![]() | ![]() |
|
|
S. CASSESE: "LO SPAZIO GIURIDICO GLOBALE"
cap.VII - La signoria comunitaria sul diritto amministrativo
Per valutare lo stadio di sviluppo dell'Unione Europea si guarda all'influenza dell'Unione sull'esecuzione della sua legge da parte degli Stati membri, perciò fino a dove si estende il diritto amministrativo comunitario. Quest'ultimo ha avuto almeno tre fasi diverse:
i comitati consultivi della Commissione
i gruppi di lavoro del Consiglio
(entrambi impegnati nella preparazione delle decisioni)
i comitati della cd. "comitologia" (i quali controllano l'esecuzione e sono organi essenzialmente amministrativi composti di burocrati)
uffici o asservendo ai propri scopi uffici nazionali oppure innestando i propri procedimenti
amministrativi su quelli nazionali. Si creano così il fenomeno dell'arena pubblica, caratterizzato da
rapporti triangolari tra privati-amministrazioni nazionali-Commissione Europea, e dislivelli di
regolazione per cui il privato può anche chiedere arbitraggi alla Commissione Europea, finendo però
per sminuire l'interesse pubblico nazionale a mero interesse privato
Oggi siamo arrivati a una vera e propria signoria comunitaria sul diritto amministrativo: le funzioni 858g66i amministrative sono condivise in modo funzionale tra Stato e Unione. L'ordinamento è misto, con prevalenza però comunitaria perchè è l'Unione che influenza l'azione delle amministrazioni nazionali e ne stabilisce l'assetto organizzativo e funzionale. Nascono inoltre organi amministrativi comuni in sede comunitaria.
Analizziamo ora i quattro modi in cui l'Unione si impossessa dei diritti amministrativi nazionali e sviluppa quindi un suo diritto amministrativo:
In conclusione si può comunque notare che, nonostante i grandi passi in avanti fatti dall'Unione rispetto
al modello originario di amministrazione necessariamente indiretta, è ancora lontana dal disporre della forza esecutrice e quindi dal rassomigliare agli Stati uniti d'America.
cap. XI - La Convenzione Europea Dei Diritti Dell'Uomo e i diritti amministrativi nazionali
La Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali è stata firmata nel 1950 e resa esecutiva in Italia nel 1955. Essa ha istituito un organismo che amministra la Convenzione per metà nazionale e per metà sovranazionale denominato "Consiglio d' Europa". Questo ha una struttura articolata in un insieme di organi: Comitato dei Ministri, Assemblea Parlamentare (composta di membri nominati dai Parlamenti nazionali), Congresso dei poteri Regionali e locali d'Europa e una Corte con sede a Strasburgo.
La convenzione non influenza solo il diritto amministrativo, ma anche altri rami dei diritti nazionali. Sul diritto amministrativo esercita un'influenza diretta e una indiretta:
La prima si esercita sia attraverso l'obbligazione di adempiere assunta dallo stato,sia con la tecnica dell'incorporazione:per cui le norme della convenzione diventano parte dei diritti nazionali.
La seconda e' quella indicata dall'art. 6 del Trattato sull'Unione Europea che stabilisce che "L'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo", quindi l'influenza sugli ordinamenti nazionali deriva dal diritto comunitario
Va notato che la Convenzione contiene numerose prescrizioni con incidenza diretta ed indiretta sui diritti amministrativi nazionali (ad es. l'art. 8 relativo al rispetto della vita privata e l'art. 9 sulla libertà di pensiero).
Analizziamo ora l'art. 6 che recita: "Ogni persona ha diritto che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente ed imparziale, il quale deciderà sia delle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa penale che le venga rivolta. La sentenza deve essere resa pubblicamente". La Corte Europea ha ritenuto applicabile l'art. 6 a numerose procedure, come l'approvazione di un contratto di vendita di un terreno, il riconoscimento del diritto di occupare una casa, la riunificazione di terreni agricoli, etc...
