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I FASTI - CONFLITTI SOCIO-POLITICI

giurisprudenza



I FASTI


I Romani datavano gli avvenimenti di ogni anno in base al nome dei magistrati in carica durante quell'anno (eponimi). Questi magistrati erano i consoli, per questo l'elenco che ci interessa per calcolare le date e gli intervalli tra gli avvenimenti è chiamato FASTI CONSOLARI.

I Fasti, però, sono stati conservati fedelmente solo dal 300 a.C. in poi. Prima esistevano redazioni diverse ed ogni storico seguiva quella che gli sembrava più opportuna. Per evitare confusioni e 333c24d contraddizioni, quindi, gli studiosi moderni hanno convenuto di usare un'unica lista, ma purtroppo è stata scelta quella più lontana dalla realtà: i fasti capitolini.

Questi contavano, dall'inizio della repubblica fino al 300 a.C. compreso, 210 anni: 199 collegi di consoli, 2 anni di decemvirato, 5 anni di anarchia e 4 anni dittatoriali.

Nelle altre liste il numero dei collegi di consoli oscilla da 196 a 201, molti autori escludono i 4 anni dittatoriali e riducono l'anarchia da 5 anni a un anno.

Dunque abbiamo una cronologia lunga (i Fasti Capitolini), una media, rappresentata da Tito Livio, e una corta, seguita da Diodoro Siculo. Quest'ultima, che esclude gli anni dittatoriali e riduce l'anarchia ad un anno è probabilmente la più rispondente al vero.

Quindi le indicazioni della cronologia lunga, usate per tradizione della storia romana arcaica, sono puramente convenzionali.




CONFLITTI SOCIO-POLITICI


Nei primi anni della Repubblica, nei Fasti compaiono nomi di consoli plebei. Ma essi poi vengono meno, per un lunghissimo periodo di tempo, fino alle leges Liciniae- Sextiae del 367 a.C. Probabilmente la scomparsa di questi nomi dai Fasti, corrisponde al momento di massima arretratezza di questo gruppo sociale.

Infatti è del 449 a. C.  la famosa secessione della plebe sul monte Sacro (o Aventino). Questo è un momento di grave crisi. La secessione è guidata da tribuni militum che, messisi dalla parte della plebe, diventano tribuni della plebe. Dopo questa secessione i tribuni vengono "riconosciuti" ed hanno rilevanza nella vita cittadina. Vengono eletti dai concilia plebis, assemblea di soli plebei.

Poteri dei tribuni: INTERCESSIO diritto di veto contro tutti gli atti dei magistrati; COERCITIO per irrogare sanzioni ai magistrati stessi.

I conflitti economici tra patrizi e plebei vertono su due punti fondamentali:

1 - l'alleggerimento dei debiti, che potevano portare i plebei ad una condizione di semi- schiavitù (nexus) in caso di inadempimento;

2 - lo sfruttamento della terra coltivabile, poiché i patrizi ne detenevano l'uso incondizionato.

Il punto fondamentale del conflitto sociale è l'assenza di connubium tra patrizi e plebei (impossibilità di contrarre matrimonio) per escludere dalle gentes patrizie i figli nati da questi matrimoni misti.

IUSTAE NUPTIAE solo da queste poteva nascere un patrizio.


LE LEGES DE PROVOCATIONE


La data in cui fu introdotta la provocatio è oggetto di discussione. Le fonti ci parlano di tre successive leggi de provocatione:

lex Valeria del 509 a.C., stabiliva che nessun magistrato potesse mettere a morte o far fustigare un cittadino che avesse provocato al popolo;

lex Horatia del 449 a.C., che vietava la creazione di magistrature esenti da provocazione;

lex Valeria del 300 a.C., di contenuto uguale alla prima ma con la previsione di una sancito: il magistrato che non rispettava  la provocatio era "improbe factum".


VICENDE POLITICO-MILITARI



LEGA LATINA (contro Roma)


EQUI E VOLSCI AVANZANO IN LAZIO


ROMA ENTRA NELLA LEGA LATINA(foedus cassianum)


431 a.C.: VITTORIA SU EQUI E VOLSCI


GUERRA CONTRO VEIO


INVASIONE GALLICA (390 a.C.):

incendio e saccheggio di Roma


NUOVA GUERRA CONTRO EQUI E VOLSCI


ROMA ESCE DALLA LEGA



IUS HONORARIUM, IUS CIVILE, IUS GENTIUM


Abbiamo detto che l'editto del pretore è la fonte del ius honorarium che si contrappone al ius civile.

Infatti le norme dell'ordinamento romano si divedono in ius civile e ius honorarium.

Il ius honorarium trova origine soltanto nell'imperium o nell'editto del magistrato giusdicente (in questo caso in praetor), mentre il ius civile ha origine in tutte le fonti che sono destinate a produrlo (leges). Il ius honorarium inizia a svilupparsi con la creazione del praetor peregrinus e con la nascita della iurisdictio peregrina.

