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LA QUALIFICAZIONE

giurisprudenza



LA QUALIFICAZIONE


È un'operazione interpretativa finalizzata ad individuare la categoria astratta prevista da una norma, nella quale ricondurre una particolare fattispecie concreta in modo da identificarne la disciplina.

In relazione al nostro caso il problema si risolve in un problema di interpretazione delle norme di conflitto.

La norma di d.i.pr. ha di solito una struttura articolata in due elementi:

l'indicazione per categorie dei fatti che intende disciplinare;

l'individuazione degli elementi del rapporto rilevanti ai fini della determinazione dell'ordin.giurid. competente. (c.d. criteri di collegamento, es:cittadinanza)

premesso ciò possiamo passare all'analisi del problema, la qualificazione consiste nella determinazione del significato delle espressioni, delle formule giuridiche mediante le quali ciascuna norma di conflitto delimita il proprio ambito materiale di applicazione, definendo le categorie di fattispecie che intende regolare.



Es. anke per accertare di avere giurisdizione il giudice ha già compiuto tale operazione, ha definito senso e portata delle espressioni giuridiche, per mezzo delle quali le norme, che delimitano l'ambito della giurisdizione italiana, determinano la propria sfera d'azione.


La qualificazione può essere fatta in base alla lex fori (la legge cui appartiene il d.i.pr. che ci accingiamo ad applicare), in base alla lex causae (la legge del rapporto considerato), e poi c'è la qualificazione delle norme di d.i.pr. di origine convenzionale.

Lex fori

È accettata da dottrina e giurisprudenza la tesi che la Q. va operata in base alla lex fori, cioè sulla base dell'ordinamento cui la norma di conflitto appartiene, questo perché.gli stati per aprirsi ai valori giuridici esterni e coordinare il proprio diritto con gli altri, muovono inevitabilmente dal proprio diritto e assumono i propri valori giuridici come punto di partenza.

Per interpretare e dare significato a certi termini non si può che riferirsi al contesto in cui operano tali termini.

Moscono specifica che la Q. in base alla lex fori non deve però essere troppo rigida, le va affidato un certo grado di flessibilità, dando ai termini giuridici un significato più ampio ed elastico rispetto al diritto materiale.

Caso Bartholo: questo caso rappresenta una conseguenza paradossale della Q. in base alla lex fori: viene risolto diversamente a seconda dei giudici dinanzi cui è presentato.

Marie Aquilina, vedova di Francois Bartholo, ha diritto a parte dei beni del marito?

I coniugi, originari di Malta, dove si erano sposati, si erano poi trasferiti in Algeria, e algerina era l'ultima cittadinanza del marito.

Il diritto di Malta considerava la questione come successoria.

Il diritto algerino considerava il caso come attinente ai rapporti tra coniugi.

Bartin, studioso del caso, osservava:

anke se il d.i.pr. maltese e quello algerino avessero previsto che alle questioni successorie si applica la legge nazionale del defunto al momento della morte, e alle questioni matrimoniali la legge nazionale comune al momento della celebrazione del matrimonio, avremmo due soluzioni diverse perché il giudice maltese avrebbe considerato la questione come ereditaria e applicato la legge algerina, il giudice algerino avrebbe considerato la questione matrimoniale e avrebbe applicato la legge maltese.

Lex causae

La Q. in base alla lex causae si fa sulla base della legge del rapporto considerato, c'è una sorta d'inversione. Si utilizza l'ordinamento straniero, per individuare quale tra le norme di conflitto del foro deve operare il richiamo all'ordinamento straniero.

È una tesi considerata in linea di principio inadeguata, però va chiarito che ci sono dei casi in cui la Q. in base alla lex fori non può operare.

Per es. la legge sulla cittadinanza permette di stabilire solo se una persona possieda o no la cittadinanza italiana, ma non può funzionare verso altri stati. Non è possibile, sulla base della legislazione italiana, stabilire di quale stato diverso dal nostro, un individuo sia cittadino. Questo criterio di collegamento per sua natura non è suscettibile di qualificazione lex fori, gli stati possono solo conferire o negare la PROPRIA cittadinanza (legge svizzera: la cittad di una persona rispetto ad uno stato è determinata secondo il diritto del medesimo).

In linea con questo ragionamento è la posizione del prof. Starace, secondo il quale la qualificazione si fa più appropriatamente in base alla lex causae, intendendo quella legge dello stato con cui il rapporto presenta il collegamento più naturale, immediato ed evidente.

Di solito si è indotti a favorire la lex fori perché si ignora il profilo più rilevante della Q., e cioè la veste giuridica della fattispecie concreta, e si limita il discorso alla categoria astratta perché lì c'è solo un problema di interpretazione del senso da attribuire alle espressioni giuridiche del legislatore.

Oltretutto, e apriamo una parentesi, in relazione a tale interpretazione, la PRESUNZIONE DI COERENZA LEGISLATIVA non è assoluta, in quanto non è esatto che il legislatore usi le medesime espressioni con lo stesso significato; le cose vanno verificate.

Poi si pone un altro problema.