Mentre la Convenzione afferma che il diritto è garantito dinanzi a un giudice, la Corte non si è limitata a garantirlo nelle sole procedure giudiziarie ma ha stabilito che il diritto va tutelato anche nelle prcedure amministrative semi-contenziose. La stessa Corte ha ampliato la nozione di "tribunale" e ha trasportato norme configurate per processi davanti dinanzi ai giudici a procedimenti condotti da autorità amministrative che svolgono attività che possa essere definita contenziosa o semi-contenziosa.
Tale interpretazione estensiva è stata realizzata includendo, oltre ai rapporti interprivati, anche quelli tra privati e P.A. e nelle accuse penali le sanzioni amministrative e le misure restrittive in generale relative alla materia fiscale e al pubblico impiego. Una volta applicato l'art. 6 anche alla P.A., la Corte Europea ha stabilito i seguenti principi:
- indipendenza e imparzialità dell'organo decidente, e sua sottoposizione alla legge
- pubblicità della procedura
- obbligo per l'autorità di decidere entro un termine ragionevole
Gli effetti dell'art. 6 e dell'intera Convenzione sono duplici:
In sostanza, il modo in cui il diritto non statale sovranazionale interferisce con i diritti amministrativi
statali ha tre tratti caratteristici:
l'interferenza è prodotta dall'interpretazione che la Corte dà della Convenzione, perciò è frutto di un diritto giurisprudenziale
la Convenzione dispone circa il diritto processuale amministrativo, mentre la Corte tutela anche il diritto amministrativo sostanziale pur tendendo a limitare l'applicazione dell'art. 6 ai soli procedimenti amministrativi contenziosi o semi-contenziosi
la Corte, nell'accordare equa soddisfazione alla parte lesa, realizza una supremazia degli organismi sovranazionali su quelli statali ancora detentori della sovranità
Per quanto riguarda le somiglianze e differenze tra le due corti di giustizia europee, la Corte Europea
dei Diritti dell'Uomo viene invocata dai cittadini nei confronti dei loro Stati o della loro P.A., mentre sono gli Stati a rivolgersi alla Corte di Giustizia della Comunità Europea che è il vertice del sistema giudiziario europeo. Entrambe sono giudici sovranazionali pur non avendo mezzi diretti di esecuzione.
La Corte Europea ha poi promosso un codice del procedimento amministrativo, con principi di diritto sostanziale (che devono essere rispettati dall'amministrazione) e principi di giustizia amministrativa.
E. CHITI - C .FRANCHINI: "L'INTEGRAZIONE AMMINISTRATIVA EUROPEA"
I rapporti amministrativi tra ordinamento comunitario e ordinamenti nazionali nel disegno originario del Trattato
E' attraverso il Trattato di Roma del 1957 che ha inizio la storia dei rapporti amministrativi tra ordinamento comunitario e ordinamenti interni. Le linee portanti del sistema possono essere identificate, sinteticamente, in quattro gruppi di DISPOSIZIONI.
L'ART. 100 del Trattato (ora ART 94 sulla base della nuova numerazione introdotta dal Trattato di Amsterdam del 1997) , in base al quale il Consiglio stabilisce direttive volte al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri, incidenti sull' instaurazione e sul funzionamento del MERCATO COMUNE. L' importanza della disposizione sta nel legare il ruolo della Comunità al "Ravvicinamento delle Legislazioni": essa cerca cioè di armonizzare le disposizioni prima elencate vigenti negli Stati, mentre questi ultimi si occupano di far entrare le norme comunitarie nei propri ordinamenti, dove poi le Amministrazioni Nazionali le faranno applicare. Abbiamo perciò la Comunità con funzione legislativa ed una funzione esecutiva "decentralizzata"( o indiretta) gestita dagliu Stati membri.
