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Avviene di frequente che il rapporto di lavoro venga sospeso per le ragioni più varie: sciopero, aspettativa, malattia, assistenza ai figli in tenera età, serrata ecc. Naturalmente l'impossibilità sopravvenuta della prestazione di una delle due parti del contratto di lavoro deve essere temporanea e non definitiva: in quest'ultimo caso, infatti, si determinerebbe la fine del rapporto stesso.
Le cause di sospensione della prestazione per impossibilità del lavoratore sono le seguenti:
Nei casi più rilevanti di sospensione dipendente da fatto del lavoratore, considerati in generale dagli artt. 2110 e 2111 c.c., si sa che:
il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto per il periodo stabilito dalla legge;
i periodi di assenza sono computati sull'anzianità di servizio a tutti gli effetti;
salvo che per il servizio di leva, il lavoratore ha diritto, in mancanza di forme previdenziali equivalenti, alla retribuzione per il periodo e nella misura stabiliti dalla legge o dai contratti collettivi.
Possiamo distinguere essenzialmente i seguenti casi:
Il principio della continuità del salario
trova la sua ratio nella esigenza di tutelare la posizione contrattuale
del prestatore di lavoro di fronte alle situazioni variabili dell'impresa,
svincolando per quanto possibile il diritto alla retribuzione dalle vicende del
rapporto di lavoro. Tale principio trova la sua espressione nel sistema degli
interventi ordinari e straordinari di integrazione salariale. Il rapporto di
lavoro permane: tuttavia, in costanza di intervento di integrazione salariale,
vengono sospese le obbligazioni principali connesse al rapporto medesimo, cioè
la prestazione di lavoro e
L'integrazione salariale è gestita dall'INPS tramite l'apposita "Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti", in cui confluiscono le tre Casse (agricoltura, edilizia, industria), autonome tra loro.
Obiettivo dichiarato della riforma è il rafforzamento delle misure attive di gestione degli esuberi strutturali, tramite il ricorso a istituti e strumenti, anche collegati ad iniziative di formazione professionale, intesi ad assicurare la continuità ovvero nuove occasioni d'impiego.
In tale eventualità l'INPS assicura una indennità agli aventi diritto nella misura dell'80% della retribuzione globale di fatto che ad essi sarebbe spettata per le ore di lavoro non prestate fra le 0 ore e il limite dell'orario contrattuale ma comunque non oltre le 40 ore settimanali. La durata massima di tale forma di integrazione è di tre mesi continuativi, eccezionalmente prorogabili trimestralmente fino ad un massimo complessivo di un anno ovvero, per periodi non continuativi, fino ad un massimo di 12 mesi in un biennio.
Il funzionamento della cassa avviene con contributi a carico del datore di lavoro nella misura dell'1,90% per le imprese fino a 50 dipendenti e del 2,20% per tutte le altre. Le imprese che si avvalgono della CIG devono versare un contributo addizionale rispettivamente del 4% e dell'8% secondo la dimensione aziendale.
L'individuazione dei lavoratori da porre in cassa integrazione deve essere effettuata applicando specifici criteri, nonché la rotazione nella sospensione, cioè alternando tra loro i lavoratori sospesi.
Per poter accedere al trattamento è necessario che venga attivata la seguente procedura i cui tratti essenziali sono:
svolgimento di una fase di consultazione sindacale. L'impresa che intende richiedere l'intervento straordinario di integrazione salariale deve darne tempestiva comunicazione alle rappresentanze sindacali aziendali o, in mancanza di queste, alle organizzazioni sindacali di categoria dei lavoratori comparativamente più rappresentative operanti nella Provincia;
entro tre giorni dalla comunicazione, l'impresa o i rappresentanti dei lavoratori devono fare domanda di esame congiunto della situazione aziendale all'ufficio competente;
presentazione della domanda di ammissione al trattamento alla Direzione degli ammortizzatori sociali e incentivi all'occupazione, presso l'ufficio del Ministero del lavoro e delle politiche sociali preposto all'istruttoria delle richieste (in caso di ristrutturazione, riconversione e riorganizzazione la domanda deve essere presentata anche alla DPL);
l'ufficio competente, ricevuta la richiesta corredata dalla documentazione necessaria, valuta da un punto di vista tecnico la sussistenza dei requisiti per la concessione del trattamento, il programma per il rilancio e il risanamento dell'attività aziendale, nonché il piano di riassorbimento dei lavoratori cassintegrati, terminato il periodo di sospensione;
pagamento del trattamento ai lavoratori.
Per quanto riguarda la durata della CIGS essa è di:
24 mesi consecutivi per ristrutturazione, riorganizzazione e riconversione aziendale, prorogabile per due volte, ciascuna per un massimo di 12 mesi;
12 mesi per crisi aziendale prorogabile per altri 12 mesi;
12 mesi per procedure concorsuali, prorogabili per altri 6 mesi.