Nel caso del rinvio. Una volta risolto positivamente il problema dell'accettazione, si deve prendere in considerazione il d.i.pr. straniero. Un nuovo problema di Q., perché non è solo, ma c'è anche il terzo stato nel rinvio oltre. Allora attuando la Q. sulla lex fori avremo la nostra lex fori da cui prendiamo le mosse, la lex fori dello stato rinviato e la lex fori del terzo stato. Se seguiamo il criterio della  lex fori rischiamo di trovarci di fronte a tre qualificazioni diverse.

Se invece seguiamo la lex causae il discorso cambia, perché è sempre quella. La legge con cui il rapporto presenta il collegamento reali e più significativo, tanto che ci poniamo nell'ottica di un sistema, quanto nell'ottica di un altro.


Tesi della Q. in base a strumenti di comparazione giuridica

Secondo tale tesi questi strumenti consentirebbero di risalire sempre dalle espressioni di diritto privato utilizzate dalle norme di conflitto ad un significato comune idoneo a ricomprendere i vari istituti dei diversi sistemi giuridici rivolti allo stesso scopo.

È esclusa perché non ci sono istituti conosciuti da tutti gli ordinamenti giuridici e perché ogni sistema di d.i.pr. appartiene ad un ordinamento e la sua interpretazione e ricostruzione non si può fare unitariamente.


QUALIFICAZIONE DEI CRITERI DI COLLEGAMENTO


Il giudice italiano può trovarsi di fronte individui che nessuno stato considera propri cittadini, gli apolidi, o individui che possiedono più di una cittadinanza. Il fenomeno della doppia o plurima cittadinanza tende a presentarsi con frequenza. È sempre presente il fenomeno dei rifugiati, cioè individui che, avendo abbandonato il territorio dello stato di cui sono cittadini perché perseguitati per ragioni politiche, è incongruo sottoporli alla legge di tale stato per quel che riguarda la disciplina di stati e diritti personali e rapporti familiari. A questo proposito la L.218/95 prevede una disciplina.

Art.19 1. nei casi in cui le disposizioni della presente legge richiamano la legge nazionale di una persona, se questa è apolide o rifugiata si applica la legge dello stato del domicilio, in mancanza della residenza.

2. se la persona ha più cittadinanze, si applica la legge di quello stato con il quale ha il collegamento più stretto. Se fra le cittadinanze c'è quella italiana, prevale.

Il primo comma conforma il nostro ordinamento agli statuti dei rifugiati e degli apolidi.

Riguardo il secondo comma, sarebbe forzato considerare straniero e quindi sottoporre, per le fattispecie regolate dalla legge nazionale, a un diritto diverso da quello italiano un individuo che cmq il nostro ordinamento consideri cittadino italiano.

Problema: l'art non crea difficoltà quando il criterio della cittadinanza è impiegato in relazione a un singolo individuo. E per i casi di "cittadinanza comune"?

In tal caso, se uno dei coniugi è apolide o rifugiato bisogna vedere se il suo domicilio è nello stato  di cui l'altro coniuge è cittadino e se è così applicare la legge nazionale comune.

Se così non fosse, si dovrebbe passare al criterio di collegamento sussidiario e applicare la legge dello stato dove la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata. Bisognerebbe però a questo punto ragionare allo stesso modo per il secondo comma, ed il risultato sarebbe di escludere la possibilità di applicare la legge nazionale comune quando uno dei coniugi abbia due cittadinanze tra cui quella italiana, o abbia due cittadinanze e sia strettamente collegato con lo stato di cui l'altro coniuge non è cittadino.

A tal punto si dovrebbe abbandonare il criterio della cittadinanza e applicare quello sulla prevalente localizzazione della vita matrimoniale. Come all'art 29 della L.218/95.


QUALIFICAZIONE IN BASE ALLE NORME DI ORIGINE CONVENZIONALE


Premesso che le ragioni che hanno portato a riconoscere la necessità di procedere alla Q. secondo la lex fori, valgono solo per le norme poste autonomamente dal legislatore italiano, non valgono per le norme poste mediante convenzioni internazionali o atti comunitari, aggiungo che per garantire l'armonia internazionale delle soluzioni non bastano accordi che contengono norme comuni, ma è importante una interpretazione comune.

A questo occorrono i numerosi trattati internazionali. Infatti la funzione della convenzione di d.i.pr. è quella di superari i particolarismi e raggiungere soluzioni uniformi. Un esempio importante è quello della convenzione di Bxl, la quale utilizza termini di cui non dà la definizione, tipoo domicilio o "domicile". A questo si è subito data una soluzione col protocollo del '71 che attribuisce alla corte di giustizia europea la competenza sull'interpretazione. Quest'ultima ha dato per es. la definizione di Residenza Abituale: luogo in cui l'interessato ha fissato con voluto carattere di stabilità il centro permanente o abituale dei proprio interessi tenendo conto di tutti gli elementi che contribuiscono alla sua costituzione.

Occorre quindi che per l'interpretazione delle norme di origine convenzionale il giudice debba utilizzare, non già i canoni interpretativi propri del nostro ordinamento giuridico, ma quelli dell'ordinamento internazionale e relativi all'interpretazione dei trattati; di conseguenza questo vale anke per la qualificazione.





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