercato del lavoro, da un lato sembra consacrare il monopolio statale per la collocazione del lavoro, dall'altro anticipa l'interazione tra Stato e regione e l'istituzione dell'agenzia regionale per il lavoro.
La 223/91 è ancora più importante, modifica alcune patologie proprie del vecchio sistema, dapprima rimodificando cassa integrazione, modalità e trattamenti di disoccupazione, su spinta di direttiva CE, infatti ristabilisci l'originaria funzione della CIG, quella di strumento extra aziendale per l'assorbimento dei cassaintegrati, e poi abolisce il principio di assunzione numerica al collocamento permettendo l'assunzione nominativa, sempre nel rispetto delle fasce deboli, cosi sembra chiudersi il mercato della politica assistenziale che soffoca la produttività italiana.
La disoccupazione dei primi anni novanta è tuttavia diversa, è aggravata dal passaggio ciclico dell'economia da espansiva a regressiva, tale circostanza porta ad una seri di modificazioni della
223/91, rendendola molto meno innovativa di quanto lo era alla sua genesi , innumerevoli decreti d'urgenza, reiterati o profondamente convertiti, mai coerenti l'un l'altro comportano infine che la stessa legge ripristini la vecchia ideologia di CIG, quella altamente assistenziale che collassa le finanze imprenditoriali, questa legislazione, particolarmente concentrata tra il 92 ed il 96 a volte è mirata a risolvere problemi ben definiti e noti, come Maserati o Enichem di Crotone, altre volte sono solo pseudo tamponi che allontanano i problemi senza mai aggiustarli.
Si può comunque dire che i princìpi della riforma 223/91 sono sempre validi, anche se la stessa è stata mortificata dall'intervento di decreti d'urgenza, resta in essa la previsione di un aggiustamento degli ammortizzatori sociali e della diversificazione di trattamento tra lavoratori di imprese appartenenti a dimensioni diverse.
Imp. Liso .."la galassia normativa dopo la 223/91"
Ultimo importante sussidio integrativo alla 223/91 avviene nel 97 colla 196, il c.d. pacchetto Treu, tuttavia lanciato in un diverso stadio dell'economia, quello della ripresa, pur se lenta, dell'economia.
Tale legge mette in discussione alcuni assiomi ormai logori, come il divieto d'intermediazione della mano d'opera, la riscrittura di alcuni contratti e di talune clausole per il recupero d'inoccupazione e disoccupazione, come ad esempio la riforma dell'apprendistato, dei lavori s.u., la rimodulazione dell'orario lavorativo, senza però troppo intaccare i pilastri della disciplina, la struttura statale e la mediazione esclusiva dello Stato.
Però anche questi pilastri, dopo la sentenza della corte di Giustizia europea riguardo il Job centre , sembrano intaccati, infatti secondo la corte, l'ufficio pubblico di collocamento è un'impresa che gode di un apposizione dominante derivatagli dal diritto pubblico, che però diviene abusiva qualora non sia in grado di collocare il lavoro interno e lavoratori di altri stati membri all'interno del territorio italiano, di conseguenza sono illegittime anche le sanzioni che d'ufficio colpiscono intermediari diversi dallo Stato.
Nel 1997, comunque anche questo aspetto cambia grazia alla riforma Bassanini, che senza toccare la costituzione (117 e 118), fa un'enucleazione analitica dei compiti statali, ovvero delle deleghe governative alle regioni riguardo alcuni compito del ministero del lavoro, tra i compiti statali ci sono la previdenza sociale, gestione di eccedenze strutturali o temporanee, e vigilanza, come delega alle regioni in primis si trova il mercato del lavoro.
La delega del mercato del lavoro alle regioni
trova prima attuazione in una normativa quadro, il D.lgs 469/97 che tratta le
linee ed i princìpi del trasferimento, delegando alle leggi regionali un'attenta disciplina, da
attuarsi entro sei mesi. Quest'evento, assieme alla sentenza corte giustizia
europea, fanno presumere la fine del collocamento pubblico, trasferendo tale
compito ad agenzie private comunque strettamente controllate, inoltre in
attuazione del D. Lgs gli uffici periferici del ministero del lavoro verranno
trasferiti alle regioni.
Il collocamento dalla disciplina vincolistica alla liberalizzazione.
Il collocamento da parte dello stato centrale del lavoro, ab origine istituzionalizzato, vede nella sua genesi la modificazione (per mezzo di decreti), e la sua inversione fino a divenire regionalizzato (Bassanini) e privatizzato.