A ciò si aggiungono le disposizioni relative alle attribuzioni della Commissione. Secondo l'ART. 155 e ss. (ora 211 e ss.) essa partecipa all' elaborazione delle politiche europee come organo di impulso e di mediazione,gestisce il bilancio comunitario, esercita le competenze attribuitegli per l'attuazione delle norme, assicura il rispetto delle decisioni prese a livello europeo, vigila sull'applicazione delle disposizioni del Trattato e poi ha compiti di esecuzione diretta nel settore della politica della concorrenza e delle misure di salvaguardia ed amministra il FONDO SOCIALE EUROPEO (FSI) e, su delega, anche altri due fondi (il FEOGA ed il FERS). E', come si vede, un insieme di compiti multiforme e complesso che mostra quale sia il ruolo di "Organismo di indirizzo e di controllo" e di "Policy maker" della Commissione
Terzo gruppo di disposizioni è legato all'assetto organizzativo ed al funzionamento della Commissione: l' ART. 162 (ora ART. 218) prevede che essa adotti un regolamento interno per assicurare il proprio funzionamento, mentre l'articolo successivo dispone che le deliberazione vengono prese a maggioranza del numero dei suoi membri. Così da un lato il Trattato rinuncia a definire l'organizzazione amministrativa della Commissione, lasciata alla competenza sovranazionale, dall' altro la configura quale organo collegiale.
La struttura è, nel 1958, organizzata in otto gruppi:
Relazioni esterne
Affari economici e finanziari
Mercato interno
Concorrenza
Affari sociali
Agricoltura
Trasporti
Paesi e territori d'oltre mare
Cui si aggiunge l' ambito delle
Questioni amministrative
Questi gruppi sono composti di tre o quattro membri, con ogni commissario presidente di un gruppo e membro di altri due e responsabile di un dato settore, sebbene l' intera attività sia svolta dal Collegio dei commissari. Per quanto concerne invece l'organizzazione dei servizi, l'Istituzione sovranazionale è strutturata secondo uno schema piramidale rigido: ciascuno dei nove commissari utilizza un' amministrazione al cui vertice c' è un direttore generale. Si tratta di un' amministrazione che mira a legare la sua attività con quella del commissario agevolandone la preparazione e l'esecuzione delle decisioni del collegio; si tratta di un' amministrazione attiva in funzione servente alla commissione e operante, in via strumentale, al collegio.
Ultimo gruppo di disposizioni è legato all' ART. 5 (ora ART. 10) che esplica l'obbligo per gli Stati membri di adottare tutte le misure utili a garantire la portata e l'efficacia del diritto comunitario. Tale disposizione conferma la DIVISIONE dei POTERI tra Istituzione sovranazionale ed Amministrazioni nazionali (di cui all'ART. 100, ora ART. 94) ponendo l'accento sul fatto che il processo esecutivo ha inizio quando si arresta quello legislativo. Si impone poi, attraverso questo articolo, l'obbligo di dare attuazione al diritto ed alle politiche comunitarie in una prospettiva di collaborazione e di cooperazione con le autorità sovranazionali.
Ecco il disegno dei rapporti tra ordinamento Comunitario ed ordinamenti Nazionali: in primo luogo è posto un criterio generale ci divisione dei compiti e ciò è interessante per due motivi,perché si presuppone che l'esecuzione inizia col termine dell' attività legislativa e per il principio di esecuzione indiretta che garantisce la piena autonomia delle amministrazioni nazionali rispetto alle autorità sovranazionali. In secondo luogo le disposizioni del Trattato connesse alla Commissione , danno vita all' Istituzione quale governo del nuovo ordinamento, minimizzando le attribuzioni amministrative ed accentrando il carattere collegiale ed "orizzontale".