Nella tarda repubblica, oltre al ius honorarium, agli stranieri era applicata quella parte del ius civile che, secondo la terminologia dei giuristi tardo-classici, costituisce il ius gentium.

Molto probabilmente in Roma non operava il principio della personalità del diritto, bensì quello della territorialità.

Ma quale diritto il praetor applicava agli stranieri?

In alcuni casi egli estese loro la disciplina del ius civile, mediante l'esercizio di un'actio ficticia. Ma per al maggior parte dei casi il magistrato procedeva in modo autonomo, individuando gli elementi di fatto rilevanti per la concessione della protezione giuridica e fissando le conseguenze da trarre(formula in factum concepta).

Tornando al ius gentium, in epoca classica esso risulta essere composto da 2 filoni differenti, quelli che provenivano dal ius honorarium, mediante un procedimento di civilizzazione, e quelli che provenivano dall'estensione agli stranieri di norme originariamente del ius civile.

Ius civile e ius honorarium sono tra loro incomunicabili, indipendenti.

Papiniano distingueva 3 funzioni che il ius honorarium aveva nei confronti del ius civile: SUPPLERE, ADIUVARE, CORRIGERE.

SUPPLERE integrare il ius civile dove manca.

ADIUVARE dare una tutela più efficace

CORRIGERE eliminare aspetti insoddisfacenti.


IL TRIBUNATO DELLA PLEBE


I poteri dei tribuni della plebe possono racchiudersi in un solo istituto, l'intercessio tribunicia, che era un "potere negativo", cioè potere di porre un VETO agli atti di qualsiasi magistrato. Inoltre ad essi fu riconosciuta una summa coercendi potestas, con la quale essi potevano infliggere multe, ordinare il sequestro di beni, l'arresto di qualsiasi cittadino, la detenzione e l'inflizione di condanne senza appello.

In origine questo era un potere di fatto, basato solo sulla forza rivoluzionaria delle masse plebee. Ma in seguito venne istituzionalizzato, probabilmente con una lex Valeria Orazia che riconobbe la sacrosanctitas dei tribuni.

Infine: diritto di agere cum plebe, cioè di convocare i concilia plebis, dirigerne i lavori, proporre schemi di deliberazioni politiche o normative (PLEBIS SCITA).

I tribuni restavano in carica un anno ma potevano essere rieletti.

Fine del III sec. i tribuni acquistano anche il ius senatus habendi, diritto di convocare e presiedere il senato.


AUCTORITAS


L'auctoritas patrum, cioè la conferma, convalida o ratifica da parte dei membri patrizi del senato, delle delibere delle assemblee popolari, fu ancora a lungo utilizzata per il corretto funzionamento del sistema politico.

Per l'approvazione di leggi o l'elezione di magistrati, che avvenivano normalmente nei comizi, subito dopo le votazioni, il magistrato che presiedeva l'assemblea comiziale doveva referre ad senatum le decisioni del popolo e chiedere ai patres la concessione dell'auctoritas.

A volte la concessione dell'auctoritas era un mero sindacato di legittimità costituzionale; altre volte era un potere di controllo del merito dei provvedimenti assembleari; altre volte ancora - ma solo per opportunità politica - i patres concessero l'auctoritas a deliberazioni sicuramente irregolari dal punto di vista giuridico-formale, rendendole pienamente efficaci.

Nel 339 a.C. il dittatore Quinto Publilio Filone, con la lex Publilia Philonis de patrum auctoritate, stabilì che la concessione dell'auctoritas doveva essere richiesta prima  delle votazioni e non più dopo il voto comiziale, facendole perdere importanza.


I SENATUS CONSULTA

(Importante)

p.201-206


LA NOBILITAS


Nobilitas patrizio-plebea: si acquistava con il consolato o la pretura ed era tramandata ai discendenti.

In teoria era una classe dirigente aperta, cui potevano accedere sempre nuove genti o famiglie, purchè uno dei loro membri facesse fortuna in politica.


IL CETO EQUESTRE


Gli equites equo publico erano coloro che avevano il privilegio di essere iscritti nelle centurie equestri e pertanto ricevevano un contributo dalla repubblica per il mantenimento delle loro cavalcature.

L'aver prestato servizio come cavaliere era condizione pregiudiziale per poter aspirare alle magistrature.


L'ESPANSIONE IN CAMPANIA E LE GUERRE SANNITICHE


Siccome il territorio di Capua era molto fiorente dal punto di vista commerciale e la maggior parte dei suoi traffici passava per il porto di Napoli, i Romani ne volevano il controllo.

Dunque nel 327 la città fu attaccata ed espugnata, ma fu stipulato un trattato vantaggioso per entrambe le parti (foedus aequum).

Però i Sanniti non erano disposti a tollerare passivamente l'espansione romana e inviarono delle truppe a Napoli. Ciò diede inizio alla seconda guerra Sannitica. Questa durò molti anni e fu dura e difficile, ma alla fine i Romani ne uscirono vincitori.