LA fase precorporativa vedeva impegnato nella collocazione del lavoro più interessi, quello privato dell'intermediario, quello partecipato delle associazioni sindacali, e quello pubblico dello stato, mentre la fase successiva vedeva come unico appannaggio nella ricerca del lavoro, quello pubblicistico del collocamento centralizzato, la diatriba tra l'intervento nella ricerca del lavoro solo pubblico o solo sindacale viene livellata colla 264/49, legge atta a contemperare gli interessi nelle competenze che si articola in questi capisaldi:
a) natura pubblica dell'attività d'intermediazione del lavoro e monopolio statale
b) natura pubblicistica nella gestio
c) natura vincolistica, l'assunzione e valida solo per mezzo ufficio di collocamento, salvo l'assunzione di mano d'opera impiegata in diversa ditta che cambia direttamente, con continuità lavoro
d) fungibilità della domanda/offerta lavorativa e relativo sistema numerico
Tale legge a pennello per una società statica, era comunque miope nei confronti del boom degli anni 60, e l'adeguamento legislativo di rattoppo non ha mai seguito principi generali, almeno fino alla 223/91 che modifica il principio anche in luce delle specializzazioni, che rendono il principio della fungibilità inadeguato alla realtà contemporanea, tanto che l'articolo 25 abolisce il principio numerico adoperando quello nominativo.
Altra modifica importante è l'istituzione di diversi collocamenti speciali, quelli ad esempio per categorie protette, per le fasce sociali deboli, per il lavoro a tempo parziale, per gli extracomunitaria, per gli eccedentari da crisi, ristrutturazioni, etc.
L'articolo 9 bis D.lgs 510/96 modifica ancora il principio dell'assunzione nominativa della 223/91 che prevedeva tale assunzione previa nulla osta dell'ufficio di collocamento, mentre ora è sufficiente una mera comunicazione posteriore all'assunzione.
Il D.lgs 469/97 permette inoltre su concessione triennale del ministero del lavoro a società con capitale versato o patrimonio di lit. 200.000.000 di intraprendere l'attività d'intermediazione nel mercato del lavoro, opera che deve essere del tutto gratuita per i lavoratori.
Il collocamento ordinario: struttura organizzativa, procedimento amministrativo di avviamento, contratto di lavoro.
STRUTTURA ORGANIZZATIVA.
A seguito della disciplina novella, l'ufficio di collocamento avviandosi verso la regionalizzazione e la privatizzazione, deve ovviamente colmare le lacune del sistema centralistico che va a sostituire, in linea di principio dando professionalità al servizio e contemperando gli interessi del mercato della domanda e dell'offerta del lavoro , effetti questi invero non verificatesi fino al 1997.
In tale data il D.lgs 467, di delega conferito dalla Bassanini, in maniera organica e sistemica elenca la funzioni che vanno a decentrarsi dal ministero del lavoro alle province e regioni creando un sistema di "servizi regionali per l'impiego"
Il D.lgs 467 impone alle regioni che devono analizzare, strutturare ed agire sul mercato del lavoro di istituire Commissioni regionali permanenti e trilatere per tale scopo entro 6 mesi, e contestualmente devono le province costituire "centri per l'impiego" con bacini di circa 100.000 abitanti per coordinare i servizi di base e fare da intermediari colle commissioni regionali, altresì entro 6 mesi dalla legge, anche le province devono istituire commissioni provinciali permanenti e trilatere.
I centri per l'impiego andranno a sostituire gli uffici di collocamento, e man mano, comunque entro il primo gennaio 1999 si avrà la graduale soppressione degli uffici periferici del ministero del lavoro.
Con D.P.C.M., si provvederà al trasferimento del personale dagli organi periferici al ministero agli organi federali.
Tradizionalmente il ministero del lavoro era strutturato in istanza centrale dalla direzione generale per l'impiego, e da istanze periferiche, gli uffici regionali e provinciali per il lavoro.
Dopo la riforma del 1996 c'è stata l'istituzione della Direzione regionale e provinciale per il lavoro che svolgono le funzione dei vecchi uffici adattate al decentramento delle funzioni, in particolare, già a partire dalla 223/91, le direzioni provinciali per il lavoro si occupano della gestione delle eccedenze strutturali e cicliche .
Gli organi collegiali.
Dopo la nuova regolamentazioni, i collegi non solo hanno perso la propria identità e le funzioni derivanti da questa, ma sono in via di ridefinizione.
Tali organi sono composti e costituiti ai vertici dei diversi livelli dell'apparato burocratico, e sono sempre costituiti su basi quadripartita (Stato, regioni, rappresentanze sindacali di mestiere e gialle), o tripartite (Stato, rappresentanze sindacali).