L'obiettivo è quello di tutelare l'indipendenza di due ordini di autorità: delle amministrazioni nazionali dalle autorità comunitarie e della Commissione dalle incursioni di governi e delle Istituzioni interne degli Stati membri sulla Commissione. Ciò risulta anche dagli scritti di HALLSTEIN,di MONNET con riguardo alla Alta Autorità e di SCHUMAN che pone l'accento sulla interrelazione tra i due ordini di autorità, come concetto non unico ma basato su due interpretazioni della norma: nel significato MINIMO essa impone agli Stati membri un impegno, cioè quello di dare piena attuazione alle "statuizioni" comunitarie, ed in questo caso l'interdipendenza che ne nasce è di tipo CONTRATTUALISTICO, limitata cioè solo agli obblighi delle negoziazioni tra le parti che fanno sorgere forme di collaborazione e cooperazione tra loro;e nel significato più RICCO ed AMPIO in cui la norma tende ad agire nel rispetto dei reciproci interessi, in funzione dell' interesse comune.
Il concetto dell' interdipendenza fa si che i membri non solo siano legati degli obblighi assunti, ma dipendano anche da principi comuni, aventi i tratti della solidarietà se non addirittura della fraternità.
Importante infine è il substrato costituzionale su cui un disegno simile dei rapporti si instaura: la natura della comunità europea è infatti incerta, considerate le tante ambiguità del Trattato, che combina tratti tipici di una organizzazione internazionale con istituti che vanno in direzione di un sistema federale e confederale.
Ne risulta che la amministrazioni nazionali si presentano come UFFICI NAZIONALI che danno attuazione al diritto prodotto da una organizzazione internazionale che unisce governi e non singoli o amministrazioni.
2. Le trasformazioni del disegno originario. L'emersione di un'amministrazione sovranazionale
Nel primo ventennio di attività della comunità abbiamo assistito a mutamenti importanti nell'ambito dei rapporti amministrativi tra ordinamento comunitario e nazionale.
Infatti da un lato si assiste alla AMMINISTRATIVIZZAZIONE della Commissione, dall'altro allo sviluppo dei comitati; a questi fenomeni si accompagna poi il processo di costituzionalizzazione della Comunità.
Originariamente il disegno dei rapporti amministrativi tra ordinamento comunitario e ordinamenti interni presupponeva una configurazione della Commissione quale POLICY-MAKER del nuovo organismo, cui si affianca una spiccata accentuazione del carattere collegiale\orizzontale dell'istituzione.
I limiti di tale modello sono riscontrabili nei casi in cui la Commissione è dotata di compiti di esecuzione diretta come ad esempio nell'ambito di settori quali la concorrenza e gli aiuti di stato.
La conseguenza è che alla commissione intesa come collegio di commissari serviti da una amministrazione leggera, se ne sostituisce una più complessa, organizzata intorno al ruolo centrale del collegio con amministrazione verticale.
Anche nel campo di azioni soggette al principio di esecuzione indiretta, il modello originario risulta inadeguato; questo trova dunque solo applicazione nel breve periodo in cui la commissione deve adottare decisioni esclusivamente di principio.
L'originaria concezione dell'istituto diviene quindi obsoleta all'inizio degli anni sessanta, quando l'istituzione sovranazionale assume i tratti di istituzione multifunzionale (attività legislativa\ di controllo\ amministrativa) con organizzazione interna più autonoma.
Nel 1963 una nuova procedura si aggiunge a quella del collegio: è quella della PROCEDURA SCRITTA per cui ogni commissario prepara una versione preliminare dell'atto e la invia agli altri membri della commissione in forma scritta, indicando i motivi e i tratti essenziali della proposta.
Entro una settimana i commissari possono poi dissentire o approvare: in quest'ultimo caso l'atto è adottato alla scadenza del termine temporale indicato al momento del suo invio.
Il fine di tale pratica è quello di alleggerire il lavoro del collegio.
A tale procedura decisionale si aggiunge l'istituto della HABILITATION che permette in determinate condizioni la delega di poteri dal collegio al commissario competente o funzionario della direzione generale.