Guerra contro Pirro, re dell'Epiro, che era stato chiamato da Taranto in aiuto, poiché Roma, violando un trattato, aveva preso sotto la sua protezione alcune città dell'attuale Calabria. Ma anche qui Roma uscì vincitrice assicurandosi il controllo di tutto il Mezzogiorno.


LA PRIMA GUERRA PUNICA


I rapporti tra Cartagine e Roma erano stati per molto tempo amichevoli, ma dopo la vittoria contro Taranto, Roma aveva esteso la sua egemonia fino allo stretto di Messina e i vecchi trattati apparivano troppo gravosi.

Nel 265 Gerone di Siracusa inflisse ai Mamertini di Messina una sconfitta decisiva. Cartagine, per evitare che egli divenisse troppo forte, appoggiò Messina inviando truppe stabili in città. Ma dopo un po' di tempo la situazione per gli abitanti di Messina divenne insostenibile, tanto che essi invocarono segretamente l'aiuto di Roma. Ebbe quindi inizio la prima guerra punica che durò ben 24 anni, fino al 241. Alla fine Cartagine fu sconfitta e cedette tutti i suoi possedimenti in Sicilia a Roma.


LA SECONDA GUERRA PUNICA


Dopo questa sconfitta le sorti di Cartagine si risollevarono, poiché i cartaginesi conquistarono e organizzarono un vasto dominio nella Spagna sudorientale.

Nel 225, però, Roma ritenne opportuno porre un limite all'espansione punica ma, poiché impegnata nella guerra contro i Galli, si accontentò di stabilire il confine tra le due sfere d'influenza al fiume Ebro, lasciando a Cartagine mano libera in quasi tutta la penisola. Tuttavia nello stesso tempo si alleò anche con Sagunto, città al sud della Spagna: i due trattati erano manifestamente contraddittori e creavano una situazione ambigua. Cominciò così la seconda guerra punica. Così, una parte dell'esercito Romano fu mandata in Spagna a combattere le forze cartaginesi, mentre un'altra parte dovette accorrere verso la pianura Padana, poiché Annibale aveva attraversato le Alpi. All'inizio i Romani furono sconfitti, ma poi ebbe inizio una lenta ripresa fino a quando, nel 211, Publio Cornelio Scipione sbaragliò in Spagna tutte le forze cartaginesi.

Scipione, però, mirava a distruggere del tutto la potenza militare di Cartagine, ma per fare ciò era necessario sbarcare in Africa. Così fu e nel 202 sconfisse definitivamente Annibale a Zama, creando la nuova provincia d'Africa.


LA LOTTA POLITICA E L'ANTAGONISMO TRA GLI SCIPIONI E CATONE


Dopo la seconda guerra punica, Siracusa fu annessa al territorio della provincia di Sicilia e furono create altre due province: la Spagna Citeriore e la Spagna Ulteriore.

In politica estera i Romani pensavano di avere delle forze militari illimitate e di poter intervenire in ogni guerra.

Fu così che, già nel 200°.C. Roma decise d'intervenire nella guerra che era cominciata tra alcuni stati greci e Filippo V di Macedonia. Nel 197 Tito Quinzio Flaminino sconfisse Filippo V a Cinocefale, lo costrinse a chiedere la pace e gli impose di abbandonare la parte della Grecia che occupava, proclamando la libertà dei Greci.

A Roma, sia Flaminio che gli Scipioni avevano gli stessi ideali in politica estera: la supremazia romana doveva fondarsi sulla formazione di un sistema in cui monarchie, leghe e città libere coesistessero in equilibrio di forze secondo le direttive impartite dal senato.

Tuttavia sia i tribuni della plebe che un gruppo di senatori, guidati da Marco Porcio Catone, attaccarono gli Scipioni, chiedendo a Lucio Scipione il rendiconto di una somma a lui versata come anticipo sull'indennità di guerra. Questi se ne era servito per dare un premio ai suoi soldati, ma, secondo Catone aveva in questo modo usurpato una prerogativa del senato. Così Lucio fu condannato al pagamento di una multa così alta che riuscì a rovinare anche la facoltosa famiglia degli Scipioni, che scomparvero dalla scena politica.


L'ESPANSIONISMO ROMANO NEL MEDITERRANEO


Per vari decenni l'espansione romana continuò, ma si evitarono le conquiste e non si vollero costituire nuove province. Così, anche dopo un'ennesima sconfitta della Macedonia, questa non fu occupata, ma fu divisa in quattro repubbliche autonome.

Nella seconda metà del secolo, però, si ebbe un totale mutamento di indirizzo e, nel 149, il senato decise di attaccare Cartagine. La città fu espugnata e rasa al suolo.

Negli stessi anni i Traci invasero la Macedonia e ottennero l'appoggio della popolazione locale; ma il tentativo fu facilmente stroncato e in Macedonia fu costituita un'altra provincia.

Da allora la maggioranza del senato ritenne che la politica fondata sulle alleanze non fosse più adatta e che l'unico modo di conservare la supremazia fosse quello di estendere il governo diretto, terrorizzando i sudditi con repressioni spietate.












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