Al vertice dell'organigramma c'era la Commissione centrale per l'impiego, con compiti direttivi e di indirizzo per l'organica distribuzione del lavoro mirata alla massima occupazione, poi colla Bassanini tale commissione è stata soppressa e sostituita dalla Conferenza Stato - regioni.
Le commissioni regionali per l'impiego costituiscono l'organo di programmazione, di direzione, e di controllo di politica attiva del lavoro, ex leggi 863/84 e 56/87, compiti invero questi non propri della discrezionalità delle CRI, ma che possono essere attuate da queste come intermediaria collo Stato, i compiti il linea di massima delle CRI sono :formulazioni di pareri ed effettuazioni di proposte in materia di formazione professionale, fare indagini sulla parità dell'occupazione uomo - donna, occuparsi dell'individuazione delle fasce deboli lavoratrici etc.
Le commissioni provinciali sono presiedute dai dirigenti della direzione e sono tripartite, hanno funzioni intermediarie, in particolare decidono dei ricorsi proposti dalle sezioni e dalle commissioni circoscrizionali.
Le commissioni circoscrizionali hanno potere deliberativo e consultive rispetto le circoscrizioni, possono stipulare convenzioni con le imprese, aggiornano le graduatorie per l'assunzione nell'impiego pubblico.
Importante ricordare la 125/91 che in attuazione della parità uomo e donna istituisce il consigliere di parità, presente in ogni organo collegiale con pieni poteri di voto.
L'agenzia regionale per l'impiego.
Le ARI, concettualmente presenti già nella legislazione degli anni '70 vengono istituzionalizzate solo nel 1987 ed erano organi dello Stato oppure delle Regioni (come ora si sta organizzando), hanno il compito di :
armonizzare domanda ed offerta del mercato
individuare fasce deboli
coadiuvare ed armonizzare disciplina statale e regionale.
Il procedimento amministrativo di avviamento.
Chi avendone l'età per iscriversi nelle liste di disoccupazione, ex 112/35 deve richiedere al sindaco del proprio paese il libretto di lavoro, dopo tale possedimento deve iscriversi nelle liste di collocamento della propria circoscrizione, e pure senza cambiare residenza può iscriversi in altre circoscrizioni conservando l'anzianità maturata.
Pure se al 1996, colla l.608 era ormai evidente dell'inutilità di tale iscrizione, il legislatore ha preferito conservare tale impostazione nel procedimento amministrativa d'iscrizione alle liste.
La 223 91 alle ordinarie liste di collocamento aggiunge una nuova detta di mobilità, l'iscrizione alle liste ordinarie ha effetti sull'avviamento, la lista d mobilità ha caratteristiche proprie.
Le liste di collocamento sono strutturate in :
classi
settori
categorie
qualifiche
Le graduatoria sono aggiornate dalle commissioni circoscrizionali secondo i principi ribaditi dalla 56/87
L'assunzione diretta.
Chi vuole lavorare è comunque obbligato ad iscriversi nelle liste di collocamento, chi cerca lavoro invece, colla riforma, può pure fare domanda di lavoro nominativo, senza rispettare il principio numerico, ha comunque degli obblighi informativo.
La 608/96 prevede una serie di obblighi di chi cerca lavoro (datori di lavoro), devono, all'atto di assunzione, dare per iscritto al lavoratore tutti gli elementi che caratterizzano il rapporto di subordinazione , deve iscrivere il lavoratore nel libro matricola e se il contratto non è quello collettivo si deve in maniera analitica illustrare il rapporto.
Entro cinque giorni dall'assunzione deve essere data comunicazione all'ufficio di collocamento.
Tutte le comunicazioni, verso il datore e verso l'ufficio, possono pure essere fatte in nome del datore dal consulente del lavoro o dalle associazioni sindacali ( il tutto è articolo 9 608/96).
La c.d. riserva per fasce deboli e le precedenze per alcune categorie.
Le problematiche alzate dalla Corte Costituzionale per il mancato rispetto delle fasce deboli dei lavoratori per mezzo della chiamata nominativa da parte dei datori di lavoro, sono state assopite coll'articolo 25 223/91 che stabilisce una riserva di assunzioni per una quota, solitamente 12%, per i lavoratori appartenenti alle fasce deboli, istituto che svolge la funzione garantistica per le persone svantaggiate che veniva prima esercitata dalla chiamata numerica.
La norma comunque è di facile elusione e poco realistica per una buona garanzie delle fasce deboli, in primis, tale obbligo scatta solo dopo il decimo lavoratore impegnato, e con verifica di volta in volta delle condizioni numeriche, non si considerano impegnate le persone lavoranti con contratto di formazione e lavoro e di apprendistato, mentre i soggetti di contratto part time a tempo indeterminato vengono computati in ragione del loro impiego nel ciclo produttivo.