L'importanza sta nel ridimensionamento del principio di collegialità là dove il collegio ha bisogno di delegare parte dei propri compiti (questione affrontata per la prima volta nel 1967 in ambito di politica agricola comune).
A preservare il principio di collegialità rimangono comunque il controllo della Commissione, gli orientamenti generali forniti dalla Commissione stessa ed il fatto che l'autorizzazione non impedisce alla Commissione di deliberare collegialmente.
Nel 1975 poi si generalizza l' HABILITATION ad ogni settore di azione della Commissione anche se i poteri conferiti non possono comunque essere subdelegati, salvo previsioni espresse.
I limiti posti dalla Commissione a quest'istituto sono rappresentati dal fatto che le decisioni di delega devono essere adottate dalla Commissione in seduta collegiale, vanno concesse solo a determinate persone col consenso di tutti i servizi interessati.
Nel caso AKZO la corte discute della compatibilità della delega con il principio di collegialità.
Il giudice comunitario ribadisce che questo si basa sull'uguaglianza dei membri della commissione e sulla loro comune responsabilità.
Secondo la corte, la delega non violerebbe il principio di collegialità poiché essa non priva la Commissione della sua competenza dato che non trasferisce all'autorizzato un potere proprio.
Anzi ha la funzionalità di far svolgere in modo ancor più funzionale i compiti propri della Commissione.
Or dunque, due possibili interpretazioni delle decisioni del giudice comunitario risultano essere:
A) quella espressa da J. Santer per cui l'HABILITATION, come la procedura scritta, è un semplice strumento per semplificare la procedura decisionale interna e renderla più efficiente.
Anche il Servizio Giuridico della Commissione ne dà una simile interpretazione restrittiva, basata sul criterio guida della DISCREZIONALITA' , per cui si possono delegare solo le misure che non implicano alcun margine decisionale rilevante, restando le altre di competenza del collegio.
B) Caso in cui il funzionario abilitato è chiamato a compiere scelte politiche; in tal caso il collegio
opera un controllo sull'attività nel suo complesso più che sulle singole misure adottate.
La distanza tra le due interpretazioni sopra citate mostra come i rapporti tra collegio, commissari e servizi rimangono tutt'oggi assai ambigui.
3. I comitati e la costruzione di un'amministrazione composta transnazionale
Il primo fenomeno giuridico che ha prodotto conseguenze dirette sull'integrazione amministrativa europea è quello rappresentato dall'istituzione dei comitati, una pratica inaugurata dal Consiglio nei primi anni Sessanta in relazione al settore dell'agricoltura: in tale settore, infatti, era prevista una delega in favore della Commissione la quale però, prima di poter adottare una misura, doveva richiedere il parere di un apposito "comitato di gestione" il quale poteva approvarla o respingerla, fungendo così nella sostanza come una sorta di meccanismo di sorveglianza del Consiglio sull'azione della Commissione.
Sotto il profilo organizzativo, tali organismi erano composti da rappresentanti delle amministrazioni nazionali e presieduti da un funzionario della Commissione: anche in virtù di tale composizione, si pensava che i comitati potessero rappresentare uno strumento particolarmente utile per l'istituzionalizzazione dei rapporti tra amministrazioni interne e sopranazionali.
Tale pratica - come del resto è facile intuire - incontrò ben presto le resistenze da parte della Commissione; nonostante ciò, l'istituzione di comitati di gestione venne incrementata e perfezionata, al punto da prevedere nuovi tipi di comitati come i "comitati di regolamentazione" e i "comitati consultivi" (dotati di differenti poteri rispetto a quelli di gestione).
In tempi recenti, il fenomeno dei comitati ha raggiunto una consistenza e una differenziazione tale che, per sintetizzare, si preferisce usare la definizione "comitologia" come termine in grado di riassumere tutte le varie manifestazioni e tipologie dei comitati, di cui a dire il vero si è tentata una parziale razionalizzazione e semplificazione a fronte della nascita di ulteriori gruppi di comitati (istituiti talora dal Consiglio, talaltra dalla Commissione).