In base al D.M. 20/8/2002, tale limite massimo può essere superato nel caso in cui il trattamento sia stato richiesto a causa di procedure concorsuali e a condizione che:
l'attività produttiva sia iniziata almeno 24 mesi prima dell'avvio degli interventi di integrazione salariale, protrattisi per il triennio di riferimento;
l'attività sia continuata fino a 12 mesi antecedenti l'ammissione alla procedura concorsuale.
Il finanziamento della CIGS è a carico dello Stato; tuttavia alcuni oneri contributivi sono a carico dei datori che se ne avvalgono.
I più recenti interventi di concessione o proroga dei trattamenti a sostegno del reddito previsti dalla legislazione vigente appaiono improntati alle finalità di coinvolgere il beneficiario della prestazione e incentivarlo a ricercare attivamente un'occupazione.
Si ricorda il D.L. 328 del 2003 che nell'introdurre nuove possibilità di proroga e di concessione degli interventi a sostegno del reddito, compresa l'indennità di mobilità, aveva previsto alcune misure allo scopo di disincentivare il ricorso agli ammortizzatori sociali in quelle situazioni in cui può essere ottenuto il reimpiego dei lavoratori, utilizzando processi di riqualificazione professionale.
Successivamente la legge 350 del
La legge 350 del 2003 e poi il D.L. 249 del 2004 (convertito con legge 291/04), hanno stabilito che il lavoratore decade dal trattamento di mobilità, dal trattamento di disoccupazione ordinaria o speciale o da altre analoghe indennità o sussidi, la cui corresponsione sia collegata allo stato di disoccupazione o inovvupazione, quando:
rifiuti di essere avviato ad un progetto individuale di inserimento , ad un corso di formazione di riqualificazione o non lo frequenti regolarmente;
non accetti l'offerta di un lavoro inquadrato in un livello retributivo non inferiore del 20% rispetto a quello di provenienza.
Da ultimo il D.L. 35/05, convertito con legge
80/05, al fine di agevolare i processi di mobilità territoriale finalizzati al
reimpiego presso datori di lavoro privati o al mantenimento dell'occupazione,
ha previsto l'erogazione di apposite misure incentivanti per i lavoratori
interessati. È stabilito, infatti, che per i lavoratori in mobilità o in CIGS
che accettino una sede di lavoro distante più di
I contratti di solidarietà, disciplinati dalla legge n. 863 del 1984, hanno la finalità di evitare la diminuzione dei livelli occupazionali attraverso una generalizzata diminuzione dell'orario di lavor dei lavoratori occupati nell'impresa, attuata in modo giornaliero, settimanale, mensile o annuale. I contratti di solidarietà previsti dalla suddetta normativa sono di due tipi:
di carattere difensivo (o congiunturali o interni): con essi la diminuzione dell'orario di lavoro, a fronte della diminuzione delle esigenze produttive, consente di evitare licenziamenti collettivi per esuberanza di personale;
di carattere espansivo (o strutturali o esterni): con essi la diminuzione dell'orario di lavoro consente l'assunzione di nuovo personale per incrementare l'occupazione aziendale.
In particolare i contratti:
hanno di regola una durata pari a 24 mesi;
possono essere conclusi esclusivamente attraverso la stipula di un contratto collettivo aziendale da parte delle rappresentanze aziendali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale;
devono essere autorizzati dal Ministero del Lavoro con proprio decreto;
possono applicarsi solo alle imprese rientranti nell'ambito di applicabilità della CIGS.
I lavoratori interessati dai contratti di solidarietà difensivi sono i quadri, gli impiegati, gli operai, i soci delle cooperative di produzione e lavoro. Ad essi spetta un trattamento di integrazione salariale che è pari al 60% della retribuzione persa dal lavoratore a seguito della riduzione dell'orario di lavoro.
In alcuni casi ragione della sospensione del rapporto di lavoro è nell'impossibilità sopravvenuta della prestazione. Tale impossibilità deve essere temporanea e non definitiva. Quando l'impossibilità sopravvenuta della prestazione sia dovuta a colpa di una delle parti, essa è a suo carico, venendosi pertanto a determinare una sorta di responsabilità contrattuale che, in genere, giustifica il recesso della controparte. Più complessa è l'ipotesi che la successiva impossibilità della prestazione non derivi da una causa imputabile all'una o all'atra parte. Nel rapporto di lavoro l'obbligazione del datore, essendo una obbligazione pecuniaria, non può mai divenire impossibile; impossibile può perciò diventare solo la prestazione di lavoro, poiché trattasi di una prestazione infungibile. Qualora la causa della sopravvenuta impossibilità della prestazione abbia origine da impedimento derivante dall'imprenditore o comunque proprio dell'impresa, l'imprenditore, anche se non vi sia stata sua colpa, viene considerato in mora, con tutte le relative conseguenze.
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