La riserva è destinata agli iscritti in tre fasce, fasce che non prestano nessuna precedenza l'un l'altra,:
lavoratori iscritti da più di due anni e nel contempo da meno di tre in particolari ruoli (professionali, imprenditoriali, dell'agricoltura)
lavoratori iscritti nelle liste di mobilità
lavoratori di altre categoria di volta in colta definite dalla CRI, in un'ottica d'elasticità alla norma.
Il CRI può inoltre con delibera a maggioranza innalzare la soglia del 12% fino al 20% in particolari distretti ad alata disoccupazione e destinare tale split incrementativo alle liste di mobilità.
Il differire può differire dell'obbligo della riserva solo qualora i lavoratori con la professionalità richiesta siano in numero inferiore di tre.
Un'analisi dell'articolo 25 223/91 ci mostra un istituto applicabile solo da imprese discretamente grandi, capace normativamente solo per il lavoro dequalificato, ed inoltre in virtù di particolare convenzioni con commissioni per l'impiego il contratto può pure essere a tempo determinato ma di almeno un anno.
I datori che non rispettano le assunzioni in riserva, sono soggetti a sanzioni amministrative per ogni riservatario non assunto e sembra dunque fatto salvo del lavoratore assunto al suo posto.
Altri diritti di prelazione sono per i lavoratori impiegati nelle punte stagionali, per personale in mobilità nei confronti di imprese che svolgono domande di assunzioni entro un anno dal licenziamento.
3.Il contratto di lavoro
Il rapporto esistente tra procedimento amministrativo di avviamento e iter formativo del contratto di lavoro, era laborioso fino alla 608/96 che ha istituito l'assunzione diretta.
I problemi esistevano colla richiesta nominativa , ma colla richiesta nominativa 223/91 già tutto sembrava semplificato in quanto il datore richiedendo nome e cognome di un determinato lavoratore senza dubbio era già stato in contatto con questo, e pure se doveva essere il nulla osta dell'ufficio di collocamento preventivo all'assunzione, di fatto il contratto di lavoro già si perfezionava senza di questo.
La mobilità extra - aziendale.
La mobilità extra aziendale quale strumento per riassorbire il personale eccedentario da ristrutturazione del processo produttivo ha avuto risposte legislative, convenzionali, e di deroga alla legge.
La risposta legislativa e del1997 e si strutturava in una prima fase garantistica che vietava i licenziamenti collettivi, ed un'altra attiva che prevedeva canali preferenziali per le riassunzioni, un fallimento dovuto pure alle esigenze di professionalità, e della struttura è rimasta in piedi solo la funzione garantistica - assistenziale
Convenzionalmente invece i sindacati accordandosi col maggiore numero di imprese riuscivano a rimpiazzare parte dei lavoratori in mobilità.
Per quanto riguarda le deroghe alla legge c'è ne sono diverse, per lo più mirate in uno specifico territorio o in una categoria lavorativa ad hoc.
La nota 223/91 disciplina pure l'istituto della mobilità dando ad essa lo scopo e la natura extra - aziendale, pure se le modificazione alla legge hanno reso meno lineare l'intento del legislatore del 91.
L'articolo 4 223/91 permette al datore di lavoro durante il periodo d'integrazione salariale, qualora ritenga di non essere in grado di garantire il lavoro al termine della procedura straordinaria, di mettere in mobilità i lavoratore, indi licenziarli, pure senza passare per la Cig.
Evidentemente la mobilità ora non è concepita da posto a posto, bensì da posto a mercato lavorativo, ora il messo in mobilità non è più un pseudo lavoratore mantenuta da cassa integrazione, ma un lavoratore con alcune agevolazioni che sarà preferito ai nuovi impieghi.
Tali eccedentari entreranno nelle liste di mobilità, lista a cui originariamente potevano accedere solo alcune categorie di eccedentari, quelli che sarebbero stati assoggettati alla Cig, quelli di imprese edili e poche altre categorie in maniera analitica indicati dalla legge, elencati tutti negli art 4 e 24
l. 223/91.
Le deroghe successive alla legge hanno anche fatto rientrare imprenditori con dipendenti al di sotto delle sedici unità (limite minimo della Cig), e tanti altri lavoratori, inficiando così il principio della normativa, che era quello di selezionare ed organizzare il settore della mobilità, tuttavia tutte le deroghe fatte godono del solo incentivo della preferenza e non di quelli economici derivanti dall'iscrizione.
Tale lista per agevolare il ricollocamento permettere all'iscritto che gode anche di benefici economici di chiedere l'anticipazione all'attualità delle remunerazioni che dovrà avere e congiuntamente di godere dei benefici della 49/85 per la costituzione di cooperative di lavoro.