Proprio in ragione della rilevanza quantitativa e qualitativa del fenomeno preso in esame, non di rado la sua legittimità è stata posta in discussione di fronte al giudice comunitario. L'esempio più significativo di ciò è senza dubbio rappresentato dalla sentenza Koster (1970), nell'ambito della quale un giudice tedesco si era rivolto alla Corte di Giustizia Europea chiedendo una valutazione circa la legittimità di una delega alla Commissione: la Corte, in risposta a tale quesito, ha in primo luogo tracciato una fondamentale distinzione tra norme primarie (provvedimenti fondati direttamente sul trattato) e norme secondarie (disposizioni derivate, destinate all'attuazione delle norme primarie), e in secondo luogo ha stabilito che il procedimento di istituzione dei comitati di gestione rientra tra le condizioni alle quali, secondo l'attuale art. 211 Trattato C.E., il Consiglio può subordinare l'esercizio dei poteri della Commissione, rappresentando una procedura decisionale migliorativa dell'azione comunitaria che incontra come unico limite la nozione di equilibrio istituzionale (da intendersi come necessaria salvaguardia della struttura della Comunità e del ruolo di ciascuna istituzione). La questione della comitologia è stata in seguito affrontata più volte dalla stessa Corte di Giustizia Europea.
Sostanzialmente oggi si può ritenere che i comitati si siano rapidamente evoluti da strumento di controllo dell'azione della Commissione, ad opera del Consiglio, in strumenti di controllo della Commissione sui comportamenti delle amministrazioni nazionali: si configurano come uffici comunitari a carattere sezionale, istituiti per specifiche materie e dedicati a un'attività specialistica di natura tecnico-scientifica, composti da membri designati dalle amministrazioni centrali nazionali e dall'amministrazione centrale comunitaria (un membro per ciascun ordine di autorità, secondo la formula organizzatoria della rappresentatività); tramite il loro funzionamento, basato sull'interazione fra funzionari delle amministrazioni interne ed esperti comunitari, e in virtù della loro composizione è pertanto possibile un processo di mutuo apprendimento, una verifica più rapida ed efficace delle pratiche amministrative e l'instaurazione di un proficuo dialogo scientifico (potenzialità già notata negli anni Sessanta da E. Noel e - più recentemente - ribadita dal Presidente della Commissione Jacques Santer).
In definitiva, i comitati sono venuti progressivamente caratterizzandosi come strumento di ausilio (e non già limitativi) della Commissione nell'ambito del processo decisionale volto all'adozione di normativa secondaria o di misure amministrative, grazie soprattutto allo sviluppo di un processo di dialogo fra le amministrazioni nazionali e fra queste e la Commissione.
Un ultimo aspetto problematico relativo ai comitati risulta essere la loro considerazione (formale) come veri e propri organismi comunitari autonomi (specie rispetto alla Commissione) in grado di svolgere la fondamentale funzione di composizione preventiva degli interessi: si può al riguardo fare riferimento a due importanti sentenze del Tribunale di primo grado , entrambe in materia di accesso ai documenti:
L'ordinamento comunitario non conosce una netta distinzione tra atti normativi e atti amministrativi.
La Corte ha stabilito che secondo lo spirito , la struttura, il tenore del trattato, l'art. 12 ha valore precettivo e attribuisce ai singoli dei diritti soggettivi che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare.
Il giudice ha disposto che l'integrazione nel diritto di ogni Stato membro di norme promananti da fonti comunitarie ,lo spirito e i termini del trattato hanno per corollario la impossibilita' per gli Stati di fare prevalere un provvedimento unilaterale ulteriore che non potra' essere opponibile all'ordine comune.