Per incentivare inoltre l'attività di lavoro subordinata sono previsti altri benefici, amministrativi e finanziari, per il lavoratore e per il datore.
Per il lavoratore che accetta lavoro fuori residenza è concesso un contributo di sistemazione, ed inoltre è permesso di accettare lavori a tempo determinato o part time senza perdere l'iscrizione nelle liste di mobilità presentando istanza all'INPS entro cinque giorni dall'assunzione.
Dall'ottica dell'imprenditore per permettere il riassorbimento delle eccedenze lavorative il legislatore ha previsto una serie di incentivi e vincoli, i vincoli sono quelli della riserva e della preferenza, gli incentivi sono di tipo economico, che però degenerando creano un intreccio di liste.
I maggiori vantaggi economici derivanti dall'assunzione di tipo flessibile sono lo sgravio contributivo quasi totale per non più di dodici mesi, termine che viene prorogate di altrettanto tempo per conversione del rapporto a tempo indeterminato.
Lo sgravio spetta invece per 18 mesi per l'assunzione a tempo indeterminato.
Per le assunzione nelle liste di mobilità spetta al datore un contributo del 50% dell'indennità di mobilità residua al lavoratore, in modo da fare transitare per poco tempo i lavoratori in questa lista per appetire l'interesse imprenditoriale.
Il lavoratore iscritto nelle liste di mobilità ha taluni obblighi da osservare, come quello di seguire corsi di formazione promossi dalla CRI la cui violazione comporta la cancellazione dalle liste, e dei corsi promossi dalle sezioni circoscrizionali ed inottemperanza la sospensione di 12 mesi dalle liste, svolgere LSU.
Oltre che per questi eventi patologici promossi dalla direzione provinciale per il lavoro, il cui ricorso va mosso entro 30 giorni alla direzione regionale, il depennamento dalle liste può aversi pure per l'essere venute meno le ragioni di tale istituto, come l'assunzione a tempo pieno ed indeterminato, la corrispensione anticipata del contributo di mobilità, etc.
I collocamenti speciali : degli addetti all'agricoltura, di alcune categorie particolari, delle c.d. classi protette, dei lavoratori per attività all'estero, degli stranieri extra - comunitari.
Collocamento agricolo
Il collocamento agricolo, non toccato dalla riforma della 223/91 riguardante la chiamata nominativa dei lavoratori, viene invece compresa nella 608/96 permettendo l'assunzione diretta con successiva comunicazione alla sezione circoscrizionale.
Tuttavia resta in piedi come collocamento speciale per la diversa normativa anti frode da parte dei datori che potrebbero in confronto al collocamento ordinario usufruire più facilmente alle agevolazioni previdenziali.
Collocamento di alcune categorie particolari
Sono speciali i collocamenti dello spettacolo, degli addetti alle aziende alberghiere, delle aziende di panificazione, la specialità consiste nell'iscrizione di liste separate però sempre facenti capo al ministero del lavoro
Per gli addetti ai lavori domestici l'intermediazione è fatta da associazioni di categoria e dagli istituti di patronato con autorizzazione ministeriale.
Uffici particolari sono pure per gli apprendisti e per i lavoratori a domicilio, inoltre chi è già iscritto nelle liste ordinarie può iscriversi senza perdere nessun vantaggio acquisito alle liste dei lavoratori part time.
Collocamento obbligatorio delle c.d. categorie protette
Per talune categorie svantaggiate, quali gli invalidi a vario titolo, i ciechi, i sordomuti, orfani e vedove d guerra, tubercolotici, esiste l'istituto, impropriamente detto del collocamento obbligatorio.
Più correttamente, la 482/68 prevede per teli figure protette una riserva di posti lavorativi calcolata sulla base della forza lavoro occupata, precisamente l'obbligo a contrarre colle fasce si presenta oltre il 35 lavoratore impegnato, esclusi gli apprendisti e i lavoratori con CFL.
Le riserve sono proporzionate in base alle categorie protette, collo scorrimento, mancando il primo interessato possono entrare nel contratto di lavoro gli altri protetti di categoria più bassa, ad esempio 25% invalidi di guerra, 15% invalidi civile etc.
Il collocamento impropriamente obbligatoria della 482/68 è l'unica caso dove ancora vige il principio di assunzione numerica..
LA disciplina del collocamento obbligatoria è spinta dalle discussioni attorno ad essa ad un mutamento nella sua struttura, in particolare a fare passare i non invalidi (vedove, figli, profughi) nella riserva dell'articolo 25 223/91 ed estendere l'obbligo ad assumere lavoratori protetti anche alle piccole imprese alleggerendo quelle più grandi.
Il lavoratore invalido che vuole lavorare deve iscriversi in particolari albi del collocamento, il datore di lavoro che ha i requisiti è obbligato ad assumere per via numerica gli iscritti, e con relazioni annuali deve dichiarare il numero di dipendenti e di protetti che ha nel suo organico, se da tale documento risulta inadempiente riguardo la disciplina dei protetti, cosa strana non scatta l'assegnazione di ufficio, ma l'invito alla procedura di assunzione, più sanzioni penali.
Gli invalidi sono soggetti a particolari visite mediche, proposte da loro stessi o dal datore per verificare la compatibilità dello stato fisico sull'ambiente di lavoro per salvaguardare la sicurezza degli impianti e dei compagni, con esito sfavorevole all'invalido spetta al datore sospendere l'avviamento del lavoratore o qualora già assunto licenziarlo, oppure su richiesta del lavoratore verificare l'influenza della mansione sulla sua persone, se l'influenza è negativa spetta al datore trasferirlo a mansione più sicura, pure se non equivalente in deroga all'articolo 13 St. Lav.
L'accertamento degli handicaps è di competenze delle commissioni mediche dell'ASL.
Dagli anni '80 in poi per particolari casi si prevede la deroga all'obbligo di assumere i protetti, come nel caso di ristrutturazioni, conversioni e riorganizzazioni produttive.
Infine la 662/96 per combattere i falsi invalidi ordina a tutti questi di fare denuncia al pretore ed al datore di una dichiarazione di responsabilità sulla veridicità dei loro mali, la mancata denunzia comporta l'accertamento immediato, ed in esito negativo la risoluzione del contratto.
Collocamento dei lavoratori per attività all'estero
Per i cittadini italiani che vogliono prestare servizio lavorativo nei paesi della UE non esiste nessun problema in virtù del principio della libera circolazione della manodopera, mentre per i paesi extracomunitari la legislazione è ovviamente variegata.
Chi è disponibile si iscrive nelle liste tenute dalle direzioni regionali con funzionamento nominativo.
L'assunzione o il trasferimento sono soggetti a particolari autorizzazioni concesse al datore di lavoro previa verifica delle condizioni generale offerte.
Collocamento degli stranieri extracomunitari
L'aspetto in tale contesto è duplice, infatti oltre il lavoro a da prestarsi ci sono i problemi sulla legislazione per l'immigrazione, aspetti diversi ma che intersecano in più punti.
Le leggi che principalmente regolano l'ingresso al lavoro dei lavoratori extracomunitari sono la 943/86 e 39/90, nessuna modifica proviene dalla riforma della 608/96.
Dunque l'extracomunitario come detto, che vuole entrare per lavoro, oltre autorizzazioni per la salvaguardia all'ordine pubblico, deve avere un'autorizzazione al lavoro richiesta dal datore alla direzione provinciale per il lavoro, in caso di controversie farà ricorso alla direzione regionale.
La 39/90 cancella le speciali liste istituite dalla prima legge ed anche le chiamate numeriche, sostituendole con quelle nominative, da eseguirsi quando si è accertati che mancano lavoratori italiani ed extracomunitari per svolgere quel determinato lavoro.
Importante ricordare la problematica riguardante gli aspetti umanitari e sociali di tale disciplina.
L'informazione sul mercato del lavoro, l'ordinamento e la formazione professionale.
Per l'aspetto della formazione ci si rifà alla 196/97 che ha appunto all'articolo 17 l'obiettivo di formare sia i disoccupati in mobilità che gli occupati mediante corsi di aggiornamento professionale.
Per i primi invece l'obiettivo è di tenerli al passo colle esigenze del mercato del lavoro, esigenze che vengono monitorate con un centro telematico denominato SIL Sistema informativo lavoro, istituito don D.lgs. 469/97, un sistema di raccolta informativa centralizzato in Lan con gli enti decentralizzati.
I contratti a finalità formativa: l'apprendistato, i contratti di formazione e lavoro.
La legge 196/97 va a modificare radicalmente, dando un'appetenza diversa il contratto di apprendistato, uno strumento che trova radici nelle corporazioni medievali, nato in Italia dalla legislazione 25/955, doveva dunque essere rinfrescato.
La novellazione era dovuta soprattutto per il boom dell'elettronica nel processo industriale, dove le competenze devono essere o quelle parcellizzate molto semplici così come definite nel processo produttivo di Smith, ovvero molto laboriose.