Abbiamo due ordinamenti:
1) dottrina di effetto diretto = la Corte costituisce un ordinamento giuridico di nuovo
genere nel campo del diritto internazionale a favore del
quale gli Stati hanno rinunciato ai loro poteri sovranazionali
2) dottrina della supremazia = il Trattato C.E. ha istituito un proprio ordinamento che i
giudici nazionali sono tenuti ad osservare, gli Stati membri
hanno limitato i loro poteri sovrani e hanno creato un
complesso di diritto vincolante per loro stessi e per i loro
cittadini
Dalla combinazione di questi due principi emerge che:
- la normativa sopranazionale riconosce agli individui diritti invalicabili di fronte al giudice interno contro i pubblici poteri nazionali
- il rapporto tra norme sopranazionali e' regolato dalla dottrina della prevalenza del diritto comunitario su quello nazionale
Raramente le dottrine dell'effetto diretto e della supremazia del diritto comunitario sono poste in diretta relazione con l'integrazione amministrativa tra ordinamento interno e sopranazionale.
L'integrazione normativa incide profondamente sui rapporti tra amministrazioni nazionali e autorita' comunitarie e trasforma le prime da esecutori interni di obblighi internazionali assunti dallo Stato a uffici di attuazione decentralizzata del diritto comunitario.
Tale trasformazione e' concettuale, perche' implica la perdita del tradizionale ancoraggio all'ordinamento ultrastatale, ed e' pratica perche' determina uno spostamento del processo di controllo e di giudizio su attuazione del diritto comunitario dal piano interstatuale o sopranazionale a quello interno.
Il rinvio previsto ex art. 234 del Trattato costituisce lo strumento principale del controllo dell'attivita' dei pubblici poteri nazionali; il giudice comunitario ha spesso connesso l' interpretazione giuridica al contesto fattuale del caso in esame per non lasciare alcun margine al giudice nazionale nella elaborazione della decisione finale.
Percio' il singolo soggetto titolare di una posizione soggettiva comunitaria violata dallo Stato puo' agire di fronte alla autorita' giurisdizionale interna per rimuovere una disposizione nazionale di diritto sostanziale o processuale che ostacoli la piena effettivita' del diritto comunitario.
La struttura del conflitto multilaterale derivante dalla procedura prevista ex artt. 226-228 del Trattato e' assai piu' complessa; in essa il triangolo singolo-P.A.-giudice e' sostituito da
una relazione policentrica tra singolo-p.a. nazionale-Commissione-giudice comunitario.
La Commissione ha difficolta' a operare in un sistema di fire-alarm quale quello ex art.226 poiche' ha una struttura sottodimensionata rispetto alla attiivita' di controllo che dovrebbe svolgere e perche' l' istituzione sopranazionale ha un potere discrezionale nell'esercizio della procedura per infrazione potendo decidere di non attivarsi.
Il giudice comunitario non ha ancora esplorato appieno gli effetti della integrazione normativa su quella amministrativa.
Un esempio di cio' e' dato dalla applicazione delle dottrina dell' effetto diretto amministrativo alle pubbliche amministrazioni non ancora sistematizzata dal giudice europeo; la dottrina del diretto effetto amministrativo implica che ogni autorita' puo' essere legittimata ad identificare un conflitto tra diritto comunitario e diritto nazionale e a disapplicare una norma nazionale in contrasto con una norma comunitaria dotata di effetto diretto .
Nel caso Ciola la Corte di Giustizia ha affermato il principio della disapplicazione delle disposizioni legislative nazionali e dei provvedimenti amministrativi individuali incompatibili con norme comunitarie di effetto diretto.
Tra le ipotesi piu' problematiche di limiti del diretto effetto amministrativo vi e' il caso di un'amministrazione che disapplica un provvedimento amministrativo adottato da una seconda amministrazione qualora lo ritenga in contrasto con una disposizione comunitaria dotata di effetto diretto.
Privacy |
Articolo informazione
Commentare questo articolo:Non sei registratoDevi essere registrato per commentare ISCRIVITI |
Copiare il codice nella pagina web del tuo sito. |
Copyright InfTub.com 2025