L'apprendistato come da 25/955 era un contratto a cui accedevano i giovani tra 15 e 20 anni dalla durata massima di 5 anni , comunque un realtà uno strumento per i datori di reclutare manovalanza a buon mercato, visto che poi i corsi di apprendistato disegnati dalla legge non avvenivano e se avvenivano non erano capaci di istruire alla professionalità.
La novella 196/97 cambia i limiti di età che ora sono tra i 16 ed i 24 anni, che possono mutare in zone ad alto tasso di disoccupazione tra i 15 e 25 anni, termine che può essere innalzato di altri due anni per i portatori di handicaps.
L'articolo 16 della legge stabilisce solo i limiti minimi e massimi della legge, rispettivamente 18 e 48 mesi, limite entro cui i contratti collettivi stabiliranno la durata in funzione del tempo che occorre per apprendere la mansione impiegatizia od operaia a cui si è sottoposti.
Lo stesso articolo 16, sancisce che a decorrere dal luglio '98 i corsi di formazione per l'apprendista saranno svolti oltre che tra le mura aziendali, anche al di fuori, dovendo gli apprendisti partecipare alle iniziative di formazione promosse dal contratto nazionale, la percezione dei contributi sottoposta a tale clausola, la durata minima formativa di 120 ore annue.
In linea di arrivo si può appurare che tutte le modifiche dalla 196/97 sono mirate a fare divenire il contratto di apprendistato strumento formativo e non di reclutamento di manovalanza a basso costo, infatti il minore costo lavorativo, il salario d'ingresso, e gli sgravi contributivi sono molto appetibili nel processo produttivo, inoltre gli sgravi permangono per un anno se il datore stipula un contratto a tempo indeterminato col lavoratore.
Per il settore artigianato, col record di apprendisti, circa i 2/3, fin dall'inizio ha subito deroghe di favor già dal 1955, aumentando il numero di apprendisti ed innalzando il limite di età a 29 anni.
Contratto formazione e lavoro
Anche se antecedente il 1984, fino a tale data era frammentaria e regolamentata in via speciale per determinate regioni (Campania e Molise), solo colla 863 ('84 per l'appunto), si ha una generalizzazione del CFL, contratto che sotto promessa di sconti retributivi e previdenziali invoglia l'assunzione di giovani tra i 15 e 29 anni, (il contratto è a termine e i partecipanti non sono computati per il calcolo di particolari oneri).
Accanto alla 863/84 nascono leggi regionali che fanno sorgere un dubbio d'illegittimità sul contrasto Stato - regione, dubbio risolto con sentenza cort cost 190/87 che individua nei CFL un aspetto occupazionale più che formativo, dunque di competenza statale.
L'abuso dell'aspetto lavorativo e l'inflazione di quello formativo rendono più rigide le procedure per i CFL, prevedendo l'unica via amministrativa per i datori alla richiesta di tale istituto, poi colla generalizzazione della chiamata nominativa, e la recessione economica dei primi '90 hanno reso poco utilizzato questo istituto col derivante aggravarsi della disoccupazione giovanile.
La novella 451/94 all'articolo 16 permette a quasi tutti i datori di lavoro di assumere a termine giovani tra i 16 e 29 anni (15 a 32) in particolari zone depresse, e le CRI possono aumentare ulteriormente i limiti.
L'articolo 16 c.2 prevede due tipologie di CFL, forte e leggera.
Il contratto formazione e lavoro forte mira a formare qualifiche intermedie, oppure elevate, e si articola coll'obbligo formativo rispettivamente di 80 e 130 ore, ha durata di 24 mesi non rinnovabili, gli sconti retributivi e contributivi sono in funzione dei settori geografici e delle aree economiche, alla scadenza il datore di lavoro invia alla sezione circoscrizionale una certificazione dei risultati ottenuti.
Il contratto di formazione e lavoro leggero, art, 16 lett. b, ha durata di 12 mesi, l'obbligo di formazione di circa 20 ore dove si tratta prevalentemente di infortunistica e sicurezza sul lavoro, i benefici per il datore sono differiti al momento della potenziale stipulazione del contratto a tempo indeterminato, alla fine del periodo di CFL il datore deve fare una mera comunicazione di esperienza svolta.
L'identificazione del contratto di lavoro è mutevole ed incerta, alcuni lo vedono come contratto a causa mista con duplice obbligazione essenziale a carico del datore, retribuzione e formazione, altri vedono il CFL a causa unica, l'obbligazione del retribuire, la formazione è denotata quale accessorio al contratto, sembra consolidarsi la prima ipotesi, tuttavia più ampiamente il CFl è una species del genus contratto a tempo determinato.
Tempi e modi del CFL sono stabiliti nei "progetti formativi" redatti dai datori , che devono essere approvati entro tenta giorni dal CRI, scaduto il termine dal dirigente della direzione generale del lavoro.
Al fine di far vivere in maniera fisiologica il CFL ci sono una serie di limiti quali la forma scritta, pena la presunzione di contratto a tempo indeterminato, e l'osservanza degli obblighi formativi, pena eguale.
Per il CFl è previsto il salario d'ingresso, cioè la corrispensione ad un livello più basso di quello occupato dal contrattista.
I contratti di solidarietà.
Sono contratti collettivi aziendali che hanno lo scopo solidaristico di far perdurare la manovalanza occupata in azienda, ovvero di creare nuovi posti di lavoro specialmente giovanili.
Questo contratto è introdotto nella legislazione della 863/84, più volte novellata fino alla 608/96.
L'articolo 1 della 863/84 prevede il contratto di solidarietà difensivo, caratterizzato dalla riduzione dell'orario di lavoro per una regione del 50-60% per non più di due anni, integrato colla retribuzione delle CIGS per la parte di salario non recepita.
L'articolo 2 tratta del contratto di solidarietà espansivo, contratto che prevede la definitiva perdita della corrispensione salariale da parte dei dipendenti, per permettere l'assunzione di mano d'opera giovanile con il sussidio pubblico.
Possono aderire ai contratti di solidarietà solo le imprese rientranti nella CIGS, con sindacati fortemente rappresentativi sul campo nazionale, e con procedura amministrativa condotta verso la Direzione regionale per il lavoro, ed autorizzata con decreto del ministero del lavoro.
Fino alle novellazioni tuttavia i contratti di solidarietà sono stati miseri di risultati per la variante difensiva, un vero fallimento per quella espansiva.
Alcuni risultati si sono avuti rendendo agevolazioni pure alle imprese con riduzioni contributive, e solo così gli imprenditori hanno perso le ostilità verso la riduzione degli orari di lavoro ed hanno preferito tale contratto alla CIGS.
La 608/96 inoltre espande i benefici dei contratti di solidarietà difensivi anche alle imprese non rientranti nel CIGS.
I contratti di solidarietà non possono applicarsi ai dirigenti, agli apprendisti ed ai contrattisti di lavoro e formazione.
Gli incentivi alle assunzioni. I lavori socialmente utili, gli interventi eccezionali a sostegno della occupazione giovanile e gli stages.
L'intervento pubblico sul mercato del lavoro, da mero momento statico di incontro tra domanda ed offerta, si è trasformato in motore che spinge mediante incentivi amministravi ed economici alle nuove assunzioni, tra l'arcipelago normativo d'interventi va segnalato il premio d'assunzione della Tremonti, che attribuisce dei crediti d'imposta alle imprese che assumono lavoratori penalizzati in un qualche modo, poi ci sono le agevolazioni ed i finanziamenti per le attività produttive, ed in fine i diversi fondi, per l'occupazione, monetari, etc.
Tra gli interventi ci sono quelli che disciplinano i Lavori Socialmente Utili, LSU, la cui legiferazione parte nel 49 e viene di volta in volta radicalmente modificata, per ultimi dalla 608/96 e D.lgs. 468/97.
All'inizio i LSU erano riservati ai lavori fuori mercato, poi colla 608/96 anche ai lavoro degli enti pubblici che potrebbero essere svolti con contratti regolamentari di lavoro.
Dunque, se da un lato c'è il mantenimento della collettività per mezzo di lavoratori disoccupati, tali restano non configurandosi un contratto di lavoro subordinato, dall'altro si va a creare un precariato, come ora sta accadendo.
Nei LSU convivono un'anima tradizionale di assistenza tipica del Welfare, un'altra di tendenza verso il c.d. terzo settore. I LSD possono essere promossi solo da istituti di diritto pubblico, mentre la gestione può pure essere mista o esclusiva di soggetti privati.
Sullo stesso filone dei LSU ci sono le borse lavoro previste dalla 196/97 che per un periodo massimo di 12 mesi permettono nelle zone ad alta disoccupazione ai datori di assumere giovani tra i 21 ed i 30 anni disoccupati o inoccupati azzerando ogni onere retributivi e contributivo, salvando solo assicurazione per infortuni e malattie professionali.
Altra variante di occupazione giovanile sono i periodi di tirocinio e formazione professionale, cc.dd. stages.
Hanno durata non superiore ai dodici mesi, la disciplina è frammentaria fino alla 196/97 che all'articolo 18 delinea la riforma dell'istituto, in particolare dando la promozione agli stages con delle convenzioni a diversi soggetti pubblici o privati, si azzerano i costi si assicurazioni per malattie ed infortuni professionali e responsabilità verso i terzi.
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